Segni lapidari nella Toscana centro-meridionale.Spunti per una ricerca* 1. Premessa L'idea di una ricerca relativa ai segni lapidari toscani rappresentava un importante ed impegnativo stimolo, in quanto la totale mancanza di lavori specifici, a differenza di altre zone italiane e soprattutto europee con la conseguente impossibilità di trovare confronti e punti di riferimento, rendeva tutt'altro che semplice il lavoro. D'altra parte tale assenza evidenziava l'urgenza di incominciare ad occuparsi di queste tracce materiali, e proprio per la relativa novità dell'argomento la ricerca si è svolta su aree geografiche non molto estese e quindi ben definibili. Gli edifici considerati si trovano infatti nella zona costiera tirrenica-livornese, a Siena e nella porzione di territorio compresa tra quest'ultima e la costa. La loro scelta non è stata casuale dal momento che si tratta di territori caratterizzati dall'influenza culturale di tre importanti centri di età medievale, Pisa, per la costa, Volterra e Siena per l'interno . Quindi tre aree contigue geograficamente ma differenti economicamente e politicamente, attraversate da maestranze specializzate soggette talora ad influenze artistiche molto diverse, naturalmente pisane sulla costa ed in molti centri interni, lombardo-francesi per il territorio senese, attraversato dalla via Francigena(1). La ricerca ha principalmente preso in considerazione esempi di edilizia religiosa appartenenti ad un arco cronologico compreso tra il XII° e l'inizio del XIV° secolo, la cui data di costruzione fosse abbastanza circoscritta, in modo da creare una precisa base finalizzata ad un futuro e più esteso studio a livello regionale. 2. Metodo di registrazione Affrontare un nuovo argomento molto spesso significa anche dover cercare nuovi metodi di registrazione, in particolare trovandosi di fronte ad una ricerca che in tempi futuri si estenderà ad ambiti territoriali più ampi, come in questo caso. Per questa ragione alla documentazione fotografica è stata aggiunta una scheda di registrazione dei singoli segni, * Per il lavoro di raccolta dei segni mi sono avvalsa della preziosa collaborazione di Fiamma Nesi, Liliana Capriotti ed in particolare di Riccardo Mannoni; a tutti loro va il mio ringraziamento. (1) Poichè il problema delle differenti influenze culturali in queste aree è molto complesso e difficilmente semplificabile, si é voluto solamente accennare alle principali, rimandando, per una trattazione più completa, a: Moretti I.,Stopani R.,La Toscana, vol.V di "Italia Romanica", Milano, 1982 Moretti I.,Stopani R., Chiese romaniche in Val di Cecina, Firenze, 1970 Moretti I,Stopani R., Romanico Senese, Firenze,1981 Salmi M.,Architettura romanica in Toscana, Milano-Roma, 1927 1 per la cui elaborazione sono state tenute presenti le schede pubblicate durante gli anni, negli Atti dei Colloqui del Centro di Ricerca(2) . Naturalmente il modello di scheda qui presentato non ha la pretesa di essere esaustivo per ogni ambito territoriale e le voci incluse descrivono una realtà gliptografica poco complessa, così come si é presentata nella zona esaminata. La sua elaborazione, quindi, oltre che rendere più funzionale e gestibile il numero dei dati raccolti, si pone pertanto come un modesto contributo al sempre più vivace dibattito all'interno del Centro di Ricerca riguardo alla realizzazione di una scheda internazionale, adottabile da tutti gli studiosi. Le voci sono disposte secondo un criterio logico di passaggio dall'informazione più generale a quella particolare, per cui nella prima parte della scheda vengono riportate le notizie relative alla localizzazione (regione;provincia;città;località;area geografica) e geografica dell'edificio alla sua storia (data di costruzione;tipologia edilizia;riferimenti bibliografici). Si passa poi alla descrizione del segno tramite le informazioni desunte dalla sua localizzazione rispetto all'insieme dell'edificio e relativamente alla singola pietra, con la possibilità di tracciare dei veloci schizzi per ambedue le posizioni, in particolare per la seconda dove la superficie quadrettata rappresenta la schematizzazione di quella del concio. Seguono voci relative al materiale da costruzione e alle sue caratteristiche tecniche (dimensione del concio; reimpiego), la descrizione particolareggiata del segno, con singole voci riguardanti le sue dimensioni, il tipo di strumento utilizzato per l' incisione e la sua frequenza, ovvero il numero di volte che lo stesso segno compare nell'edificio. Successivamente troviamo le voci interpretazione, osservazioni e tipologia. Quest'ultima, in particolare é stata inserita in previsione di un ampliamento della ricerca e quindi della creazione di una più vasta tipologia (ad es.: croci, cerchi con diagonali etc.), gestibile informaticamente. La scheda é stata elaborata con il programma File Maker Prolta, per computer Macintosch che ha permesso, partendo da una o più voci, una gestione incrociata dei dati immessi(3) . 