Una costituzione per l‘ Europa. Sfide per l'integrazione europea. ALESSANDRA DE NARDO Questioni preliminari: 1. Ripercorrere i problemi del processo d’integrazione europea ed indagare chi governa l’Europa e come; 2. Analizzare il rapporto tra crisi economicofinanziaria e processo d’integrazione europea e le conseguenze prodotte negli stati membri; 3. Ipotizzare alcune vie d’uscita al sentimento diffuso che considera l’Europa “in trappola” (Offe 2014) o “in un cono di bottiglia” (Amato 2014). La questione del deficit democratico non è stata colmata: non solo non esiste un demos europeo, ma non si è realizzata neppure l’idea di Jean Monnet secondo cui: “Noi non coalizziamo degli Stati, uniamo degli esseri umani”. L’Europa è soprattutto una “comunità di diritto” che ha prodotto uno ius commune europaeum ma non ancora una comunità politica unita. Non è stato risolto – anzi si è deliberatamente accantonato il problema della sovranità, della kompetenz kompetenz. Il fallimento della “costituzione europea” (2003) e il successivo Trattato di Lisbona (2007) hanno portato allo scoperto l’ambiguità del motto europeo “uniti nella diversità”: l’ottica è spostata dal piano politico delle istituzioni politiche, a quello dell’applicazione amministrativa e giudiziaria. 1. Il processo d’integrazione europea Il primato del diritto europeo e il rispetto delle identità nazionali (art. 4.2. del Trattato sull’UE), se non avviene in sede politica ma in assenza d’istituzioni di governo e di politiche europee di governo sta all’origine dell’inarrestabile crescita del potere burocratico europeo (juristocracy). L’allargamento ha rafforzato gli elementi di diversità esistenti tra gli Stati e dentro l’Unione. L’aspetto più evidente è la diseguaglianza sociale che emerge nel contesto europeo, che si concretizza in diffusi fenomeni di dumping sociale che accentuano le differenze nei sistemi di protezione sociale delle democrazie più mature e delle democrazie appena nate. Decisione della Corte di Giustizia che vieta il “turismo sociale” (sent. 11 novembre 2014, C-333/13) è perfettamente coerente con il principio di libertà di circolazione e di stabilimento, e con il connesso requisito di capacità economica che ciascun cittadino europeo deve esprimere quando si muove liberamente nell’Unione modello dominante dell’uomo economico europeo invece difficilmente compatibile con i fondamenti di uno stato costituzionale, in cui essenziali sono la libertà politica e le politiche legislative per la cittadinanza sociale. Chi governa in Europa?Come si governa in Europa? Le tendenze centrifughe che erano in atto anche prima del 2007, per effetto della crisi economico-finanziaria, si sono aggravate e hanno ulteriormente modificato l’assetto istituzionale: Sviluppo dei soggetti estranei ai Trattati. Accanto al Consiglio sono venuti acquisendo poteri sempre maggiori altri organi istituiti ad hoc(l’Eurogruppo accanto alla BCE); Hanno assunto posizioni egemoni direttamente i governi dei Paesi politicamente ed economicamente più forti; É diventato sempre più rilevante, specie dopo il 2007, l’attivismo di istituzioni finanziarie internazionali come il Fondo monetario internazionale (FMI) insieme alla Banca centrale europea (BCE). Banca centrale europea (BCE) In questo contesto, inevitabilmente, ha assunto un ruolo sconosciuto rispetto al passato proprio la BCE, alla quale de facto è stato affidato o è stato lasciato svolgere l’arduo compito di fronteggiare la crisi dei debiti sovrani, tentare di controllare lo spread ed individuare soluzioni anticicliche da suggerire ai governi degli Stati. Ruolo Cruciale BCE: Dotata di limitate competenze in materia monetaria, ha progressivamente assunto i poteri propri di una banca centrale di uno stato nazionale (mediante misure dirette a: aumentare la liquidità monetaria, regolare i tassi di interesse, acquistare i titoli del debito pubblico). Ciò, ovviamente, ha posto in questione la sua stessa legittimazione e, nuovamente, la legittimazione dell’Unione europea tutta. E’ ancora sufficiente ricorrere al principio costituzionale salus rei publicae suprema lex esto per giustificare azioni ai confini o al di là del diritto dei Trattati? Sono sufficienti i Trattati vigenti per colmare gli “spazi di sovranità” che la crisi ha scoperto e che gli Stati non riescono oggettivamente più a colmare? Questo conflitto ha un tono costituzionale a più dimensioni: pone non solo una questione di confini, tra sovranità statale e sovranità dell’Unione, rimasto irrisolto ma anche il tema della possibilità stessa di un processo d’integrazione limitato a una moneta unica e non esteso alla condivisione di una politica economica unitaria. Nella