Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione 1. Alla ricerca di un sapere che viene dall’esperienza. Il sapere dei pratici • Educare: essere implicati in un agire pratico ad alto tasso di problematicità. Situazioni problematiche aperte, soluzione sulla base di una logica contestuale e si concretizza in una deliberazione pratica (sapere prassico). • Sapere tecnico è un sapere di regole generali, applicazione di un sapere generale, a potenzialità predittiva • Sapere prassico è necessario a supportare una deliberazione pratica, legata al singolo caso, è ipotetico destinato a revisione • Le decisioni pratiche hanno implicazioni serie. L’azione è marcata dalla singolarità del caso • l’azione è imprevedibile, irrevocabile, illimitata (l’azione entra in un circolo processuale le cui dinamiche non possono essere pianificate) • Saggezza educativa: la disposizione a cercare l’azione che meglio consente di conseguire ciò che è ritenuto cosa buona (obiettivi favorire la miglior formazione possibile) si attualizza in una deliberazione corretta • Deliberazione corretta: l’educatore deve possedere conoscenze nell’ambito delle scienze della formazione, deve maturare la capacità di leggere criticamente la specificità del contesto in cui agisce per valutare risorse e limiti. Competenza che si sviluppa con la pratica. • Un sapere esperenziale - Sapere dell’educazione , si costruisce con l’esperienza (in un rapporto intensamente pensoso con ciò che accade), non nasce a tavolino ma prende forma nella comunità dei pratici - Sapere esperenziale presuppone l’intervento della ragione riflessiva (essere pensosamente presenti rispetto all’esperienza), meditare su ciò che accade - (logica del from the ground up): pratica luogo in cui si elabora sapere • Buona pratica: - Non una applicazione di teorie, implica progettazione a partire dall’esperienza vissuta. La teoria è elaborata dalla pratica: prassi (agire pratico illuminato da una teoria che si costruisce nel contesto di azione) • Buon pratico: saper costruire sapere a partire dall’esperienza • Dewey: l’esperienza deve costituire il punto di avvio e il punto di arrivo per la costruzione della teoria - Dewey “Le fonti di una scienza dell’educazione”: L’esperienza incontriamo per prima e per ultima e rappresenta l’inizio e la chiusura. L’inizio perché pone i problemi che soli conferiscono all’indagine qualità ed espressione educativa; la chiusura perché solo la pratica è in grado di provare, verificare, modificare, sviluppare le conclusioni di queste indagini. - Sapere di casi (vissuto oggetto di riflessione) • 1.3 La disciplina del pensare • Il pensare si occupa di questioni di significato, cercare il significato di ciò che accade e metterlo in parola • Comunità di sapere fra gli educatori “gruppi di pratici” (es. a scuola i giovani docenti come “apprendisti periferici legittimati”: partecipare a scambi discorsivi con docenti competenti) • Spazi informali “comunità di pratica” nella organizzazione formativa • Spazi formativi “comunità pedagogiche”, reti di relazioni strutturate e visibili per i pratici accumunati dalla passione di costruire sapere esperenziale (sottoposto a disamina critica) • I pratici svalutano la loro competenza acquisita sul campo, non vi è consapevolezza dello spessore formativo • Manca testimonianza del sapere educativo costruito (mettere in parola la propria esperienza a partire da sé) • Va riconosciuta la primarietà della pratica del pensare da sé a partire da sé (dalla propria esperienza): disfare l’ordine del già detto per poter nascere all’inedito 2. La pratica del pensare riflessivo • Riflessione: “è l’impresa di riconquistare esplicitamente tutto ciò che noi siamo e facciamo implicitamente” • “pensiero che consiste nel ripiegarsi mentalmente su un soggetto e nel rivolgere ad esso una seria e continuata considerazione” (Dewey, Come pensiamo) • prendere in esame la propria esperienza e le convinzioni che sono alla base delle scelte decisionali, per poi risalire alle assunzioni in base alle quali si giustificano certe opzioni teoriche. • Pensiero riflessivo: ha inizio nel momento in cui si avverte una perplessità tale da rendere incerte le nostre convinzioni e per questo si comincia a indagare la questione