3. Gli edifici esaminati. Durante la ricerca sono stati esaminati quaranta edifici (si veda l'elenco allegato), prevalentemente chiese, di cui solo dieci presentano dei segni lapidari, malgrado l'indagine in certi casi si sia limitata solo all'esterno per la chiusura di alcuni di questi. (2) In particolare ho fatto riferimento alla scheda adottata dal dott. J.L.Van Belle, a cui devo, inoltre, un particolare ringraziamento per avermi introdotto allo studio della gliptografia e per i preziosi consigli datimi durante lo svolgimento del lavoro. (3) Il lavoro è stato svolto nel Laboratorio Informatico dell'Istituto di Archeologia e Storia delle Arti dell'Università degli Studi di Siena. Per la realizzazione della scheda mi sono avvalsa della collaborazione del dott.Marco Valenti a cui va il mio ringraziamento. 2 BIBBONA (LI). Chiesa di S.Ilario: La sua costruzione risale al XII° secolo ed è ricollegabile alla presenza sul territorio del "castrum Bibonae" ricordato dai documenti come uno dei castelli più forti della Maremma(4) . Esteriormente all'edificio, costruito con arenaria locale ed ad un'unica navata, sono stati rinvenuti sei segni lapidari. Si tratta esclusivamente di croci, una sulla facciata vicino alla porta di ingresso, le altre cinque sulla navata destra, due di queste ai lati dell' ingresso laterale. I segni sono in genere incisi ai limiti del concio e si diversificano tra loro per la forma ed il tipo di strumento utilizzato. Nella navata destra troviamo infatti una croce, con il braccio orizzontale più corto del verticale, realizzata con uno scalpello a lama piccola, differente dalle successive. Quest'ultime, tutte delle stesse dimensioni, sono eseguite sempre sul medesimo filare, a muratura finita, utilizzando uno scalpello a lama più grande(5) . Alla croce a destra della porta laterale è stato aggiunto, forse in un secondo tempo, il triangolo rappresentante il Golgota. Sulla facciata alla sinistra dell'entrata si trova un'altra croce (15 x 10 cm), la cui forma più elaborata la distingue dalle altre. Le quattro estremità sono infatti provviste di segmenti obliqui, tendenti a formare dei piccoli triangoli. Anche in questo caso, come per la prima croce esaminata, il segno è stato inciso con uno scalpello a lama piccola. CAMPIGLIA MARITTIMA (LI). Villaggio di Rocca S.Silvestro: Si tratta di un villaggio ad economia basata sull'attività estrattiva e di lavorazione dei metalli, vissuto e sviluppatosi tra fine X°- inizi XI° e gli ultimi anni del XIV° secolo, sotto il controllo della famiglia Della Rocca, politicamente legata ai Gherardeschi ed a Pisa(6) . L'edificio su cui è stato rinvenuto il segno fa parte di un gruppo di abitazioni costruite in età romanica, nel momento di grande sviluppo dell'insediamento. Lo scavo degli ambienti interni, interrotto comunque ad un livello di vita successivo a quello legato all'impianto originario, non ha permesso di evidenziare funzioni particolari della struttura, oltre quella abitativa. La presenza però di una piccola cisterna e di un forno da ceramica nelle immediate vicinanze, assieme ad un piano pavimentato esterno alla casa, lascia supporre che, comunque, si trattasse di una zona importante nella vita sociale del villaggio.Il segno si trova nella parte inferiore della parete esterna di sud-est dell'abitazione. Si tratta di una croce di medie dimensioni (10 x 10 cm) incisa su di un concio in calcare, in posizione quasi centrale, con uno scalpello. La croce (4) Moretti I.,Stopani R., Chiese romaniche cit., pp.83-84 Per l'individuazione del tipo di strumento utilizzato mi sono avvalsa della preziosa consulenza del prof. J.C. Bessac, a cui per la gentile disponibilità, devo rivolgere un sentito ringraziamento. (6) Si veda Francovich R. et alii, Un villaggio di minatori e fonditori di metallo nella Toscana del Medio Evo:S.Silvestro (Campiglia Marittima), in "Archeologia Medievale",XII,1985, pp.313-402; Francovich R., Parenti R. (a cura), Rocca S.Silvestro e Campiglia. Prime indagini archeologiche, Firenze, 1987 (5) 3 alle quattro estremità presenta dei segmenti obliqui tendenti a formare dei piccoli triangoli che la rendono simile, anche nelle dimensioni del braccio orizzontale, alla croce sulla facciata