Politica e Istituzioni Economiche
a.a. 2013/2014
Barbara Pancino
Ricercatrice presso il DEIm – Dipartimento di Economia e
Impresa - Università degli Studi della Tuscia
Contatti:
mail: [email protected]
tel. 0761.357893
La produzione aggregata
Def 1
Il Pil è il valore dei beni e dei servizi finali prodotti
nell’economia in un dato periodo di tempo.
Def 2
Il Pil è la somma del valore aggiunto nell’economia in un
dato periodo di tempo.
Def 3
Il Pil è la somma dei redditi dell’economia in un dato
periodo di tempo.
Pil nominale e Pil reale
Il Pil nominale è la somma della quantità dei beni finali valutati al
loro prezzo corrente.
Il Pil nominale cresce nel tempo perché nel tempo:
• produzione beni
• prezzi beni
Il Pil reale è la somma della quantità dei beni finali valutati a
prezzi costanti.
Per valutare l’andamento di un’economia da un anno all’altro si
considera il tasso di crescita del Pil reale. I periodi di crescita
positiva del Pil sono chiamati espansioni, i periodi di crescita
negativa sono detti recessioni (convenzione vuole che si parli di
recessione se l’economia registra almeno 2 trimestri consecutivi di crescita
negativa).
Breve, medio e lungo periodo
Che cosa determina il livello di produzione aggregata di
un’economia?
Nel breve periodo (qualche anno) le variazioni annuali della
produzione sono dovute soprattutto a variazioni della domanda.
Le variazioni della domanda possono derivare da cambiamenti
nella fiducia dei consumatori o da altre fonti e possono portare a
una riduzione della produzione (recessione) o a un suo aumento
(espansione).
Breve, medio e lungo periodo
Nel medio periodo (un decennio) l’economia tende al livello di
produzione determinato da fattori relativi all’offerta: lo stock di
capitale, il livello della tecnologia, la dimensione della forza lavoro.
Nel lungo periodo (qualche decennio) le determinanti della
produzione sono i fattori come il sistema educativo, il tasso di
risparmio e la qualità del governo.
Il mercato dei beni
Per studiare l’andamento dell’attività economica nel breve
periodo si analizzano le interazioni tra produzione, reddito e
domanda:
• le variazioni della domanda di beni provocano variazioni
della produzione;
• le variazioni della produzione comportano variazioni di
reddito;
• le variazioni del reddito portano a variazioni della domanda
di beni.
Le componenti del Pil
1. Consumo (C): beni e servizi acquistati dai consumatori.
2. Investimento (I): somma dell’investimento non residenziale,
cioè l’acquisto di di nuovi impianti o macchinari da parte delle
imprese e dell’investimento residenziale, cioè l’acquisto di
nuove caseo appartamenti da parte degli individui.
3. Spesa pubblica (G): beni e servizi acquistati dallo Stato e
dagli enti pubblici. I servizi includono anche quelli forniti dagli
impiegati pubblici, ovvero il valore dei loro stipendi.
La somma di queste tre voci rappresenta la spesa in beni e
servizi da parte dei residenti, siano essi consumatori, imprese
o settore pubblico.
Le componenti del Pil
Importazioni (IM): acquisti di beni e servizi dall’estero
effettuati dai residenti (consumatori, imprese, governo).
Esportazioni (X): acquisti di beni e servizi nazionali da parte
del resto del mondo.
4. Esportazioni nette o saldo commerciale (X-IM): differenza
tra esportazioni ed importazioni. Se (X-IM)>0 il paese registra
un avanzo commerciale, se (X-IM)<0 il paese presenta un
disavanzo commerciale.
Sommando le esportazioni nette alla spesa in beni e servizi da
parte dei residenti si ottiene la spesa totale in beni nazionali.
Le componenti del Pil
5. Investimento in scorte: differenza tra beni prodotti e beni
venduti in un dato anno, ovvero la differenza tra produzione e
vendite.
Se la produzione eccede le vendite, le scorte di magazzino
aumentano e quindi l’investimento in scorte è positivo.
Quando la produzione è inferiore alle vendite, le scorte si
riducono e quindi l’investimento in scorte è negativo.
La domanda di beni
La domanda totale di beni (Z) corrisponde alla somma di
consumo, investimento, spesa pubblica ed esportazioni al netto
delle importazioni.
Z
C + I + G + X - IM
Assumendo di essere in un’economia chiusa, cioè che non
commerci con il resto del mondo, la domanda totale di beni
corrisponde a:
Z
C+I+G
Consumo
Le decisioni di consumo dipendono da molti fattori, primo fra
tutti il reddito disponibile (Yd) - ossia, ciò che rimane del
reddito percepito dopo aver ricevuto i trasferimenti dal
governo e pagato le imposte.
Se Yd
C
Il consumo è una funzione del reddito disponibile:
C = C (Yd)
Consumo
C = c0 + c1 Yd
c0 = consumo desiderato in corrispondenza di Yd = 0
c0 > 0 : anche senza reddito esiste un consumo (risparmi o
prestito).
c1 = propensione al consumo; esprime l’effetto sul consumo di
un euro aggiuntivo di reddito disponibile.
c1 > 0 : un aumento del reddito disponibile fa aumentare i
consumi.
c1 < 1 : consumo di una sola parte di reddito per risparmiare il
resto.
Consumo
Ricordiamo la definizione di Yd : “reddito percepito dopo aver
ricevuto i trasferimenti dal governo e pagato le imposte”
pertanto Yd = Y – T
dove T= imposte al netto dei trasferimenti
C = c0 + c1 Yd
C = c0 + c1(Y – T)
Il consumo è una funzione del reddito e delle imposte. Un reddito
più alto fa aumentare il consumo (meno che proporzionalmente);
imposte più elevate fanno diminuire il consumo (meno che
proporzionalmente).
Investimento
L’investimento viene considerato una variabile esogena, presa
come data:
I=I
Questa ipotesi comporta che quando osserviamo variazioni
nella produzione, dobbiamo assumere che l’investimento non
risponda in nessun modo.
Spesa pubblica
La spesa pubblica (G), insieme alle imposte (T), descrive la
politica fiscale del governo, cioè le scelte relative alle entrate e
alle uscite del settore pubblico.
G e T sono considerate variabili esogene in quanto:
• il governo non presenta regolarità di comportamento
come i consumatori e le imprese;
• il compito della macroeconomia è quello di consigliare il
governo circa le decisioni di spesa e di gettito fiscale,
pertanto non si cerca la spiegazione dell’andamento di G e
T, ma piuttosto si trattano come variabili di scelta del
governo.
La domanda di beni
Siccome:
C = c0 + c1(Y – T)
I=I
G=G
Sostituendo si ottiene:
Z = c0 + c1(Y – T) + I + G
Determinazione della produzione
di equilibrio
Analizziamo ora l’equilibrio sul mercato dei beni e la relazione
tra produzione e domanda.
Se le imprese detengono delle scorte, la produzione non deve
necessariamente essere uguale alla domanda. Per adesso
ignoriamo questa condizione e assumiamo che le imprese non
abbiano scorte di magazzino.
In questo caso, l’investimento in scorte è nullo e l’equilibrio
nel mercato dei beni richiede che la produzione sia uguale alla
domanda:
Y=Z
Equazione di equilibrio
Y = c0 + c1(Y – T) + I + G
In equilibrio, la produzione, Y (a sx dell’equazione), è uguale alla
domanda (a dx). A sua volta, la domanda dipende dal reddito, Y,
che è uguale alla produzione.
Una volta costruito il modello, possiamo risolverlo per vedere
cosa determina il livello di produzione e come questo cambia in
seguito, per esempio, a una variazione della spesa pubblica.
Risoluzione algebrica
1.
Y = c0 + c1(Y – T) + I + G
2.
Y = c0 + c1Y – c1T+ I + G
3.
Y - c1Y = c0 – c1T + I + G
4.
(1- c1)Y = c0 + I + G– c1T
5.
(1- c1)Y = c0 + I + G– c1T
(1- c1)
6.
Y=
(1- c1)
1
(1- c1)
(c0 + I + G– c1T)
Produzione di equilibrio
Y=
1
(c0 + I + G– c1T)
(1- c1)
Il termine (c0 + I + G– c1T) rappresenta la componente della
domanda di beni che non dipende dal livello di produzione,
ovvero la spesa autonoma.
La spesa autonoma è sempre positiva?
c0 e I sono positivi.
Se T=G e se c1<1 allora (G–c1T)>0 e quindi la spesa autonoma è
positiva.
Solo se il governo presentasse un grosso avanzo di bilancio, la
spesa sarebbe negativa (caso piuttosto irrealistico).
Produzione di equilibrio
Y=
1
(c0 + I + G– c1T)
(1- c1)
Il termine 1/(1– c1) rappresenta il moltiplicatore della spesa
autonoma.
Poiché la propensione al consumo, c1, è compresa tra 0 e 1, allora
1/(1– c1) è un numero maggiore di 1.
Qualsiasi aumento della spesa autonoma, una variazione dei
consumi, degli investimenti, della spesa pubblica oppure delle
imposte, influenzerà la produzione in misura superiore all’effetto
diretto sulla spesa autonoma.
In sintesi
La produzione dipende dalla domanda, che a sua volta dipende dal
reddito, che è uguale alla produzione.
Un incremento della domanda, fa aumentare la produzione e il
reddito.
L’aumento di reddito, a sua volta, fa aumentare la domanda e
quindi la produzione, e così via.
Alla fine, il risultato è un aumento della produzione superiore
all’incremento iniziale della domanda di un fattore pari al
moltiplicatore.
Dinamica dell’aggiustamento
In teoria, secondo le ipotesi del modello, l’aggiustamento è
istantaneo.
Nella realtà la durata dell’aggiustamento dipende dal modo e dalla
frequenza con cui le imprese rivedono i loro piani di produzione.
Quanto più frequentemente le imprese aggiustano la produzione
in seguito ad aumenti delle vendite, tanto più rapido sarà
l’aggiustamento.
Allo stesso modo, riduzioni della domanda fanno diminuire la
produzione.
Il risparmio
Un modo alternativo di pensare all’equilibrio
Il risparmio privato (S) è uguale al reddito disponibile al netto dei
consumi:
S = Yd – C
S =Y –T - C
Il risparmio pubblico è uguale alle imposte (al netto dei
trasferimenti) meno la spesa pubblica, T - G.
Se le imposte eccedono la spesa pubblica, il governo ha un avanzo
di bilancio, cioè il risparmio pubblico è positivo. Se le imposte
sono inferiori alla spesa pubblica, il governo ha un disavanzo di
bilancio, cioè il risparmio pubblico è negativo.
Risoluzione algebrica
La produzione è uguale alla domanda:
Y =Z
Y=C+I+G
Sottraendo le imposte da entrambi i lati e spostando il consumo
sulla sx:
Y –T – C = I + G -T
S = I + G –T
oppure
I = S + (T - G)
L’investimento deve essere uguale al risparmio (privato e pubblico).
Margine d’azione del governo
Ci sono molti aspetti della realtà che non rientrano nel modello e
che complicano il compito del governo.
• Cambiare la spesa pubblica o le imposte non è facile:
l’approvazione di nuovi progetti di legge richiede molto tempo;
• L’ipotesi dell’investimento costante e delle importazioni nulle
non è realistica;
• Le aspettative contano. La risposta dei consumatori a una
riduzione fiscale dipende dal fatto che si consideri tale
riduzione transitoria o permanente;
• Tentare di raggiungere un livello di produzione molto elevato
potrebbe accelerare l’inflazione e perciò essere insostenibile
nel medio periodo;
• Ridurre le imposte o aumentare la spesa pubblica potrebbe
generare grossi disavanzi di bilancio e portare
all’accumulazione del debito pubblico.
La domanda di moneta
Come allocare la ricchezza finanziaria risparmiata?
La moneta può essere usata per transazioni, ma non paga
interessi. In realtà ci sono due tipi di moneta: quella circolante,
la moneta cartacea e metallica, e i depositi bancari, a fronte dei
quali è possibile emettere assegni.
I titoli pagano un interesse positivo (i), ma non possono essere
utilizzati per le transazioni.
E' utile detenere sia moneta sia titoli, ma in quali
proporzioni?
La decisione dipende da 2 variabili fondamentali
Livello delle transazioni
Tasso di interesse sui titoli
E’ ragionevole volere
abbastanza moneta da
non dover ricorrere
