Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo
nella formazione
1. Alla ricerca di un sapere che viene
dall’esperienza.
Il sapere dei pratici
• Educare: essere implicati in un agire pratico ad alto
tasso di problematicità. Situazioni problematiche
aperte, soluzione sulla base di una logica contestuale
e si concretizza in una deliberazione pratica (sapere
prassico).
• Sapere tecnico è un sapere di regole generali,
applicazione di un sapere generale, a potenzialità
predittiva
• Sapere prassico è necessario a supportare una
deliberazione pratica, legata al singolo caso, è
ipotetico destinato a revisione
• Le decisioni pratiche hanno implicazioni serie.
L’azione è marcata dalla singolarità del caso
• l’azione è imprevedibile, irrevocabile, illimitata
(l’azione entra in un circolo processuale le cui
dinamiche non possono essere pianificate)
• Saggezza educativa: la disposizione a cercare l’azione
che meglio consente di conseguire ciò che è ritenuto
cosa buona (obiettivi favorire la miglior formazione
possibile) si attualizza in una deliberazione corretta
• Deliberazione corretta: l’educatore deve
possedere conoscenze nell’ambito delle
scienze della formazione, deve maturare la
capacità di leggere criticamente la specificità
del contesto in cui agisce per valutare risorse e
limiti. Competenza che si sviluppa con la
pratica.
• Un sapere esperenziale
- Sapere dell’educazione , si costruisce con l’esperienza
(in un rapporto intensamente pensoso con ciò che
accade), non nasce a tavolino ma prende forma nella
comunità dei pratici
- Sapere esperenziale presuppone l’intervento della
ragione riflessiva (essere pensosamente presenti
rispetto all’esperienza), meditare su ciò che accade
- (logica del from the ground up): pratica luogo in cui si
elabora sapere
• Buona pratica:
- Non una applicazione di teorie, implica progettazione
a partire dall’esperienza vissuta. La teoria è elaborata
dalla pratica: prassi (agire pratico illuminato da una
teoria che si costruisce nel contesto di azione)
• Buon pratico: saper costruire sapere a partire
dall’esperienza
• Dewey: l’esperienza deve costituire il punto di avvio e
il punto di arrivo per la costruzione della teoria
- Dewey “Le fonti di una scienza dell’educazione”:
L’esperienza incontriamo per prima e per ultima e
rappresenta l’inizio e la chiusura. L’inizio perché pone
i problemi che soli conferiscono all’indagine qualità
ed espressione educativa; la chiusura perché solo la
pratica è in grado di provare, verificare, modificare,
sviluppare le conclusioni di queste indagini.
- Sapere di casi (vissuto oggetto di riflessione)
• 1.3 La disciplina del pensare
• Il pensare si occupa di questioni di significato, cercare il
significato di ciò che accade e metterlo in parola
• Comunità di sapere fra gli educatori “gruppi di pratici” (es. a
scuola i giovani docenti come “apprendisti periferici
legittimati”: partecipare a scambi discorsivi con docenti
competenti)
• Spazi informali “comunità di pratica” nella organizzazione
formativa
• Spazi formativi “comunità pedagogiche”, reti di relazioni
strutturate e visibili per i pratici accumunati dalla passione di
costruire sapere esperenziale (sottoposto a disamina critica)
• I pratici svalutano la loro competenza acquisita sul
campo, non vi è consapevolezza dello spessore
formativo
• Manca testimonianza del sapere educativo costruito
(mettere in parola la propria esperienza a partire da
sé)
• Va riconosciuta la primarietà della pratica del
pensare da sé a partire da sé (dalla propria
esperienza): disfare l’ordine del già detto per poter
nascere all’inedito
2. La pratica del pensare riflessivo
• Riflessione:
“è
l’impresa
di
riconquistare
esplicitamente tutto ciò che noi siamo e facciamo
implicitamente”
• “pensiero che consiste nel ripiegarsi mentalmente su
un soggetto e nel rivolgere ad esso una seria e
continuata considerazione” (Dewey, Come pensiamo)
• prendere in esame la propria esperienza e le
convinzioni che sono alla base delle scelte
decisionali, per poi risalire alle assunzioni in base alle
quali si giustificano certe opzioni teoriche.
• Pensiero riflessivo: ha inizio nel momento in cui
si avverte una perplessità tale da rendere incerte
le nostre convinzioni e per questo si comincia a
indagare la questione percepita come
problematica
• Percezione di uno stato di incertezza, esigenza di
risolvere le difficoltà: il disagio cognitivo con il
desiderio di superarlo portano a un’operazione di
ricerca per risolvere il dubbio
L’esperienza riflessiva si sviluppa nei seguenti
passaggi:
• a) presa di coscienza di un dubbio
• b) formulazione di una previsione congetturale
• c) esame analitico della situazione *
• d) elaborazione delle ipotesi *
• e) decisione dell’azione
* Fasi qualificanti (esame della situazione: fase delicata
sul piano cognitivo ed emotivo perché comporta la
capacità di vedere e accettare la situazione )
• Donald Schön: pratica riflessiva da attivare nei
processi formativi per la costruzione di un sapere
che viene dall’esperienza
• Pensare ciò che si fa: reflective action: reflection
in action, reflection on action
• Pensare i pensieri: metariflessione, attività
mentale di ordine superiore “riflessione
seconda”, riflettere sul modo in cui pensiamo;
sulle procedure epistemiche che seguiamo per
costruire le nostre teorie sull’esperienza.
• Pensare a ciò che si fa
Riflessione in azione: attenzione rispetto al contesto, alla
situazione, ai casi unici, ai problemi. Implica un lavoro
sulle emozioni per imparare a stare nell’incertezza
Riflessione sull’azione: ricostruire il processo, analizzare
ogni evento accaduto, individuare i desideri che hanno
innescato l’azione, descrivere se il cambiamento è
avvenuto e quali implicazioni pratiche ha portato.
Avviene ad azione conclusa, retrospettiva.
• Modello di riflessione strutturata: insieme di domande per
facilitare il pratico nel processo di esplorazione
dell’esperienza, domande lungo direzioni di riflessione:
• Estetica: che cosa sto cercando di raggiungere? Perchè ho
agito in questo modo?Quali sono state le conseguenze delle
mie azioni?Quale era il clima emotivo?