della chiesa di S.Ilario a Bibbona. QUERCETO (LI). Pieve: La chiesa costruita in arenaria locale è un esempio di architettura romanica minore, riferibile alla fine del XII° secolo. L'influenza senese è molto forte nella decorazione dei capitelli, mentre alcuni caratteri stilistico- architettonici si rifanno ai moduli pisani (archeggiature interne leggermente falcate)(7) . I segni individuati si distribuiscono tra l'esterno della facciata e la navata destra. Nella prima sono presenti due croci di piccole dimensioni, situate rispettivamente nella zona a destra e sinistra della porta principale. Realizzate con uno scalpello a lama grossa, sono di forma semplice, con i due bracci di identica misura. Anche sulla navata destra, in alto, si ritrova una croce greca di modeste dimensioni incisa sempre a scalpello, in prossimità della quale si vede una piccola stella a otto punte, spostata a sinistra sulla superficie del concio, realizzata finemente con una subbia nella parte centrale ed uno scalpello nelle punte. Poco più sotto, un'altro segno, sempre ben inciso, molto simile ad una specie di T rovesciata. VOLTERRA (PI). Battistero: L'edificio a pianta esagonale, costruito in pietra locale tufacea, risale al XII° secolo(8) . Esternamente, sul lato nord, alla sinistra di una porta d'ingresso secondaria, si trovano numerosi segni lapidari. In tutti i casi si tratta di circonferenze di piccole e medio-grandi dimensioni, con all'interno incise le due diagonali. I cerchi, eseguiti a compasso, presentano in tre casi, anche se due di essi sono molto deteriorati, le medesime dimensioni (diag. 24 cm), mentre un quarto cerchio più piccolo (diag. 8 cm) è inciso in prossimità dello stipite della porta. Due circonferenze tangenti, di dimensioni, possiamo dire intermedie tra il cerchio più grande ed il più piccolo (diag. 16 cm.), si trovano sempre vicino all'ingresso e dal punto di tangenza parte una croce, con il braccio verticale più lungo dell'orizzontale. Simile forma e dimensioni (18 x 8.5 cm) presenta anche l'altra croce sormontante, come prolungamento di una diagonale, una delle circonferenze più grandi. Dal momento che quasi tutti i cerchi interessano più conci è logico pensare che siano stati realizzati a muratura ultimata. RADICONDOLI (SI). Pieve vecchia: La chiesa, costruita in arenaria, travertino e mattoni, seguendo una bicromia che risente di chiari influssi pisano-lucchesi, filtrati attraverso la (7) (8) Moretti I.,Stopani R., Chiese romaniche cit., pp.75-76 Salmi M., Architettura romanica cit., p.49 n.44 4 diocesi di Volterra, fu edificata alla fine del XII° secolo. Circa centocinquanta anni dopo venne rifatta parte della facciata, con l'allungamento del corpo e l'aggiunta di due campate(9) . Sul paramento murario relativo all'originaria fase costruttiva, sull'esterno della navata destra, sono stati rinvenuti numerosi e complessi segni lapidari. Un primo "leggibile" su di un grosso concio di arenaria, a circa 1.80 m dal suolo, rappresenta due strumenti, il primo un'ascia a lama espansa di forma quadrangolare, con i lati arcuati e concavi ed un piccolo manico, il secondo una scure con lama quasi triangolare e taglio dritto. I due strumenti, incisi con una punta fine, sono orientati nella stessa direzione ed in mezzo, incisa forse successivamente, con uno scalpello, si trova una croce greca con i bracci a T. Poco distante su di un concio di minori dimensioni è incisa una figura geometrica (h 30 cm), costituita da un corpo allungato rettangolare, con uno dei lati lunghi più curvo, sormontata centralmente da un piccolo triangolo, mentre all'estremità si dipartono due semiarchi con denti di lupo. L'incisione, molto accurata ed elegante, anche in questo caso è eseguita con una punta molto fine. Poco sopra, scolpito a rilievo, un attrezzo di forma allungata, posto in orizzontale, identificabile con uno scalpello. Sempre su questo lato, su due differenti conci, in posizione centrale l'una e leggermente spostata verso sinistra l'altra, due M gotiche incise con una subbia a punta abbastanza grossa, una delle quali sovrastata da un motivo a scala, inciso finemente. Su filari posti a diversa altezza si individuano tre croci di forma molto semplice ed incise rozzamente. Lo stesso motivo si ritrova anche sulla facciata, per la cui ricostruzione furono ripresi molti conci dell'originaria struttura. A sinistra dell'ingresso, incisa a scalpello su due differenti pietre, si trova una piccola croce con i tre bracci a T, sormontante un quadrato di ridotte dimensioni simboleggiante il Golgota. Alla destra, una circonferenza eseguita con il compasso, di