percepita come problematica • Percezione di uno stato di incertezza, esigenza di risolvere le difficoltà: il disagio cognitivo con il desiderio di superarlo portano a un’operazione di ricerca per risolvere il dubbio L’esperienza riflessiva si sviluppa nei seguenti passaggi: • a) presa di coscienza di un dubbio • b) formulazione di una previsione congetturale • c) esame analitico della situazione * • d) elaborazione delle ipotesi * • e) decisione dell’azione * Fasi qualificanti (esame della situazione: fase delicata sul piano cognitivo ed emotivo perché comporta la capacità di vedere e accettare la situazione ) • Donald Schön: pratica riflessiva da attivare nei processi formativi per la costruzione di un sapere che viene dall’esperienza • Pensare ciò che si fa: reflective action: reflection in action, reflection on action • Pensare i pensieri: metariflessione, attività mentale di ordine superiore “riflessione seconda”, riflettere sul modo in cui pensiamo; sulle procedure epistemiche che seguiamo per costruire le nostre teorie sull’esperienza. • Pensare a ciò che si fa Riflessione in azione: attenzione rispetto al contesto, alla situazione, ai casi unici, ai problemi. Implica un lavoro sulle emozioni per imparare a stare nell’incertezza Riflessione sull’azione: ricostruire il processo, analizzare ogni evento accaduto, individuare i desideri che hanno innescato l’azione, descrivere se il cambiamento è avvenuto e quali implicazioni pratiche ha portato. Avviene ad azione conclusa, retrospettiva. • Modello di riflessione strutturata: insieme di domande per facilitare il pratico nel processo di esplorazione dell’esperienza, domande lungo direzioni di riflessione: • Estetica: che cosa sto cercando di raggiungere? Perchè ho agito in questo modo?Quali sono state le conseguenze delle mie azioni?Quale era il clima emotivo? • Personale: come mi sono sentita in quella situazione? • Etica: in che misura le mie azioni sono congruenti con le mie convinzioni? • Empirica: quale conoscenza ho utilizzato? • Riflessiva: questa esperienza ha connessioni con esperienze precedenti?Ho imparato a supportare meglio le mie azioni? 2.1.3 Riflessione sull’azione possibile • Si ipotizzano possibili modalità di affrontare situazioni simili: processo di pensiero proiettato al futuro • “Il modo vivo di stare nel presente è quello in cui la mente non solo ritorna al passato ma anticipa il futuro, e fa in modo che questa anticipazione non si risolva in una replicazione del passato, ma sia un futuro diverso” • Riflessione anticipatrice - Immagina azioni future, ipotizza situazioni problematiche ed elabora possibili soluzioni - Ricorre all’immaginazione - Tenere la riflessione attenta alla qualità del presente: si anticipano situazioni possibili - Messa in discussione del sapere pre-costituito con l’emergere di una competenza fluida • Collaborative research -Comporta un continuo dialogo fra pratici e formatori-ricercatori, impegnati a definire insieme il percorso della formazione a partire da un problema educativo ritenuto significativo per entrambi. -Ascolto interrogante: approfondire i casi problematici per trovare insieme una soluzione che sia la più efficace possibile sul piano educativo (attenzione partecipe, pensare condiviso). • 2.2 Pensare i pensieri -Riflettere attorno alla vita della mente, ai processi cognitivi in base ai quali decidiamo il significato delle nostre esperienze, le valutiamo e prendiamo decisioni: interrogare la vita della mente -Riflessione metacognitiva: pensare i pensieri, pensiero interrogante, impegnato a esaminare le radici del pensare, portare alla luce la conoscenza tacita (opinioni, teorie, criteri, convinzioni, processo di interpretazione dell’esperienza) • Dal senso comune al pensare con senso - Comunità di pratici: sapere di teorie e sapere implicito (insieme di idee che regolano l’agire, insieme di istruzioni per comprendere e prendere decisioni il cui valore è dato per scontato), irriflesso che fa da sfondo tacito a giudizi, decisioni - Il pratico educatore agisce: - In una rete di relazioni • Sapere di senso comune: fondo di conoscenze, regole, abitudini, convinzioni condivise al di là di una pratica riflessiva: il loro valore è considerato ovvio nella comunità di