Psicologia dei gruppi sociali Prof. Zira Hichy Testi di riferimento • Brown, R. (2005). Psicologia sociale dei gruppi. Bologna: Il Mulino. • Brown, R., Capozza, D., & Licciardello, O (2007). Immigrazione, acculturazione, modalità di contatto. Milano: Franco Angeli. 2 La realtà dei gruppi Caratteristiche fondamentali dei gruppi • Destino comune • Struttura sociale • Interazione faccia a faccia Un gruppo esiste quando due o più individui percepiscono se stessi come membri della medesima categoria sociale (autocategorizzazione, Turner, 1982) e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno un’altra persona (Brown, 2000). 3 La relazione tra l’individuo e il gruppo Secondo Allport non esiste una mente di gruppo e tutti i fenomeni di gruppo possono essere ricondotti a processi psicologici individuali. Secondo Asch e Sherif i gruppi hanno proprietà uniche e sono qualcosa di diverso dalla semplice aggregazione dei singoli individui che compongono un gruppo. 4 Continuum interpersonale-intergruppi Secondo Tajfel bisogna distinguere il comportamento interpersonale dal comportamento intergruppi. Criteri per distinguere i due tipi di comportamento: • Presenza vs assenza di almeno due categorie sociali chiaramente identificabili. • Omogeneità vs eterogeneità degli atteggiamenti o del comportamento delle persone che si trovano in ciascun gruppo. • Omogeneità vs eterogeneità degli atteggiamenti o dei comportamenti di un individuo nei confronti dei membri degli altri gruppi. 5 Secondo Turner lo spostamento dal comportamento interpersonale a quello intergruppi dipende da cambiamenti nel funzionamento del concetto di sé. Il concetto di sé è formato da: • Identità personale, costituita da auto-descrizioni fatte in base a caratteristiche individuali. • Identità sociale, costituita da auto-descrizioni fatte in base all’appartenenza di gruppo. Quando gli individui si definiscono come membri di un gruppo creano delle associazioni fra se stessi e i vari attributi del gruppo a cui appartengono, arrivando a vedere se stessi (e gli altri) come membri intercambiabili dello stesso gruppo. 6 Precisazioni: • La distinzione tra comportamento interpersonale e comportamento intergruppi non dipende dal numero di persone coinvolte nella situazione. • La distinzione tra comportamento interpersonale e comportamento intergruppi non deve essere vista come una dicotomia, ma come una dimensione continua. 7 La folla Secondo Le Bon, anonimato, contagio e suggestionabilità, caratteristiche tipiche della folla, causano negli individui perdita di razionalità e di identità, creando la mente di gruppo. Sotto l’influsso della mente di gruppo, si scatenano gli istinti distruttivi degli individui generando violenza e comportamenti irrazionali. 8 Teoria della deindividuazione (Zimbardo) Input Cambiamenti psicologici Anonimato Responsabilità diffusa Ampiezza del gruppo Output Impulsività Stato psicologico di deindividuazione Irrazionalità Regressione 9 Evidenze empiriche a favore • Zimbardo: i partecipanti deindividuati (camice bianco con cappuccio) somministravano più scosse rispetto ai partecipanti che conservavano la propria identità (targa con nome). • Jaffe e Yinon: i partecipanti nella condizione di gruppo somministravano più scosse rispetto ai partecipanti nella condizione di individui. • Watson: le culture più aggressive tendono a adottare espedienti per camuffare il proprio aspetto prima della battaglia. 10 Intensità delle scosse elettriche Evidenze empiriche contrarie • Zimbardo: i soldati deindividuati (camice bianco con cappuccio) somministravano meno scosse rispetto ai partecipanti che conservavano la propria identità (targa con nome). • Jhonson e Downing: 2 1 Divisa Ku Klux Klan 0 individuato deindividuato Divisa da infermiera -1 -2 11 Fare parte di un gruppo non necessariamente porta le persone a comportarsi in modo distruttivo. Secondo Diener nella folla le persone perdono autoconsapevolezza dirigendo l’attenzione sull’esterno, invece che su se stessi. Come conseguenza le persone sono meno influenzate dai valori personali e più influenzate da stimoli e norme presenti nell’ambiente. 12 La folla nella prospettiva intergruppi Secondo Reicher la folla non comporta una perdita di identità, ma uno spostamento dall’identità personale all’identità sociale. Questo implica che gli individui adotteranno comportamenti a atteggiamenti che ritengono tipici del gruppo di cui fanno parte. 13 Processi elementari dei gruppi • • • • • Diventare membro di un gruppo Interdipendenza Processi di interazione Coesione di gruppo Acquisizione e sviluppo di norme di gruppo 14 Diventare membri di un gruppo Levine e Moreland hanno proposto un modello temporale relativo alla socializzazione dell’individuo al gruppo. Una parte essenziale di tale modello è costituita dalla reciprocità dell’individuo e del gruppo: l’individuo deve adattarsi al nuovo gruppo e il gruppo deve adattarsi ai nuovi membri. 15 Ricognizione iniziale del gruppo Tale processo fa riferimento all’investigazione dei diversi gruppi di cui si potrebbe entrare a fare parte. La scelta del gruppo al quale appartenere avviene in base a: • Un criterio di massimizzazione dei profitti e minimizzazione dei costi. • Il grado in cui l’individuo si percepisce simile al membro ideale del gruppo. 16 Cambiamenti nel concetto di sé Entrare a far parte di un gruppo determina dei cambiamenti nel modo in cui vediamo noi stessi, il che può avere delle conseguenze per l’autostima. Quando si entra a far parte di un gruppo qualsiasi attribuzione positiva o negativa associata a quel gruppo si ripercuoterà sull’opinione che l’individuo ha di se stesso. In un gruppo coeso il successo o il fallimento del gruppo determinano rispettivamente un innalzamento o un abbassamento dei livelli di autostima dei membri. 17 Iniziazione L’inserimento in un gruppo è spesso associato a qualche cerimonia o rito di iniziazione, che può essere sia piacevole sia spiacevole. Funzioni dell’iniziazione: • Simbolica • Di apprendistato • Lealtà 18 Secondo Aronson e Mills i riti di iniziazione negativa hanno la funzione di migliorare la valutazione del gruppo (dissonanza cognitiva). • Le studentesse che avevano ricevuto un’iniziazione severa giudicavano il gruppo di discussione in maniera più favorevole rispetto a quelle che avevano avuto un’iniziazione moderata o non avevano avuto alcuna iniziazione. 19 Gerard e Mathewson ottengono gli stessi risultati : esperienza dolorosa senza relazione con il gruppo esperienza dolorosa vista come iniziazione al gruppo 0 scarica leggera 10 20 30 40 scarica intensa 20 Interdipendenza I membri di un gruppo sono interdipendenti nel senso che le esperienze, le azioni e i risultati di ogni membro sono legati a quelli degli altri membri. I tipi di interdipendenza sono due: • Interdipendenza del destino • Interdipendenza del campito 21 Interdipendenza del destino Secondo Lewin un gruppo esiste quando i membri che lo compongono cono consapevoli che il loro destino dipende dal destino del gruppo. Rabbie e Horwitz hanno condotto un esperimento in cui persone che non si conoscevano venivano casualmente assegnate a due gruppi (verdi o blu). I membri dei due gruppi portavano delle targhette identificative con il colore del proprio gruppo. Inoltre, i membri dei due gruppi sedevano ai due lati di un paravento (i verdi da una parte e i blu dall’altra), ogni partecipante, quindi, poteva interagire solo con i membri dell’ingroup. 22 Vennero create due condizioni sperimentali. • Nella condizione di controllo si passava direttamente alla fase successiva. • Nella condizione di destino comune, invece, i partecipanti ricevevano o meno alcune radioline. Nella fase successiva veniva tolto il paravento e ogni membro dei due gruppi leggeva ad alta voce alcune notizie biografiche. I membri di entrambi i gruppi valutavano il partecipante che stava parlando. I risultati mostrano che nella condizione di destino comune i partecipanti esibivano favoritismo per il proprio gruppo mentre nella condizione di controllo questo non si verificava. Quindi, la sola classificazione non sembra essere sufficiente per formare un gruppo. Interdipendenza del compito Secondo Lewin, più importante dell’interdipendenza del destino è l’interdipendenza degli scopi dei membri del gruppo. Si ha interdipendenza del compito quando i risultati di ogni membro del gruppo si ripercuotono sui risultati degli altri membri. L’interdipendenza può essere: • Positiva, quando il successo di un individuo determina il successo degli altri. • Negativa, quando il successo di un individuo determina il fallimento degli altri. 24 Secondo Deutsh, quando l’interdipendenza è positiva ci sarà maggiore cooperazione, gli altri verranno valutati più positivamente e il gruppo sarà più produttivo Al contrario, quando l’interdipendenza è negativa ci sarà competizione, gli altri verranno giudicati meno positivamente e il gruppo sarà meno produttivo. • I gruppi nella condizione di interdipendenza positiva (la valutazione avviene sulla base del gruppo) hanno mostrato maggiore cooperazione, comunicazione, simpatia reciproca e produttività rispetto ai gruppi nella condizione di interdipendenza negativa (la valutazione avviene su base individuale). 