medie dimensioni, con all'interno le due diagonali, è sormontata da una croce provvista di due bracci orizzontali. CONEO (SI). Abbazia di S.Maria: Sul paramento murario esterno dell'abbazia, iniziata nel 1123, sono stati individuati tre segni lapidari(10) . A destra del portale, al centro di un concio in tufo, si trova una croce che per le sue caratteristiche iconografiche sembra risalire ad un periodo più tardo rispetto alla costruzione dell'edificio. La croce, incisa con una punta molto sottile è infatti ben rifinita, con la base, rappresentante il Golgota, finemente decorata. Più sotto è invece, inciso a scalpello, un segno simile per forma ad una lettera E rovesciata. All'esterno del transetto destro, vicino all'abside, si vede un'altra croce, (9) (10) Cucini C. (a cura), Radicondoli. Storia ed archeologia di un comune senese, Roma,1990, p.76 Moretti I.,Stopani R., La Toscana cit., pp.387-388 5 realizzata con lo scalpello, di forma molto più semplice rispetto alla precedente, con i due bracci di identica misura. BADIA A ISOLA (SI). Abbazia dei SS.Salvatore e Cirino: L'edificio, probabilmente già costruito nel 1198, risente di influenze stilistiche circoscrivibili all'Alta Val d'Elsa e alla zona di sud-ovest di Siena, oltre che d'oltralpe, (il riferimento alla Francia si ritrova nelle ghiere dentate dei portali)(11). Sulla superfici dei conci della facciata, pesantemente restaurate, non si trova nessun segno, visibile, invece, all'esterno della navata destra. Si tratta di una croce incisa con lo scalpello al centro di un concio in travertino, con il braccio orizzontale più lungo del verticale, provvisto alle due estremità di piccole circonferenze. La croce sormonta un triangolo simboleggiante il Golgota. MARMORAIA (SI). Pieve: Costruita con conci di calcare cavernoso nel corso del XIII° secolo(12) , presenta in facciata, simmetriche al portone di ingresso, due piccole croci pressochè identiche, incisi con lo scalpello, con i tre bracci a T, sormontanti una semicirconferenza simboleggiante il Golgota. SIENA. Duomo Nuovo: La sua costruzione, iniziata nel 1338, faceva parte di un grandioso progetto che prevedeva la realizzazione di una enorme cattedrale, in cui la vecchia avrebbe costituito il transetto della nuova chiesa(13) . L'interruzione per problemi di progettazione e di natura economica ha lasciato questa struttura a cielo aperto, sul cui lato interno nord-orientale, vicino all'attuale ingresso del Museo dell'Opera del Duomo, si individuano cinque segni lapidari. Uno alla sinistra di un concio di marmo, costituito da un segmento verticale dal cui vertice ne parte uno obliquo, che si ripete nella parte inferiore. In prossimità di questo, su conci separati, vicino al loro margine superiore, altri quattro segni geometrici, di identica forma, ma orientati in senso opposto l'uno a l'altro, costituiti da un segmento orizzontale alle cui estremità ne partono due verticali, uno di dimensioni maggiori. Tutti e cinque i segni sono incisi con uno scalpello a lama piccola. CASTELNUOVO DELL'ABATE(SI):Abbazia di S.Antimo: La costruzione dell'edificio iniziata, come attesta un'epigrafe, nel 1118 fu portata a termine probabilmente nello stesso (11) Moretti I.,Stopani R., Romanico senese cit., p.162 Moretti I.,Stopani R.,Romanico senese cit., p.88 (13) Balestracci D.,Piccinni G., Siena nel Trecento. Assetto urbano e strutture edilizie, Firenze, 1977, p.110 (12) 6 secolo(14) . Per la decorazione dell'importante abbazia, costruita in travertino e calcare, furono ingaggiate maestranze influenzate dai moduli stilistici francesi e lombardi. Gli unici segni individuati si trovano all'esterno della navata destra. Si tratta di tre croci, equamente distribuite, rozzamente incise in profondità con uno scalpello, in posizione leggermente obliqua al centro del concio e tutte sul medesimo filare. Sullo stipite sinistro della porta laterale è visibile, parzialmente inciso, un motivo ornamentale. 