pratici. E’ una zona quieta, luogo delle certezze. • Pedagogia implicita o “pedagogia popolare” (Bruner), pedagogia della vita quotidiana, attivata automaticamente. • Nel mondo dell’educazione vi è un tessuto culturale consolidato (strumentazione metodologica, concettuale) • Condividere il sapere di senso comune (idee pedagogiche, tecniche didattiche, modalità d’uso del linguaggio): condizione essenziale per svolgere il proprio ruolo. • L’adesione alle convinzioni condivise è essenziale per non produrre immobilità nel problematizzare ogni situazione • Del sapere pedagogico manca: una tradizione del sapere dei pratici • 2.2.2 Pensare daccapo Aderire al pensiero collaudato e pensare daccapo per cercare il senso di ciò che accade. - Risalire al fondamento di ogni credenza, teoria, costruire significati a partire da sé. Tensione a interrogare • 2.2.3 Autocomprensione metacognitiva -Riflessione critica: rende esplicite le assunzioni tacite, disvela le implicazioni performative, svolge un ruolo centrale nei processi formativi. -Resistenza al cambiamento: mettere in discussione le basi del nostro abituale modo di pensare è faticoso -Autocomprensione: stare nel mondo dell’educazione con libertà Il laboratorio riflessivo • Schön: epistemologia della pratica →conoscenza dei processi di pensiero attivati quando la mente è implicata nella soluzione di casi problematici • Epistemologia spesso trasmessa oralmente ai giovani educatori che stanno per entrare nel mondo dell’educazione • Quando trasmettono il loro sapere agli apprendisti educatori, gli educatori con esperienza rendono conto del processo da cui è nata una soluzione • I laboratori che utilizzano la biografia formativa attraverso la scrittura consentono di: • riflettere sul sapere, sui valori e sui significati costruiti nel corso della propria esperienza • Gli educatori con esperienza quando sono chiamati a documentare la loro esperienza, presentano il prodotto finito dell’agire in modo standardizzato, mentre rimane nell’ombra il processo di elaborazione cha ha portato a risolvere un problema o a ideare un percorso. • Artful practice: agire educativo creativo e pensoso “eccellenza “, maestria professionale da esplicitare (sia a livello della vita mentale dell’educatore sia a livello di comunità scientifica) • Laboratori riflessivi: contesti di formazione che hanno per oggetto l’epistemologia della pratica, dove gli educatori interrogano criticamente e mettono in parola il loro agire e modo di pensare. • Formazione che prepara a sviluppare la riflessione, per affrontare casi problematici, senza pretendere di acquisire un sapere che abbia validità generale. • Formazione declinata nei termini di un’acquisizione di sapere teorico da applicare nell’esperienza. Una formazione che miri a preparare educatori come ricercatori IN azione: costruire sapere a partire dall’esperienza→arte della riflessione. • Apprendimento esperenziale: non astratto, legato a un’esperienza sul campo, accade a partire dai vissuti di pratica in cui chi apprende è a diretto contatto col reale. • Favorire forme di apprendimento dall’esperienza: offrire a chi apprende la possibilità di esaminare criticamente l’esperienza per individuare snodi problematici, imparare a considerare ciascuno di essi, ipotizzare più di una strategia risolutiva. • Sviluppare la riflessione all’interno di un apprendimento esperenziale significa: • Promuovere quel pensare che esplora gli eventi vissuti con l’obiettivo di acquisire su di essi una comprensione il più possibile larga e profonda. • La riflessione sull’esperienza si struttura lungo le seguenti fasi: - Ricostruire l’esperienza nella forma di una descrizione analitica; - Mettere a fuoco i pensieri (teorie, opinioni, giudizi) agiti nel corso dell’esperienza - Disegnare la geografia delle emozioni vissute - Valutare gli esiti conseguiti attraverso le azioni intraprese • Laboratorio mirato a sviluppare la capacità riflessiva: - prendere la forma di un pensatoio socratico dove si pensa l’esperienza e si pensano i pensieri - Oltre alla riflessione sul fare si esercita la metariflessione (ciascuno prende in esame le reti di concetti, di teorie, di opinioni non meditate in cui il pensare tende a restare impigliato - Esaminare le assunzioni