25 Rosenbaum e colleghi hanno ottenuto gli stessi risultati 100% positiva Blocchi messi dal gruppo 100% negativa Blocchi messi da ogni membro 110.5 69.0 Coordinazione 0.8 0.5 Attrazione interpersonale 27.2 23.2 Numero di blocchi 26 • Johnson e colleghi: su 109 studi che hanno confrontato le strutture competitive con quelle cooperative, 65 mostrano la superiorità di quelle cooperative e solo 8 di quelle competitive. • Slavin: più dell’80% delle ricerche intervento che hanno adottato metodi di apprendimento cooperativo hanno prodotto notevoli miglioramenti nell’apprendimento degli studenti. 27 Processi di interazione Secondo Bales tutto quello che i membri di un gruppo dicono e fanno ruota attorno all’obiettivo del gruppo. Tali comportamenti strumentali possono fare sorgere problemi, che vengono risolti tramite i comportamenti espressivi. Vi deve essere un equilibrio tra le attività strumentali e quelle espressive. 28 Fasi relative al modo in cui i gruppi affrontano un compito: • Orientamento, ricerca delle informazioni rilevanti (aumento della comunicazione). • Valutazione, si valutano le diverse idee. • Controllo reciproco, al fine di prendere una buona decisione (aumento dell’attività espressiva). In base a questo Bales ha progettato L’Interaction Process Analysis (IPA) che è uno strumento per codificare l’osservazione e l’analisi delle interazioni di gruppo. 29 Nell’IPA l’interazione di gruppo viene spezzettata in molti “atti”. Gli atti sono definiti come la più piccola parte di comportamento significativa e identificabile che un osservatore può percepire. • Ogni atto viene classificato dall’osservatore in una di 12 categorie mutualmente esclusive, insieme all’indicazione di chi ha compiuto l’atto e verso chi era rivolto. • Al termine dell’osservazione si contano gli atti presenti in ogni categoria e si stila un profilo del gruppo o degli individui che lo compongono. 30 Interaction Process Analysis Area espressiva Positiva Area del compito Neutra Reazioni positive F Allenta le tensioni E Si dimostra d’accordo D Dà suggerimenti C Tentativi di Esprime opinioni risposta Fornisce orientamenti Domande Area espressiva Negativa Dimostra solidarietà Reazioni negative B A Chiede orientamenti A Chiede opinioni B Chiede suggerimenti C Disapprova D Dimostra tensione E Mostra antagonismo F Problemi: A) comunicazione, B) valutazione, C) controllo, D) decisione, E) riduzione della tensione, F) integrazione. 31 Coesione del gruppo Un gruppo coeso è un gruppo capace di restare unito e al quale i suoi membri desiderano continuare ad appartenere. La coesione è la somma dei legami interpersonali esistenti tra i vari membri di un gruppo. Limiti: • Riduce il gruppo alla somma dei membri che lo compongono • Difficoltà empiriche • Il gruppo può essere coeso anche se i membri non si piacciono • Non si può applicare a gruppi ampi 32 Hogg definisce coesione l’attrazione dei membri all’idea di gruppo e alla sua immagine prototipica. Il gruppo è coeso quando i suoi membri si identificano con esso, in termini di caratteristiche e ideali che lo distinguono da altri gruppi. La coesione è dovuta all’attrazione sociale. 33 Fattori che influenzano la coesione • Prossimità fisica, i gruppi di amici nascono tra persone che abitano vicino • Somiglianza, le interazioni sono connesse ad atteggiamenti comuni • Raggiungimento di un obiettivo, un gruppo orientato al compito che raggiunge facilmente un obiettivo è più coeso • Competizione con un altro gruppo • Successo di gruppo (?) • Orientamento gruppale 34 • Capacità dei gruppo di saturare i bisogni dell’individuo. • Scelta di appartenere al gruppo e dissonanza cognitiva Preferenze per i membri dell’ingroup 9 8 7 6 5 scelta 4 nessuna scelta 3 2 1 vincitori perdenti 35 Conseguenze della coesione • Coesione e produttività si influenzano a vicenda • Maggiore adesione alle norme: se queste favoriscono la produttività allora la prestazione migliora, se inibiscono la produttività la prestazione peggiora. 3 2 1 standard di prestazione basso 0 standard di prestazione alto -1 gruppi molto coesi gruppi poco coesi -2 36 Le norme di gruppo Una norma è una scala di valori che definisce una gamma di atteggiamenti e comportamenti accettabili per i membri di un gruppo. Le norme del gruppo influenzano le norme degli individui che ne fanno parte. • Newcomb: studenti conservatori che frequentano un college liberale cambiano i propri atteggiamenti diventando più progressisti. • Siegel e Siegel: il livello di autoritarismo degli studenti inseriti in un alloggio di tipo autoritario aumentava rispetto a quello degli studenti inseriti in un alloggio più permissivo. 37 Funzioni delle norme per l’individuo • Sono un sistema di riferimento attraverso cui si interpreta il mondo • Guidano l‘individuo nelle situazione nuove o ambigue (esperimento di Sherif sull’effetto autocinetico). Funzioni delle norme per il gruppo • Coordinano le attività dei membri del gruppo • Contribuiscono a determinare chi fa parte e chi non fa parte del gruppo 38 Variazione delle norme • Le norme periferiche sono più variabili rispetto alle norme centrali • I membri di status più elevato possono allontanarsi maggiormente dalle norme periferiche • I membri di status elevato devono essere molto ligi alle norme centrali 39 Spetti strutturali dei gruppi Sherif e Sherif definiscono la struttura del gruppo come una rete interdipendente di ruoli e status gerarchici. Il ruolo e lo status si riferiscono a un insieme di comportamenti tipici della posizione occupata all’interno del gruppo. I vari ruoli all’interno di un gruppo possono avere lo stesso valore. Le varie posizioni di status hanno valore diverso. 40 La differenziazione di ruolo La differenziazione di ruolo fa riferimento al fatto che ad ogni ruolo sono associate aspettative diverse. I ruoli possono essere stabiliti: • Formalmente (ad es., scuola, fabbrica) • Informalmente (ad es., ragazzi in un capo estivo) Slater divide in ruoli in: • Specialista nel compito • Specialista socioemozionale Tale distinzione si ritrova anche nelle famiglie, anche se a volte uno stesso individuo può adempiere a entrambi i ruoli. 41 Funzioni dei ruoli • La differenziazione di ruoli serve ad agevolare il raggiungimento di uno scopo. La scelta del ruolo può variare in base alla situazione. • I ruoli portano ordine e prevedibilità all’interno di un gruppo. • Contribuiscono alla definizione dell’identità di un individuo. 42 La differenziazione di status All’interno di un gruppo i ruoli variano per influenza e valutazione. Lo status elevato implica: • La tendenza a dare inizio alle attività • Prestigio consensuale Lo status varia in base ai cambiamenti: • Intragruppo • Intergruppi 43 Funzioni dello status • La differenziazione di status porta ordine e prevedibilità all’interno di un gruppo. • Aiuta il raggiungimento di uno scopo. Teoria degli stati di aspettativa Quando un gruppo è impegnato in un compito i suoi membri generano delle aspettative circa le abilità degli altri membri. Tali aspettative servono da punti di riferimento che orientano il comportamento. 44 Tratti come la razza o il genere fungono da aspettative di status in base alle quali si inferiscono le capacità degli individui. Queste diverse aspettative servono a collocare un individuo all’interno di un gruppo. • In un gruppo costituito da bianchi e neri il partecipante più influente è bianco. • In un gruppo costituito da maschi e femmine, il partecipante più influente è un maschio. Tuttavia, sul lungo periodo, tali differenze possono scomparire. 45 Teoria del confronto sociale Secondo Festinger esiste una motivazione universale che spinge gli individui a valutare le proprie opinioni e capacità. Per valutare le proprie capacità ci si basa su: • Strumenti oggettivi • Confronto sociale 46 Per il confronto sociale si scelgono individui simili a noi. • Zanna et al., gli studenti scelgono di confrontarsi altri studenti, dello stesso stesso e che seguono lo stesso corso. • Wheeler et al, le persone scelgono di confrontarsi con chi si è esercitato quanto loro. In entrambi i casi le persone hanno scelta una variabile di confronto che si suppone sia correlata alla prestazione. In alcuni casi, si sbaglia a scegliere la variabile di confronto: • Major, le persone preferiscono sapere quanto guadagna una persona del proprio sesso, piuttosto che una che svolge lo stesso compito. 47 La scelta dell’elemento di confronto influenza l’autostima. Pulsione verso l’alto: • Produce instabilità • Determina confronti con persone di status più elevato • Wheeler, in una graduatoria gli individui tendono a confrontarsi con ci occupa posizioni immediatamente superiori alla loro. • Nosanchuk e Erickson, i giocatori di bridge scelgono di discutere le varie situazioni di gioco con giocatori migliori. 48 È anche importante conoscere la gamma delle capacità di un gruppo. • Wheeler et al, se si conosce la gamma dei punteggi di un gruppo si vuole conoscere il punteggio di chi è immediatamente sopra o sotto di noi nella graduatoria. Se, invece, non si conosce la gamma, si vogliono sapere i punteggi del primo e dell’ultimo della graduatoria. Quando ci si trova in situazioni negative si preferisce il confronto con chi fa peggio di noi. Tale confronto serve a proteggere l’autostima. • Wills, se il tratto su cui si viene confrontati è negativo si vogliono conoscere i risultati dei soggetti peggiori. 