4. Interpretazione Dal lato interpretativo i segni individuati possono essere suddivisi in due distinti gruppi: quelli a carattere simbolico e quelli legati all'attività di cantiere. I primi, sicuramente più numerosi, si ritrovano in tutti gli edifici esaminati e sono rappresentati, nella totalità dei casi, da croci, il segno chiaramente più utilizzato durante le cerimonie di consacrazione della chiesa, per scongiurarla da rapine, incendi ed altri dannosi eventi naturali. Le croci trovate, come abbiamo visto, sono di vario tipo, dalla forma più semplice, asimmetrica, a quella provvista di bracci a T, sino ad alcuni esempi aventi come base un triangolo od un quadrato, rappresentante il Golgota. Sono tutte caratterizzate dalla medesima posizione sull'edificio, in quanto si trovano sempre esteriormente sulla facciata o sulla navata destra, spesso distanziate tra loro, sul medesimo filare. Altro tratto in comune è la qualità dell'incisione, nella maggioranza eseguita piuttosto rozzamente a scalpello, sicuramente dagli abitanti del luogo o dal clero (15) , a differenza dei più accurati esempi di Bibbona e Radicondoli, realizzati probabilmente dai maestri di pietra che vi lavorarono . Più complessa è invece la situazione relativa al secondo gruppo di segni. Cercare di dar loro una spiegazione si presenta come un compito di notevole difficoltà, per la mancanza di confronti e studi a livello regionale che potrebbe, quindi, far cadere in errori interpretativi di un certo rilievo. D'altra parte la loro, seppure non numerosa, evidenza materiale spinge a fare delle ipotesi che rappresenteranno semmai il punto di partenza e lo stimolo per il proseguimento e l'ampliamento della ricerca, dai cui risultati si trarranno conferme o smentite alle supposizioni qui formulate. Segni legati alla realizzazione di particolari elementi decorativi sono quelli presenti all'esterno del Battistero di Volterra. L'esatta corrispondenza delle misure delle circonferenze più grandi e più piccole con quelle delle rosette realizzate in marmo ed in laterizio nella lunetta della vicina porta di ingresso laterale, ci orienta a considerare questi (14) Moretti I., Stopani R., Romanico senese cit., pp.113-114 Tra gli esempi di croci a carattere simbolico riportate nelle tavole 2 e 3 ricordiamo quelle di Bibbona (b;c;d;e;f), Querceto (c;d;e), Radicondoli (tav.3 c;d;e;f;g;h), Coneo (b;c), Badia a Isola, Marmoraia (a;b) e di S.Antimo (b;c;d). (15) 7 segni non tanto come un semplice gioco, quanto come la traccia di una "prova di realizzazione" o dell'insegnamento del maestro ai propri allievi, riguardo alle misure da seguire(16) . Le croci incise, forse successivamente, al di sopra di due delle sei circonferenze, ben si adattano ai segni geometrici, dal momento che il cerchio a quattro raggi, nella simbologia cristiana, rappresenta la signoria di Cristo, portatore di vita e luce nel mondo(17) . Un motivo del resto che si ritrova anche sulla facciata della pieve vecchia di Radicondoli, dove curiosamente le diagonali del cerchio hanno le stesse misure di quelle dei cerchi più grandi di Volterra, il che potrebbe far supporre, seppur con estrema cautela, una comunanza di maestranze, visti i forti influssi stilistici pisano-volterrani riscontrabili nella pieve. Sempre un medesimo elemento decorativo, parzialmente inciso, forse per le stesse precedenti ragioni, si ritrova in uno stipite esterno dell'ingresso laterale alla navata destra dell'Abbazia di S.Antimo, somigliante alla serie decorativa presente sull'architrave della porta. Segni propriamente detti di "identità"(18) , legati al ruolo e alla personalità dei maestri costruttori sono quelli individuati nella Pieve di Radicondoli. La scure a lama triangolare, usata in età medievale per una prima sbozzatura del legno e l'ascia, utilizzata per la squadratura, frequentemente rappresentate nell'iconografia dell'XI° e XIII° secolo, possono simbolicamente rappresentare l'attività dei maestri di legname. Il lungo strumento scolpito in rilievo, simile ad uno scalpello e la piccola figura geometrica, interpretata dalla studiosa che per prima si è occupata di questi segni(19) , come la stilizzazione dei semipilastri nel transetto interno, sarebbero invece legati all'opera dei maestri di pietra. Più rischioso è definire segni di identità quelli presenti sulla chiesa di Querceto, Bibbona e nel villaggio di Rocca S.Silvestro. Nella terminologia gliptografica, infatti, il marchio di identità equivale ad una sorta di firma, allo stesso tempo utilizzata dal maestro di pietra per firmare la sua opera e dai suoi allievi, che in molti casi adottavano come matrice, rielaborandolo, il segno del magister e se ne servivano, apponendolo su ogni pietra scolpita, per tenere il conto del (16) A tale proposito si veda l'esempio riportato da E.Nicolas in "Les signes lapidaires: approche métodologique", in Pierre et metal dans le bâtiment au Moyen Age, Paris, 1985, pp.185-195, riferibile alla Francia del sud. Altri segni aventi la medesima funzione sono stati ritrovati a Palma di Majorca E.Gonzalez Gozale, "Los graffiti de la Lonja de Palma de Mallorca", in Actes du VI° Colloque International de Samoens, C.I.R.G.,5-10 luglio 1988, Braine le Château, 1989, pp.193-226, e sono stati di recente