BIOTECNOLOGIA Definizione ufficiale ONU "La biotecnologia è l'applicazione tecnologica che si serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi per produrre o modificare prodotti o processi per un fine specifico". Definizione più «pratica» Per biotecnologia si intende la scienza che si occupa di tecniche basate sull’utilizzo di organismi viventi o loro componenti, prodotti, sistemi, processi, finalizzate alla produzione di beni o servizi. La Biotecnologia si avvale di numerosi campi di ricerca scientifica: microbiologia, biochimica, biologia molecolare, biologia cellulare, immunologia, ingegneria delle proteine, enzimologia, tecnologie dei bioprocessi Trova applicazioni in molti settori (alimentare, agricolo-zootecnico, ambiente, diagnostico, farmacologico, cosmetico, tessile ecc). Sulla base dei metodi impiegati per la realizzazione dei prodotti possiamo distinguere TRADIZIONALI INNOVATIVE Biotecnologie tradizionali sono le tecnologie produttive utilizzate normalmente in agricoltura, in zootecnia. comprendono metodiche di allevamento, coltura, selezione, incrocio, trattamento alimentare e terapeutico. Sono tradizionali anche le tecnologie per la produzione e conservazione di alimenti (vino, birra, formaggio, yogurt, pane moltissimi altri generi alimentari biotecnologie fermentative) o di tessuti (seta, lana, cotone ecc) o di farmaci (penicillina, acido acetil salicilico, l’oppio ecc.) o di cosmetici (saponi, profumi ecc.) Le biotecnologie innovative sono sostanzialmente quelle basate su tecniche di manipolazione del materiale genetico (ingegneria genetica o biologia molecolare). Il fatto, inoltre, che la "doppia elica" del DNA abbia una struttura chimica identica in tutti gli esseri viventi permette di trasferire informazioni tra le diverse specie di animali, piante o batteri. Un po’ si storia delle biologia molecolare… 1869 Johan Friedrich Miescher Individua la presenza un sostanza ricca di fosfato all'interno dei nuclei dei leucociti, La chiamò nucleina. Studi successivi individuarono altri componenti: ribosio, desossiribosio e basi azotate. I chimici intuirono che nel nucleo dovessero esserci macromolecole polimerizzate a carattere acido (DNA ed RNA) 1919 Phoebus Levene Scopre la struttura dei monomeri di DNA ed RNA: i nucleotidi. Lo stesso chimico suggerì che il DNA consistesse in un filamento di nucleotidi legati tra loro attraverso i fosfati. 1928 Frederick Griffith Scoprì l’esistenza di un fattore «trasformante» nei batteri, una sostanza, cioè, in grado di trasformare batteri innocui in batteri virulenti. Fu la prima prova che i caratteri dell’individuo sono «portati» da composti chimici (lui, tuttavia, non riuscì a stabilirne la natura). Esperimento «chiave» di Griffth Alcune prove e sperimentazioni, mirate a «conoscere» meglio il batterio e il suo meccanismo d’azione, portarono Griffth ad una scoperta scientifica eccezzionale. Infettò vari topi con diversi preparati del materiale batterico. In tutti i casi di morte dei topi, con l’autopsia nei tessuti della vittima ritrovava pneumococchi di ceppo S vivi. Analizzando l’ultimo caso, era ragionevolmente impossibile affermare la «resuscitazione» del ceppo S (ucciso col calore). L’unica spiegazione possibile fu che il ceppo R si può trasforma in S. Dato che ciò avveniva solo in presenza di S uccisi, la conclusione logica fu che esiste una sostanza trasformante proveniente dal ceppo S. Griffth si occupò di conoscere e combattere la causa della polmonite tipica, una polmonite che provocò molti decessi tra soldati in trincea e civili in condizioni disagiate. Individuò la causa: lo pneumococco Isolò e coltivò due ceppi: S ed R Colonie lisce del ceppo virulento (ceppo S) Per fortuna scoprì anche che il batterio è sensibile alla penicillina Colonie rugose del ceppo innocuo (ceppo R) 1937 : William Astbury Presentò i primi risultati di alcuni studi di diffrazione a raggi X, che dimostrarono che il DNA ha una struttura estremamente regolare (Doppia elica). 