49 Confronto e prestazione • Gli individui hanno la tendenza a migliorare la propria prestazione in funzione di chi è immediatamente superiore a loro. • I membri di status elevato cercano di migliorare la prestazione di chi fa peggio di loro. Se non ci riescono, abbassano i loro livelli di produttività per essere più simili al resto del gruppo. • Kohler, le prestazione di un gruppo di sollevamento pesi migliorano se la forza degli individui non è troppo disomogenea. • Seta, i soggetti messi in coppia con un partecipante leggermente più bravo di loro migliorano la propria prestazione. 50 Confronti non sociali • Confronti temporali • Standard astratti (orientamento autonomo) • Nella prima infanzia e durante la vecchiaia gli individui preferiscono i confronti non sociali. • Nell’adolescenza e nell’età adulta gli individui preferiscono i confronti sociali. 51 Confronti all’esterno del gruppo • Si sceglie come termine di paragone un gruppo leggermente migliore dell’ingroup. Non tutte le persone ricercano il confronto sociale • Orientamento autonomo vs. relazionale Non sempre i confronti sono intenzionali • Spesso i confronti sono fatti in maniera automatica. 52 La leadership I leader sono i membri di status più elevato all’interno di un gruppo. Essi influenzano gli altri membri del gruppo più di quanto siano essi stessi influenzati. Esistono vari sinonimi del termine leader e vari modi tramite cui i leader raggiungono la loro posizione. 53 Personalità vs. situazione I leader hanno caratteristiche di personalità che li distingue dalla gente comune. Tuttavia, Stogdill ha trovato pochi risultati a sostegno di questa ipotesi. I leader tendono a essere un po’ più intelligenti, sicuri di sé, dominanti, socievoli e orientati alla riuscita. I leader riescono a soddisfare le richieste funzionali della situazione. Secondo Bales, il leader più efficiente è l’individuo che meglio riesce ad aiutare il gruppo a raggiungere i suoi obiettivi. 54 Spiegazioni basate sul comportamento Lippitt e White sostengono che una funzione importante del leader è quella di creare un “clima sociale” da cui dipendono lo stato d’animo e l’efficienza del gruppo. I due ricercatori hanno fatto un esperimento confrontando tre tipi di leadership: • Autocratica, il leader organizza le attività, dice cosa bisogna fare, rimane distante dal gruppo e si concentra sul compito. • Democratica, il leader discute le decisioni e le attività con il gruppo. • Permissivo, il gruppo è lasciato libero di agire come preferisce e il leader interviene solo in minima parte. I leader cambiarono due volte gruppo e ad ogni cambiamento cambiarono il tipo di leadership. 55 I risultati indicano che: • I leader democratici sono i preferiti, e l’atmosfera all’interno del gruppo è amichevole, i membri lavorano sia quando è presente, sia quando è assente il leader. • I leader autocratici generano aggressività e dipendenza nei confronti del leader, i membri lavorano più duramente, ma solo se è presente il leader. • I leader permissivi sono valutati abbastanza positivamente, ma il gruppo produce poco. Paradossalmente, la produttività del gruppo aumenta quando il leader non c’è. 56 Secondo Bales, in un gruppo esistono due tipi di leadership: • Lo specialista nel compito, che partecipa di più alle attività del gruppo e si concentra sulle categorie di interazione relative al compito. • Lo specialista socioemozionale, che si concentra sui sentimenti. Secondo Bales, è difficile trovare in una stessa persona questi due ruoli, ed è più probabile che essi vengano incarnati da persone distinte. 57 Una ricerca condotta dall’Ohio State University con gruppi di militari e industriali, ha mostrato che gli individui classificavamo i comportamenti del leader in due grosse categorie: • L’interesse nel dare origine a una struttura. • La considerazione per gli altri. Ulteriori studi hanno indicato che il leader migliore è quello che ottiene punteggi elevati in entrambe le caratteristiche. Tali caratteristiche della leadership si ritrovano in varie culture. 58 La leadership carismatica implica la capacità del leader di infondere nel resto del gruppo una visione che li motiva a compiere degli sforzi per il bene comune. Alcuni autori definiscono questa leadership trasformazionale. Questo tipo di leadership • Funziona molto bene nei momenti di crisi e di cambiamento. • Aumenta la produttività. • Aumenta la soddisfazione. • Riduce i conflitti di ruolo. 59 Interazione tra leader e situazione Secondo il modello interazionista, l’efficacia della leadership dipende dalla corrispondenza tra lo stile del leader e il tipo di situazione da lui affrontata. Fiedler ha suddiviso il tipo di leadership usando il Least Preferred Co-Worker, LPC): • Chi ottiene bassi punteggi è orientato al compito. • Chi ottiene alti punteggi è orientato alle relazioni. 60 Fiedler ha identificato tre elementi che determinano la favorevolezza della situazione per il leader: • Relazione leader-membri, ovvero l’atmosfera del gruppo (fiducia, affetto, lealtà). • La struttura del compito (chiarezza delle procedure). • Potere. I leader a basso LPC (orientati al compito) funzionano meglio agli estremi del continuum. I leader ad alto LPC (orientati alle relazioni) funzionano meglio al centro del continuum. 61 Limiti • Tale concezione si basa sull’assunto che i tratti di personalità sia immutabili. • Le otto situazioni formano un continuum sulla base di un ordine di importanza dei fattori arbitrario. • Ogni leader può essere classificato in maniera dicotomica. 62 Leadership situazionale Secondo tale modello i leader devono adattare il proprio stile alla prontezza (capacità, disponibilità, sicurezza) dei membri del gruppo ad affrontare il compito. • Quando la prontezza è bassa il leader deve adottare un orientamento al compito. • Quando la prontezza è alta il leader deve adottare un orientamento relazionale. In questo caso i due stili sono indipendenti. 63 La leadership nei processi decisionali Vroom e Yetton identificano cinque processi decisionali: • Arrivare a una decisione autonomamente, senza consultare nessuno. • Consultare i membri, ma decidere autonomamente. • Discutere il problema con altri membri, ma decidere autonomamente. • Discute con il gruppo, riservandosi il diritto di avere l’ultima parola e di lasciarsi o meno influenza dal gruppo. • Discutere con il gruppo e arrivare a una soluzione consensuale. La scelta del metodo migliore dipende dalla natura del compito. 64 Leadership come processo Secondo Hollander, nelle fasi iniziali il leader deve guadagnare credibilità. Tale credibilità fornirà la legittimità per influenzare successivamente i membri del gruppo. Esistono tre forme di legittimità: • Metodo tramite cui il leader diventa tale (eletto vs. nominato). • Capacità del leader di soddisfare i bisogni del gruppo. • Identificazione del leader con il gruppo. Secondo Hogg è importante la prototipicità del leader. Il leader deve esercitare: • Giustizia distributiva (equità). • Giustizia procedurale (procedure corrette). 65 Il leader deve esercitare: • Giustizia distributiva (equità). • Giustizia procedurale (procedure corrette). 66 Le reti di comunicazione Secondo Bevelas, per comprendere le strutture comunicative bisogna considerare i membri del gruppo come persone in relazione tra loro attraverso legami di comunicazione. Il modo in cui sono organizzati questi legami è più importante della distanza fisica tra i membri. Le reti centralizzate funzionano meglio se il compito è difficile, ma tendono a sovraccaricare il leader. 67 L’influenza sociale L’influenza sociale può essere divisa in: • Influenza della maggioranza • Influenza della minoranza Questi due tipi di influenza sono governati da processi diversi e generano risultati diversi. 68 L’influenza della maggioranza Nei gruppi si tende al conformismo nei confronti della maggioranza, anche quando questa sbaglia. Esperimento di Asch • I soggetti arrivano in laboratorio per partecipare ad un esperimento sulla percezione. • I soggetti vengono fatti accomodare insieme ad altre persone arrivate prima di loro (complici dello sperimentatore). • Il compito è di individuare quale di tre linee corrisponde alla linea campione. 69 A B C linea campione • Le risposte vengono fornite a turno a voce alta. • Nelle prime due prove tutti danno la risposta corretta. • Nelle 11 prove successive i complici danno la risposta sbagliata. • In questi casi, il 36% dei partecipanti dà la risposta sbagliata. 70 Dai risultati emerge che gli individui negano un giudizio veritiero per non andare contro la maggioranza. Nelle interviste post-sperimentali i soggetti affermavano di avere dato il giudizio sbagliato: • Perché non si fidavano dei propri giudizi • Perché non volevano essere diversi dagli altri. Questo tipo di conformismo è pura condiscendenza a livello di comportamento pubblico e non implica un cambiamento percettivo o cognitivo personale (cfr Sherif). Il conformismo è più elevato nelle società collettiviste rispetto a quelle individualiste. 