troppo spesso ad un
intermediario.
L’unica ragione per tenere
parte della ricchezza in
titoli è che questi fruttano
un interesse. Quanto
maggiore è il tasso
d’interesse, tanto
più
siamo
disposti
a
sopportare
i
costi
finanziari.
La domanda di moneta
La domanda di moneta (Md) di un’economia nel suo insieme è
la somma di tutte le domande di moneta individuali. Quindi,
dipende dal livello totale delle transazioni nell’economia e dal
tasso d’interesse.
Il livello totale delle transazioni è difficile da misurare, ma
possiamo assumere che sia più o meno proporzionale al
reddito nominale (il reddito misurato in moneta).
Se il reddito nominale (€Y) aumenta, è ragionevole supporre
che l’ammontare delle transazioni aumenti della stessa
percentuale.
Pertanto la relazione tra domanda di moneta, reddito
nominale e tasso d’interesse risulta:
Md = €YL (i)
Tasso di interesse, i
La domanda di moneta
i
Md’ (per €Y’>€Y)
Md (per un reddito nominale €Y)
M
M’
Moneta, M
La domanda di moneta
Md = €YL (i)
La domanda di moneta Md è uguale al reddito nominale €Y
moltiplicato per una qualche funzione del tasso d’interesse i,
indicata con L(i). Il tasso d’interesse ha un effetto negativo
sulla domanda di moneta: un aumento del tasso d’interesse
riduce la domanda di moneta, poiché gli individui tengono più
ricchezza in titoli.
Offerta di moneta
La banca centrale detiene il monopolio della creazione di
moneta di una nazione prestata allo Stato sotto forma di
moneta avente corso legale.
Supponiamo che la banca centrale decida di offrire un
ammontare di moneta uguale a M, cosicché:
Ms = M
L’equilibrio nei mercati finanziari richiede che l’offerta di
moneta sia uguale alla domanda di moneta, cioè Ms = Md,
pertanto:
M = €YL(i)
Curva LM
Tasso di interesse, i
Il tasso d’interesse deve essere tale da indurre gli individui a
tenere una quantità di moneta pari all’offerta di moneta M, dato il
loro reddito Y. Questa relazione è chiamata curva LM.
i
Offerta di moneta
M
.
A
M
Moneta, M
Domanda di moneta
Md
Tasso di interesse, i
Effetti di un aumento di reddito nominale
i’
i
.
.
Ms
A’
Md’ (per €Y’>€Y)
A
Md (per un reddito nominale €Y)
M
Moneta, M
Un aumento del reddito nominale provoca un incremento del
tasso d’interesse. Infatti, in corrispondenza del tasso d’interesse
iniziale, la domanda di moneta eccede l’offerta di moneta; per
indurre gli individui a tenere una quantità inferiore di moneta e
ristabilire l’equilibrio è necessario che il tasso d’interesse aumenti.
Tasso di interesse, i
Effetti di un aumento dell’offerta di moneta
Ms’
Ms
i
.
i’
M
A
.
A’
Md
M’
Moneta, M
Un aumento dell’offerta di moneta provoca una riduzione del tasso
d’interesse. La riduzione del tasso d’interesse fa aumentare la
domanda di moneta in modo da eguagliare la nuova – maggiore offerta di moneta.
Politica monetaria
In che modo la banca centrale varia l’offerta di moneta?
Operazioni di mercato
aperto
Prezzo e rendimento dei
titoli
Operazioni di mercato aperto
La banca centrale modifica l’offerta di moneta nell’economia
attraverso l’acquisto e la vendita di titoli sul mercato dei titoli.
Se desidera aumentare la quantità di moneta, compra titoli e li paga
con moneta, creando in tal modo nuova moneta.
Se invece vuole diminuire la quantità di moneta, vende titoli e
rimuove dalla circolazione la moneta che riceve in pagamento.
Si definisce intervento espansivo di mercato aperto, l’operazione
che permette alla banca centrale di aumentare (espandere) l’offerta
di moneta.
Viceversa, si definisce intervento restrittivo di mercato aperto,
l’operazione che permette alla banca centrale di ridurre
(restringere) l’offerta di moneta.
Prezzo e rendimento dei titoli
Finora abbiamo parlato di tasso d’interesse sui titoli, in realtà sul
mercato dei titoli si determina non il tasso di interesse, ma il
prezzo dei titoli. Dal prezzo poi si calcola il tasso d’interesse sui
titoli.
Il tasso d’interesse è ciò che si ottiene dal titolo ad un
anno da oggi meno ciò che si paga per il titolo oggi
(€PT), diviso per il prezzo del titolo oggi (€PT).
Prezzo e rendimento dei titoli
Supponiamo che i titoli siano annuali e che garantiscano il
rimborso di 100€ dopo un anno. Supponiamo che il prezzo oggi
sia di €PT.
Se compriamo il titolo oggi e lo teniamo per un anno, il tasso
d’interesse che riceviamo sarà uguale a (€100-€PT)/€PT.
Di conseguenza, il tasso d’interesse su un titolo annuale è dato da:
i =(€100-€PT)
€PT
Se €PT è uguale a 95€, i = (€100-95€)/95€ =0,053  5,3%
Se €PT è uguale a 90€, i = (€100-90€)/90€ =0,111  11,1%
Quanto più elevato è il prezzo del titolo, tanto minore sarà il tasso
d’interesse pagato dal titolo stesso.
Operazioni di mercato aperto (II)
Intervento espansivo di mercato aperto.
La banca centrale acquista titoli sul mercato dei titoli e paga
emettendo nuova moneta. Poiché acquista titoli, la banca centrale
fa aumentare la domanda di titoli e, di conseguenza, ne fa
aumentare il prezzo. Al contrario, il tasso d’interesse sui titoli
scende.
Intervento restrittivo di mercato aperto.
La banca centrale riduce l’offerta di moneta vendendo titoli.
Questo provoca una riduzione del loro prezzo e quindi un
aumento del tasso di interesse.
Riepilogo
• il tasso d’interesse è determinato dall’uguaglianza tra offerta di
moneta e domanda di moneta;
• variando l’offerta di moneta, la banca centrale può influenzare il
tasso d’interesse;
• la banca centrale modifica l’offerta di moneta attraverso
operazioni di mercato aperto, che sono acquisti o vendite di
titoli contro moneta;
• le operazioni di mercato aperto con le quali la banca centrale
aumenta l’offerta di moneta acquistando titoli fanno aumentare
il prezzo dei titoli e quindi riducono il tasso di interesse;
• le operazioni di mercato aperto con le quali la banca centrale
riduce l’offerta di moneta vendendo titoli ne fanno diminuire il
prezzo e quindi aumentano il tasso di interesse.
Trappola della liquidità
Quando si detiene abbastanza contante per effettuare le
transazioni, si è indifferenti tra tenere il resto della ricchezza
finanziaria in titoli o contanti.
La ragione di tale indifferenza è che sia titoli che moneta pagano lo
stesso tasso d’interesse, pari a 0.
Di conseguenza:
• Al diminuire di i, gli individui vogliono tenere più moneta (e
meno titoli): Md aumenta.
• Quando i=0, le persone vogliono detenere una quantità di
moneta almeno pari alla distanza OB: questo è quello che serve
loro per scopi transitivi. Ma sono disposti a tenere anche una
quantità maggiore di moneta (e quindi una quantità inferiore di
titoli), poiché sono indifferenti tra titoli e moneta. Quindi oltre il
punto B, Md diventa orizzontale.
Trappola della liquidità
Cosa succede quando l’offerta di moneta aumenta?
Tasso di interesse, i
Md
Ms
.
i
Ms’
Ms’’
A
O
B
Moneta, M
C
Trappola della liquidità
• In condizioni di equilibrio, un aumento di Ms porta ad una
riduzione di i.
• Quando i=0, un aumento di Ms non ha alcun effetto sul tasso
d’interesse.
Una volta che il tasso d’interesse è sceso a zero, un’espansione
monetaria diventa inefficace. L’aumento della domanda fa cadere
l’economia in una trappola della liquidità. Le persone sono disposte
a tenere più moneta (più liquidità) allo stesso tasso d’interesse.
Tasso di interesse, i
Quantità di moneta o tasso d’interesse?
Ms’
Ms
i
.
i’
M
A
.
A’
Md
M’
Moneta, M
In realtà le banche centrali, piuttosto che decidere di aumentare Ms,
stabiliscono il tasso d’interesse obiettivo e muovono l’offerta di
moneta in modo tale da raggiungerlo.
Il Sistema europeo di banche centrali
Con l’adozione dell’euro come moneta unica, gli Stati membri
dell’UE partecipanti all’area dell’euro hanno rinunciato alla
sovranità monetaria. La BCE in quanto nucleo del nuovo sistema
che svolge le funzioni di banca centrale, denominato “Sistema
europeo di banche centrali” (SEBC), ha assunto la competenza
della conduzione della politica monetaria nell’area dell’euro.
Ai sensi del Trattato CE, il SEBC è incaricato di svolgere le funzioni
di banca centrale per l’euro. Tuttavia, poiché il SEBC non è dotato
di personalità giuridica propria ed esistono diversi livelli di
integrazione nell’UEM, i soggetti effettivamente coinvolti sono la
BCE e le BCN dei paesi dell’area dell’euro, che esercitano le
funzioni fondamentali del SEBC nel quadro dell’ “Eurosistema”.
Gli obiettivi di politica monetaria
L’art. 105.1 del Trattato di Maastricht attribuisce assoluta priorità
all’obiettivo della stabilità dei prezzi (incremento annuo
dell’indice dei prezzi al consumo per l’area dell’euro inferiore al
2%).
Fatto salvo tale obiettivo, il SEBC sostiene le politiche economiche
generali della Comunità in vista di contribuire alla realizzazione
degli obiettivi di quest’ultima, fra cui un elevato livello di
occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica. Il SEBC
deve inoltre agire in linea con il principio di un’economia di
mercato aperta e in libera concorrenza.
Poiché l’articolo 105, paragrafo 1, del Trattato non si applica agli
Stati membri dell’UE che non hanno adottato l’euro, il termine
“SEBC” va inteso come “Eurosistema”.
Strategie di politica monetaria
I due possibili approcci sono:
• la strategia del «monetary targeting» che si basa sull’annuncio
da parte della banca centrale di un tasso di crescita della
quantità di moneta;
• l’«inflation targeting», una strategia basata sull’annuncio da parte
della banca centrale di un sentiero desiderato per l’inflazione
futura.
Comportamento della Bce
La Bce ha deciso di adottare un approccio, che è stato ufficialmente
denominato strategia di politica monetaria orientata alla stabilità,
basato su “due principi”:
• analisi monetaria;
• analisi economica.
È ormai generalmente condivisa l’opinione secondo cui la Bce
opera di fatto perseguendo obiettivi di inflazione e definisce il
livello dei tassi di interesse in base alle proprie previsioni del livello
di inflazione nell’area euro.
Il mercato dei beni e la curva IS
L’equilibrio sul mercato dei beni attraverso la condizione di
uguaglianza tra produzione, Y, e domanda, Z, è definito dalla
relazione IS.
Assumendo che il consumo sia funzione del reddito disponibile
e considerando dati investimento, spesa pubblica e imposte, si
ha che la condizione di equilibrio è data da:
Y  C(Y  T )  I  G
Dove il tasso di interesse non influenza la domanda di beni.
Investimento, vendite e tasso di interesse
L’investimento era considerato costante per semplicità.
In realtà, l’investimento dipende principalmente da due fattori:
 il livello delle vendite: un aumento delle vendite determina un
aumento di produzione e di conseguenza un aumento degli
investimenti;
 il tasso di interesse: tanto più alto è i, tanto meno conviene
indebitarsi.
I  I (Y , i )
(  , )
 un  della produzione provoca un  di I
 un  del tasso di interesse provoca una  di I
Come si determina la produzione
La condizione di equilibrio sul mercato dei beni diventa:
Y  C(Y  T )  I (Y , i)  G
un  della produzione fa  il reddito e quindi il reddito
disponibile che a sua volta fa  il consumo;
 un  della produzione fa  l’investimento.
In sintesi, attraverso i suoi effetti sia sul consumo sia
sull’investimento, un aumento della produzione fa aumentare
la domanda di beni: questa relazione tra domanda e
produzione (per un dato tasso d’interesse) è rappresentata
dalla curva ZZ inclinata positivamente.
Come si determina la produzione
La curva ZZ ha due caratteristiche:

non avendo assunto che le equazioni del consumo e
investimento siano lineari, la ZZ sarà una curva e non una
retta;

avendo assunto che un aumento della produzione conduca a
un incremento meno che proporzionale della domanda, la
ZZ sarà più piatta della retta a 45°.
Equilibrio sul mercato dei beni
La domanda di beni è una funzione crescente della produzione.
L’equilibrio richiede che la domanda sia uguale alla produzione.
La curva IS
(a) Un aumento del tasso
di
interesse
riduce
l’investimento e quindi la
domanda di beni e porta a
una
riduzione
della
produzione di equilibrio.
(a) L’equilibrio
sul
mercato dei beni richiede
cha la produzione sia una
funzione decrescente del
tasso di interesse: la curva
IS
è
negativamente
inclinata.
Spostamenti della curva IS
Se T , Yd e C 
Riduzione della domanda di beni
Riduzione produzione di equilibrio
Un aumento delle imposte sposta la curva IS verso sinistra.
Spostamenti della curva IS
L’equilibrio del mercato dei beni richiede che un aumento del
tasso di interesse sia associato a una riduzione della produzione.
Questa relazione è rappresentata dalla curva decrescente IS.
Ogni fattore che diminuisce la domanda di beni, dato il tasso di
interesse, sposta la IS verso sinistra.
Ogni fattore che aumenta la domanda di beni, dato il tasso di
interesse, sposta la IS verso destra.
I mercati finanziari e la curva LM
Il tasso di interesse è determinato dall’eguaglianza tra
domanda e offerta di moneta , M= € YL(i).
La variabile M sul lato sinistro rappresenta lo stock
nominale di moneta. Il lato destro dà la domanda di
moneta, che è una funzione del reddito nominale, €Y, e del
tasso di interesse, i.
Tale equazione stabilisce una relazione tra moneta, reddito
nominale e tasso di interesse.
I mercati finanziari e la curva LM
Dividendo entrambi i lati per il livello dei prezzi, P , si ottiene:
M
 YL(i )
P
In tal modo, la condizione di equilibrio è data dall’uguaglianza tra
offerta reale di moneta – cioè lo stock di moneta in termini di
beni che possono essere acquistati e non di euro – e domanda
reale di moneta, che a sua volta dipende dal reddito reale Y e dal
tasso di interesse i.
Tale equazione identifica la curva LM.
N.B. Si ottiene in termini di reddito reale,Y, e non nominale, €Y.
La derivazione della curva LM
(a) Un aumento del reddito provoca un aumento della domanda di
moneta, a ogni livello del tasso di interesse. Data l’offerta di moneta,
questo aumento della domanda di moneta fa aumentare il tasso di
interesse di equilibrio.
(a) L’equilibrio sui mercati finanziari richiede che un aumento del reddito
sia accompagnato da un aumento del tasso di interesse: la curva LM è
positivamente inclinata.
Spostamenti della curva LM
Un aumento della moneta fa spostare la curva LM verso il
basso.
I mercati finanziari e la curva LM
L’equilibrio nei mercati finanziari fa sì che, per una data offerta
reale di moneta, un aumento del livello di reddito, che fa
aumentare la domanda di moneta, porti a un aumento del tasso
di interesse. Questa relazione è rappresentata dalla curva
crescente LM.
Un aumento dello stock di moneta sposta la LM verso il basso;
viceversa, una riduzione dello stock di moneta sposta la LM
verso l’alto.
Il modello IS-LM: equilibrio
Ogni punto della curva IS corrisponde all’equilibrio sul mercato
dei beni.
Curva IS:
Y  C (Y  T )  I (Y , i)  G
Ogni punto della curva LM corrisponde all’equilibrio sui mercati
finanziari.
Curva LM:
M
 YL(i )
P
Il modello IS-LM: equilibrio
Il modello IS-LM: equilibrio
L’equilibrio sul mercato dei beni richiede che un aumento del
tasso di interesse sia accompagnato da una riduzione della
produzione. Questo è rappresentato dalla curva IS.
L’equilibrio sui mercati finanziari richiede che un aumento della
produzione sia accompagnato da un aumento del tasso di
interesse. Questo è rappresentato dalla curva LM.
Solo nel punto A, che è su entrambe le curve, entrambi i mercati
– dei beni e finanziari – sono in equilibrio.
Politica fiscale, produzione e tasso di
interesse
Riduzione di (G-T)  stretta fiscale
Aumento di (G-T)  espansione fiscale
Si consideri una riduzione del disavanzo di bilancio attraverso un
aumento delle imposte, mantenendo invariata la spesa pubblica.
Una politica di questo tipo è chiamata stretta o contrazione
fiscale.
L’incremento delle imposte influenza l’equilibrio sul mercato dei
beni, cioè muove la curva IS.
Poiché le imposte non compaiono nell’equazione della LM, esse
non influenzano la condizione di equilibrio. La LM non si sposta.
Un aumento delle imposte sposta la curva IS verso sinistra, e
provoca una riduzione del livello di produzione di equilibrio e del
tasso di interesse di equilibrio.
Effetti di un aumento delle imposte
Effetti di un aumento delle imposte
L’incremento delle imposte provoca una riduzione del reddito
disponibile, che a sua volte induce gli individui a consumare di
meno.
Il risultato, attraverso l’effetto del moltiplicatore, corrisponde ad
una diminuzione della produzione e del reddito.
Allo stesso tempo, la diminuzione del reddito riduce la domanda
di moneta, causando una riduzione del tasso d’interesse.
La diminuzione del tasso d’interesse mitiga, ma non compensa del
tutto, l’effetto delle maggiori imposte sulla domanda di beni.
Effetti di un aumento delle imposte
Cosa succede all’investimento?
Da un lato, una produzione inferiore significa meno vendite e
investimenti più bassi.
Dall’altro, un tasso di interesse inferiore stimola l’investimento.
Senza saperne di più circa la forma esatta dell’equazione degli
investimenti, non possiamo stabilire quale effetto sia dominante.
Pertanto, una riduzione del disavanzo pubblico non conduce
necessariamente a un aumento degli investimenti. Nel breve
periodo, la diminuzione del disavanzo potrebbe ridurre gli investimenti.
Ridurre il disavanzo: un bene o un male per gli
investimenti?
“Il risparmio privato è destinato a finanziare il disavanzo di bilancio oppure
gli investimenti. Non bisogna quindi essere dei geni per concludere che la
riduzione del disavanzo di bilancio permette di liberare parte del risparmio, e
aumenta gli investimenti”.
Questo ragionamento è piuttosto semplice e pare pure convincente.
Ma come lo conciliamo con quanto visto finora, e cioè che la riduzione
del disavanzo può ridurre invece che aumentare gli
investimenti? Ricordiamo che possiamo pensare all’equilibrio sul
mercato dei beni come alla condizione:
I = S + (T-G) investimento = risparmio privato + risparmio pubblico
L’investimento deve essere uguale al risparmio totale – cioè al
Ridurre il disavanzo: un bene o un male per gli
investimenti?
È quindi sempre vero che, a parità di risparmio privato, se il governo
riduce il suo disavanzo – aumentando le imposte o riducendo la spesa
pubblica – gli investimenti devono necessariamente aumentare.
Il punto cruciale di questa argomentazione è “a parità di risparmio
privato”.
Una stretta fiscale, infatti, influenza anche il risparmio privato, in quanto
riduce la produzione, il reddito, e quindi anche il consumo. Dal momento
che il consumo diminuisce meno che proporzionalmente rispetto al
reddito, una stretta fiscale riduce anche il risparmio privato. E nulla vieta
che diminuisca più della riduzione del disavanzo di bilancio, provocando
in tal modo una riduzione e non un aumento dell’investimento.
In sintesi, una stretta fiscale potrebbe ridurre l’investimento. Guardando
al caso opposto, un’espansione fiscale – cioè una riduzione delle imposte
o un aumento della spesa pubblica – potrebbe aumentare l’investimento.
Politica monetaria, produzione e tasso di
interesse
Un aumento dell’offerta di moneta è chiamato espansione
monetaria. Una diminuzione dell’offerta di moneta è chiamata
stretta o contrazione monetaria.
L’offerta di moneta non influenza direttamente né la domanda né
l’offerta di beni. La moneta, quindi, non sposta la curva IS.
Una espansione monetaria sposta verso il basso la LM.
Un’espansione monetaria provoca un aumento della produzione
e una riduzione del tasso di interesse.
Effetti di un’espansione monetaria
Effetti di un’espansione monetaria
L’aumento dell’offerta di moneta conduce ad un tasso di interesse
inferiore. A sua volta, un tasso di interesse più basso stimola gli
investimenti e, attraverso il moltiplicatore, fa aumentare la
domanda e la produzione.
Nel caso di un’espansione monetaria, diversamente da quello
della stretta fiscale analizzato in precedenza, possiamo stabilire
esattamente che cosa succede alle varie componenti della
domanda: con un reddito più alto e imposte invariate, il reddito
disponibile è maggiore e il consumo aumenta. Con vendite
maggiori e un tasso di interesse più basso, l’investimento aumenta
sicuramente.
Un’espansione monetaria, quindi, stimola gli investimenti più di
un’espansione fiscale.
Effetti della politica fiscale e della politica
monetaria
Spostamento
della IS
Spostamento
della LM
Variazione di
Y
Variazione di
i
Aumento delle
imposte
sx
nessuno
giù
giù
Riduzione
delle imposte
dx
nessuno
su
su
Aumento della
spesa
dx
nessuno
su
su
Riduzione
della spesa
sx
nessuno
giù
giù
Aumento della
moneta
nessuno
giù
su
giù
Riduzione
della moneta
nessuno
su
giù
su
Un mix di politica economica
Abbiamo analizzato la politica fiscale e la politica monetaria
separatamente, per mostrarne il funzionamento. In pratica, esse
sono spesso usate insieme. La combinazione di politica monetaria
e politica fiscale prende il nome di mix di politica economica.
A volte, il giusto mix richiede cha la politica fiscale e la politica
monetaria vadano nella stessa direzione.
A volte, il giusto mix richiede che politica fiscale e politica
monetaria vadano in direzione opposte.
Il modello IS-LM descrive davvero quello
che succede nell’economia?
Politica fiscale