1943 : Oswald Theodore Avery Dimostrò in un celebre esperimento insieme a Colin MacLeod e Maclyn McCarty, che il DNA è il principio trasformante. R vivi R vivi Materiale filtrato ricavato da batteri uccisi R vivi R vivi Tra gli anni ‘30 e ‘50 gli studi sulle «trasformazioni» batteriche si allargarono a diverse specie di microorganismi e a diversi tipi di caratteri (importantissimi quelli della resistenza agli antibiotici o della produzioni di particolari veleni batterici ). Si scoprì, tra l’altro, che i fattori «trasformanti» possono essere trasmessi anche da batteri vivi direttamente (coniugazione batterica) o tramite virus batteriofagi (Trasduzione) Batteri in «coniugazione» 1953: James Watson e Francis Crick Presentarono sulla rivista Nature quello che è oggi accertato come il primo modello accurato della struttura del DNA, quello della doppia elica. A disegnarne il bozzetto fu Odile Speed, pittrice e moglie di Crick. Sempre Crick (1957) enuncia il dogma centrale della biologia molecolare. DNA RNA Proteina 1953: Alfred Hershey e Martha Chase Intorno agli anni ‘50 si scoprirono la struttura e i meccanismi d’azione dei virus. I due biologi, attraverso un loro famoso esperimento, dimostrarono che il materiale genetico del fago T2 (un virus che infetta i batteri, in particolar ceppi di Escherichia Coli) è effettivamente il DNA. Ciclo biologico del batteriofago T2 Lo zolfo (S) fa parte di molte proteine. Lo 35S è un isotopo radiattivo. Il fosforo (P) fa parte dei gruppi fosfati del DNA . Il 32P è un isotopo radiattivo Capsidi nel surnatante Capsidi nel surnatante Radioattività Batteri Batteri Radioattività Virus generati Virus generati Gli acidi nucleici Sul finire degli anni ‘50 si stabilì definitivamente che L’acido ribonucleico (RNA) e l'acido desossiribonucleico (DNA) sono i depositari dell'informazione genetica. Sono polimeri, ovvero macromolecole costituite dalla ripetizione di unità semplici (monomeri). Le unità degli acidi nucleici sono i nucleotidi. L'ordine in cui sono disposti i singoli nucleotidi nella catena polimerica dell'acido nucleico specifica il loro contenuto di informazione genetica. Negli organismi viventi il DNA serve a immagazzinare e trasmettere alla progenie l'informazione genetica. L'RNA, invece, serve a rendere disponibile l'informazione per la sintesi delle proteine o svolge ruoli di regolazione. L’unità base degli acidi nucleici sono i nucleotidi. I nucleotidi sono costituiti da tre molecole chimiche differenti: un pentosio, una base azotata e un gruppo fosfato. Il pentosio può essere uno tra i seguenti le basi azotate La base azotata può essere 5 tipi di cui tre hanno una struttura fondamentale di tipo pirimidinico: timina che si trova solo nel DNA; citosina che si trova sia nell’RNA che nel DNA; uracile che si trova solo nell'RNA. Due hanno una struttura purinica: adenina; guanina. La molecola formata da base + pentosio è detta nucleoside. Rispettivamente ribonucleoside e desossiribonucleoside I pentosi hanno struttura ciclica e sono anomeri β. La base azotata si lega al C1 del pentosio con un suo atomo di azoto N: il legame è detto β-N-glicosidico Il nome dipende dalla base: Adenosina Guanosina Timidina Uridina Citidina Al nucleoside si lega un gruppo fosfato al C5 del pentosio. Il composto finale è un nucleotide mono fosfato. Il nome dipende dalla base azotata e dal numero di fosfati legati a catena (max 3): AMP, ADP, GDP, TTP, UMP ecc. (Adenosina monofosfato, Adenosina di fostato, Guanosina di fosfato, Timidina difosfato, Uridina difosfato ecc.) Gli acidi nucleici sono polimeri di nucleotidi monofosfati Negli acidi nucleici ci sono nucleotidi 5'-monofosfati, legati tra loro da un legame 5' -3' fosfodiesterico, ovvero tra il gruppo fosforico al C5 dello zucchero di un nucleotide e il gruppo –OH al C3 dello zucchero del nucleotide adiacente. I nucleotidi, nell’insieme, formano lunghissime catene di gruppi fosfati alternati a pentosi (struttura portante) con sporgenti, da un solo lato, le basi azotate La catena presenta una struttura elicoidale simile all’α-elica delle proteine. Ne DNA vi sono due catene «strettamente» legate grazie a legami idrogeno tra le basi azotate contrapposte che, tra l’altro, rispettano una regolare complementarietà. T---A C---G Nell’ RNA ritroviamo una sola catena, ma presentante una struttura terziaria di 3 tipi: RNA messaggero (mRNA): lunga catena distesa (filamentosa) RNA ribosomiale (rRNA): Ha struttura globulare e, insieme a specifiche proteine fa parte del ribosoma RNA transfer (tRNA): Struttura ripiegata a forma una specie di trifoglio La replicazione del DNA Ogni cellula, prima di dividersi, deve duplicare il suo DNA per trasmettere l'informazione genetica alle cellule figlie. Questo è possibile grazie a un complesso di numerosi enzimi e proteine. Elicasi: separa le due catene DNA polimerasi: genera una copia complementare di ciascun filamento del DNA originale. DNA ligasi: lega i frammenti di Okazaki (tartti discontinui di DNA). Corregge