71 Il conformismo aumenta con l’aumentare delle dimensioni della maggioranza. • Milgram et al., hanno trovato che più persone guardano nel vuoto maggiore è la probabilità che persone inconsapevoli guardino nel vuoto. Il dissenso riduce il conformismo • La presenza di un altro soggetto ingenuo riduce il conformismo al 10%. • La presenza di un complice che dà sempre la risposta esatta riduce il conformismo al 5%. • La maggiore riduzione si ha quando il complice dà una risposta ancora più sbagliata di quella della maggioranza. 72 Spiegazioni del conformismo Esiste una propensione generale a conformare i nostri atteggiamenti a chi ci circonda. Esperimento di Milgram Percentuale di soggetti che andarono oltre i 210 volt 60 50 40 30 20 10 0 pressione a obbedire pressione a disobbedire nessuna pressione 73 Influenza normativa Secondo Festinger esistono due motivi per cui gli individui si conformano alla maggioranza: • Funzione di conferma (aumenta in situazioni nuove o ambigue (esperimento di Sherif) o quando le nostre decisioni hanno conseguenze importanti. Baron et al., hanno trovato che i massimi livelli di conformismo si hanno quando il compito è più importante e più difficile. • Presenza di uno scopo di gruppo importante. Lewin ha trovato che si ha un più forte cambiamento quando la persuasione avviene tramite la discussione di gruppo (decidere insieme di provare una nuova ricetta) piuttosto che quando la persuasione viene dall’esterno (nutrizionista). 74 Più il gruppo è coeso, maggiore sarà il conformismo. • Festinger et al., hanno trovato che più il gruppo è coeso, maglio sono mantenuti gli standard del gruppo. • Crandal, studiando i disturbi alimentari ha notato che questi sono molto diffusi tra le amiche più strette. Tali spiegazioni non sono sufficienti per spiegare il conformismo negli esperimenti di Asch. 75 Influenza normativa Secondo Deutsch e Gerard gli individui si adeguano per evitare: • Il ridicolo. • Di essere considerati estranei. Di solito siamo attratti da chi la pensa come noi e respingiamo chi ha atteggiamenti diversi, quindi, ci uniformiamo agli altri per non essere respinti. 76 Esperimento di Deutsch e Gerard. Sia le due ipotesi di Festinger (scopo di gruppo e funzione di conferma) sia il bisogno di essere accettati vengono confermate. Numero di errori Condizione Stimoli presenti Stimoli assenti Scopo di gruppo 5.7 6.9 Faccia a faccia 3.0 4.1 Anonimo 2.8 3.2 Foglio di carta da buttare 0.6 0.7 Lavagnetta magica 1.6 2.3 Foglio da firmare e consegnare allo sperimentatore 0.9 0.5 Scopo di gruppo Bisogno di essere accettati Funzione di conferma 77 Influenza informativa referente Secondo Turner il conformismo dipende dall’autocategorizzazione dei soggetti in membri di gruppo (gli universitari). Tale categorizzazione fa si che ci si comporti come gli altri membri del gruppo. • Abrams et al., hanno trova che il conformismo è maggiore nella condizione ingroup (studenti di psicologica) rispetto alla condizione outroup (studenti di storia), in particolar modo quando le risposte sono pubbliche. 78 Influenza in prospettiva evolutiva Una forte influenza è esercitata dal gruppo dei pari, in particolare: • Nell’infanzia • Nella prima adolescenza 79 Uniformità e devianza Secondo Festinger la maggioranza aumenta la comunicazione nei confronti dei dissidenti, al fine di raggiungere l’uniformità. Esperimento di Shachter. Numero di comunicazioni 2.5 2 1.5 Deviante Slider 1 Mode 0.5 0 Min 5-15 Min 15-25 Min 25-35 Min 35-45 80 Il deviante viene rifiutato • Schachter ha condotto una ricerca in 7 paesi europei con 300 gruppi sperimentali trovando che la valutazione del deviante era sempre al di sotto della media delle valutazioni degli altri membri di gruppo. • Mann ha trovato che esiste una forte correlazione tra la tendenza del gruppo a raggiungere l’uniformità e il rifiuto del deviante. 81 L’influenza della minoranza Nell’esperimento di Schachter 95 gruppi (32%) furono esclusi dalle analisi poiché il deviante non era solo. Di questi 95, 26 (il 9% del totale), cambiarono la propria opinione e si adeguarono al deviante. Secondo Moscovici, la capacità del deviante di far cambiare opinione al gruppo dipende dalla coerenza nel sostenere le proprie idee. 82 Esperimento di Moscovici • Partecipavano all’esperimento 4 soggetti ingenui e 2 complici dello sperimentatore. • I soggetti dovevano dire di che colore era una diapositiva bluastra. • In una condizione la minoranza diceva sempre “verde” (coerenza), mentre nell’altra dicevano a volte “verde” a volte “blu”(incoerenza). • Nella condizione di coerenza il 33% dei partecipanti disse almeno una volta “verde”, inoltre, l’8% delle risposte totali fu “verde”. Nella condizione di incoerenza meno dell’1% delle risposte fu verde. 83 L’influenza della minoranza ha effetti sia sul comportamento manifesto sia su quello privato. • Nell’esperimento di Moscovici, nella condizione di coerenza i soggetti avevano una soglia di percezione del verde inferiore rispetto alla condizione di incoerenza. 84 La minoranza ha effetti indiretti. • Perez et al. hanno trovato che la maggioranza ha effetti immediati sulla valutazione di alcune questioni (aborto, contraccezione), tuttavia dopo tre settimane emergono gli effetti della minoranza. • Alvaro e Crano hanno trovato un cambiamento significativo dell’atteggiamento su una questione (possesso di armi da fuoco) debolmente correlata alla questione focale (ingresso dei gay nell’esercito), quando il messaggio proveniva dalla minoranza. L’influenza, quindi, è un processo bidirezionale. 85 La minoranza ha effetto quando: • Le questioni su cui si dibatte non hanno una rilevanza personale. Trost et al. Hanno trovato che la minoranza influenza l’atteggiamento (nuovo esame obbligatorio) quando non è rilevante per le persone (il corso inizierà tra qualche anno). • Nella società vi sono avvisaglie di cambiamento. Maass et al hanno trovato che se nella società si sta dibattendo un certo tema (aborto) è più facile che la minoranza abbia effetti. 86 Processi di influenza Esistono due correnti di pensiero relative ai processi di influenza della maggioranza e della minoranza: • Teorie “duali”, secondo cui esistono due processi diversi • Teorie “monofattoriali”, secondo cui esiste un unico processo. 87 Teorie duali Secondo Moscovici: • La maggioranza ottiene un conformismo pubblico, dovuto alla dipendenza sociale e al bisogno di informazioni. • La maggioranza ottiene cambiamenti privati, dovuti alla ristrutturazione cognitiva. 88 a favore neutro contro Esperimento di Maass e Clark • I partecipanti leggevano il riassunto di una discussione di gruppo che poteva essere a favore o contro i diritti degli omosessuali. In tale discussione erano identificabili le posizioni della maggioranza e della minoranza. • Metà dei partecipanti rispondeva in forma anonima, mentre l’altra metà rispondeva in forma pubblica. 5 4.5 4 pubblico privato 3.5 3 89 Esperimento di Moscovici e Personnaz • Uso del paradigma blu-verde • Il collaboratore che rispondeva sempre “verde” era rappresentativo della popolazione generale (l’82% delle persone risponde come lui) o non rappresentativo (il 18% della popolazione risponde come lui. • I partecipanti dovevano dire quale era il colore postumo, ovvero il colore che si vede quando scompare la diapositiva. 90 Diapositiva blu 91 Colore postumo giallo arancio 92 Diapositiva verde 93 Colore postumo rosso carminio 94 Esperimento di Moscovici e Personnaz • I soggetti nella condizione di maggioranza avevano uno spostamento scarso o nullo nella percezione cromatica dell’immagine postuma (dichiaravano giallo-arancio). • I soggetti nella condizione di minoranza, nella percezione dell’immagine postuma, si spostavano verso il rosso carminio. 95 Risultati contrastanti • Doms e van Avermaet trovano gli stessi spostanti sia nella maggioranza sia nella minoranza. • Sorrentino et al. Non trovano cambiamenti attendibili. • Martin non trova differenze tra maggioranza e minoranza. I soggetti più sospettosi, probabilmente perché dedicavano più attenzione alla diapositiva, erano gli unici a subire un cambiamento. 96 Esperimento di Moscovici e Personnaz • Una siluette ambigua del viso di Lenin appare su uno sfondo rosso. • Il collaboratore (che proviene dalla maggioranza o dalla minoranza) dichiara di vedere Lenin. • Il partecipante in privato deve indicare il colore della diapositiva e l’immagine postuma. • I soggetti nella condizione di minoranza percepiscono il rosso e il verde (colore postumo) con più evidenza rispetto a quelli nella condizione di minoranza. In questi casi, non può essere invocata la sospettosità come spiegazione poiché i collaboratori riferiscono97 • Secondo Moscovici, la minoranza ha effetto perché innesca un lavoro cognitivo che si traduce in un cambiamento interiorizzato dell’atteggiamento, mentre la maggioranza determina solo un’adesione superficiale. • Secondo Mackie, la maggioranza stimola un’elaborazione più sistematica, mentre la minoranza stimola un’elaborazione euristica. Mackie ha trovato che le argomentazioni della maggioranza producevano un cambiamento dell’atteggiamento più sostanziale, dopo il test, a distanza di una settimana, sulla questione focale e su quella collegata. 