• Personale: come mi sono sentita in quella situazione?
• Etica: in che misura le mie azioni sono congruenti con le mie
convinzioni?
• Empirica: quale conoscenza ho utilizzato?
• Riflessiva: questa esperienza ha connessioni con esperienze
precedenti?Ho imparato a supportare meglio le mie azioni?
2.1.3 Riflessione sull’azione possibile
• Si ipotizzano possibili modalità di affrontare
situazioni simili: processo di pensiero
proiettato al futuro
• “Il modo vivo di stare nel presente è quello in
cui la mente non solo ritorna al passato ma
anticipa il futuro, e fa in modo che questa
anticipazione non si risolva in una replicazione
del passato, ma sia un futuro diverso”
• Riflessione anticipatrice
- Immagina azioni future, ipotizza situazioni
problematiche ed elabora possibili soluzioni
- Ricorre all’immaginazione
- Tenere la riflessione attenta alla qualità del
presente: si anticipano situazioni possibili
- Messa in discussione del sapere pre-costituito
con l’emergere di una competenza fluida
• Collaborative research
-Comporta un continuo dialogo fra pratici e
formatori-ricercatori, impegnati a definire insieme il
percorso della formazione a partire da un problema
educativo ritenuto significativo per entrambi.
-Ascolto
interrogante:
approfondire
i
casi
problematici per trovare insieme una soluzione che
sia la più efficace possibile sul piano educativo
(attenzione partecipe, pensare condiviso).
• 2.2 Pensare i pensieri
-Riflettere attorno alla vita della mente, ai processi
cognitivi in base ai quali decidiamo il significato delle
nostre esperienze, le valutiamo e prendiamo
decisioni: interrogare la vita della mente
-Riflessione metacognitiva: pensare i pensieri, pensiero
interrogante, impegnato a esaminare le radici del
pensare, portare alla luce la conoscenza tacita
(opinioni, teorie, criteri, convinzioni, processo di
interpretazione dell’esperienza)
• Dal senso comune al pensare con senso
- Comunità di pratici: sapere di teorie e sapere
implicito (insieme di idee che regolano l’agire,
insieme di istruzioni per comprendere e
prendere decisioni il cui valore è dato per
scontato), irriflesso che fa da sfondo tacito a
giudizi, decisioni
- Il pratico educatore agisce:
- In una rete di relazioni
• Sapere di senso comune: fondo di conoscenze,
regole, abitudini, convinzioni condivise al di là di una
pratica riflessiva: il loro valore è considerato ovvio
nella comunità di pratici. E’ una zona quieta, luogo
delle certezze.
• Pedagogia implicita o “pedagogia popolare”
(Bruner), pedagogia della vita quotidiana, attivata
automaticamente.
• Nel mondo dell’educazione vi è un tessuto culturale
consolidato
(strumentazione
metodologica,
concettuale)
• Condividere il sapere di senso comune (idee
pedagogiche, tecniche didattiche, modalità
d’uso del linguaggio): condizione essenziale
per svolgere il proprio ruolo.
• L’adesione alle convinzioni condivise è
essenziale per non produrre immobilità nel
problematizzare ogni situazione
• Del sapere pedagogico manca:
una tradizione del sapere dei pratici
• 2.2.2 Pensare daccapo
Aderire al pensiero collaudato e pensare
daccapo per cercare il senso di ciò che accade.
- Risalire al fondamento di ogni credenza,
teoria, costruire significati a partire da sé.
Tensione a interrogare
• 2.2.3 Autocomprensione metacognitiva
-Riflessione critica: rende esplicite le assunzioni
tacite, disvela le implicazioni performative,
svolge un ruolo centrale nei processi formativi.
-Resistenza al cambiamento: mettere in
discussione le basi del nostro abituale modo di
pensare è faticoso
-Autocomprensione:
stare
nel
mondo
dell’educazione con libertà
Il laboratorio riflessivo
• Schön: epistemologia della pratica →conoscenza
dei processi di pensiero attivati quando la mente
è implicata nella soluzione di casi problematici
• Epistemologia spesso trasmessa oralmente ai
giovani educatori che stanno per entrare nel
mondo dell’educazione
• Quando trasmettono il loro sapere agli
apprendisti educatori, gli educatori con
esperienza rendono conto del processo da cui è
nata una soluzione
• I laboratori che utilizzano la biografia
formativa attraverso la scrittura consentono
di:
• riflettere sul sapere, sui valori e sui significati
costruiti nel corso della propria esperienza
• Gli educatori con esperienza quando sono
chiamati a documentare la loro esperienza,
presentano il prodotto finito dell’agire in modo
standardizzato, mentre rimane nell’ombra il
processo di elaborazione cha ha portato a
risolvere un problema o a ideare un percorso.
• Artful practice: agire educativo creativo e
pensoso “eccellenza “, maestria professionale da
esplicitare (sia a livello della vita mentale
dell’educatore sia a livello di
comunità
scientifica)
• Laboratori riflessivi: contesti di formazione che
hanno per oggetto l’epistemologia della
pratica, dove gli educatori interrogano
criticamente e mettono in parola il loro agire e
modo di pensare.
• Formazione che prepara a sviluppare la
riflessione, per affrontare casi problematici,
senza pretendere di acquisire un sapere che
abbia validità generale.
• Formazione
declinata
nei
termini
di
un’acquisizione di sapere teorico da applicare
nell’esperienza. Una formazione che miri a
preparare educatori come ricercatori IN azione:
costruire sapere a partire dall’esperienza→arte
della riflessione.
• Apprendimento esperenziale: non astratto, legato
a un’esperienza sul campo, accade a partire dai
vissuti di pratica in cui chi apprende è a diretto
contatto col reale.
• Favorire
forme
di
apprendimento
dall’esperienza: offrire a chi apprende la
possibilità
di
esaminare
criticamente
l’esperienza
per
individuare
snodi
problematici, imparare a considerare ciascuno
di essi, ipotizzare più di una strategia
risolutiva.
• Sviluppare la riflessione all’interno di un
apprendimento esperenziale significa:
• Promuovere quel pensare che esplora gli
eventi vissuti con l’obiettivo di acquisire su di
essi una comprensione il più possibile larga e
profonda.