aggiustamento lento della produzione sul mercato dei beni

le fonti della dinamica nel mercato dei beni:
 la produzione si aggiusta lentamente alla domanda
 il consumo si aggiusta lentamente al reddito
 l’investimento si aggiusta lentamente alla produzione
Politica monetaria:
 aggiustamento veloce del tasso di interesse sul mercato
finanziario
Economia aperta
Economia aperta applicata a:
 mercati dei beni: l’opportunità per i consumatori e le
imprese di scegliere tra beni nazionali e beni esteri;
 mercati delle attività finanziarie: l’opportunità per gli
investitori finanziari di scegliere tra attività finanziarie
nazionali ed estere;
 mercati dei fattori: l’opportunità delle imprese di scegliere
dove localizzare un’attività produttiva e per i lavoratori di
scegliere dove lavorare.
L’Unione Europea rappresenta il più grande mercato comune tra
Stati sovrani mai esistito, che oggi include 27 paesi.
I mercati dei beni in economia aperta
L’opportunità per i consumatori e le imprese di scegliere tra beni
nazionali e beni esteri.
Importazioni (IM): acquisti di beni e servizi dall’estero effettuati
dai residenti (consumatori, imprese, governo).
Esportazioni (X): acquisti di beni e servizi nazionali da parte del
resto del mondo.
Esportazioni nette o saldo commerciale (X-IM): differenza tra
esportazioni ed importazioni. Se (X-IM)>0 il paese registra un
avanzo commerciale, se (X-IM)<0 il paese presenta un disavanzo
commerciale.
La scelta tra beni nazionali e beni esteri
Quando i mercati sono aperti, i consumatori non scelgono
solo tra consumo e risparmio, ma devono anche scegliere se
comprare beni nazionali o beni esteri.
Tutti gli acquirenti nazionali – consumatori, imprese e governo
– e gli acquirenti esteri devono compiere questa scelta, che ha
un effetto diretto sulla produzione nazionale: se decidono di
acquistare più beni nazionali, la domanda per tali beni aumenta
e quindi aumenta la produzione.
La variabile cruciale in questa scelta è data dal prezzo dei beni
nazionali in termini di beni esteri. Questo prezzo relativo è
noto come tasso di cambio reale.
Tassi di cambio nominali
I tassi di cambio nominali tra valute possono essere quotati in
due modi:
1) come il prezzo della valuta nazionale in termini di valuta
estera.
Per esempio se consideriamo la sterlina come valuta nazionale
e all’euro come valuta estera, possiamo esprimere il tasso di
cambio nominale come il prezzo della sterlina in termini di
euro. Nel giugno 2009, il tasso di cambio così definito era 1,15
ossia una sterlina valeva 1,15 euro.
2) come il prezzo della valuta estera in termini di valuta
nazionale.
Seguendo l’esempio precedente, prezzo di un euro in sterline.
Nel giugno 2009, il tasso di cambio così definito era 0,86 ossia
un euro valeva 0,86 sterline.
Tassi di cambio nominali
Noi adottiamo la prima definizione: il tasso di cambio nominale è
dato dal prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera,
detto E.
I tassi di cambio tra le monete cambiano ogni giorno. Queste
variazioni
sono
chiamate
apprezzamenti
nominali
o
deprezzamenti nominali.
Un apprezzamento della moneta nazionale è un aumento del
prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera, quindi
un aumento del tasso di cambio.
Un deprezzamento della moneta nazionale è una riduzione del
prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera, quindi
corrisponde a una diminuzione del tasso di cambio.
Dai tassi di cambio nominali ai tassi di
cambio reali
Il tasso di cambio reale è costruito moltiplicando il prezzo
nazionale per il tasso di cambio nominale e dividendo per il
livello dei prezzi esteri:
EP
 