98 La minoranza genera modalità di pensiero più creative e divergenti mentre la maggioranza genera modalità di pensiero più focalizzate e convergenti. Secondo Nemeth: • Nella condizione di maggioranza, quando ascoltiamo un punto di vista diverso rispetto al nostro ci troviamo in una condizione di ansia. Questa condizione genera attenzione ridotta e quindi ci focalizziamo su un dato compito focalizzandoci su ciò che dice la maggioranza (pensiero convergente). • Nella condizione di minoranza, non si genera ansia e, quindi, si possono prendere in considerazione opinioni diverse. 99 Esperimento di Nemeth e Wachtler: • Il compito era di identificare fra sei figure sovrapposte quella che coincideva con lo standard. Il compito poteva essere facile o difficile. • I collaboratori (maggioranza o minoranza) individuavano correttamente lo stimolo facile e quello difficile, oppure individuavano correttamente lo stimolo facile e sbagliavano quello difficile. maggioranza minoranza controllo corretto sbagliato corretto sbagliato Conformismo 1.4 1.9 0.7 0.6 / Originalità 1.7 3.8 5.1 4.8 2.8 Originalità e correttezza 2.5 5.6 9.3 7.0 3.9 100 • Nemeth e Kwan hanno trovato che nel caso della minoranza ci sono associazioni cromatiche più numerose e originali. • De Dreu e de Vries hanno trovato che nel caso della minoranza ci sono più associazioni alla parola “straniero”. • Nemeth et al. hanno trovato che in un compito di memoria i soggetti nella condizione di minoranza che evoca una categoria insolita ricordavano più parole. 101 Teorie monofattoriali Secondo Latanè e Wolf: • La differenza tra l’influenza della maggioranza e quella della minoranza dipende dal fatto che nel primo caso ci sono più fonti di influenza. Quindi, l’impatto dell’influenza dipende dal numero di stimoli presenti: nel caso della maggioranza ci sono più stimoli, quindi l’influenza sarà maggiore. • L’aumento dell’influenza non è lineare. 102 • L’ampiezza quantitativa dell’influenza può essere prevista da un unico fattore (numero di individui) • La natura qualitativa dell’influenza non può essere determinata da un unico fattore. 103 Gli studi di Sherif nei campi estivi Per verificare la teoria del conflitto realistico Sherif condusse tre studi ambientati all’interno di campi estivi. I partecipanti alla ricerca erano tutti ragazzi bianchi, di 11 o 12 anni, di classe media, sani, ben adattati, provenienti da famiglie stabili, psicologicamente equilibrati. I ragazzi, inoltre, non si conoscevano prima di arrivare al campo. Gli studi di Sherif comprendono tre fasi: 1. formazione del gruppo, 2. competizione intergruppi, 3. riduzione del conflitto. Inoltre, nei primi due esperimenti, prima della fase di formazione del gruppo, vi erano la fase di scelte spontanee di amicizia interpersonale. 104 Scelte spontanee di amicizia interpersonale Questa fase è presente solo nei primi due esperimenti, ed ha la funzione di eliminare l’attrazione interpersonale come fattore esplicativo, serve, cioè per diminuire la possibilità che i risultati della ricerca dipendano dagli effetti dell’attrazione interpersonale. Durante questa fase i ragazzi erano alloggiati insieme ed erano liberi di interagire e lavorare con chi preferivano. Una volta stabilizzate le relazioni, è stata fatta una valutazione dell’attrazione interpersonale. I ragazzi sono, quindi, stati divisi in due capanne e circa i due terzi dei migliori amici di ogni ragazzo è stato messo nell’altra capanna. Da questo punto in poi i ragazzi interagivano solo con i membri del proprio gruppo. Il terzo esperimento iniziava con la fase di formazione del gruppo, i ragazzi, quindi, non si incontravano mai prima. 105 Formazione del gruppo Lo scopo principale di questa fase era assegnare un certo numero di compiti al gruppo (ad es., cucinare, campeggiare), che comprendevano un lavoro di squadra da parte dei ragazzi di ciascun gruppo, senza avere a che fare con l’altro gruppo. Nei primi due esperimenti, già in questa fase vi furono alcuni confronti spontanei tra i gruppi, in cui si favoriva il proprio gruppo. Il favoritismo per il proprio gruppo si verificava prima dell’inizio della fase di conflitto. Nel terzo esperimento, invece, i ragazzi non erano a conoscenza della presenza dell’altro gruppo, ma appena seppero della sua presenza decisero spontaneamente di sfidarlo in una competizione sportiva. La semplice presenza dell’altro gruppo suscitava sentimenti competitivi. 106 Competizione intergruppi In questa fase i due gruppi prendevano parte ad una serie di competizioni, in ognuna delle quali il gruppo vincente riceveva un premio, mentre il gruppo che perdeva non riceveva nulla. In questo modo si creava un oggettivo conflitto di interessi tra i due gruppi. I due gruppi si trovavano in una situazione di interdipendenza negativa, una situazione, cioè, in cui ogni gruppo guadagna quello che perde l’altro gruppo. 107 In questa fase Sherif notò che: • la presenza dell’outgroup aveva aumentato la solidarietà all’interno dell’ingroup, • gli atteggiamenti nei confronti dell’outgroup erano diventati negativi, mentre quelli nei confronti dell’ingroup erano diventati più positivi, • il leader all’interno dei gruppi era cambiato, nel senso che diventavano leader i bambini più bellicosi e aggressivi, • gli eventi erano sistematicamente percepiti in maniera da favorire l’ingroup. 108 Le percezioni distorte a favore dell’ingroup sono dimostrate dal gioco del “lancio dei fagioli”. L’obiettivo di questo gioco era raccogliere, nel tempo stabilito, il maggior numero possibile di fagioli sparsi per terra. I ragazzi lavoravano individualmente raccogliendo i fagioli in una sacca dall’apertura molto stretta, in modo che non si potesse vedere quanti fagioli vi fossero. 109 Successivamente venne loro affidato il compito di valutare il numero di fagioli di ogni sacca. Il contenuto di ogni sacca venne brevemente mostrato ai ragazzi e ogni mucchio di fagioli raccolto da ciascun ragazzo venne identificato solo in base al gruppo di appartenenza di chi l’aveva raccolto. In realtà ogni volta fu mostrato lo stesso mucchio contenete 35 fagioli. Ogni ragazzo scrisse la propria stima del numero di fagioli. I risultati mostrano una consistente tendenza a sovrastimare il numero di fagioli, quando si diceva che erano stati raccolti dall’ingroup, e a sottostimarlo quando si diceva che erano stati raccolti dall’outgroup. 110 Riduzione del conflitto L’obiettivo di questa fase era introdurre degli scopi sovraordinati per trasformare le relazioni ostili in relazioni cooperative. Uno scopo sovraordinato è uno scopo che ha un forte richiamo per ogni gruppo, ma che nessun gruppo può raggiungere senza la partecipazione dell’altro. Uno di questi scopi fu progettato in modo da far rompere l’autocarro che portava le provviste. Per avere le provviste bisognava trainare l’autocarro fino al campo. I ragazzi erano motivati ad avere le provviste poiché era quasi ora di pranzo, tuttavia l’autocarro era molto pensante e l’unico modo per farlo arrivare al campo era che i membri di entrambi i gruppi lo trainassero insieme. L’introduzione di vari obiettivi sovraordinati portò a rendere le relazioni tra 111 i due gruppi più amichevoli. I risultati di questi esperimenti dimostrano l’insufficienza delle teorie che spiegano il conflitto tra gruppi in termini di fattori di personalità. Infatti, in questi esperimenti si vede come dei bambini “normali” modificarono sistematicamente il proprio comportamento adeguandosi alla relazione intergruppi. Inoltre, i cambiamenti avvenuti nei ragazzi erano stati troppo veloci per poter essere attribuiti a caratteristiche di personalità. Secondo Sherif, quindi, la discriminazione e il pregiudizio tra i gruppi dipendo dall’incompatibilità dei loro obiettivi materiali. 112 L’ESPERIMENTO DI TAJFEL E WILKES Partecipanti. 61 studenti universitari inglesi. Il materiale sperimentale. Otto linee di diversa lunghezza. La più corta era lunga cm 16.2, la più lunga cm 22.8. Ogni linea della serie era più lunga di quella che la precedeva del 5% di questa ultima. Ogni linea era disegnata sulla diagonale di un cartone rettangolare bianco. 113 Esempio La procedura. I partecipanti erano esaminati individualmente. Seduti di fronte allo stimolo dovevano giudicare la lunghezza della linea in cm. La serie di otto stimoli era presentata in successione sei volte. Ogni partecipanti esprime quindi 48 valutazioni. I partecipanti non sapevano quanti stimoli diversi stavano valutando. Nell’esperimento vi erano tre condizioni di classificazione: C, R, U. • La condizione C è una condizione di classificazione sistematica degli stimoli. In essa, in ognuna delle sei presentazioni, le linee più corte, 1-4, avevano soprascritta la A, le linee più lunghe, 5-8, avevano soprascritta la B. In questa condizione vi è correlazione perfetta tra la classificazione e la lunghezza delle linee. Infatti, la classe A comprende le quattro linee più corte e la classe B le quattro linee più lunghe. 115 Esempio A B • La condizione R è una condizione di classificazione casuale. In essa, ognuna delle otto linee era presentata tre volte con soprascritta la A, tre volte con soprascritta la B. In questa condizione non vi è correlazione tra la classificazione e la lunghezza delle linee. Infatti, la classe A comprende sia le linee corte sia le linee lunghe e altrettanto vale per la classe B. Le otto linee sono presenti tutte e con la stessa frequenza sia in A sia in B. • La condizione U è una condizione di non classificazione; in essa, infatti, le otto linee erano presentate senza la A o la B soprascritta. 