tacite, idee radicate nel contesto culturale • Presupposizioni che occorre pensare sono: - Ontologiche (dicono la natura delle cose) - Epistemologiche (prescrivono il modo attraverso cui acquisire conoscenza della realtà) - Etiche (definiscono il dover essere rispetto al contesto in cui si è) - Politiche (stabiliscono perché agire in una determinata direzione). Ci sono assunzioni egemoniche da mettere in discussione per non diventare schiavi di ideologie • Riflettere anche: - Sentimenti che condizionano il modo in cui si decide il significato di un’esperienza. Il pensare è carico emotivamente. • La riflessione metacognitiva acquista la forma di una ricostruzione topologica delle mappe di idee e di procedure che stanno al cuore dell’attività cognitiva e, insieme, di una narrazione delle emozioni • L’educazione alle emozioni è necessaria per: La conoscenza del sé e dei modi di avere cura dei propri sentimenti • 3.2 Quali guadagni dalla formazione riflessiva • Guadagno personale: salto di qualità del proprio modo di essere professionista dell’educazione che viene dall’acquisire consapevolezza di come si pensa e si agisce. • Esplicitare la propria epistemologia della pratica: per transitare dalla condizione di semplice operatore a quella di ricercatore pratico (disposizione a stare con uno sguardo vigile sulla realtà). • Imparare a interrogare criticamente il proprio agire e il modo di pensare che lo accompagna: condizione necessaria per imparare a coltivare uno sguardo di intelligenza sul reale→esplicitare la propria epistemologia problematizza il proprio sguardo rompendo la tendenza a stare sotto la crosta delle convinzioni • Schön: attraverso la riflessione, il pratico può far emergere e criticare le comprensioni tacite che si sono sviluppate durante le esperienze ripetitive della pratica specializzata, e può elaborare un nuovo significato delle situazioni incerte e uniche di cui può avere esperienza. • Comunità riflessive: si dispone documentazione delle varie epistemologie in atto, si può costruire sapere che viene dall’esperienza (pedagogia come sapere prassico) • Sapere pedagogico: manca un sapere prassico, quello che si costruisce quotidianamente facendo fronte a situazioni problematiche diverse. La pratica va indagata per un sapere che “odori di esperienza”. • Educazione pratica complessa che può essere indagata intelligentemente (Dewey) • Adozione di metodi sistematici di ricerca (metodo costruito sul campo attraverso una pratica riflessiva sull’esperienza)→sapere scientificamente fondato 4. La cornice teorica • Laboratorio del pensare riflessivo: non una questione tecnica ma di politica della formazione poiché presuppone scelte di fondo • 4.1 Il lato fenomenologico - Teoria della riflessione nella pratica: fa riferimento alla fenomenologia (dare una valida strutturazione ai contesti di formazione finalizzati a promuovere la pratica riflessiva) - Riflessione: sguardo rivolto al pensiero nel mentre del suo accadere (Husserl vi attribuisce una funzione metodologica) • Fenomenologia • Riflessione: far emergere i vissuti cognitivi “metodo della coscienza per la conoscenza della coscienza” • Riflessioni sulle riflessioni (Husserl “riflessioni di grado superiore”), la fenomenologia mette in discussione la tendenza a stare dentro mondi anticipati. • Esperienza dell’educare: densa di problematicità, ogni situazione è unica. - Obiettivo: giungere a delineare il profilo originale della cosa indagata - Un ascolto non pre-giudicato dell’esperienza (il mondo della vita dell’educazione resiste al farsi assimilare da una scienza nomotetica che tende a inglobare la singolarità del caso in un logos unico che annulla le differenze) • L’esperienza educativa per essere compresa necessita di impegno di pensiero che sappia rischiare la ricerca di altri punti di appoggio. • Bisogno di verità: richiede un pensare fenomenologicamente orientato: iniziare dalla povertà di conoscenza come condizione per guadagnare un sapere dell’esperienza che affonda le sue radici in una riflessione che cerca la ragione dell’evento, svincolata da piste già percorse • Stare in un mondo anticipato: non vedere l’unicità dei fenomeni educativi • Stare a ridosso della realtà: cercare una comprensione quanto