• La riflessione sull’esperienza si struttura
lungo le seguenti fasi:
- Ricostruire l’esperienza nella forma di una
descrizione analitica;
- Mettere a fuoco i pensieri (teorie, opinioni,
giudizi) agiti nel corso dell’esperienza
- Disegnare la geografia delle emozioni vissute
- Valutare gli esiti conseguiti attraverso le azioni
intraprese
• Laboratorio mirato a sviluppare la capacità
riflessiva:
- prendere la forma di un pensatoio socratico dove
si pensa l’esperienza e si pensano i pensieri
- Oltre alla riflessione sul fare si esercita la
metariflessione (ciascuno prende in esame le reti
di concetti, di teorie, di opinioni non meditate in
cui il pensare tende a restare impigliato
- Esaminare le assunzioni tacite, idee radicate nel
contesto culturale
• Presupposizioni che occorre pensare sono:
- Ontologiche (dicono la natura delle cose)
- Epistemologiche (prescrivono il modo attraverso cui
acquisire conoscenza della realtà)
- Etiche (definiscono il dover essere rispetto al
contesto in cui si è)
- Politiche (stabiliscono perché agire in una
determinata direzione).
Ci sono assunzioni egemoniche da mettere in
discussione per non diventare schiavi di ideologie
• Riflettere anche:
- Sentimenti che condizionano il modo in cui si
decide il significato di un’esperienza. Il pensare è
carico emotivamente.
• La riflessione metacognitiva acquista la forma di
una ricostruzione topologica delle mappe di idee
e di procedure che stanno al cuore dell’attività
cognitiva e, insieme, di una narrazione delle
emozioni
• L’educazione alle emozioni è necessaria per:
La conoscenza del sé e dei modi di avere cura
dei propri sentimenti
• 3.2 Quali guadagni dalla formazione riflessiva
• Guadagno personale: salto di qualità del proprio
modo di essere professionista dell’educazione
che viene dall’acquisire consapevolezza di come si
pensa e si agisce.
• Esplicitare la propria epistemologia della pratica:
per transitare dalla condizione di semplice
operatore a quella di ricercatore pratico
(disposizione a stare con uno sguardo vigile sulla
realtà).
• Imparare a interrogare criticamente il proprio
agire e il modo di pensare che lo
accompagna: condizione necessaria per
imparare a coltivare uno sguardo di
intelligenza sul reale→esplicitare la propria
epistemologia problematizza il proprio
sguardo rompendo la tendenza a stare sotto la
crosta delle convinzioni
• Schön: attraverso la riflessione, il pratico può far
emergere e criticare le comprensioni tacite che si
sono sviluppate durante le esperienze ripetitive
della pratica specializzata, e può elaborare un
nuovo significato delle situazioni incerte e
uniche di cui può avere esperienza.
• Comunità riflessive: si dispone documentazione
delle varie epistemologie in atto, si può costruire
sapere che viene dall’esperienza (pedagogia
come sapere prassico)
• Sapere pedagogico: manca un sapere prassico,
quello che si costruisce quotidianamente facendo
fronte a situazioni problematiche diverse. La
pratica va indagata per un sapere che “odori di
esperienza”.
• Educazione pratica complessa che può essere
indagata intelligentemente (Dewey)
• Adozione di metodi sistematici di ricerca (metodo
costruito sul campo attraverso una pratica
riflessiva
sull’esperienza)→sapere
scientificamente fondato
4. La cornice teorica
• Laboratorio del pensare riflessivo: non una
questione tecnica ma di politica della formazione
poiché presuppone scelte di fondo
• 4.1 Il lato fenomenologico
- Teoria della riflessione nella pratica: fa riferimento
alla
fenomenologia
(dare
una
valida
strutturazione ai contesti di formazione finalizzati
a promuovere la pratica riflessiva)
- Riflessione: sguardo rivolto al pensiero nel mentre
del suo accadere (Husserl vi attribuisce una
funzione metodologica)
• Fenomenologia
• Riflessione: far emergere i vissuti cognitivi
“metodo della coscienza per la conoscenza
della coscienza”
• Riflessioni sulle riflessioni (Husserl “riflessioni
di grado superiore”), la fenomenologia mette
in discussione la tendenza a stare dentro
mondi anticipati.
• Esperienza
dell’educare:
densa
di
problematicità, ogni situazione è unica.
- Obiettivo: giungere a delineare il profilo
originale della cosa indagata
- Un ascolto non pre-giudicato dell’esperienza (il
mondo della vita dell’educazione resiste al
farsi assimilare da una scienza nomotetica che
tende a inglobare la singolarità del caso in un
logos unico che annulla le differenze)
• L’esperienza educativa per essere compresa
necessita di impegno di pensiero che sappia
rischiare la ricerca di altri punti di appoggio.
• Bisogno di verità: richiede un pensare
fenomenologicamente orientato: iniziare dalla
povertà di conoscenza come condizione per
guadagnare un sapere dell’esperienza che
affonda le sue radici in una riflessione che cerca
la ragione dell’evento, svincolata da piste già
percorse
• Stare in un mondo anticipato: non vedere l’unicità dei
fenomeni educativi
• Stare a ridosso della realtà: cercare una comprensione
quanto più possibile fedele alla sua essenza
consentendo al fenomeno di manifestarsi nella sua
originalità, evitando categorie già date.