117 Esperimento Ia (prima prova) Ib (seconda prova) IIa (prima prova) IIb (seconda prova) Gruppi n= n= n= n= C R U 12 13 12 C R U 10 13 11 C1 U1 12 12 C1 U1 11 9 Modo di presentazione precedente Presentazioni della serie di stimoli successiva 6 simultanea 11 simultanea 6 simultanea 6 118 Per abituare i partecipanti agli stimoli, si usavano due modalità di presentazione: successiva e simultanea. • Nella familiarizzazione di tipo successivo, la serie era presentata due volte. La prima volta, l’ordine degli stimoli era 5-8, 1-4; la seconda era 4-1, 8-5. Si diceva che gli stimoli presentati erano un campione degli stimoli che avrebbero in seguito valutato. Nella condizione C, le linee erano classificate; nella condizione U non lo erano; nella R, per ogni linea si stabiliva casualmente se dovesse essere A o B. • Nella familiarizzazione di tipo simultaneo, i cartoni contenenti le otto linee erano collocati uno accanto all’altro, in modo che la linea 8 e la linea 1 fossero vicine. Nella condizione C, le linee erano classificate; nella condizione U non lo erano; nella condizione R, le etichette A e B si alternavano casualmente sulla dimensione di lunghezza. 119 Le ipotesi. L’ipotesi 1 riguarda il processo di differenziazione intercategoriale • Ipotesi 1a. Si confronta la condizione C con la condizione U. Si ipotizza che la classificazione sistematica degli stimoli determini effetti di differenziazione intercategoriale. In termini operativi si ipotizza che lo stimolo 4 e lo stimolo 5 siano percepiti più diversi nella condizione C che nella condizione U. • Ipotesi 1b. Si confronta la condizione R con la condizione U. Si ipotizza che la classificazione casuale degli stimoli non determini effetti di differenziazione intercategoriale. In termini operativi si ipotizza che la differenza percepita tra lo stimolo 4 e lo stimolo 5 non sia diversa nella condizione R rispetto alla condizione U. 120 L’ipotesi 2 riguarda il processo di assimilazione intracategoriale. • Ipotesi 2a. Si confronta la condizione C con la condizione U. Si ipotizza che la classificazione sistematica degli stimoli determini effetti di assimilazione intracategoriale. In termini operativi, si ipotizza che gli stimoli contigui della stessa categoria siano percepiti più simili nella condizione C che nella U. • Ipotesi 2b. Si confronta la condizione R con la condizione U. Si ipotizza che la classificazione casuale degli stimoli non determini effetti di assimilazione intracategoriale. In termini operativi, si ipotizza che la differenza percepita tra gli stimoli contigui della stessa categoria non sia diversa nella condizione R rispetto alla U. 121 L’ipotesi 3 riguarda gli effetti della familiarizzazione. Si ipotizza che, nella condizione C, la classificazione sistematica degli stimoli sia resa più evidente dalla familiarizzazione di tipo simultaneo che da quella di tipo successivo. Si ipotizza, cioè, che i processi di differenziazione e assimilazione siano più forti in C1 (Esperimento IIa) che in C (Esperimento Ia). Non ci dovrebbe, invece, essere differenza tra le condizioni di controllo: U1 (Esperimento IIa) vs. U (Esperimento Ia). 122 L’ipotesi 4 riguarda gli effetti dell’esperienza. Si ipotizza che l’esperienza precedente degli stimoli e della classificazione determini più forti effetti di differenziazione e assimilazione. Si ipotizza cioè che tali effetti siano più forti nella seconda prova (C1, Esperimento IIb) che nella prima prova (C1, Esperimento IIa). Non ci dovrebbe, invece, essere differenza tra le condizioni di controllo: U1 dell’Esperimento IIb vs. U1 dell’Esperimento IIa. 123 Tabella 2. Risultati della prima (Ia e IIa) e della seconda (Ib e IIb) prova A Linea Lunghezza reale B 1 2 3 4 5 6 7 8 16.2 17 17.9 18.8 19.7 20.7 21.7 22.8 1a Prova (Ia e IIa) C C1 n =24 R U U1 n= 37 C C1 n= 21 R U U1 n=33 16.0 17.3 18.1 19.3 21.1 22.3 23.6 25.3 16.4 17.3 18.2 19.3 20.3 21.5 22.6 24.3 2a Prova (Ib e IIb) 15.6 16.5 17.2 18.3 20.3 21.6 22.4 24.4 16.6 17.4 17.9 19.0 20.3 21.3 22.8 24.6 124 Figura 1. Confronto tra differenze reali e differenze stimate tra stimoli adiacenti, Esperimenti Ia e IIa. 125 controllo R U U1 100 classificazione C C1 1a Prova 75 50 25 0 -25 -50 1-2 2-3 3-4 4-5 5-6 6-7 7-8 125 Figura 2. Confronto tra differenze reali e differenze stimate tra stimoli adiacenti, Esperimenti Ib e IIb. 150 controllo R U U1 125 classificazione C C1 100 2a Prova 75 50 25 0 -25 -50 1-2 2-3 3-4 4-5 5-6 6-7 7-8 126 Figura 3. Ultime cinque prove nell’esperimento Ib. controllo R U classificazione C 175 150 125 100 75 50 25 0 -25 A -50 1-2 2-3 3-4 4-5 5-6 6-7 7-8 C n=10 RU n=24 B 1 2 3 4 5 6 7 8 16.2 17.0 17.9 18.8 19.7 20.7 21.7 22.8 17.1 17.8 18.6 19.1 21.4 22.0 22.8 24.2 16.9 18.1 18.6 19.8 20.4 21.2 22.2 23.8 127 I risultati. • • • • • • L’ipotesi 1a, relativa alla differenziazione intercategoriale, risulta confermata (confronto C-U). L’ipotesi 1b, relativa alla differenziazione intercategoriale, risulta confermata (confronto R-U). L’ipotesi 2a, relativa all’assimilazione intracategoriale, non risulta confermata (confronto C-U). L’ipotesi 2b, relativa alla differenziazione intercategoriale, risulta confermata (confronto R-U). L’ipotesi 3 relativa alla familiarizzazione non risulta confermata. L’ipotesi 4 relativa all’esperienza non risulta confermata (confronto I e II prova). 128 • I grafici di Figura 1 (prima prova) e di Figura 2 (seconda prova) confermano gli effetti di differenziazione intercategoriale e l’assenza di effetti di assimilazione intracategoriale. • Nelle ultime cinque presentazioni della serie (Esperimento Ib), si rilevano sia forti effetti di differenziazione intercategoriale sia effetti di assimilazione intracategoriale (vedi Figura 3) 129 I risultati di Tajfel e Wilkes possono essere riassunti nelle due seguenti asserzioni: • La classificazione sistematica degli stimoli determina effetti di differenziazione intercategoriale: allontana, differenzia gli stimoli inclusi nelle due categorie. • La classificazione sistematica degli stimoli determina effetti di assimilazione intracategoriale: fa percepire più simili gli stimoli inclusi nella stessa categoria. 130 I processi di differenziazione e assimilazione caratterizzano il funzionamento cognitivo umano perché, come quello di categorizzazione da cui derivano, facilitano l’adattamento dell’individuo all’ambiente. Infatti, le decisioni comportamentali sono più facili, se gli stimoli di due categorie sono tra loro differenziati e gli stimoli della stessa categoria sono tra loro assimilati. Una conseguenza dei due processi è che essi determinano la formazione degli stereotipi. Lo stereotipo è l’immagine di un gruppo espressa in termini di tratti fisici e di personalità. 131 L’ESPERIMENTO DI TAJFEL, BILLIG, BUNDY e FLAMENT (1971): ESPERIMENTO DEI GRUPPI MINIMALI Rilevato il processo di differenziazione, Tajfel ha una seconda intuizione. Ipotizza che tale processo si esprima anche nella tendenza a differenziare dalle altre le categorie a cui si appartiene. La categorizzazione, che determina differenziazione, è condizione sufficiente di comportamenti di favoritismo per l’ingroup. Per verificare l’ipotesi che la categorizzazione in un proprio gruppo e in un gruppo estraneo sia condizione sufficiente di valutazioni differenziali e comportamenti discriminativi a favore del proprio gruppo, Tajfel ha realizzato una ricerca, nota come Esperimento dei Gruppi Minimali. Si tratta del secondo esperimento che ha contribuito allo sviluppo della teoria dell’identità sociale. 132 Partecipanti. 48 ragazzi di 14-15 anni di età, tutti maschi. Erano esaminati in gruppi di 16. In ogni gruppo i partecipanti si conoscevano bene, perché erano allievi della stessa classe. La procedura. L’esperimento si svolgeva in due fasi. • La prima fase, che riguardava l’espressione di preferenze estetiche, consentiva di dividere i partecipanti in due gruppi: quelli che – si diceva – preferivano Klee e quelli che preferivano Kandinski. • Nella seconda fase, i partecipanti assegnavano punti, corrispondenti a quote di denaro, a membri anonimi dell’ingroup e a membri anonimi dell’outgroup, indicati da un numero. 133 I partecipanti sapevano che non avrebbero mai ricompensato se stessi; alla fine del compito, ognuno avrebbe ricevuto una quota di denaro uguale alla somma delle quote a lui assegnate dagli altri rispondenti. L’esperimento si sarebbe concluso con la fase di assegnazione di risorse. I partecipanti sapevano che, nelle matrici, un punto equivaleva a 1/10 di penny. 134 Con lo scopo di eliminate dalla situazione sperimentale tutte le variabili che di norma producono favoritismo, furono adottati alcuni criteri nella strutturazione dell’esperimento. • Non doveva esserci alcuna interazione faccia a faccia tra i membri del proprio gruppo, del gruppo estraneo o tra i gruppi. • L’appartenenza al gruppo doveva essere anonima. • Non doveva esserci alcuna precedente ostilità tra i gruppi. • Non doveva esserci alcun conflitto di interesse tra i gruppi. • Non doveva esserci alcun legame utilitaristico o strumentale tra le risposte dei soggetti e i loro interessi personali. • Non doveva esserci un destino comune tra i membri del gruppo. 