più possibile fedele alla sua essenza consentendo al fenomeno di manifestarsi nella sua originalità, evitando categorie già date. • Fedeltà al fenomeno: saper tenere la mente libera dalla prensione cognitiva esercitata dai saperi abituali • Stare nell’orizzonte di senso comune: quel tanto che è necessario per aderire a quel mondo condiviso di categorie e significati in cui si riconosce la comunità pedagogica • Interrompere la tendenza a dare per scontato il valore dei dispositivi concettuali e procedurali in uso, per costruire spazi di pensiero fenomenologicamente orientati per accedere a una comprensione del mondo della vita dell’educazione non pre-codificata • Cercare il senso del proprio agire: nominare la propria esperienza osando domande inedite • Imparare a pensare altrimenti (spiazzare il senso comune, agganciare il senso vero dei fenomeni) • Adottare un approccio fenomenologico: riconoscere e valorizzare i significati che le persone attribuiscono alla loro esperienza e fare di questi significati il materiale per costruire sapere. Portare alla luce il significato che si attribuisce all’esperienza • Mettere al centro la soggettività: il senso interno delle cose (conoscenza soggettiva o personale; a partire dalla verità soggettiva si può costruire una verità intersoggettiva attraverso il confronto con gli altri: verità esito di una negoziazione dialogica) • Prestare un’attenzione minuziosa all’esperienza vissuta: descrizione fedele dell’esperienza (nominare il fenomeno così come appare alla coscienza) • In fenomenologia: individuare l’essenza del fenomeno, descrivere l’accadere dei fatti, la vita della coscienza • Descrizione fenomenologica: non ricorrere a nozioni preliminari, accesso non pre-giudicato al fenomeno • EPOCHE’: mossa cognitiva che consiste nel sospendere i dispositivi cognitivi abituali, le adesioni tacite al senso comune e a ogni teoria scientifica il cui valore si tende a dare per scontato. Stare in una povertà di conoscenze • Attenzione alla vita della coscienza, approfondire la capacità di pensiero e ogni pensiero rigoroso e originale ha con sé forza generativa, valenza politica • Diventare più pensosi rispetto agli eventi e capaci di un’attenzione profonda (descrizioni dettagliate dei fenomeni) per impostare un agire politicamente significativo • Una rigorosa descrizione dei fenomeni aiuta a stare con uno sguardo razionale sul presente • 4.2 Il lato critico • Critical pedagogy o critical educational theory: teoria dell’educazione maturata alla luce della critical theory della Scuola di Francoforte (Freire, Habermas, Foucault, Ernest Bloch): smascherare le forme di oppressione di potere presenti nei contesti educativi, elaborazione di discorsi pedagogici “controegemonici”, nell’impegno di costruire una società migliore • Orientamento chiave: promuovere la capacità di pensare criticamente e agire in un modo politicamente impegnato • Assumere la prospettiva della critical pedagogy: concepire il processo formativo come un fenomeno politicamente denso→prospettiva: cambiamento, agire trasformativo • Freire “Noi siamo esseri trasformativi e non destinati ad accomodarci all’esistente” • Formazione degli educatori: non favorire l’adattamento passivo all’ordine dato ma situarsi nel mondo in modo attivo come soggetti capaci di iniziare processi trasformativi (visione critica del presente) • Educazione come empowerment: inteso a promuovere abilità, disposizioni cognitive ed emotive necessarie a posizionarsi come soggetti critici e creativi rispetto all’ordine esistente. Futuro da costruire • Educare a pensare in modo politicamente consapevole, evitare risposte pre-costituite • Pensare criticamente: esplorare possibilità di alternative all’esistente; riflettere su ciò che accade per cercarne il significato • EDUCARE significa essere implicati in un agire pratico ad alto tasso di problematicità • Ernest Bloch “Il principio speranza”: coltivare la speranza, sentimento dalle valenze politiche • Speranza attiva energie che dilatano il campo di esperienza; fa trovare le risorse necessarie per costruire nuovi mondi possibili. • Non sentimento dell’intelletto contemplativo che prende le cose così come stanno ma quello della ragione partecipe e attiva che prende le