• Fedeltà al fenomeno: saper tenere la mente libera
dalla prensione cognitiva esercitata dai saperi abituali
• Stare nell’orizzonte di senso comune: quel tanto che è
necessario per aderire a quel mondo condiviso di
categorie e significati in cui si riconosce la comunità
pedagogica
• Interrompere la tendenza a dare per scontato il
valore dei dispositivi concettuali e procedurali in
uso, per costruire spazi di pensiero
fenomenologicamente orientati per accedere a
una comprensione del mondo della vita
dell’educazione non pre-codificata
• Cercare il senso del proprio agire: nominare la
propria esperienza osando domande inedite
• Imparare a pensare altrimenti (spiazzare il senso
comune, agganciare il senso vero dei fenomeni)
• Adottare
un
approccio
fenomenologico:
riconoscere e valorizzare i significati che le
persone attribuiscono alla loro esperienza e fare
di questi significati il materiale per costruire
sapere. Portare alla luce il significato che si
attribuisce all’esperienza
• Mettere al centro la soggettività: il senso interno
delle cose (conoscenza soggettiva o personale; a
partire dalla verità soggettiva si può costruire una
verità intersoggettiva attraverso il confronto con
gli altri: verità esito di una negoziazione dialogica)
• Prestare un’attenzione minuziosa all’esperienza
vissuta: descrizione fedele dell’esperienza
(nominare il fenomeno così come appare alla
coscienza)
• In fenomenologia: individuare l’essenza del
fenomeno, descrivere l’accadere dei fatti, la vita
della coscienza
• Descrizione fenomenologica: non ricorrere a
nozioni preliminari, accesso non pre-giudicato al
fenomeno
• EPOCHE’: mossa cognitiva che consiste nel sospendere
i dispositivi cognitivi abituali, le adesioni tacite al senso
comune e a ogni teoria scientifica il cui valore si tende
a dare per scontato. Stare in una povertà di conoscenze
• Attenzione alla vita della coscienza, approfondire la
capacità di pensiero e ogni pensiero rigoroso e
originale ha con sé forza generativa, valenza politica
• Diventare più pensosi rispetto agli eventi e capaci di
un’attenzione profonda (descrizioni dettagliate dei
fenomeni) per impostare un agire politicamente
significativo
• Una rigorosa descrizione dei fenomeni aiuta a stare
con uno sguardo razionale sul presente
• 4.2 Il lato critico
• Critical pedagogy o critical educational theory: teoria
dell’educazione maturata alla luce della critical
theory della Scuola di Francoforte (Freire, Habermas,
Foucault, Ernest Bloch): smascherare le forme di
oppressione di potere presenti nei contesti educativi,
elaborazione di discorsi pedagogici “controegemonici”, nell’impegno di costruire una società
migliore
• Orientamento chiave: promuovere la capacità di
pensare criticamente e agire in un modo
politicamente impegnato
• Assumere la prospettiva della critical pedagogy:
concepire il processo formativo come un
fenomeno politicamente denso→prospettiva:
cambiamento, agire trasformativo
• Freire “Noi siamo esseri trasformativi e non
destinati ad accomodarci all’esistente”
• Formazione degli educatori: non favorire
l’adattamento passivo all’ordine dato ma situarsi
nel mondo in modo attivo come soggetti capaci di
iniziare processi trasformativi (visione critica del
presente)
• Educazione come empowerment: inteso a promuovere
abilità, disposizioni cognitive ed emotive necessarie a
posizionarsi come soggetti critici e creativi rispetto
all’ordine esistente. Futuro da costruire
• Educare a pensare in modo politicamente consapevole,
evitare risposte pre-costituite
• Pensare criticamente: esplorare possibilità di
alternative all’esistente; riflettere su ciò che accade per
cercarne il significato
• EDUCARE significa essere implicati in un agire pratico
ad alto tasso di problematicità
• Ernest Bloch “Il principio speranza”: coltivare la
speranza, sentimento dalle valenze politiche
• Speranza attiva energie che dilatano il campo di
esperienza; fa trovare le risorse necessarie per
costruire nuovi mondi possibili.
• Non sentimento dell’intelletto contemplativo che
prende le cose così come stanno ma quello della
ragione partecipe e attiva che prende le cose
come vanno per farle andare meglio
• Oltrepassare: quando il pensare poggia sulla
speranza, saper andare oltre le forme del
presente senza scantonarne i vincoli
• Speranza, sentimento dalla valenza politica,
spinge a sporgersi verso il nuovo in modo
costruttivo e alimenta la capacità di resistenza ad
accettare le forme del presente (paradosso)
• Saper coltivare la speranza in mondi migliori. Il
formatore deve rifiutare di piegare la testa in
modo remissivo, sviluppare un pensare
costruttivo
• Pensare per utopie: ottimismo critico (Freire)
• Filosofia del futuro: cerca nel presente possibilità inedite e
impreviste
• Intellettuale critico:
- formatore capace di smontare le logiche dominanti, penetrare
sotto la superficie dei fenomeni per svelare ideologie,
relazioni di potere, meccanismi di resistenza al cambiamento:
diagnosticare il visibile, analizzare ciò che appare
- Intellettuale trasformativo, capace di assumersi la
responsabilità di provocare cambiamento nell’ordine esistente
per contribuire alla costruzione di una migliore qualità della
vita, impegno nell’azione trasformativa
• Riflessione in azione: riflessione operativa
• Riflessione
sull’azione:
riflessione
ermeneutica
• Meta-riflessione: pensare i pensieri
↓
In relazione con un impegno a migliorare il
processo educativo: esercizio di responsabilità
politica per migliorare la qualità della vita,
mettendo in movimento il reale.
• Educatore trasformativo: (Freire) soggetto impegnato a
destrutturare il presente e a inventare futuri altri. Formazione
orientata “alla rottura, alla scelta, all’etica”, utilizzando il
linguaggio della possibilità.
• Riflettere criticamente: interrogare i modi in cui i discorsi
dominanti agiscono nei contesti educativi, condizionando i
processi di selezione della conoscenza, l’organizzazione del
contesto formativo, il modo di strutturare le relazioni
all’interno della struttura e con il territorio.
• Intellettuale trasformativo: scandagliare ogni presupposto,
smascherare ideologie nascoste (coraggio all’azione per una
società democratica).
• Linguaggio: analisi delle forme di discorso nei
contesti in cui si svolge l’azione.
↓
• È attraverso il linguaggio che le logiche di potere
si radicano nei vari contesti culturali
• Gli educatori dovrebbero prendere in esame gli
scambi conversazionali che sviluppano nella
pratica quotidiana per disvelare assunzioni tacite
• ANALISI CONVERSAZIONALE: è un metodo per
comprendere le dinamiche discorsive
• Analisi del discorso: ha come oggetto le
pratiche discorsive, prende in esame i modi
attraverso cui i partecipanti costruiscono i
significati delle loro azioni; metodo per
comprendere le dinamiche discorsive e le
mosse conversazionali che identificano gli
scambi comunicativi attraverso cui si
costruisce sapere a partire dall’esperienza
• Analisi della conversazione: non assestarsi solo su
un’analisi tecnica delle pratiche discorsive ma mostrare
come certe mosse comunicative facilitano i processi di
inclusione o esclusione, rafforzano ruoli di potere
• 4.2.1 Verso una cornice integrata
• L’indirizzo fenomenologico e critico vanno entrambi
considerati in un laboratorio riflessivo →per la
promozione di una figura di pratico competente che
progetta le sue azioni, affronta i problemi, osserva e
registra, riflette su potenzialità e vincoli presenti
nell’ambiente.