135 Esempi di matrice. a) Libretto per il gruppo Klee Queste cifre indicano le ricompense a favore di: Membro n. 74 del gruppo Klee 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 Membro n. 44 del gruppo Kandinski 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 b) Libretto per il gruppo Klee Queste cifre indicano le ricompense a favore di: Membro n. 15 del gruppo Kandinski 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 Membro n. 38 del gruppo Klee 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 Ogni matrice veniva presentata due ricompense per i membri dei due gruppi. volte, invertendo le I partecipanti dovevano scegliere una colonna della matrice. Questa matrice era costruita in modo da rilevare la tendenza a massimizzare la differenza tra l’ingroup e l’outgroup. 136 Risultati a) Libretto per il gruppo Klee Queste cifre indicano le ricompense a favore di: Membro n. 74 del gruppo Klee 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 Membro n. 44 del gruppo Kandinski 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 b) Libretto per il gruppo Klee Queste cifre indicano le ricompense a favore di: Membro n. 15 del gruppo Kandinski 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 Membro n. 38 del gruppo Klee 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 Nella matrice a i partecipanti di solito scelgono l’equità tra i due gruppi (13/13). Nella matrice b, invece, i partecipanti tendono ad assegnare più al proprio gruppo (11/12), rinunciando a somme di denaro superiori (25/19) pur di guadagnare più dell’altro gruppo. 137 I risultati, quindi, mostrano che vi è una tendenza a favorire il proprio gruppo, anche quando l’assegnazione al gruppo è fatta su una base insignificante. La discriminazione, rilevata in questo esperimento • non dipende da attrazione personale per i membri dell’ingroup; • non dipende da precedenti ostilità tra i gruppi; • non dipende dalla presenza di un conflitto di interessi tra i gruppi; • non dipende dall’interesse personale; • non dipende dalla presenza di un destino comune. La discriminazione è determinata dalla categorizzazione Klee/Kandinski (sovrastimatori/sottostimatori, X/Y). Tajfel, quindi, arrivò alla conclusione che la semplice categorizzazione ingroup/outgroup è sufficiente a creare 138 discriminazione. La teoria dell’identità sociale (Tajfel, 1978) Al centro della teoria c’è il concetto di identità sociale. Tajfel definisce l’identità sociale come “quella parte del concetto di sé di un individuo che deriva dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo (o gruppi) sociale unita al valore e al significato emotivo attribuito a tale appartenenza”. Dato che gli individui preferiscono avere un’immagine di sé positiva, piuttosto che negativa, e dato che una parte dell’immagine dell’individuo proviene dall’appartenenza di gruppo, ne deriva che egli individui preferiscono appartenere a gruppi valutati positivamente. Per giudicare il valore del proprio gruppo lo si confronta con altri gruppi. L’esito di questi confronti è importante poiché influenza direttamente l’autostima delle persone. Per questo motivo si tende a distorcere il confronto, nel tentativo di creare una specificità o distintività positiva per il proprio gruppo, ovvero nel tentativo di differenziare positivamente il proprio gruppo dall’altro. 139 In base alla teoria dell’identità sociale, gli individui, nel contesto dei gruppi minimali discriminano a favore dell’ingroup per innalzare l’immagine del proprio gruppo e, quindi, di se stessi. Nella situazione dei gruppi minimi gli individui sono anonimi e l’unica informazione che li contraddistingue è il gruppo di appartenenza. Il proprio gruppo, però, non è differenziato dall’altro e, quindi, non può influenzare l’autostima dei partecipanti. Per creare una specificità positiva per il proprio gruppo e, quindi, aumentare la propria autostima gli individui hanno bisogno di differenziare tra i due gruppi e l’unico modo che hanno per farlo è assegnare più denaro all’ingroup che all’outgroup. Secondo la teoria dell’identità sociale, quindi, la discriminazione intergruppi e il favoritismo per l’ingroup possono avere unicamente determinanti psicologiche. I fenomeni di discriminazione, quindi, possono derivare dal bisogno di valorizzare il proprio gruppo e, quindi, la propria identità. 140 Individui versus gruppi • Produttività • Processi decisionali 141 Produttività Effetti della presenza di altre persone • Triplett ha analizzato i resoconti della lega ciclistica americana trovando che la prestazione dei ciclisti era inferiore quando i ciclisti correvano da soli e venivano cronometrati rispetto alle gare di gruppo. • Allport ha trovato che la presenza di altre persone facilita la prestazione nei compiti semplici (facilitazione sociale) e la ostacola nei compiti difficili (inibizione sociale). 142 Zajonc ha trovato che l’asimmetria tra i compiti semplici e quelli difficili è una caratteristica universale del comportamento sociale. Spiegazione La presenza di altri membri della stessa specie aumenta i livelli di attivazione per predisporre l’individuo all’azione. Tale attivazione • Aumenta la probabilità di comparsa delle risposte abituali e apprese bene (compiti facili) • Limita la comparsa di risposte nuove e non apprese bene (compiti difficili) 143 Risultati contrastanti • Non sempre si trovano gli stessi risultati di Zajonc • L‘attivazione può essere dovuta ad altri fattori (preoccupazione di essere valutati, controllo di una persona imprevedibile, bisogno di badare contemporaneamente al compito e all’altra persona) • I dati fisiologici non sono compatibili con l’aumento dell’attivazione • Le spiegazioni fisiologiche non tengono conto dei fattori cognitivi, attentivi e sociali. 144 Sviluppi recenti Secondo Monteil e Huguet l’aumento dell’attenzione comporta un restringimento dell’ambito attentivo che: • Nei compiti semplici ha effetti positivi perché gli stimoli rilevanti sono pochi • Nei compiti difficili ha effetti negativi perché gli stimoli sono numerosi. 145 Utilizzando il compito di Stroop, Monteil e Huguet trovano che la presenza di altre persone migliora la prestazione nelle prove difficili (incorenti). Coerenti (facili) Verde Rosso Blu Giallo Incoerenti (difficili) Verde Rosso Blu Giallo Problema La risposta dominante dovrebbe essere il significato delle parole e non il colore. 146 Secondo Sanna la facilitazione sociale dipende dalle aspettative e dal potenziale di valutazione. • Le aspettative positive migliorano la prestazione in presenza di altre persone. • Le aspettative negative peggiorano la prestazione in presenza di altre persone. 147 Individui vs gruppi Ringelmann ha trovato che • Un individuo esercita una forza di trazione di 85 kg • Un gruppo di 7 persone esercita una forza di trazione di 450 kg (64 kg a persona) • Un gruppo di 14 persone esercita una forza di trazione di 850 kg (61 kg a persona) 148 Compiti con risposta corretta Esperimento di Shaw Problema 1 Problema 2 Problema 3 Proporzione di coloro che risolvono 0.14 0.00 0.095 Tempo medio 4.50 9.90 15.50 Produttività (minuti per persona) 4.50 9.90 15.50 Proporzione di coloro che risolvono 0.60 0.60 0.40 Tempo medio 6.50 16.90 18.30 Produttività (minuti per persona) 26.00 67.60 73.20 Individui (n = 21) Gruppi (n = 5 gruppi di 4) 149 Marquart ha trovato che: • I gruppi riescono a risolvere più problemi dei singoli individui e ci impiegano un po’ più di tempo • I gruppi statistici (formati dalla produttività di tre individui casuali) hanno la stessa produttività di quelli reali. Faust ha trovato che: • Nei compiti spaziali, gruppi reali e gruppi statistici si equivalgono • Nei compiti verbali, i gruppi reali sono superiori. 150 Perlmutter e Montmollin hanno trovato che in compiti di memorizzazione di sillabe senza senso i gruppi ricordano un numero di sillabe quasi doppio rispetto ai singoli. Yuker ha trovano che i gruppi ricordano più frasi e lo fanno con più accuratezza degli individui singoli. Stephenson et al. hanno trovato che i gruppi ricordano più particolari di un racconto. 151 Compiti creativi Taylor et al. hanno trovato che nei compiti di brainstorming i gruppi statistici superano i gruppi reali sia quantitativamente che qualitativamente. Indicazioni È meglio effettuare il brainstorming individualmente e poi in gruppo. prima 152 Produttività potenziale vs produttività effettiva Secondo Stainer la prestazione di un gruppo è determinata da: • Richieste del compito (cosa bisogna fare per portare a termine un compito) • Risorse del gruppo (quello che si ha a disposizione per portare a termine il compito) • Processo (quello che si fa per eseguire il compito) 153 Tipi di compiti • Divisibili (possono essere divisi in sottocompiti – catena di montaggio) • Unitari (non possono essere divisi – compiti di ragionamento) • Massimizzanti (raggiungere una certa quantità massima – tiro della fune) • Ottimizzanti (arrivare ad uno standard – compiti di ragionamento) 154 • Additivi (i singoli contributi sono aggregati – brainstorming) • Disgiuntivi (bisogna prendere una decisione tra i vari contributi – compiti di ragionamento) • Congiuntivi (tutti devono completare il compito – squadra di alpinisti) • Discrezionali (i gruppi possono decidere come eseguire il compito) 155 La produttività massima potenziale di un gruppo si ha quando le richieste del compito corrispondono alle risorse del gruppo. La determinazione della produttività potenziale dipende dal tipo di compito: • Per i compiti additivi è data dalla somma dei contributi individuali massimi • Per i compiti disgiuntivi è data dalla probabilità di trovare qualcuno nel gruppo in grado di risolvere il compito. 