cose come vanno per farle andare meglio • Oltrepassare: quando il pensare poggia sulla speranza, saper andare oltre le forme del presente senza scantonarne i vincoli • Speranza, sentimento dalla valenza politica, spinge a sporgersi verso il nuovo in modo costruttivo e alimenta la capacità di resistenza ad accettare le forme del presente (paradosso) • Saper coltivare la speranza in mondi migliori. Il formatore deve rifiutare di piegare la testa in modo remissivo, sviluppare un pensare costruttivo • Pensare per utopie: ottimismo critico (Freire) • Filosofia del futuro: cerca nel presente possibilità inedite e impreviste • Intellettuale critico: - formatore capace di smontare le logiche dominanti, penetrare sotto la superficie dei fenomeni per svelare ideologie, relazioni di potere, meccanismi di resistenza al cambiamento: diagnosticare il visibile, analizzare ciò che appare - Intellettuale trasformativo, capace di assumersi la responsabilità di provocare cambiamento nell’ordine esistente per contribuire alla costruzione di una migliore qualità della vita, impegno nell’azione trasformativa • Riflessione in azione: riflessione operativa • Riflessione sull’azione: riflessione ermeneutica • Meta-riflessione: pensare i pensieri ↓ In relazione con un impegno a migliorare il processo educativo: esercizio di responsabilità politica per migliorare la qualità della vita, mettendo in movimento il reale. • Educatore trasformativo: (Freire) soggetto impegnato a destrutturare il presente e a inventare futuri altri. Formazione orientata “alla rottura, alla scelta, all’etica”, utilizzando il linguaggio della possibilità. • Riflettere criticamente: interrogare i modi in cui i discorsi dominanti agiscono nei contesti educativi, condizionando i processi di selezione della conoscenza, l’organizzazione del contesto formativo, il modo di strutturare le relazioni all’interno della struttura e con il territorio. • Intellettuale trasformativo: scandagliare ogni presupposto, smascherare ideologie nascoste (coraggio all’azione per una società democratica). • Linguaggio: analisi delle forme di discorso nei contesti in cui si svolge l’azione. ↓ • È attraverso il linguaggio che le logiche di potere si radicano nei vari contesti culturali • Gli educatori dovrebbero prendere in esame gli scambi conversazionali che sviluppano nella pratica quotidiana per disvelare assunzioni tacite • ANALISI CONVERSAZIONALE: è un metodo per comprendere le dinamiche discorsive • Analisi del discorso: ha come oggetto le pratiche discorsive, prende in esame i modi attraverso cui i partecipanti costruiscono i significati delle loro azioni; metodo per comprendere le dinamiche discorsive e le mosse conversazionali che identificano gli scambi comunicativi attraverso cui si costruisce sapere a partire dall’esperienza • Analisi della conversazione: non assestarsi solo su un’analisi tecnica delle pratiche discorsive ma mostrare come certe mosse comunicative facilitano i processi di inclusione o esclusione, rafforzano ruoli di potere • 4.2.1 Verso una cornice integrata • L’indirizzo fenomenologico e critico vanno entrambi considerati in un laboratorio riflessivo →per la promozione di una figura di pratico competente che progetta le sue azioni, affronta i problemi, osserva e registra, riflette su potenzialità e vincoli presenti nell’ambiente. 4.3 Oltre le possibili distorsioni • Laboratorio di epistemologia riflessiva: • luogo dove i pratici possono apprendere come esaminare criticamente l’esperienza e lo spazio simbolico in cui le esperienze accadono • Promuove la disciplina della presenza mentale, monitorando i processi cognitivi, le assunzioni implicite (incorporate nel contesto culturale e invisibili come l’aria che respiriamo), opinioni, convinzioni, modi di interpretare e mettere ordine nell’esperienza • Pratica di autocomprensione: esplicita l’epistemologia della pratica, affronta i casi problematici vissuti nel contesto esperenziale. ↓ • Porta a guadagnare consapevolezza del proprio stile di pensare e agire. Il pratico passa dallo stato di tecnico a quello di ricercatore • Distorsioni da mettere in discussione: 1. Distorsione tecnicistica: si verifica quando la riflessione si limita a pensare le tecniche e le procedure che si