P
*
Un aumento del tasso di cambio reale si definisce apprezzamento
reale.
Una diminuzione del tasso di cambio reale si definisce
deprezzamento reale.
Dai tassi di cambio bilaterali ai tassi di
cambio multilaterali
Tasso di cambio reale multilaterale: prezzo medio dei beni di una
nazione rispetto a quello di tutti i suoi partner commerciali.
Per misurare il tasso di cambio reale multilaterale è necessario
usare come pesi le quote dei flussi commerciali di questa nazione
con gli altri paesi:
 dalle quote delle esportazioni si calcola il tasso di cambio
all’esportazione;
 dalle quote delle importazioni si calcola il tasso di cambio
all’importazione;
 si calcola la media delle quote di esportazioni e
importazioni.
La curva IS in economia aperta
In una economia aperta, la domanda di beni nazionali è data da:
Z  C  I G
IM

X
La somma dei primi tre termini (consumo (C), investimento (I) e
spesa pubblica (G)) costituisce la domanda nazionale di beni
dobbiamo sottrarre le importazioni
aggiungere le esportazioni
Le determinanti di C, I e G
Le decisioni di spesa dei consumatori dipendono ancora dal loro
reddito e dalla loro ricchezza, l’investimento dalla ricchezza e il
tasso d’interesse nominale e la spesa pubblica è esogena.
C  I  G  C (Y  T ) I (Y , i )  G

 
Il tasso di cambio reale non influenza il livello, ma solo la
composizione della spesa tra beni nazionali e beni esteri.
Le determinanti delle importazioni
Un aumento del reddito nazionale Y provoca un aumento delle
importazioni. Quanto maggiore è il livello del reddito nazionale,
tanto più elevata sarà la domanda di tutti i beni, nazionali ed esteri.
Le importazioni dipendono anche positivamente dal tasso di
cambio reale, ovvero il il prezzo dei beni nazionali in termini di
beni esteri. Quanto più alto è il prezzo dei beni nazionali rispetto
ai beni esteri, tanto maggiore sarà la domanda relativa di beni
esteri e tanto maggiori saranno le importazioni.
IM  IM (Y ,  )


Le determinanti delle esportazioni
Un aumento della produzione estera (Y*) provoca un incremento
delle esportazioni. Quanto maggiore è il livello del reddito estero,
tanto più elevata sarà la domanda estera di tutti i beni, nazionali ed
esteri.
Un aumento del tasso di cambio reale provoca una riduzione delle
esportazioni. Quanto maggiore è il prezzo dei beni nazionali
rispetto ai beni esteri, tanto minore sarà la domanda estera di beni
nazionali e tanto minori saranno le esportazioni.
X  X (Y ,  )
*


Uniamo tutte le determinanti della domanda
di beni nazionali
Equilibrio nel mercato dei beni
In equilibrio, la produzione deve uguagliare la domanda, dove la
domanda è data da:
 consumo, C, che dipende positivamente dal reddito disponibile, YT;
 investimento, I, che dipende positivamente dalla produzione Y e
negativamente dal tasso di interesse reale, i;
 la spesa pubblica, G, è considerata esogena;
 la quantità delle importazioni, IM, che dipende positivamente sia
da Y che dal tasso di cambio reale (per ottenere il valore in
termini nazionali va diviso per il tasso di cambio reale);
 le esportazioni, X, che dipendono positivamente da produzione
estera,Y*, e tasso di cambio reale.
Y = C(Y -T ) + I(Y ,i) +G - IM (Y ,e ) / e + X (Y ,e )
(  , )
(  ) (  , )
(  , )
*
Equilibrio nel mercato dei beni
Per semplicità possiamo scrivere:
NX (Y , Y ,  )  X (Y ,  )  IM (Y ,  ) / 
*
*
Dove NX indica le esportazioni nette.
Riscriviamo la condizione di equilibrio come:
Y = C(Y -T ) + I (Y ,i) +G + NX (Y ,Y ,e )
(  , )
(  )
(-,+,-)
*
Equilibrio nel mercato dei beni
Un aumento del tasso di interesse reale, i, genera una riduzione
della spesa per investimenti, e quindi una riduzione della
domanda di beni nazionali. Attraverso il moltiplicatore, questo
conduce a una diminuzione della produzione.
Un aumento del tasso di cambio reale, ε, provoca uno
spostamento della domanda a favore dei beni esteri e quindi un
calo delle esportazioni nette. La riduzione delle esportazioni
nette fa diminuire la domanda e la produzione attraverso il
moltiplicatore.
Equilibrio nel mercato dei beni
Introduciamo una semplificazione:

il livello dei prezzi nazionali ed estero è esogeno: il tasso di cambio
nominale e reale si muovono assieme
P  P*  E  
Con questa semplificazione, possiamo scrivere:
Y  C (Y  T )  I (Y , i)  G  NX (Y ,Y , E )
(  , )
(  )
  
*
Un’analisi congiunta dei mercati reali e
finanziari
L’equilibrio nel mercato dei beni richiede che la produzione
dipenda anche dal tasso di interesse e dal tasso di cambio:
Y  C (Y  T )  I (Y , i)  G  NX (Y ,Y , E )
*
Il tasso di interesse è determinato dall’eguaglianza fra la
domanda e l’offerta di moneta:
M
 YL(i )
P
E la parità dei tassi di interesse fa sì che esista una relazione
positiva tra tasso di interesse e tasso di cambio:
1 i
E
E
1 i
*
e
Un’analisi congiunta dei mercati reali e
finanziari
Un aumento del tasso di interesse ha due effetti:
già presente in economia chiusa, è l’effetto diretto
sull’investimento. Un aumento del tasso di interesse provoca
una diminuzione dell’investimento e della domanda di beni
nazionali;
2) presente solo in economia aperta, è l’effetto che opera
attraverso il tasso di cambio. Un aumento del tasso di
interesse interno genera un apprezzamento che provoca una
diminuzione delle esportazioni nette e quindi una riduzione
della domanda di beni nazionali.
1)
Modello IS-LM in economia aperta
Modello IS-LM in economia aperta
La curva IS è inclinata negativamente: un aumento del tasso di
interesse porta direttamente o indirettamente attraverso il
tasso di cambio a una riduzione della domanda e a un calo della
produzione.
La curva LM è inclinata positivamente: un aumento del reddito
fa aumentare la domanda di moneta, e ciò provoca un aumento
del tasso di interesse di equilibrio.
Il mercato del lavoro

Forza lavoro:
lavoratori occupati + lavoratori in cerca di occupazione

Tasso di partecipazione:
rapporto tra la forza lavoro e la popolazione civile in età lavorativa

Tasso di disoccupazione:
rapporto tra il numero di disoccupati e la forza lavoro
La determinazione dei salari
I lavoratori percepiscono solitamente un salario superiore al loro
salario di riserva, cioè il salario che li rende indifferenti tra
lavorare ed essere disoccupati.
I salari di solito dipendono dalle condizioni prevalenti sul mercato
del lavoro: quanto più basso è il tasso di disoccupazione, tanto
maggiori sono i salari.
Due linee interpretative:
 anche in assenza di contrattazione collettive (contrattazioni
tra sindacati e imprese), i lavoratori hanno una certa forza
contrattuale che usano per ottenere salari più elevati.
 le imprese stesse, per varie ragioni, possono voler pagare salari
superiori a quello di riserva.
Contrattazione
La forza contrattuale di un lavoratore dipende da:
• il costo, in caso di dimissioni, che l’impresa paga per sostituirlo;
• la difficoltà a trovare un nuovo lavoro.
La forza contrattuale dipenderà:
• dalla natura del lavoro;
• dalle condizioni prevalenti sul mercato.
La teoria dei “salari di efficienza”
Prescindendo dalla forza contrattuale dei lavoratori, le stesse
imprese possono voler pagare un salario superiore a quello di
riserva:
• per avere lavoratori più produttivi, incentivati da una migliore
remunerazione;
• diminuire il tasso di avvicendamento dei lavoratori (turnover): la
riduzione di turnover tende ad aumentare la produttività.
Pagare un salario più elevato è quindi uno strumento di
incentivazione dei lavoratori: gli economisti chiamano le teorie che
legano la produttività o l’efficienza dei lavoratori al salario percepito
teorie dei “salari di efficienza”.
La teoria dei “salari di efficienza”
Come le teorie basate sulla contrattazione, le teorie dei salari di
efficienza suggeriscono che i salari dipendono:
- dalla natura del lavoro;
- dalle condizioni del mercato del lavoro.
Le imprese che considerano il morale e l’impegno dei lavoratori
come elementi essenziali alla qualità del lavoro pagheranno di più.
Il salario è influenzato anche dalle condizioni prevalenti sul mercato
del lavoro: un elevato numero di posti di lavoro vacanti rende
conveniente per i lavoratori dare le dimissioni.
Salari, prezzi e disoccupazione
La precedente discussione sulla determinazione dei salari
suggerisce un’equazione dei salari come segue:
W  P e F (u, z)
(  , )
Dove il salario nominale aggregato,W, dipende da tre fattori:
1. il livello atteso dei prezzi, Pe;
2. il tasso di disoccupazione, u;
3. una generica variabile, z, che rappresenta tutte le altre variabili
che influenzano la determinazione dei salari.
Salari, prezzi e disoccupazione
Livello
atteso
dei
prezzi
I salari sono fissati in termini nominali quando il livello dei prezzi
non è ancora noto.
Pe  W
Il tasso di disoccupazione
 Il tasso di disoccupazione influenza negativamente il livello dei
salari.
 Un tasso di disoccupazione elevato indebolisce il potere
contrattuale dei lavoratori.
u  W
Salari, prezzi e disoccupazione
Gli altri fattori, z
Quali variabili?
◦ Indennità di disoccupazione
◦ Salario minimo
◦ Livello di protezione dei lavoratori
Relazione positiva tra z e il livello dei salari
z  W
La determinazione dei prezzi
Un modo semplice per definire come le imprese fissano i prezzi è
rappresentato dalla seguente equazione:
P  (1  )W
Dove  è il ricarico del prezzo sul costo di produzione, indicato
generalmente come markup.
In concorrenza perfetta si ha che P = W, dunque  = 0.
 Se le imprese hanno potere di mercato,  sarà positivo e il
prezzo P sarà superiore al costo W di un fattore uguale a (1+ ).
 A un maggior livello di product market regulation corrisponde un
più ridotto grado di concorrenza

  f ( Pmr)
()
L’equazione dei salari
Assumiamo che, nella determinazione dei salari, i salari nominali
dipendano dal livello effettivo dei prezzi, P, piuttosto che dal livello
atteso dei prezzi Pe.
L’equazione dei salari diventa:
W  PF (u, z)
Dividendo entrambi i lati per il livello dei prezzi, si ottiene:
W
 F ( u, z )
P
Quanto maggiore è il tasso di disoccupazione, tanto minore sarà il
salario reale scelto da chi fissa i salari.
L’equazione dei prezzi
L’equazione dei prezzi diventa:
P
 (1   )
W
Invertendo entrambi i lati di questa equazione, si ottiene:
W
1