eventuali errori della POolimerasi Da una doppia elica parentale saranno generate due doppie eliche, di cui un filamento sarà neosintetizzato e uno sarà quello della coppia originale: per questo la replicazione del DNA viene detta semiconservativa. DNA e codice genetico L'ordine dei nucleotidi, cioè il codice per la sintesi delle proteine, è innanzitutto copiata a stampo nell'mRNA (Trascrizione) dal complesso enzimatico della RNA polimerasi. Il trascritto primario subisce lo splicing dalla endonucleasi diventando trascritto maturo. L’mRNA maturo esce dal nucleo e si lega ad un complesso proteico: il ribosoma. Il ribosoma traduce il codice trascritto in catena polipeptidica, utilizzando amminoacidi trasportati dal tRNA L'informazione genetica utilizza un codice a triplette: tre nucleotidi specificano un singolo aminoacido. Ciascuna tripletta prende il nome di codone. 1961: Per la prima volta viene compreso il codice genetico. 1973: Cohen e Boyer Effettuarono il famoso esperimento del DNA ricombinante. Frammenti di DNA (geni) prelevati da due ceppi batterici differenti di Escherichia Coli (resistenti a due antibiotici differenti) furono «impiantati» in un terzo ceppo (privo di resistenza ai due antibiotici) producendo, in tal modo, il primo organismo geneticamente modificato (il terzo ceppo acquistò la resistenza ad entrambe gli antibiotici) Con questa microtecnologia innovativa gli scienziati cominciarono a modificare, nel modo desiderato, il patrimonio genetico degli organismi viventi, avvalendosi di strumenti totalmente diversi dalle procedure tradizionali di incroci e selezione. E’ tra gli anni '70 ed '80 che si colloca, infatti, la nascita della Biotecnologia moderna (innovativa) Per la tecnica del DNA Ricombinante (1973) furono fondamentali le conoscenze di: La conoscenza del codice genetico Cioè la precisa sequenza dei nucleotidi (in pratica delle basi azotate) lungo la catena del DNA. Ciò fu possibile quando si conobbero le triplette associate a ciascun amminoacido. Bastò, quindi, analizzare chimicamente la struttura primaria di una determinata proteina per conoscerne il codice genetico associato. La conoscenza e l’isolamento del complesso DNA ligasi Dato il naturale ruolo di «legare» i frammenti di Okazaki, era necessaria per «Unire» geni prelevati da organismi differenti. La conoscenza e l’isolamento di enzimi di restrizione. Si tratta di enzimi che agiscono «tagliando» la doppia catena di DNA Enzimi di restrizione Varie sperimentazioni condotte tra gli anni ‘50 e ‘70 su Escherichia Coli e virus avevano evidenziato che alcune colture batteriche sviluppano autonomamente una resistenza alle infezioni da batteriofagi. L’indagine microbiologica evidenziò che, in questi batteri resistenti, il DNA del fago, una volta iniettato nella citoplasma, subisce una frammentazione venendo, in tal modo, disattivato. Le analisi chimiche permisero di isolare la sostanza responsabile della frammentazione del DNA virale: si tratta di un complesso enzimatico in grado di «spezzare» legami fofosodiesterici tra fosfato e pentosio in posizione 3’. La sostanza fu chiamata Enzima di restrizione (desossiribonucleasi o endonucleasi) e gli fu data la sigla ECO R I (leggi: eco erre primo) Ad oggi sono stati identificati e isolati più di 100 enzimi di restrizione (da specie e ceppi batterici differenti): ECO R II, TAQ I ecc. L’analisi dei frammenti di DNA, ottenuti dopo il trattamento da enzimi di restrizione, rilevò che ogni enzima lascia segmenti di DNA con code (sequenza di nucleotidi) complementari, specifiche per ogni enzima. Questo significa che ogni enzima «riconosce» precise sequenze (da 4 a 6 nucleotidi) cui si lega, operando il «taglio». Queste sequenze furono indicate come siti di restrizione. Taglio «sfalsato» Taglio «snetto» Fatto straordinario fu che, miscelando in provetta enzimi di restrizione, estratti da batteri, con DNA di altra origine (batterica, vegetale, animale, umana) si ottenevano frammenti alla cui provenienza non si poteva più risalire. Una volta allontanato, con tecniche di separazione chimica, l’enzima di restrizione, il materiale veniva trattato con l’enzima DNA ligasi: vari frammenti venivano «uniti», ma in modo casuale, non distinguendo la loro provenienza. In tal modo si cominciarono a «creare» DNA ibridi, «chimerici»: DNA ricombinanti La domanda spontanea dei biologi fu se questi DNA ricombinanti avessero o no capacità trasformanti e in che misura. Mettere semplicemente questi DNA ibridi nel