utilizzano nella pratica, senza mettere in discussione i fini che orientano l’agire 2. Distorsione manageriale: prende forma nella pretesa di gestire secondo una logica efficientistica anche il processo della ricerca della conoscenza di sé; si foda sul presupposto che una ragione forte attraverso l’autoanalisi sarebbe capace di elucidare ogni angolo della vita della mente 3. Distorsione atomistica: concepire il pratico come un sé isolato 4.Distorsione razionalistica: prendere in considerazione solo le dimensioni razionali della vita cognitiva 5. Distorsione neutrale: concepire la prassi come uno spazio simbolico neutro, senza condizionamenti ideologici • Sapere pedagogico: sapere prassico necessario a supportare la ricerca di una saggezza educativa • Pratico: colui che non si occupa solo di mettere in atto procedure già definite e di organizzare contesti per conseguire obiettivi che altri hanno stabilito, ma si assume la responsabilità di riflettere sui fini che persegue • Saggio: colui che ragiona su ciò che è bene fare e solo dopo questa presa di posizione, rispetto a questioni di valore, delibera sull’azione da sviluppare per raggiungere ciò che reputa degno di riguardo. • Responsabilità intera (etica e politica): richiesta nel campo educativo perché riguarda lo sviluppo della persona, ciò si concretizza nell’impegno a pensare criticamente i fini che ci si pone prima di arrivare a definire i mezzi • Pratico: rischia quel pensare che mette in questione i fini che orientano il suo agire, per generare nuovi orizzonti di esperienza. Fa oggetto di riflessione non solo i saperi cui fa riferimento ma anche gli obiettivi che ritiene giusto perseguire→uscire da una razionalità strumentale e attivare una razionalità etica (mettere in discussione l’ordine dato per arrischiare) • Pratica educativa: agire il principio del rispetto dell’unicità di ogni singolo soggetto educativo e attivare la massima cura possibile nel favorire la sua piena realizzazione • Responsabilità etica: mettere in discussione l’ordine esistente, cercando scenari educativi migliori di quelli attuali, ricercare mondi di esistenza che facilitano la ricerca dei propri modi di piena realizzazione (Marianella Sclavi, 2003 “Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte”, Mondadori) • Gioco: “La terra sta morendo” (pg 42 “Arte di ascoltare e mondi possibili”) Il gioco del riempimento: stereotipi e casi particolari • Storia: la terra sta morendo: Unica possibilità di salvezza, una navicella spaziale con 7 posti per partire verso un altro pianeta. Intorno alla navicella 11 persone aspirano ad andare. Le 7 da scegliere costituiranno il nucleo per la nuova civiltà. • 1Militante nero, 2poliziotto con fucile, 3atleta, 4architetto, 5cuoca, 6prostituta, 7ragazza incinta di 16 anni, 8musicista gay, 9sacerdote, 10falegname cieco,11dottoressa • Gli alunni scelsero: atleta, architetto, cuoca, ragazza di 16 anni, musicista gay, dottoressa, sacerdote. • Nel gioco, quando la navicella sta per partire, arrivano altre informazioni: il militante nero è un pacifista, il poliziotto con fucile è un giovane e atletico leadereducatore, il falegname cieco saprebbe insegnare la sua arte a chiunque, l’atleta è una donna di 70 anni, l’architetto mangia solo rape rosse che non possono allignare nel nuovo pianeta, la cuoca sa cucinare solo pietanze preparate in un certo carcere, la ragazza di 16 anni ha l’aids, il musicista suona solo l’organo, il sacerdote è un fondamentalista, la dottoressa è amministrativa,laureata in legge • Trucco: proporre immagini divergenti per un’esperienza di spiazzamento, inatteso stravolgimento di un’immagine data per scontata. Es maschio giovane-atleta-donna anziana: immagini opposte • →esperienze di bisociazione: ci consentono di riflettere su cosa facciamo quando produciamo stereotipi, ci affidiamo ad essi per interpretare la realtà • Educatore: deve sapere come nascono gli stereotipi, a cosa servono e che sono connessi a delle rappresentazioni della realtà. • Astrazioni indeterminate: parole verso immagini e rappresentazioni (es atleta vs maschio giovane nerboruto) • Parola ATLETA: ha indotto l’immagine di un maschio giovane, nerboruto, ma questo significato non era nella parola ma nell’immagine che