P (1  )
Il salario reale fissato dalle imprese è una funzione delle decisioni di
prezzo. Un aumento del markup fa aumentare i prezzi a parità di
salari, facendo in tal modo diminuire il salario reale.
Le equazione dei salari, dei prezzi e il tasso naturale
di disoccupazione
Price setting
Wage setting
Il tasso naturale di disoccupazione è il tasso di disoccupazione
tale per cui il salario reale scelto nella determinazione dei salari è
uguale al salario reale che scaturisce dalla determinazione dei
prezzi.
Salari reali di equilibrio e disoccupazione
Eliminando W/P dall’equazione dei
nell’equazione dei prezzi otteniamo:
salari
e
sostituendola
1
F (un , z) 
1 
Il tasso di disoccupazione di equilibrio, un, deve essere tale per cui il
salario reale scelto nella determinazione dei salari sia uguale al
salario reale derivante dalla fissazione dei prezzi ed è chiamato
tasso naturale di disoccupazione.
Dall’occupazione alla produzione
Il salario reale risultante dal processo di determinazione dei
salari è una funzione decrescente del tasso di disoccupazione
Il salario reale derivante dalla determinazione dei prezzi è
costante
L’equilibrio sul mercato del lavoro richiede che il salario reale
sia scelto nella determinazione dei salari sia uguale al salario reale
derivante dalla determinazione dei prezzi e ciò determina il tasso
di disoccupazione di equilibrio
Questo tasso di disoccupazione è noto come tasso naturale di
disoccupazione
Associato al tasso naturale di disoccupazione sono il livello
naturale di occupazione e di produzione
Un’analisi di equilibrio generale: il modello AS-AD
Unendo i concetti studiati finora, possiamo studiare la
determinazione della produzione sia nel breve che nel medio
periodo in un’economia chiusa.
Usando le condizioni di equilibrio di tutti i mercati considerati
finora - il mercato dei beni, i mercati finanziari e il mercato del
lavoro – deriveremo due relazioni.
L’offerta aggregata (AS - aggregate supply) cattura le implicazioni
derivanti dall’equilibrio sul mercato del lavoro.
La domanda aggregata (AD – aggregate demand) cattura le
implicazioni derivanti dall’equilibrio nei mercati reali e finanziari.
L’offerta aggregata
La relazione di offerta aggregata descrive gli effetti della
produzione sul livello dei prezzi.
E’ derivata dal comportamento di salari e prezzi; si considerino,
dunque, le equazioni di determinazione dei salari e dei prezzi:
W  P e F (u, z)
Il salario nominale, W, fissato da chi contratta i
salari dipende dal livello atteso dei prezzi, Pe, dal
tasso di disoccupazione, u, e dalla variabile z che
include tutti i fattori istituzionali che influenzano
la determinazione dei salari.
P  (1  )W
Il livello dei prezzi, P, fissato dalle imprese è
uguale ala salario nominale, W, moltiplicato per
1 più il markup sui costi, μ.
Proprietà dell’equazione AS
Un aumento della produzione provoca un incremento del livello
dei prezzi.
Questo effetto è il risultato di quattro passaggi:
1. un aumento della produzione porta a un incremento
dell’occupazione Y   N 
aumento dell’occupazione comporta una riduzione della
disoccupazione e quindi anche del tasso di disoccupazione N   u 
1.
un tasso di disoccupazione minore porta a un aumento dei salari
u  W 
nominali
2.
l’aumento dei salari nominali a sua volta spinge le imprese ad
aumentare i prezzi, provocando un aumento del livello dei prezzi
3.
W  P 
Proprietà dell’equazione AS
Un aumento dei livello atteso dei prezzi si riflette in un aumento
proporzionale del livello effettivo dei prezzi.
Questo effetto opera
determinazione dei salari:
attraverso
il
meccanismo
di
se chi fissa i salari si aspetta prezzi maggiori in futuro, fisserà
salari nominali più elevati
1.
Pe   W 
questo aumento del salario nominale a sua volta spingerà le
imprese a richiedere prezzi maggiori per i propri prodotti
2.
W  P 
L’offerta aggregata
Dato il livello atteso dei prezzi, un aumento della produzione fa
aumentare il livello dei prezzi. Se la produzione è uguale al suo
livello naturale, il livello dei prezzi è uguale a quello atteso.
L’offerta aggregata
La curva AS ha tre proprietà:

la curva di offerta aggregata è crescente

la curva di offerta passa per il punto in corrispondenza del
quale Y=Yn e P=Pe

un aumento del livello atteso dei prezzi Pe sposta la curva di
offerta aggregata verso l’alto. Viceversa una riduzione del livello
atteso dei prezzi sposta la curva verso il basso
L’offerta aggregata
Riassumendo:

abbiamo derivato l’equazione di offerta aggregata partendo
dalla determinazione dei salari e dei prezzi sul mercato del
lavoro

questa relazione ci dice che, per un dato livello atteso dei
prezzi, il livello dei prezzi è una funzione crescente del livello
di produzione. Esso è rappresentato da una curva crescente,
chiamata curva di offerta aggregata

un aumento del livello atteso dei prezzi sposta la curva di
offerta aggregata verso l’alto; una diminuzione del livello atteso
dei prezzi sposta la curva di offerta aggregata verso il basso
La domanda aggregata
La relazione della domanda aggregata descrive gli effetti del livello
dei prezzi sulla produzione. Essa è derivata dalle condizione di
equilibrio nei mercati reali e finanziari.
La condizione di equilibrio sul mercato dei beni è la seguente:
IS relation: Y  C(Y  T )  I (Y , i )  G
Mentre quella di equilibrio sui mercati finanziari:
M
LM relation:
 YL(i )
P
Derivazione della curva
All’aumentare del livello dei
prezzi, i saldi monetari reali
diminuiscono.
Questa
contrazione monetaria fa
aumentare
il
tasso
d’interesse, che a sua volta
provoca una riduzione della
domanda di beni e quindi
della produzione.
Un aumento del livello dei
prezzi da P a P’ fa diminuire
la produzione da Y a Y’.
La domanda aggregata
La relazione negativa tra produzione e livello dei prezzi è rappresentata
dalla curva decrescente AD: all’aumentare del livello dei prezzi, i saldi
monetari reali diminuiscono.
Questa contrazione monetaria fa aumentare il tasso di interesse, che a
sua volta provoca una riduzione della domanda di beni e quindi della
produzione.
Questa curva è chiamata curva di domanda aggregata ed è
rappresentata dalla seguente relazione:
M

Y  Y
, G, T 
 P

( ,  ,  )
La produzione è una funzione crescente dei saldi monetari reali e della
spesa pubblica, mentre è una funzione decrescente delle imposte.
La domanda aggregata
Riassumendo:
abbiamo derivato l’equazione di domanda aggregata partendo
dalle condizioni di equilibrio nel mercato dei beni e nei mercati
finanziari.
Questa relazione implica che il livello di produzione è una
funzione decrescente del livello dei prezzi. Essa è rappresentata da
una curva decrescente, chiamata curva di domanda aggregata.
Qualunque variazione di politica fiscale o monetaria – in generale,
di qualunque altra variabile diversa dal livello dei prezzi che sposti
la curva IS o la curva LM – sposta la curva di domanda aggregata.
L’equilibrio nel breve e nel medio periodo
Consideriamo congiuntamente le equazioni:
AS:
AD:
 Y 
P  P (1   ) F 1  , z 
 L 
e
M