terreno di coltura dove crescevano vari batteri (con la speranza che questi potessero inglobarli ed esprimerli) non dava alcun risultato. Occorreva un «vettore». Il primo vettore fu individuato negli stessi batteri: il plasmidio. Il plasmidio fu scoperto alla fine degli anni ‘50 in occasione lo studio della resistenza che i batteri sviluppano e si trasmettono, l’un l’altro, contro gli antibiotici. In ogni batterio ci sono da poche decine ad alcune centinaia di plasmidi: Si tratta da piccole molecole di DNA ciclico, a carattere accessorio non fondamentali per la vita del batterio, ma contengono caratteri aggiuntivi che possono avvantaggiarlo in determinate condizioni ambientali. I plasmidi, estratti ed isolati, se messi nei terreni di coltura sono facilmente inglobati ed espressi da altri batteri come fossero propri. Evidentemente la loro struttura è tale da essere «riconosciuta» rispetto ad altri generici frammenti di DNA. Ogni plasmidio può avere da qualche decina a qualche centinaio di geni (per la resistenza ad antibiotici, per metabolizzare molecole, per produrre veleni contro altri organismi, per i pili sessuali ecc.) Può presentare diversi siti di restrizione (quindi può essere tagliato da diversi enzimi) Il plasmidio utilizzabile come vettore per la tecnica del DNA ricombinante deve avere: Un sito ORI: informazione che permette la autoreplicazione Un gene (o più) per la resistenza ad un antibiotico (es. ampicillina) che serve da «marcatore» Un poylinker: un sito di restrizione che deve essere lo stesso presente sul frammento di DNA da «impiantare» Tecnica del DNA ricombinante • Si estrae il plasmidio (per lo più da Escherichia Coli) marcato con un gene resistente a un antibiotico (per esempio all’ampicillina) • Si isola il gene esogeno di interesse specifico (il primo di interesse farmaceutico fu il gene per l’insulina1982). • Si trattano entrambi (in provette separate) con lo stesso enzima di restrizione (Es. ECO R I). • Dopo trattamento, si allontana l’enzima di restrizione e si miscelano i due materiali frammentati. • Si tratta con enzima DNA ligasi. • Avendo subito lo stesso taglio, i frammenti verranno uniti in modo casuale. Si potrà ricostruire il plasmidio originale, il gene esogeno, ma anche ottenere un plasmidio ricombinato. Il materiale così trattato, avente una miscela eterogenea di DNA, viene messo in terreno di coltura in modo da permetterne la trasformazione (i batteri ingloberanno i plasmidi) Si tratta il tutto con l’antibiotico specifico (nel nostro esempio l’ampicillina). Moriranno tutti i batteri che non avranno inglobato il plasmidio. Per riconoscere i batteri che hanno inglobato il plasmidio ricombinato si usa una tecnica di colorazione specifica Si otterrà, in questo modo, un ceppo batterico geneticamente modificato, in grado di esprimere il carattere da noi scelto: nel nostro esempio saranno in grado di produrre insulina umana. Grazie alla moltiplicazione naturale di questo ceppo, si otterrà il clonaggio del gene scelto (bioreattore) Vettori I Plasmidi Sono degli utili vettori in quanto si moltiplicano rapidamente e sono facilmente inglobati dai batteri attraverso la membrana cellulare. Sono però vettori affidabili solo per segmenti lunghi fino a 4000 coppie di basi azotate, infatti tollerano solo brevi sequenze di DNA estraneo, mentre i segmenti lunghi tendono ad essere eliminati col passare delle generazioni I Virus fagi Anche i virus possono fungere da vettori che spostano pezzi di DNA da una cellula ad un’altra. Infatti il DNA dei fagi temperati può integrarsi nei siti specifici del cromosoma ospite e duplicarsi con il cromosoma stesso. I virus utilizzati sono modificati in modo tale da non essere più patogeni, ma da poter ancora trasmettere informazione genetica . I Trasposoni Tutte le cellule eucarioti hanno segmenti di DNA mobili, chiamati TRASPOSONI, in grado di passare da un sito ad un altro all'interno di un cromosoma. Agrobacterium tumefaciens E’ l’agente di una malattia delle piante nota come “tumore del colletto“, fa ingegneria per conto proprio usando la strategia di insinuare alcuni suoi geni plasmidiali nel corredo cromosomico dei tessuti vegetali infettati. l’Agrobacterium si è rivelato lo strumento ideale per trasmettere vari geni esogeni alle piante transgeniche Dicotiledoni. Inoculazione E’ la tecnica più utilizzata per piante e animali. Con una microsiringa si inietta il materiale genetico direttamente nel nucleo (o pronucleo) della cellula da «trasformare»