visti da me nella chiesa di S.Giacomo (XII° sec.) ad Ascoli Piceno, dove una rosatte incisa sullo stipite destro della porta di ingresso laterale, riprende il motivo ornamentale presente nell'architrave della porta. Un motivo decorativo a treccia, parzialmente inciso, è presente anche sul paramento della parete di sud-ovest del Duomo Nuovo di Siena ed è in particolare ricollegabile alle decorazioni del piano pavimentale dela scalinata esterna alla cattedrale. (17) Schwarz-Winkhofer I., Biedermann H., Il libro dei simboli, Milano,1974,p.100 (18) Per la definizione della tipologia dei segni è stata adottata la terminologia proposta da J.L. Van Belle, "Les signes lapidaires: essai de terminologie", in Actes du Colloque International de Gliptographie de Saragosse, C.I.R.G., 7-11 luglio 1982,Braine-le-Château-Saragosse, 1983, pp.29-44 (19) Cucini C., Radicondoli cit., pp.78-79 8 lavoro giornaliero(20) . I segni adottati possono essere di svariata forma e tipo, figure geometriche o di animali, lettere dell'alfabeto e così via, riscontrabili in gran numero sulle pareti, quando nel cantiere lavoravano molte maestranze specializzate. Per questo può essere azzardato interpretare i soli due segni presenti all'esterno della navata destra della Pieve di Querceto come segni di identità, anche se il confronto con forme simili, rinvenuti nell'Europa del Nord ed appartenenti alla stessa tipologia, orienta verso questa ipotesi(21), malgrado non sia da scartare definitivamente l'interpretazione simbolica. Lo stesso problema si ripresenta di fronte alla croce della Pieve di S.Ilario a Bibbona e per quella visibile in una delle abitazioni di Rocca S.Silvestro. La prima, infatti, unica della facciata, finimente incisa e piuttosto elaborata, si differenzia dalle altre a carattere chiaramente simbolico, presenti sulla navata destra. Dal momento che la croce, ed in particolare questo tipo, era frequentemente usata in Europa in età medievale come "firma" dagli scalpellini(22) , è molto probabile che possa trattarsi di un marchio di identità. Ipotesi, del resto, rafforzata dalla notevole somiglianza con quella visibile all'esterno di una abitazione della vicina Rocca S.Silvestro, per la quale l'uso simbolico sembra meno probabile, trattandosi di un edificio civile. Anche in quest'ultimo caso la presenza, comunque, di un unico esempio, seppure inciso su di un gruppo di abitazioni socialmente importanti e alla cui costruzione, sicuramente, lavorarono maestranze specializzate, spinge ad essere estremamente cauti nel formulare questa ipotesi che sicuramente il futuro confronto con altri ambiti territoriali potrà smentire o confermare. Più facilmente interpretabili sono i segni individuati nel Duomo Nuovo di Siena, che per la loro forma e posizione sulla pietra sono riconducibili ai cosidetti segni di posa, utilizzati per meglio disporre le pietre sul paramento murario o negli elementi architettonici-decorativi. (20) Secondo uno studioso austriaco, il Rziha, questo è particolarmente evidente per tutti i segni raffiguranti delle griglie quadrate, per le quali è possibile risalire a quattro matrici principali riconducibili alle più importanti logge di area germanica., si veda a tale proposito Hobel S.E., "Pietre segnate e marche muratorie.Testimonianza delle confraternite iniziatiche e di mestiere", in Actes International du VI° Colloque International de Gliptographie de Samoens, 5-10 luglio 1988, Braine le Château 1989, pp.263-290. (21) Per la stella ad otto punte, tra gli esempi riportati da J.L. Van Belle nel Dictionnaire des signe lapidaires. Belgique et Nord de la France, Louvain-la-Neuve,1984, ricordiamo quello presente all'esterno del transetto destro della chiesa di Baudur (Belgio) p.47, mentre per l'altro segno, seppur con forma ed orentamento diversi, quelli presenti in una abitazione di Bauter e nella chiesa di S.Nicola di Gand p.464, identificati dallo studioso come segni di identità. (22) Troppo numerosi per essere riportati sono gli esempi di croci usate come marchio di identità. Tra quelle per tipologia e cronologia identiche ai nostri due casi ricordiamo una croce presente nel portico della chiesa di Santiago de Betandos, M.Faberro Gomez, "Marcos de canteros en edificios de diversas localidades de la Galicia y Portugal", in Actes du VI° Colloque International du Gliptographie de Samoens,5-10 luglio 1988,Braine le Château,1989,pp.181-192 e la croce ritrovata nella chiesa di S.Nicola di Gand (XIII° sec.), J.L. Van Belle, Dictionnaire cit.,p.244 9 Conclusioni In questa prima fase della ricerca, il dato che maggiormente emerge è indubbiamente