Y  Y  , G, T 
P

Per un dato valore di Pe e per dati valori delle variabili di politica
fiscale e monetaria, queste due relazioni determinano i valori di
equilibrio della produzione Y e del livello dei prezzi P.
L’equilibrio nel breve periodo
L ’ equilibro è dato dall’intersezione tra la curva di domanda
aggregata e quella di offerta aggregata.
L’equilibrio nel breve periodo
La curva di offerta aggregata AS è disegnata per un dato valore di
Pe ed è una curva crescente.
La curva di domanda aggregata AD è disegnata per dati valori di G,
T e M ed è una curva decrescente.
L’equilibrio si trova in corrispondenza dell’intersezione tra le
curve AS e AD. Per costruzione, nel punto A il mercato dei beni, i
mercati finanziari e il mercato del lavoro sono tutti in equilibrio.
Nel breve periodo non vi è ragione per cui la produzione debba
essere uguale al suo livello naturale. Tutto dipende dai valori
specifici del livello atteso dei prezzi e dai valori delle variabili che
influenzano la posizione della domanda aggregata.
Dal breve al medio periodo
L’aggiustamento della produzione nel tempo:
quando la produzione è superiore al suo livello naturale, la curva AS
si sposta verso l’alto nel tempo, fino a che la produzione non
ritorna al suo livello naturale.
Equilibrio nel medio periodo
Nel medio periodo la produzione torna al suo livello naturale.
L’aggiustamento avviene attraverso variazioni del livello dei prezzi.
Quando la produzione è al di sopra del suo livello naturale, il
livello dei prezzi aumenta, facendo ridurre la domanda e la
produzione.
Quando la produzione è al di sotto del suo livello naturale, il
livello dei prezzi scende, facendo aumentare la domanda e la
produzione.
La curva di Phillips
L'economista neozelandese Alban William Phillips (1914 – 1975),
nel suo contributo del 1958 The relationship between
unemployment and the rate of change of money wages in the UK
1861-1957 (La relazione tra disoccupazione e il tasso di variazione
dei salari monetari nel Regno Unito 1861-1957), pubblicato su
Economica, rivista edita dalla London School of Economics,
osservò una relazione inversa tra le variazioni dei salari monetari
e il livello di disoccupazione nell'economia britannica nel periodo
preso in esame.
Inflazione e disoccupazione negli
USA,1900-1960
“La società può permettersi un saggio di inflazione
meno elevato o addirittura nullo, purché sia
disposta a pagarne il prezzo in termini di
disoccupazione” (Robert Solow).
Analoghe relazioni vennero presto osservate in altri paesi e, nel
1960, Paul Samuelson e Robert Solow, a partire dal lavoro di
Phillips, proposero un'esplicita relazione tra inflazione e
disoccupazione: allorché l'inflazione era elevata, la disoccupazione
era modesta, e viceversa.
La curva di Phillips
Negli anni immediatamente successivi al contributo del 1958 di
Phillips, diversi economisti nei Paesi maggiormente
industrializzati furono convinti del fatto che i risultati di Phillips
indicassero una relazione stabile, permanente, tra inflazione e
disoccupazione.
Un'implicazione di questa conclusione per la politica economica
sarebbe stata che i governi avrebbero potuto controllare
inflazione e disoccupazione dovendo semplicemente risolvere un
problema di trade-off tra i due obiettivi della politica economica,
scegliendo un punto sulla curva di Phillips dove posizionare il
sistema economico.
Dove siamo?
Modello IS-LM (descrizione delle variazioni del livello di
produzione e del tasso di interesse in economia chiusa);
 Analisi delle politiche fiscali, monetarie e di un mix di entrambe
(influenza sui livelli di equilibrio di produzione e tasso di
interesse);
 Modello IS-LM in economia aperta (descrizione congiunta di
produzione, tasso di interesse e tasso di cambio).

Consideriamo ora gli effetti delle politiche fiscali e monetarie
sull’attività economica nel caso in cui sia i mercati dei beni che i
mercati finanziari siano aperti a scambi con il resto del mondo.
Aumento della domanda interna
Supponiamo che l’economia sia in recessione e che il governo stia
considerando l’opportunità di aumentare la spesa pubblica. Quali
saranno gli effetti sulla produzione e sulla bilancia commerciale?
Assumiamo che la bilancia commerciale sia in pareggio, cioè che Y
coincida con YTB.
Ad un aumento di G, ad ogni livello di produzione , la domanda
aumenta di ΔG, da ZZ a ZZ’. Il punto di equilibrio si sposta (da A
a A’) e la produzione aumenta (da Y a Y’).
L’incremento della produzione è chiaramente maggiore
dell’aumento della spesa pubblica per effetto del moltiplicatore.
L’incremento di prodotto da Y a Y’ genera un disavanzo
commerciale. Le importazioni aumentano mentre le esportazioni
rimangono invariate.
Aumento della domanda interna
Effetti di un aumento della spesa
pubblica, quindi della domanda
interna.
Un aumento della spesa
pubblica provoca un aumento
della produzione (da Y a Y’) e
del disavanzo commerciale
(BC).
Aumento della domanda interna
Non soltanto la spesa pubblica genera un disavanzo commerciale,
ma il suo effetto sulla produzione è inferiore rispetto a quello
registrato in economia chiusa.
Perché?
La curva di domanda ZZ è più piatta della curva di domanda in
economia chiusa, DD.
Quanto minore è l’inclinazione della curva di domanda, tanto
inferiore è il valore del moltiplicatore.
In economia aperta, quindi, il moltiplicatore ha un valore inferiore.
Aumento della domanda interna
Il disavanzo commerciale e il minor valore del moltiplicatore
derivano dalla stessa causa: l’aumento della domanda ricade sia sui
beni nazionali sia sui beni esteri.
Di conseguenza, quando la produzione aumenta, l’effetto sulla
domanda di beni nazionali è più piccolo di quello che si avrebbe in
economia chiusa, e il valore del moltiplicatore è inferiore.
Inoltre, poiché parte dell’incremento della domanda è rivolto alle
importazioni – e le esportazioni sono invariate – ne risulta un
disavanzo commerciale.
Pertanto, quanto più aperta è l’economia, tanto minore sarà
l’effetto sulla produzione e tanto maggiore l’effetto negativo sulla
bilancia commerciale.
Aumento della domanda estera
Consideriamo un aumento della produzione estera, cioè un
aumento di Y*. Assumiamo che la bilancia commerciale sia in
pareggio, cioè che Y coincida con YTB.
ΔY* comporta un effetto diretto dato dall’incremento di un certo
ammontare delle esportazioni pari a ΔX:
per ogni dato livello della produzione, questo aumento delle
esportazioni induce un incremento della domanda di beni
nazionali pari a ΔX, per cui ZZ si sposta in ZZ’;

dato il livello di produzione, all’aumentare delle esportazioni
anche NX si sposta di pari ammontare in NX’.

Aumento della domanda estera
Un
maggior
livello
di
produzione
estera
genera
maggiori esportazioni di beni
nazionali, che a loro volta fanno
aumentare
la
produzione
interna e la domanda nazionale
di
beni
attraverso
il
moltiplicatore.
Un aumento della domanda
estera provoca un aumento
della produzione e un avanzo
commerciale.
Un riesame della politica fiscale
1.
Un aumento della domanda nazionale provoca un incremento
della produzione, ma anche un peggioramento del saldo
commerciale.
2.
Un aumento della domanda estera provoca un incremento
della produzione nazionale e un miglioramento del saldo
commerciale.
Entrambi i risultati hanno delle implicazioni:
- gli shock di domanda in un paese hanno effetti anche in tutti gli
altri paesi. Quanto maggiori sono i legami commerciali tra i paesi,
tanto maggiori saranno le interazioni e tanto più i paesi avranno
andamenti economici simili.
Un riesame della politica fiscale
- queste interazioni complicano in misura notevole il compito delle
autorità di politica economica, soprattutto nel caso di politica
fiscale.
I governi preferiscono non incorrere in disavanzi commerciali.
Un paese con un disavanzo commerciale cronico accumula debito
nei confronti del resto del mondo e quindi deve pagare interessi
sempre più alti al resto del mondo.
Per questa ragione non è sorprendente che i paesi prediligano
aumenti della domanda estera (che provocano un miglioramento
della bilancia commerciale) piuttosto che incrementi della
domanda nazionale (che provocano un deterioramento della
bilancia commerciale).
Un riesame della politica fiscale
I maggiori paesi industrializzati del mondo – i cosiddetti G8 e
G20 – si riuniscono regolarmente per analizzare la loro situazione
economica e discutere di coordinamento, anche se è difficile
raggiungere un effettivo e completo coordinamento per diverse
ragioni:
il coordinamento potrebbe richiedere ad alcuni paesi di
intervenire più di altri, e non è detto che essi siano disposti a
farlo;

i paesi hanno un forte incentivo a promettere di aderire al
coordinamento, ma potrebbero poi rinnegare la loro promessa.

Deprezzamento
Il tasso di cambio reale è dato da:
EP

P
*
Il tasso di cambio reale è uguale al tasso di cambio nominale
moltiplicato per il livello dei prezzi interni, diviso per il livello dei
prezzi esteri.
Essendo nel breve periodo e ipotizzando che i prezzi siano
constanti, un deprezzamento nominale si riflette in un
deprezzamento reale di pari ammontare.
Quali sono gli effetti di un deprezzamento reale sulla bilancia
commerciale e sulla produzione nazionale?
Deprezzamento e bilancia commerciale
Ricordiamo che la definizione di esportazioni nette è:
NX  X  IM / 
Sostituendo X e IM con le loro rispettive espressioni, otteniamo:
NX  X (Y ,  )  IM (Y ,  ) / 

Deprezzamento e bilancia commerciale
Una riduzione di ε influenza la bilancia commerciale attraverso tre canali:
le esportazioni X aumentano: il deprezzamento reale, che rende i beni
nazionali relativamente meno costosi all’estero, provoca un aumento della
domanda estera di beni nazionali e quindi un incremento delle
esportazioni nazionali;

le importazioni IM diminuiscono: il deprezzamento reale, che rende i
beni esteri relativamente più costosi nell’economia nazionale, provoca un
aumento della domanda interna di beni nazionali e quindi una riduzione
delle importazioni;

il prezzo relativo dei beni esteri in termini di beni nazionali, 1/, aumenta.
Questo tende ad aumentare il valore delle importazioni IM/. La stessa
quantità di importazioni adesso costa di più (in termini di beni nazionali).