4.3 Oltre le possibili distorsioni
• Laboratorio di epistemologia riflessiva:
• luogo dove i pratici possono apprendere come
esaminare criticamente l’esperienza e lo spazio
simbolico in cui le esperienze accadono
• Promuove la disciplina della presenza mentale,
monitorando i processi cognitivi, le assunzioni
implicite (incorporate nel contesto culturale e
invisibili come l’aria che respiriamo), opinioni,
convinzioni, modi di interpretare e mettere
ordine nell’esperienza
• Pratica di autocomprensione: esplicita
l’epistemologia della pratica, affronta i casi
problematici vissuti nel contesto esperenziale.
↓
• Porta a guadagnare consapevolezza del
proprio stile di pensare e agire. Il pratico passa
dallo stato di tecnico a quello di ricercatore
• Distorsioni da mettere in discussione:
1. Distorsione tecnicistica: si verifica quando la riflessione si limita a
pensare le tecniche e le procedure che si utilizzano nella pratica,
senza mettere in discussione i fini che orientano l’agire
2. Distorsione manageriale: prende forma nella pretesa di gestire
secondo una logica efficientistica anche il processo della ricerca
della conoscenza di sé; si foda sul presupposto che una ragione
forte attraverso l’autoanalisi sarebbe capace di elucidare ogni
angolo della vita della mente
3. Distorsione atomistica: concepire il pratico come un sé isolato
4.Distorsione razionalistica: prendere in considerazione solo le
dimensioni razionali della vita cognitiva
5. Distorsione neutrale: concepire la prassi come uno spazio simbolico
neutro, senza condizionamenti ideologici
• Sapere pedagogico: sapere prassico necessario a
supportare la ricerca di una saggezza educativa
• Pratico: colui che non si occupa solo di mettere in atto
procedure già definite e di organizzare contesti per
conseguire obiettivi che altri hanno stabilito, ma si
assume la responsabilità di riflettere sui fini che
persegue
• Saggio: colui che ragiona su ciò che è bene fare e solo
dopo questa presa di posizione, rispetto a questioni di
valore, delibera sull’azione da sviluppare per
raggiungere ciò che reputa degno di riguardo.
• Responsabilità intera (etica e politica): richiesta nel campo
educativo perché riguarda lo sviluppo della persona, ciò si
concretizza nell’impegno a pensare criticamente i fini che ci
si pone prima di arrivare a definire i mezzi
• Pratico: rischia quel pensare che mette in questione i fini
che orientano il suo agire, per generare nuovi orizzonti di
esperienza. Fa oggetto di riflessione non solo i saperi cui fa
riferimento ma anche gli obiettivi che ritiene giusto
perseguire→uscire da una razionalità strumentale e
attivare una razionalità etica (mettere in discussione
l’ordine dato per arrischiare)
• Pratica educativa: agire il principio del rispetto dell’unicità
di ogni singolo soggetto educativo e attivare la massima
cura possibile nel favorire la sua piena realizzazione
• Responsabilità etica: mettere in discussione
l’ordine esistente, cercando scenari educativi
migliori di quelli attuali, ricercare mondi di
esistenza che facilitano la ricerca dei propri modi
di piena realizzazione (Marianella Sclavi, 2003
“Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce
dalle cornici di cui siamo parte”, Mondadori)
• Gioco: “La terra sta morendo” (pg 42 “Arte di
ascoltare e mondi possibili”)
Il gioco del riempimento: stereotipi e
casi particolari
• Storia: la terra sta morendo: Unica possibilità di
salvezza, una navicella spaziale con 7 posti per
partire verso un altro pianeta. Intorno alla
navicella 11 persone aspirano ad andare. Le 7 da
scegliere costituiranno il nucleo per la nuova
civiltà.
• 1Militante nero, 2poliziotto con fucile, 3atleta,
4architetto, 5cuoca, 6prostituta, 7ragazza incinta
di 16 anni, 8musicista gay, 9sacerdote,
10falegname cieco,11dottoressa
• Gli alunni scelsero: atleta, architetto, cuoca, ragazza di
16 anni, musicista gay, dottoressa, sacerdote.
• Nel gioco, quando la navicella sta per partire, arrivano
altre informazioni: il militante nero è un pacifista, il
poliziotto con fucile è un giovane e atletico leadereducatore, il falegname cieco saprebbe insegnare la
sua arte a chiunque, l’atleta è una donna di 70 anni,
l’architetto mangia solo rape rosse che non possono
allignare nel nuovo pianeta, la cuoca sa cucinare solo
pietanze preparate in un certo carcere, la ragazza di 16
anni ha l’aids, il musicista suona solo l’organo, il
sacerdote è un fondamentalista, la dottoressa è
amministrativa,laureata in legge
• Trucco: proporre immagini divergenti per
un’esperienza di spiazzamento, inatteso
stravolgimento di un’immagine data per
scontata. Es maschio giovane-atleta-donna
anziana: immagini opposte
• →esperienze di bisociazione: ci consentono di
riflettere su cosa facciamo quando
produciamo stereotipi, ci affidiamo ad essi per
interpretare la realtà
• Educatore: deve sapere come nascono gli
stereotipi, a cosa servono e che sono connessi a
delle rappresentazioni della realtà.
• Astrazioni indeterminate: parole verso immagini
e rappresentazioni (es atleta vs maschio giovane
nerboruto)
• Parola ATLETA: ha indotto l’immagine di un
maschio giovane, nerboruto, ma questo
significato non era nella parola ma nell’immagine
che la società associa a quella parola
• Donald Schön: teorico dell’uso della bisociazione
come metafora generativa
• Riflessione metacognitiva: quando siamo
impegnati a disvelare le lenti attraverso cui
pensiamo, utilizziamo uno specifico modo di
autoindagine, a sua volta lente. La nostra
interpretazione è un vedere filtrato e ogni
paradigma ha la sua colorazione. Il completo
disvelamento di ogni pregiudizio è un pregiudizio
a sua volta
• Etica del limite: richiede alla mente di mettere
tra parentesi l’illusione di un pensiero che può
essere svincolato da ogni pre-comprensione.