156 Secondo Stainer la produttività effettiva di un gruppo di solito è inferiore alla sua produttività potenziale. Questo accade perché si verificano perdite dovute ai processi interni al gruppo. Produttività effettiva = Produttività potenziale – Perdite dovute a processi imperfetti I processi imperfetti possono essere dovuti a: • Mancanza di coordinazione • Dinamiche sociali (ad es., confronto sociale) • Minore motivazione 157 La diminuzione della prestazione all’interno di un gruppo viene chiamata inerzia sociale (social loafing). • Latanè et al. hanno trovato che i soggetti urlavano più forte quando credevano di essere da soli, rispetto a quando credevano di essere in gruppo. L’inerzia sociale si verifica perché si disperde l’influenza delle istruzioni tra i vari membri del gruppo. 158 Karau e Williams hanno analizzato 78 studi e visto che nell’80% casi vi è inerzia sociale. È possibile ridurre l’inerzia sociale quando: • Il compito è importante • Il gruppo è molto saliente per i suoi membri • Il gruppo deve essere valutato L’inerzia sociale è minore nelle culture orientai rispetto a quelle occidentali. 159 I benefici del lavorare in gruppo Effetti del tipo di compito Shaw e Ashton hanno trovato che quando il compito (cruciverba) è semplice non c’è differenza prestazione osservata e prestazione attesa; quando il compito è difficile i gruppi sono più bravi dei singoli individui. I membri di un gruppo superano le proprie capacità individuali se le persone con cui collaborano sono meno brave di loro e se il compito è significativo. 160 Esperimento di Williams e Karau 40 35 30 25 20 risultati individuali 15 risultati congiunti 10 5 0 bassa alta bassa Abilità del partner Compito significativo alta Compito significativo Indicazioni In campo educativo i meccanismi di compensazione sociale possono migliorare la prestazione. Se i compiti di apprendimento sono organizzati attività cooperative in cui gli studenti sono interdipendenti allora è bene inserire nel gruppo studenti con diverse abilità. 162 Effetti dell’identità sociale I membri di un gruppo lavoreranno più duramente a favore del proprio gruppo se questo può migliorare la posizione del gruppo rispetto ad altri gruppi e se per loro l’appartenenza di gruppo è importante. • Harkins e Szymanski hanno trovato che se si dice ai partecipanti che il risultato del loro gruppo sarà confrontato con quello di un altro gruppo allora non si verifica inerzia sociale. 163 Esperimento di Worchel Differenza tra la produttività individuale e quella di gruppo 6 5 4 3 2 1 0 -1 -2 -3 -4 -5 presenza di un altro gruppo uniforme nessun gruppo presente nessuna uniforme 164 Effetti della cultura Quando l’obiettivo del gruppo è ben definito tende a essere perseguito più dalle culture collettiviste che da quelle individualiste. • Matsui et al. hanno effettuato uno studio in Giappone trovando che gli individui in coppia producono di più degli individui singoli. 165 Esperimento di Earley 30 25 20 individuale 15 ingroup outgroup 10 5 0 Cina Israele Stati Uniti 166 Concludendo: Quando quello che facciamo e con chi lo facciamo è per noi molto importante ci impegnano per il nostro gruppo più di quanto avremmo mai fatto per noi stessi. 167 Processi decisionali In molte situazioni i gruppi devono prendere delle decisioni per cui non esiste una risposta oggettivamente giusta. Decisioni degli individui e dei gruppi • Stoner ha trovato che le decisioni dei gruppi sono quasi sempre più rischiose della media delle decisioni individuali. • Wallach et al hanno trovato che questo spostamento viene interiorizzato dagli individui. 168 Fattori che agiscono sulla decisione di gruppo • Polarizzazione. La decisione del gruppo si sposta verso il polo inizialmente preferito. • L’ampiezza dello spostamento è correlata con la posizione iniziale del gruppo. • La polarizzazione si verifica in vari ambiti. La polarizzazione tende a non verificarsi nei gruppi reali perché tali gruppi: • Hanno una storia e un futuro • Hanno una struttura interna • Hanno sviluppato delle norme 169 Spiegazioni della polarizzazione • Confronto • Persuasione • Differenziazione intergruppi 170 Polarizzazione mediante confronto Secondo Sanders e Baron: • Ogni argomento su cui il gruppo deve prendere una decisione è associato a vari valori sociali • Questi valori determina una preferenza iniziale per un certo risultato • Prima della discussione ogni individui percepisce se stesso vicino a tale preferenza • Una vola iniziata la discussione, alcuni individui si rendono conto che altri individui sono più vicini a tale preferenza • Da questo confronto deriva uno spostamento verso la preferenza Gli individui che sono più vicini alla preferenza subiscono meno la pressione al conformismo. 171 • Meyers ha trovato che se si mostrano ai soggette la media e la distribuzione delle risposte di altri ritenuti simili le loro scelte si spostano nella direzione inizialmente preferita. • Baron e Roper hanno trovato che se si dice ai soggetti che l’ampiezza dell’effetto autocinetico è un indice di intelligenza, dopo aver ascoltato le risposte degli altri soggetti, i partecipanti tendono a dare risposte più ampie. 172 Polarizzazione mediante persuasione Secondo Burnstein e Vinokur la polarizzazione è determinata dallo scambio di informazioni e dalle discussioni che precedono la decisione collettiva. • È difficile che in un gruppo ci sia equilibrio tra argomentazioni a favore e contro un data questione • Ogni individuo è a conoscenza di alcune argomentazioni che solo in parte si sovrappongono con le conoscenze degli altri individui • Durante la discussione ogni individuo apprende nuove informazioni a sostegno del punto di vista dominante 173 Vinokur e Burnstein hanno trovato che sommando gli argomenti a favore del rischio e quelli a favore della cautela, i primi superano i secondi. Ebbesen e Bowers hanno trovato che esiste una correlazione tra numero di argomenti a favore del rischio (o della cautela) e la polarizzazione. 174 Esperimento di Strasser e Titus Informazione condivisa Numero di caratteristiche conosciute dai membri Caratteristiche Candidato A Candidato B Candidato C Positive 8 4 4 Negative 4 4 4 Neutre 4 8 8 Informazione non condivisa Numero di caratteristiche conosciute dai membri Caratteristiche Candidato A Candidato B Candidato C Positive 2 4 1 Negative 4 1 1 Neutre 4 2 8 175 Risultati Candidati scelti (%) A B C Preferenze prima della discussione di gruppo Informazione condivisa 67 17 17 Informazione non condiviso 25 61 14 Preferenze dopo la discussione di gruppo Informazione condivisa 83 11 6 Informazione non condiviso 24 71 5 176 Polarizzazione come differenziazione intergruppi Secondo Wertherell quando un gruppo mostra polarizzazione, i membri cercano di adeguarsi alla posizione normativa dell’ingroup. Quando la situazione rende importanti l’identità dell’ingroup le norme rilevanti diventano più estreme per differenziarsi dall’outgroup. 177 Esperimento di Mackie e Cooper Cambiamento degli atteggiamenti A favore del mantenimento 8 6 4 2 0 -2 -4 nastro a favore del mantenimento nastro a favore dell'abolizione -6 -8 -10 A favore dell’abolizione ingroup outgroup 178 Concludendo Nei gruppi reali sono presenti tutti i tre tipi di processi e i loro pesi relativi variano in base alla situazione. 179 Qualità dei processi decisionali Janis ha anlizzato alcune decisioni di politica estera prese dagli Stati Uniti tra il 1940 e il 1980 trovando che quando la decisione era sbagliata erano presenti cinque caratteristiche: • Il gruppo era molto coeso • Il gruppo era isolato • Non sono state considerate idee alternative • Bisognava prendere la decisione in fretta • Vi era un leader direttivo 180 In questi casi si generano forti pressioni al conformismo che portano al “pensiero di gruppo”. Sintomi del pensiero di gruppo • Un gruppo coeso esercita pressioni sui devianti affinché si conformino • Illusione dell’unanimità e della correttezza • Formazione di stereotipi negativi dell’outgroup Questi sintomi sono l’opposto di un buon processo decisionale. 181 Nei casi analizzati da Janis, quando il gruppo prende decisioni migliori i leader: • Sono più neutrali • Incoraggiano punti di vista diversi • Nominano esperti indipendenti Varie ricerche hanno mostrato che il leader è più importante della coesione. 182 Per prendere una buona decisione di gruppo bisogna aumentare l’apporto di tutti i membri. I fattori importanti sono: • Stile del leader (non deve essere molto direttivo, ma deve sempre adeguarsi alla situazione) • Coesione (non deve essere forzata) • Rendere il gruppo consapevole delle varie informazioni 183 I gruppi possono essere addestrati a prendere una decisione. Esperimento di Larson et al. Percentuale di informazioni citate almeno una volta 60 50 40 30 20 10 0 informazione condivisa Training informazione non condivisa No Training 184