lo scarso numero di marchi individuati. Solo dieci edifici, sui quaranta considerati, presentano dei segni in quantità, comunque, molto ridotta all'interno di una stessa struttura. Si tratta solitamente, come abbiamo visto, di segni a carattere simbolico, mentre sono molto pochi i marchi di identità, collegabili ad una attività di cantiere e storicamente quindi di una certa rilevanza. Interpretare quest'ultima sorta di assenza è abbastanza difficile, perchè molto probabilmente legata ad una organizzazione del lavoro ancora, purtroppo, poco conosciuta per l'Italia Centrale. Non molti sono infatti gli studi monografici a riguardo e veramente pochi i lavori di sintesi(23) . Tra quest'ultimi, un articolo di Giuliano Pinto(24) evidenzia quanto fosse importante anche per l'italia centro-settentrionale la figura del magister all'interno del cantiere. A lui spettava il compito di programmare i lavori, scegliere i materiali e determinare i compensi. Nello stesso ambito lavorativo molte volte coesistevano più maestri, alcuni del luogo, altri provenienti da aree più lontane, spessissimo, per questa zona della Toscana, dalla Lombardia(25) . Il fenomeno della manodopera itinerante lombarda risulta del resto ancora poco studiato, nonostante la presenza di documenti che attestano gli spostamenti delle maestranze dalla costa tirrenica, verso l'interno, sino a Siena, per un lungo periodo che va dall'VIII° sino alla metà del XV° secolo(26) . Accanto al maestro, totalmente dipendenti da lui, si trovavano i garzoni o gli (23) Tra i più importanti relativi ai cantieri toscani ricordiamo: Goldthwaite R.A., La costruzione della Firenze rinascimentale. Una storia economica e sociale, Bologna,1984; Cherubini G., "Attività edilizia a Talamone (1357)", in Signori,contadini e borghesi.Ricerche sulla società italiana del Basso Medioevo, Firenze, 1974, pp.523-562; Balestracci Duccio, "Li lavoranti non cognosciuti. Il salariato in una città medievale (Siena 1340-1344)", in Bollettino Senese di Storia Patria, LXXXII-LXXXIII (1975-76), pp.67-157); Pinto G., "L'organizzazione della difesa: i cantieri delle costruzioni militari nel territorio senese (sec.XIV-XV)", in Castelli: storia ed archeologia, Relazione e comunicazioni del Convegno, Cuneo 6-8 dicembre 1981, a cura di Comba R., Settia A.A., Torino, 1984, pp. 259-268; Pirillo P.,"L'organizzazione della difesa: i cantieri delle costruzioni militari nel territorio fiorentino (sec. XIV)", in Castelli: storia e archeologia cit., pp.269-287; Cortonesi A., Studi recenti sul lavoro edile nell'Italia del Trecento, in Quaderni Medievali", n°10,1980, pp.300-316; Rauty N., "Tecniche di costruzione e di cantiere nell'antico palazzo dei Vescovi di Pistoia (sec.XI-XIV)",in Tecnica e società nell'Italia dei secoli XII-XVI, Atti del convegno internazionale, Pistoia 28-31 ottobre 1984, Bologna, 1987, pp.135-152; Guerrieri F., "Considerazioni sulle tecniche del cantiere edilizio medievale", in Tecnica e società cit., pp.229-242 (24) Pinto G., "L'organizzazione del lavoro nei cantieri edili (Italia centro-settentrionale)", in Artigiani e salariati. Il mondo del lavoro nell'Italia dei secoli XII-XV, Atti del convegno internazionali, Pistoia 9-13 ottobre 1981, Bologna, 1984, pp.69-103 (25) Per l'immigrazione di manodopera specializzata lombarda in questa zona si veda: Cecchini G., "Maestri luganesi e comaschi a Siena", in Arte ed artisti dei laghi lombardi, Como, 1959, pp.131-143; Bertolini L.,"Aspetti dell'attività dei maestri comacini nelle zone di Pisa e Massa", in Arte ed artisti cit., pp.63-76 (26) Il Volpe attesta già dall'età franca e longobarda un'immigrazione dei lombardi nel territorio di Roselle, Chiusi e nella Lucchesia. Successivamente, dalla fine del XII° secolo questo flusso sembra intensificarsi nella zona di Massa, Volpe G., Toscana medievale.Massa Marittima, Volterra e Sarzana, Firenze, 1964, pp.42-43. Maestri lombardi lavorarono nel Duomo di Siena nel XIII° e XIV° secolo, si veda Cecchini G., "Maestri luganesi e comaschi" cit.,p.131 e la loro presenza nel territorio senese, nelle opere di fortificazione, è attestata fino alla metà del '400 , Pinto G., "L'organizzazione del lavoro" cit., p.75; Pinto G., "L'immigrazione di 10 apprendisti, sebbene il loro numero non fosse mai molto alto, in quanto regolato da una duplice e contradditoria esigenza sia dei maestri che degli organi cittadini. L'abbondanza di manodopera specializzata permetteva, infatti, di ricavare maggiori utili, ma allo stesso tempo restringere il numero degli apprendisti da parte dei governi riduceva l'autonomia imprenditoriale dei maestri