E’ importante apprendere la disciplina della
presenza mentale attraverso cui prendere
coscienza del luogo simbolico in cui ci si trova
quando si pensa.
• Pratico: agisce in una rete di relazioni. Le decisioni di
agire in una direzione piuttosto che in un’altra sono
condizionate dalle teorie che si impongono nel
contesto e dalle relazioni di potere in cui si è implicati.
• Riflettere sull’esperienza è efficace se il sé è concepito
come parte di un CONTESTO RELAZIONALE dove i
legami con gli altri giocano un ruolo fondamentale
↓
Le azioni il risultato di processi deliberativi socialmente
situati, network di scambi (visione a rete della vita
culturale), teoria della complessità
• Progettazione della pratica formativa: intervento
di rete, l’attore è plurale (rete di soggetti che
agiscono sulla base di un progetto di
responsabilità distribuita
↓
Comunità critica di ricercatori
-Modo di pensare e agire secondo l’etica dell’aver
cura
(diverso
modo di
concepire
la
formazione)→imparare a tessere relazioni di
fiducia nella relazione con gli altri
• Esistenza umana: emotivamente “tonalizzata”: tonalità
emotiva che accompagna il vivere quotidiano
• Riflessione emotiva: individuare blocchi mentali
• Sentimento di incertezza: insostenibile quando il
pratico agisce in una situazione di solitudine, senza il
supporto di una rete di relazioni in cui condividere
vissuti emotivi.
• Processo di formazione che promuove la pratica
riflessiva deve prevedere contesti di apprendimento
che incoraggiano lo sviluppo della disposizione ad
analizzare la propria vita emozionale.
• Educazione al sentire: la vita umana è fatta di
relazioni e la qualità delle relazioni è codipendente con la qualità della propria vita
emotiva
• Educazione emotiva: necessaria perché ogni
processo di apprendimento è emotivamente
connotato. La capacità di sentire è
componente essenziale della vita etica.
• Ricerca della comprensione della propria vita
interiore: impegno ineludibile (apprendistato mai
concluso),
RICERCA
CONTINUA
DELLA
CONOSCENZA DI SE’ e dei modi di aver cura dei
propri sentimenti.
• Autocomprensione critica: indagine degli stati
emotivi che accompagnano i nostri vissuti, la
capacità di leggere le proprie emozioni è
condizione necessaria allo sviluppo della capacità
di comprendere lo stato emotivo dell’altro.
• CRITICA: atteggiamento morale e politico, una
certa maniera di pensare, dire, agire, un rapporto
con gli altri.
• “Non c’è critica radicale senza coraggio, dal
momento che la critica è disobbedienza
volontaria all’ordine esistente, alle forme
ingessate della cultura”.
• Problematizzazione critica e attenzione a evitare
il decostruzionismo nichilista→cercare la
direzione di senso del lavoro del pensiero, in un
orizzonte di affermatività
• 4.4 Il formatore riflessivo
• Facilitatore della disposizione riflessiva, funzione:
- fornire il supporto necessario a formulare correttamente
i problemi,
- facilitare il processo di analisi dettagliata
dell’esperienza,
- rendere liquida ogni cristallizzazione simbolica,
- interrogare credenze e postulati,
- problematizzare le abitudini cognitive,
- mettere in discussione ciò che è scontato,
- sollevare questioni e mantenerle aperte
• Facilitatore riflessivo: passione per l’attività
riflessiva, capacità di stare in ascolto dell’altro,
disponibilità a percorrere sentieri inediti,
capacità di mantenere il giusto grado di
problematizzazione, capacità di spingere i
partecipanti a impegnarsi in una messa in
discussione dei paradigmi di riferimento,
capacità di interrogarsi sul paradigma di
riferimento (post-moderno o ecologico)
• Atteggiamenti del formatore riflessivo:
• 1 Adottare uno sguardo sistemico Paradigma
ecologico: pensare la realtà come rete di eventi
interconnessi, le reti di relazioni si alternano e
combinano in infinite possibilità: ontologia della
relazionalità (le relazioni in cui il fenomeno è implicato
strutturano la sua identità)
• “Tutto si tiene in una danza di parti interagenti, andare
alla ricerca della struttura che connette”: portare
all’evidenza
la
complessità
delle
evoluzioni
dell’esperienza, considerare la storia personale in
relazione alla comunità di appartenenza
• 2 Avere il senso del limite: assumere ogni
descrizione come parziale, evitando asserzioni
definitive
• 3 Valorizzare la narrazione: il pensare narrativo si
presta a costruire sapere a partire dall’esperienza,
si occupa di comprendere il significato delle
azioni umane a partire da un’attenzione
focalizzata
sull’evento
particolare.
La
comprensione dell’esperienza vissuta si attua
attraverso il pensare narrativo.
• 4. Essere in cerca del metodo: da coltivare l’arte della
ricerca continua, del continuo spostamento dello
sguardo, esplorare inedite piste di indagine
• 5. Adottare un’epistemologia della contingenza: la
riflessione sull’esperienza consente di costruire un
sapere imbricato nel reale. Il sapere pedagogico è un
sapere di casi, il cui valore non è generalizzabile ma
forse trasferibile a casi simili: questa trasferibilità è
comunque debole. Non esistono punti di appoggio
definitivi, ma un continuo ripresentarsi di eventi
differenti che rendono necessario ricominciare
daccapo.