crisi dei debiti pubblici nazionali l’Europa dispone di poteri (limitati) in materia di politica monetaria ma non di strumenti di politica economica comune (le politiche di bilancio restano nelle mani degli Stati), necessari, per fronteggiare la crisi dei debiti sovrani e il rischio di default di molti Paesi. Quasi tutte le risposte assunte in sede europea hanno avuto carattere prevalentemente eccezionale (es.Europlus, Fondo salva Stati..): Nonostante il carattere eccezionale, le principali misure adottate presentano comunque un’importante novità dal punto di vista costituzionale. Si tratta di soluzioni ispirate a un inedito principio di solidarietà istituzionale – la cui origine si trova formalmente nella modifica dell’art. 136 del Trattato sul funzionamento dell’Europa che attenua la regola no bail out – che impone, attraverso una comune politica economica, di affrontare e risolvere insieme i problemi posti dalla crisi economico/finanziaria. Una solidarietà parziale, che finora si è svolta in senso “orizzontale”, tra Stati, mediante risorse rese disponibili dai governi nazionali, e non in modo “verticale”, facendo del bilancio dell’Unione un autentico strumento di governo dell’economia e per lo sviluppo comuni, come sarebbe più coerente con un modello federale di integrazione politica. 2. Rapporto tra crisi economico-finanziaria e processo d’integrazione europea Diventa oggi molto difficile credere alla possibilità che, nelle democrazie nazionali, possano ancora essere realizzati i fini delle rispettive costituzioni o che, a questo scopo, possano essere orientate le istituzioni europee oggi esistenti. Alcuni esempi. I vincoli derivanti dal patto di stabilità e il Fiscal compact hanno imposto agli stati membri l’adozione di norme e di decisioni politiche condizionate dalla regola del pareggio strutturale di bilancio che impone un rigido controllo dei bilanci nazionali da parte degli organi europei. L’esigenza di ridurre la spesa pubblica, di tenere sotto controllo il debito pubblico, anzi, il vincolo costituzionale ( art. 81 Cost. italiana) di limitare il ricorso all’indebitamento solo per spese d’investimento, con possibilità di deroga solo nelle fasi avverse del ciclo economico e di fronte a situazioni eccezionali ha obbligato i governi dei Paesi europei economicamente più esposti ad adottare riforme a singhiozzo, che hanno avuto come effetto: (1) una forte contrazione della spesa sociale, (2) il riordino delle amministrazioni pubbliche e il ripensamento del rapporto pubblico-privato, (3) il ridimensionamento dei processi di regionalizzazione e di federalismo fiscale. 3. Possibili ricerche e soluzioni future Uno stato costituzionale ha tra i propri valori fondanti la sostenibilità delle proprie istituzioni e delle politiche, anche sociali, che deve realizzare. I diritti fondamentali e i diritti di prestazione sociale richiedono istituzioni efficienti ed efficaci. Le riforme legislative in atto in tutti i Paesi dell’Unione europea devono essere intese come funzionali a realizzare un processo d’integrazione politica. In quest’orizzonte va collocato il diritto costituzionale dei nostri tempi; in questa prospettiva va ripensato lo stato costituzionale. Il federalismo, la tutela dei diritti fondamentali, le politiche economiche e la coesione sociale sono da qualche tempo questioni europee e non più solo nazionali: etsi Europa non daretur. L’Europa è (e deve essere considerata) la nuova frontiera dello stato costituzionale ed il processo federale europeo la via per ripensare il diritto costituzionale che abbiamo conosciuto fino a questo momento. Proposte per uscire dalla crisi istituzionale europea: (1) Ritornare alla piena sovranità degli Stati, (2) Costituire gli Stati uniti d’Europa, (3) Affidare a un direttorio, composto dai Paesi economicamente e politicamente più forti, la guida della politica europea. La crisi economico-finanziaria è un’occasione per ridiscutere i fondamenti del diritto costituzionale. La forma “stato” rappresenta ancora oggi una forma politica essenziale. Un processo d’integrazione implica non solo regole giuridiche e valori comuni, ma anche poteri e istituzioni in grado di realizzarli. L’Europa prefigurata dalla Convenzione per la costituzione europea è fallita sostanzialmente perché postulava una “Europa dei diritti ma senza sovrano”. Abbiamo bisogno in Europa della costruzione di un sistema politico unitario: non una mera “costituzione di diritti”, ma un autentico “stato costituzionale europeo ”, con valori, istituzioni e politiche unitari. «Lo stato costituzionale è una stupenda creatura del diritto» Santi Romano 1909/10 GRAZIE PER L’ATTENZIONE Alessandra De Nardo