La condizione di Marshall-Lerner
Affinché la bilancia commerciale migliori a seguito di un
deprezzamento, le esportazioni devono aumentare in misura
sufficiente e le importazioni diminuire abbastanza da compensare
l’aumento del prezzo dei beni importati.
La condizione in base alla quale un deprezzamento reale genera un
aumento delle esportazioni nette è nota come condizione di
Marshall-Lerner..
Se ε , NX
Gli effetti di un deprezzamento
Finora abbiamo analizzato gli effetti diretti di un deprezzamento
sulla bilancia commerciale, cioè gli effetti a parità di produzione sia
nazionale sia estera.
In realtà, la variazione delle esportazioni nette fa variare a sua volta
la produzione nazionale, influenzando ulteriormente le esportazioni
nette.
L’effetto è simile a quello di un aumento della produzione estera.
Un deprezzamento comporta un aumento delle esportazioni nette.
Quindi, sia la curva di domanda, ZZ, sia la curva delle esportazioni
nette, NX, si spostano verso l’alto.
Il deprezzamento provoca una variazione della domanda, sia estera
che interna, a favore dei beni nazionali. Questo genera a sua volta
un aumento della produzione interna e un miglioramento della
bilancia commerciale.
Gli effetti di un deprezzamento
Anche se in termini di produzione interna e bilancia commerciale
l’effetto di un deprezzamento è simile a quello di un aumento della
produzione estera, tra i due c’è una sottile ma importante
differenza.
Un deprezzamento agisce rendendo i beni esteri relativamente più
costosi. Questo significa che, dato il loro reddito, le persone – che
ora spendono di più per acquistare i beni esteri – vedono ridotto il
loro potere di acquisto.
La combinazione di politiche fiscali e di
cambio
Supponiamo che la produzione sia al suo livello naturale, ma che
l’economia registri un forte disavanzo commerciale, e che perciò il
governo voglia ridurre il disavanzo commerciale senza cambiare il
livello di produzione aggregata.
Come dovrebbe procedere?
Un deprezzamento non permetterà di raggiungere l’obiettivo: esso
ridurrebbe il deficit commerciale, ma allo stesso tempo
aumenterebbe il livello della produzione.
Anche una stretta fiscale non sarebbe adatta allo scopo: essa
ridurrebbe il disavanzo commerciale, ma farebbe diminuire anche la
produzione.
Come ridurre il disavanzo commerciale senza
variare la produzione?
Giusto mix di deprezzamento e
politica fiscale (riduzione spesa
pubblica).
1.Generare un deprezzamento
sufficiente a eliminare il disavanzo
commerciale a livello iniziale di
produzione (da NX a NX’).
 L’aumento associato alle
esportazioni nette sposta la
domanda ZZ in ZZ’.
2. Ridurre la spesa pubblica in modo
da riportare ZZ’ in ZZ.
 Livello di produzione invariato e
migliore bilancia commerciale.
La combinazione di politiche fiscali e di cambio
Il principio generale, quindi, è che nella misura in cui i governi si
preoccupano sia del livello della produzione sia della bilancia
commerciale, essi devono usare la politica fiscale insieme alla
politica del tasso di cambio.
Deprezzamento e bilancia commerciale
Una riduzione di ε influenza la bilancia commerciale attraverso tre canali:
le esportazioni X aumentano: il deprezzamento reale, che rende i beni
nazionali relativamente meno costosi all’estero, provoca un aumento della
domanda estera di beni nazionali e quindi un incremento delle
esportazioni nazionali;

le importazioni IM diminuiscono: il deprezzamento reale, che rende i
beni esteri relativamente più costosi nell’economia nazionale, provoca un
aumento della domanda interna di beni nazionali e quindi una riduzione
delle importazioni;

il prezzo relativo dei beni esteri in termini di beni nazionali, 1/, aumenta.
Questo tende ad aumentare il valore delle importazioni IM/. La stessa
quantità di importazioni adesso costa di più (in termini di beni nazionali).

Deprezzamento e bilancia commerciale
Questi effetti però non avvengono nell’immediato.
Nei primi mesi dopo il deprezzamento, l’effetto probabilmente si
rifletterà più sui prezzi che sulle quantità.
Il prezzo delle importazioni aumenta, mentre il prezzo delle
esportazioni diminuisce.
Ma la quantità di esportazioni e di importazioni si aggiusterà
lentamente: ci vuole un pò di tempo prima che i consumatori si
rendano conto che i prezzi relativi sono cambiati, prima che le
imprese si rivolgano a fornitori che praticano prezzi più
convenienti, e così via.
Uno sguardo alla dinamica: la curva J
È quindi possibile che un deprezzamento causi un peggioramento
iniziale della bilancia commerciale:  diminuisce, ma né X né IM si
aggiustano in misura significativa, generando così una riduzione delle
esportazioni nette, X-IM/.
Successivamente, gli effetti di una variazione dei prezzi relativi, sia
delle esportazioni sia delle importazioni, si rafforzano:
 quando i beni nazionali diventano meno costosi, i consumatori e
le imprese nazionali ridurranno la propria domanda di beni esteri;
 quando invece i beni nazionali diventano meno costosi all’estero, i
consumatori e le imprese straniere ne aumenteranno la
domanda;
 le esportazioni aumentano e le importazioni diminuiscono.
Uno sguardo alla dinamica: la curva J
Se la condizione di Marshall-Lerner (seε , NX ) alla fine è soddisfatta,
la variazione delle esportazioni e delle importazioni diventa più forte
dell’effetto negativo sui prezzi, e l’effetto finale sarà un
miglioramento della bilancia commerciale.
All’inizio: (X, IM) invariate, ε (X-IM/ε) .
Alla fine: (X , IM ,ε ) (X-IM/ε)
La curva J: evoluzione della bilancia commerciale
nel tempo a seguito di un deprezzamento reale
Il deficit commerciale prima del deprezzamento è pari a OA. All’inizio
il deprezzamento fa aumentare il disavanzo commerciale a OB:
εdiminuisce, ma né IM né X cambiano. Nel tempo, le esportazioni
aumentano e le importazioni diminuiscono, riducendo il disavanzo.
Alla fine la bilancia commerciale migliora rispetto al suo livello
iniziale (dal punto C in poi).
La curva J
Dal punto di vista della bilancia commerciale, espressa in rapporto al
Pil, due sono i fatti evidenti:
 le variazioni del tasso di cambio reale si sono effettivamente
riflesse in movimenti paralleli delle esportazioni nette;
 tuttavia si osservano ritardi non irrilevanti nella risposta della
bilancia commerciale a variazioni del tasso di cambio reale.
Un deprezzamento reale migliora la bilancia commerciale, ma
questo processo richiede tempo, tipicamente da 6 mesi a 1 anno.
Questi ritardi hanno conseguenze sugli effetti di un deprezzamento
non solo sulla bilancia commerciale, ma anche sulla produzione. Se
un deprezzamento riduce inizialmente le NX, esso esercita anche un
effetto recessivo sulla produzione.
Quindi il governo deve tener presente che inizialmente gli effetti
andranno nella direzione opposta a quella desiderata.
Risparmio, investimento e disavanzo commerciale
Partendo dalla condizione di equilibrio:
Y  C  I  G  IM /   X
Sottraendo C+T da entrambi i lati e ricordando che S=Y-C-T,
otteniamo:
S  I  G  T  IM /   X
Usando la definizione di esportazioni nette e riordinando i
termini, otteniamo:
NX  S  (T  G)  I
In equilibrio la bilancia commerciale deve essere uguale al
risparmio – privato (S) e pubblico (T-G) – meno l’investimento (I).
Un avanzo commerciale corrisponde a un eccesso di risparmio
sull’investimento. Un disavanzo commerciale corrisponde, invece, a un
eccesso di investimento sul risparmio.
Risparmio, investimento e disavanzo commerciale
L’equazione
NX  S  (T  G)  I
ci suggerisce alcune importanti considerazioni:
 Un aumento dell’investimento deve riflettersi in un aumento del
risparmio privato, del risparmio pubblico o in un peggioramento
del saldo commerciale.
Un aumento del disavanzo di bilancio deve riflettersi in un
aumento del risparmio privato, in una riduzione dell’investimento o
in un peggioramento del saldo commerciale.

Un paese con un alto tasso di risparmio, pubblico o privato, deve
avere o un elevato tasso di investimento o un significativo avanzo
commerciale.

Effetti della politica fiscale in economia aperta
Consideriamo di nuovo un aumento della spesa pubblica.
Supponiamo che, partendo da un bilancio di pareggio, il governo
decida di aumentare la spesa per la difesa senza aumentare le
tasse e di sopportare il deficit che ne deriva.
Cosa accade al livello di produzione e alla sua composizione, al
tasso di interesse e al tasso di cambio?
Un aumento della spesa pubblica fa aumentare la produzione a
parità di tasso di interesse e quindi sposta la curva IS verso
destra. Il nuovo equilibrio comporta un maggior livello di
produzione e un tasso di interesse più elevato. Inoltre, il maggior
tasso di interesse provoca un aumento del tasso di cambio,
ovvero un apprezzamento.
Effetti della politica fiscale in economia aperta
Un aumento della spesa pubblica provoca un aumento della
produzione, un incremento del tasso di interesse e un
apprezzamento del tasso di cambio.
Effetti della politica fiscale in economia aperta
Un aumento della spesa pubblica fa aumentare la domanda e
quindi anche la produzione. Che cosa accade alle varie
componenti della domanda?
Il consumo e la spesa pubblica chiaramente aumentano, il
primo a causa dell’incremento del reddito e la seconda per
ipotesi.
 Ciò che accade all’investimento è ambiguo. Da un lato la
produzione
aumenta,
inducendo
un
incremento
dell’investimento. Dall’altro, il tasso di interesse aumenta,
riducendo la spesa per investimenti.
 Le esportazioni nette dipendono dalla produzione estera, dalla
produzione nazionale e dal tasso di cambio. Le esportazioni
nette diminuiscono sia per effetto dell’apprezzamento sia a
causa dell’aumento della produzione.

Effetti della politica monetaria in economia aperta
Consideriamo una stretta monetaria.
Ad un dato livello di produzione, una riduzione dello stock di
moneta, sposta la curva LM verso l’alto e quindi fa aumentare il
tasso di interesse.
L’aumento del tasso di interesse, rendendo i titoli nazionali
relativamente più convenienti, provoca un apprezzamento del
tasso di cambio.
Domanda e produzione si riducono sia per effetto
dell’apprezzamento sia a causa del maggior tasso di interesse.
Effetti della politica monetaria in economia aperta
Una stretta monetaria provoca una riduzione della produzione, un
incremento del tasso di interesse e un apprezzamento del tasso di
cambio.