• 6. Organizzare forme di scaffolding. Una
competenza del facilitatore è saper supportare il
contesto nel faticoso lavoro cognitivo ed emotivo
che comporta la pratica riflessiva: proporre
attività impegnative e un adeguato livello di
riflessione critica, tali da richiedere un tasso
sopportabile di energie cognitive ed emotive,
saper monitorare il processo in modo da
individuare fasi critiche e nel caso intervenire con
un adeguato supporto, creare fiducia
• 7. Documentare le attività formative: la
documentazione consente di analizzare le
esperienze del laboratorio riflessivo secondo
procedure rigorose: analizzare materiale
linguistico es. metodo Grounded Theory
(riflessione analitica)
5 Tecniche formative
Il diario di bordo:
• giornaliero, accompagna e documenta l’agire quotidiano
• approccio qualitativo delle scienze sociali
• consente di registrare le osservazioni ricavate attraverso la
ricerca partecipante e le conversazioni con gli informatori
privilegiati
• punto di riferimento è “Life in Classroom”
• la pratica di autoriflessione può costituire un’importante
fonte di intuizioni se la conversazione col proprio sé,
documentata dalla scrittura introspettiva, risulta essere un
dialogo con un “partner critico”
• sviluppa diverse abilità: osservazione, documentazione,
riflessione
La scrittura del diario di bordo:
• Consente la ritensione, cioè rende disponibile un
materiale di esperienza su cui tornare per
guadagnare consapevolezza dei propri vissuti e
delle esperienze mentali che li hanno
accompagnati
• Consente di trovare uno “spazio quieto”del
pensare “ritiro riflessivo”.
• La scrittura assolve alla funzione di costruire un
luogo da cui osservare i propri vissuti cognitivi
• La scrittura si deve sentire come necessaria
(tenere il diario rispetto ad eventi vissuti come
significativi)
• Accompagnare l’agire con la scrittura provoca
un accrescersi del senso di sé
• La scrittura giornaliera ha in sé un valore
aggiunto
Guadagni formativi dalla scrittura del diario:
- intensificare la capacità di analisi dettagliata
dell’osservazione
- sviluppare la capacità di indagare i processi
cognitivi e metterli in parola
- mettere a fuoco le contraddizioni in cui ci si
trova
- dare espressione ai propri vissuti emotivi
• La pratica regolare della scrittura del diario:
• Documenta l’esperienza rendendola disponibile a
ulteriori indagini;
• Incrementa l’agire riflessivo che consente la
costruzione di uno spazio interiore: luogo in cui ritirarsi
dalla scena per osservarla da lontano
• Favorisce il guardare a distanza in cui si diventa
spettatori delle cose
• Stare in ascolto di se stessi, dei propri vissuti “tempo
quieto” della scrittura
• Maria Zambrano “Le grandi verità non si è soliti dirle
parlando”
• Scrivere implica ponderare le parole in modo che
siano aderenti al senso di esperienza, trovare le
parole che sappiano andare alle cose stesse. Si
tratta di perseguire, catturare, trattenere le
parole.
• Scrittura atto di fedeltà poiché impegna a essere
fedeli a ciò che chiede di essere tratto fuori dal
silenzio: scrivendo si dà forma all’esperienza “Le
storie definiscono la nostra vita”
• 5.1.1 Cosa, come, quando scrivere
• I diari possono contenere varie tipologie di dati:
-descrizioni di situazioni
-narrazioni di eventi
-valutazioni
-intuizioni
-espressioni di vissuti emotivi
-ipotesi
• Riflessioni in profondità: se il diario viene
scritto con regolarità e con partecipazione:
portare alla luce e comprendere la nostra
conoscenza tacita
• Lasciare un ampio margine bianco su ogni
pagina, può essere usato per annotazioni,
analisi dati, codifica dei dati
• 5.1.2 La scrittura come premessa al confronto
dialogico
• Narrare: rendere disponibile un luogo in cui
fermarsi a pensare attorno a ciò che si vive
concretamente, mettendo al centro le
contraddizioni vissute, i sentimenti. Fermarsi e
interrogare l’esperienza, interpretare quello
che accade e metterlo in parola
• L’autobiografia formativa
Biografia formativa: valido strumento per
riflettere criticamente sul sapere, sui valori e
sui
significati
costruiti
nel
corso
dell’esperienza. Il senso della scrittura
autobiografica non è quello di ricostruire il
vero processo di formazione che abbiamo
vissuto, ma di prendere coscienza dei ruoli,
delle parti recitate.
• Scrivere la propria storia: consente di riprendere i
fili della propria esperienza formativa.
• Scrittura dei propri vissuti: un cammino lungo il
quale si viene definendo la comprensione dei
processi formali e informali che hanno concorso a
generare la forma della nostra vita.
• Scrivere di sé richiede coraggio: il coraggio di
esporsi al proprio sguardo, di trarsi fuori dal
silenzio per sottoporsi a un’indagine critica.
• La ricostruzione autobiografica del processo di
apprendimento dovrebbe essere discussa in gruppo
con altri educatori→ciascuno dovrebbe scrivere le
proprie riflessioni sull’esperienza della scrittura
autobiografica e sulla discussione che è nata dal
confronto.
↓
Il prendere in esame la propria storia incrementa le abilità
analitiche e la capacità di decostruire le affermazioni
acritiche, nonché quella di stabilire relazioni fra gli
eventi affinando una sensibilità teoretica
• Comunità critica dei ricercatori: parlare con
altri che condividono lo stesso tipo di
esperienza, rivela altri modi di guardare a ciò
che facciamo e a ciò che pensiamo.
• Il confronto con altri deve essere motivato dal
desiderio di raggiungere la comprensione
dell’esperienza, altrimenti si rischia di fare del
gruppo di riflessione un contesto di
socializzazione e non di apprendimento
• Etica dialogica: il dialogo è quello scambio in
cui gli interlocutori mirano non a imporsi sugli
altri ma a trovare un accordo.
• Saper ascoltare, sospendere il giudizio sul
pensiero dell’altro, attivare una comprensione
profonda, cercare di assumere il punto di vista
dell’altro, rendere trasparente il proprio
pensiero: competenze comunicative
• Compiti del formatore: favorire l’emergere di
competenze comunicative stimolando la
riflessione metacomunicativa che ha per
oggetto
l’esperienza
conversazionale.
Partendo dall’analisi della propria esperienza i
partecipanti
al
laboratorio
riflessivo
dovrebbero essere guidati a individuare quelle
azioni comunicative che possono favorire il
concretizzarsi
di
un
buon
clima
conversazionale.
• Analisi dei resoconti del laboratorio riflessivo:
- chiarire come si è giunti a prendere certe
decisioni,
- come si sono risolti certi problemi, considerare
le assunzioni tacite,
- i modelli di comportamento che stanno alla
base delle decisioni prese
• Metodo per promuovere un approccio
riflessivo: Action-Reason-Thematique-Tecnique
• Ciclo continuo di interviste→ analisi delle
interviste→ interviste ulteriori.