e da parte di quest'ultimi limitava la futura concorrenza(27) . Di conseguenza il tipo di manodopera di gran lunga predominante, nei cantieri centro-settentrionali è quella non specializzata, costituita da lavoratori occasionali e, soprattutto nelle grandi città, da forestieri, da sbandati delle compagnie di ventura o da pellegrini, che in tal modo potevano guadagnarsi qualcosa prima di riprendere il viaggio. In alcuni casi venivano assunte persino delle donne, come accadde nel cantiere del Duomo di Siena, alla metà del XIV° secolo(28) . Una situazione che sembrerebbe quindi molto diversa da quella di alcuni cantieri europei, dove si alternavano delle vere e proprie scuole, come ad esempio in Francia quella degli "Enfants de Salomon", legata all'opera dei Cluniacensi o degli "Enfants de Mâitre Jacques", collegata invece ai cistercensi(29) . Pertanto mettere in relazione lo scarso numero di lavoratori specializzati con la ridotta presenza di segni, faciliterebbe notevolmente l'interpretazione di tale assenza riscontrata nel territorio preso in esame. La situazione è comunque molto più complessa e di difficile interpretazione. Tra i restanti trenta edifici esaminati assolutamente privi di segni, ve ne sono alcuni di grande importanza, il Duomo di Volterra, la cappella di Montesiepi, l'abbazia di S.Galgano, la Cattedrale di Siena per citarne alcuni (si veda l'elenco allegato), in cui, per la qualità delle strutture e degli elementi decorativi, è impossibile che non vi abbiano lavorato veri e propri magistri. Come ipotesi "preliminare", potremmo supporre quindi che in questa zona della Toscana l'usanza di apporre segni lapidari sugli edifici, fosse propria di quella manodopera itinerante che presumibilmente l'aveva acquisita formandosi o frequentando i cantieri del sud Italia o d'oltralpe(30) . Questa idea sembrerebbe confermata dalla presenza quasi manodopera nel territorio senese alla metà del quattrocento", in La Toscana nel tardo medioevo. Ambiente, economia rurale e società, Firenze, 1982, pp.421-465. Della medesima origine sono anche un gruppo di muratori che lavorarono per circa 38 giornate alla costruzione del porto senese di Talamone nel 1357, Cherubini G., "Attività edilizia" cit., p.546 (27) Pinto G., "L'organizzazione del lavoro" cit., p.80 (28) Pinto G., "L'organizzazione del lavoro" cit., p.78 (29) Hobel S.E., "Pietre segnate" cit., p.269 (30) A dimostrazione di quanto fosse diffusa l'usanza di apporre segni,basti pensare, ad esempio, al cantiere del Duomo di Cefalù, dove per la grande quantità è possibile ricollegare i tipi di segni alle diverse fasi costruttive e alle differenti etnie dei lapicidi che vi lavorarono Zoric V.,"Alcuni risultati di una ricerca nella Sicilia Normanna.I marchi dei lapicidi quale mezzo per la datazione dei monumenti e la ricostruzione dei loro cantieri", in Actes du VI° Colloque International du Gliptographie de Samoens, 5-10 luglio 1988, Braine le Chateâu, 1989, pp. 565-604. Una simile situazione si ritrova nel Castello di Terra a Brindisi, in cui sono stati individuati novanta segni , si veda Tarrantino "I segni lapidei nel Castello di Terra in Brindisi", in Actes du VI° Colloque International de Samoens, 5-10 luglio 1988, Braine le Château,1988,pp.531-552 e senza allontanarsi troppo dal 11 paradossale di una maggiore quantità di segni nelle piccole pievi dove, più facilmente proprio delle maestranze itineranti dirigevano la loro costruzione, al contrario delle grandi opere cittadine o dei centri limitrofi, in cui lavoravano molti più maestri di origine e formazione locale. La scarsità dei segni, sul medesimo edificio, si può giustificare con la presenza sul cantiere di pochi magistri e scalpellini specializzati i quali si procuravano direttamente sul luogo la manodopera, a cui insegnavano la lavorazione della pietra(31) , riservandosi la direzione dei lavori, come nel caso delle pievi di Querceto, Bibbona o del villaggio di Rocca S.Silvestro e lasciando qualche volta le tracce materiali di questo sapere "empirico", tramandato di generazione in generazione, come sulla parete del Battistero di Volterra. Giovanna Bianchi confine italico basti pensare all'incredibile numero di segni presenti nelle abbazie provenzali cistercensi di Senanque e Thoronet. (31) I documenti esaminati dal Cecchini e dalla Bartolini attestano, seppure per un periodo successivo, che nella maggior parte dei cantieri i lavori erano affidati a due o tre magistri. Cecchini G., "Maestri luganesi e comaschi" cit., p.131, p.139, p.140; Bertolini L., "Aspetti dell'attività dei maestri comacini" cit.,p.64,p.67-69 12