• L’intervista ricorsiva o dialogica è quella in cui
l’intervistatore, dopo aver effettuato la prima
intervista, compie un’analisi approfondita dei
dati emersi per individuare quei punti su cui
tornare: snodi problematici
• Interviste ricorsive, vantaggi: andare in
profondità del processo di comprensione dei
resoconti
sull’esperienza
strutturando
l’intervista su descrizioni e spiegazioni
(ricostruzione fenomenologica dell’esperienza)
• Per far emergere le spiegazioni, “working
theories”,
dell’intervistato→l’intervistatore
deve astenersi da valutazioni
• Testo delle interviste e delle riflessioni di
gruppo va restituito “restituzione”: per
tornare sul materiale di lavoro con ulteriori
approfondimenti
• Nel laboratorio riflessivo si deve disporre di:
-resoconti delle esperienze
-riflessioni dei soggetti sui resoconti “materiale
di secondo livello”
• Competenze che si sviluppano attraverso
laboratorio riflessivo:
- imparare ad ascoltare l’altro
- sviluppare una tecnica di analisi che consenta
di mettere a fuoco convinzioni esplicite e
convinzioni tacite
- individuare snodi problematici e formulare
domande che sappiano stimolare l’altro
5.4 Gli incidenti critici
• Incidenti critici: descrizioni di eventi
problematici che stimolano la riflessione
• Fattori che identificano un evento come
critico: la storia formativa di ciascuno, la
situazione emotiva in cui ci si trova, le
prospettive che si nutrono rispetto all’agire
educativo, il background culturale
• Ricostruire situazioni problematiche a fini
formativi
• Es. per la stesura di un “incidente critico”:Ripensa alla
tua settimana, scegli un caso difficile, scrivi qualche
nota riguardo al caso (dove e quando è accaduto, chi
era coinvolto, cosa ha reso l’evento significativo per te).
Scegli un caso che ti ha fatto dire: “questo funziona”
• Risalire alle convinzioni esplicite e alle teorie implicite
• Nella richiesta di raccontare un evento: non si sente la
pressione di mostrare competenza sul piano
argomentativo su questioni generali perché la
narrazione è alla portata di tutti
Elaborare teorie
• Il discorso pedagogico non ha natura
strettamente teorica ma orienta la prassi
• Fine della Pratica riflessiva: elaborare soluzioni
per le situazioni critiche
• I pratici non devono ricercare la soluzione dei casi
problematici, consultando esperti esterni. La
soluzione va ricercata
nell’esperienza dei
pratici→riflessione attorno all’esperienza
• Il senso della pratica riflessiva: costruire sapere
a partire dall’esperienza
6. Per una teoria pedagogica radicata
nell’esperienza
• Fine della pratica riflessiva: mettere i pratici
nelle condizioni di elaborare teoria da dentro
la pratica→SAPERE che viene dall’ESPERIENZA
• Dewey: la necessità di una teoria pedagogica
radicata nella pratica. Una conoscenza utile
alla pratica richiede collaborazione con i
ricercatori-pratici (per costruire sapere
pedagogico)
• Teacher thinking: oggetto di indagine il pensiero
dei pratici “conoscenza pratica personale”,
portare alla luce:
- Conoscenze acquisite
- Teorie pedagogiche
- Valori
- Aspettative
Rendendo visibile il sapere che si costruisce nel
corso dell’esperienza.
• Il ricercatore di professione ha la possibilità di
costruire un sapere radicato nell’esperienza
• Il pratico trova le condizioni che facilitano il suo
attrezzarsi di una metodologia scientifica che
incrementa la capacità di strutturare in modo
formale il sapere esperenziale
• Il pratico diventa ricercatore
• Il criterio di validazione di una ricerca non è solo
metodologico ma innanzitutto di politica
dell’educazione
• La collaborazione tra pratici e ricercatori
prevede di impegnarsi insieme per cercare
una soluzione ai problemi dell’agire educativo
↓
ricerca pedagogica con valenza formativa
• Il ricercatore riflessivo
Transizione dal paradigma positivistico al
paradigma ecologico→costruttivismo: la
conoscenza è l’esito di un processo di
costruzione condiviso non è il rispecchiamento
della realtà
Il ricercatore monitora i processi cognitivi che
strutturano la conoscenza.
• Riflessione iniziale: si interroga sul processo
generativo della ricerca (qual è la ragione per
cui ho scelto questa ricerca?)
• Riflessione in itinere: indaga il processo di
evoluzione della ricerca (come si sta
evolvendo l’impianto epistemico?)
• Narrazione che ricostruisce l’evoluzione del
processo, nei suoi passaggi previsti e nelle
svolte impreviste
• Riflettere è:
-osservare se stessi
-osservare il processo epistemico
-osservarsi osservare (prendere in esame il
modo in cui pratichiamo la riflessione)→metaagenda riflessiva (riflessione di secondo
livello)
Formazione e cura di sè
• Cura di sé: nella forma dell’autocomprensione
mette il soggetto nella condizione di situarsi
come presenza criticamente consapevole
• Prestare attenzione a se stessi
• Fare di sé l’oggetto dei propri pensieri
• Vigilare la vita della mente
• Simone Weil “La formazione dovrebbe avere
come
obiettivo
fondamentale
l’esercizio
dell’attenzione perché fra le capacità della mente
quella che riesce a cogliere la realtà è
l’attenzione.
• Imparare a esercitare l’attenzione a sé è
condizione per essere capaci di prestare
attenzione all’altro: fare della sua esperienza
l’oggetto della nostra riflessione
• Aver cura di sé vuol dire: dare forma alla
propria originale presenza nel mondo e il
concretizzarsi di un’estetica dell’esistenza,
sottraendosi alla presa dei codici esistenti, alle
logiche di potere performativo.
• Dialogo interiore in una relazione circolarericorsiva col dialogare con altri→per
partecipare ai differenti contesti esperenziali
valorizzando le potenzialità formative
• Dialogo tra sé e sé: estraneo ai tempi veloci e
frammentati della vita presente
• Sapere vero prende forma lentamente,
secondo ritmi imprevedibili, estranei a ogni
logica manageriale