la società associa a quella parola • Donald Schön: teorico dell’uso della bisociazione come metafora generativa • Riflessione metacognitiva: quando siamo impegnati a disvelare le lenti attraverso cui pensiamo, utilizziamo uno specifico modo di autoindagine, a sua volta lente. La nostra interpretazione è un vedere filtrato e ogni paradigma ha la sua colorazione. Il completo disvelamento di ogni pregiudizio è un pregiudizio a sua volta • Etica del limite: richiede alla mente di mettere tra parentesi l’illusione di un pensiero che può essere svincolato da ogni pre-comprensione. E’ importante apprendere la disciplina della presenza mentale attraverso cui prendere coscienza del luogo simbolico in cui ci si trova quando si pensa. • Pratico: agisce in una rete di relazioni. Le decisioni di agire in una direzione piuttosto che in un’altra sono condizionate dalle teorie che si impongono nel contesto e dalle relazioni di potere in cui si è implicati. • Riflettere sull’esperienza è efficace se il sé è concepito come parte di un CONTESTO RELAZIONALE dove i legami con gli altri giocano un ruolo fondamentale ↓ Le azioni il risultato di processi deliberativi socialmente situati, network di scambi (visione a rete della vita culturale), teoria della complessità • Progettazione della pratica formativa: intervento di rete, l’attore è plurale (rete di soggetti che agiscono sulla base di un progetto di responsabilità distribuita ↓ Comunità critica di ricercatori -Modo di pensare e agire secondo l’etica dell’aver cura (diverso modo di concepire la formazione)→imparare a tessere relazioni di fiducia nella relazione con gli altri • Esistenza umana: emotivamente “tonalizzata”: tonalità emotiva che accompagna il vivere quotidiano • Riflessione emotiva: individuare blocchi mentali • Sentimento di incertezza: insostenibile quando il pratico agisce in una situazione di solitudine, senza il supporto di una rete di relazioni in cui condividere vissuti emotivi. • Processo di formazione che promuove la pratica riflessiva deve prevedere contesti di apprendimento che incoraggiano lo sviluppo della disposizione ad analizzare la propria vita emozionale. • Educazione al sentire: la vita umana è fatta di relazioni e la qualità delle relazioni è codipendente con la qualità della propria vita emotiva • Educazione emotiva: necessaria perché ogni processo di apprendimento è emotivamente connotato. La capacità di sentire è componente essenziale della vita etica. • Ricerca della comprensione della propria vita interiore: impegno ineludibile (apprendistato mai concluso), RICERCA CONTINUA DELLA CONOSCENZA DI SE’ e dei modi di aver cura dei propri sentimenti. • Autocomprensione critica: indagine degli stati emotivi che accompagnano i nostri vissuti, la capacità di leggere le proprie emozioni è condizione necessaria allo sviluppo della capacità di comprendere lo stato emotivo dell’altro. • CRITICA: atteggiamento morale e politico, una certa maniera di pensare, dire, agire, un rapporto con gli altri. • “Non c’è critica radicale senza coraggio, dal momento che la critica è disobbedienza volontaria all’ordine esistente, alle forme ingessate della cultura”. • Problematizzazione critica e attenzione a evitare il decostruzionismo nichilista→cercare la direzione di senso del lavoro del pensiero, in un orizzonte di affermatività • 4.4 Il formatore riflessivo • Facilitatore della disposizione riflessiva, funzione: - fornire il supporto necessario a formulare correttamente i problemi, - facilitare il processo di analisi dettagliata dell’esperienza, - rendere liquida ogni cristallizzazione simbolica, - interrogare credenze e postulati, - problematizzare le abitudini cognitive, - mettere in discussione ciò che è scontato, - sollevare questioni e mantenerle aperte • Facilitatore riflessivo: passione per l’attività riflessiva, capacità di stare in ascolto dell’altro, disponibilità a percorrere sentieri inediti, capacità di mantenere il giusto grado di problematizzazione, capacità di spingere i partecipanti a impegnarsi in una messa in discussione dei paradigmi di riferimento, capacità di interrogarsi sul paradigma di riferimento (post-moderno o ecologico) • Atteggiamenti del formatore riflessivo: • 1 Adottare uno sguardo sistemico Paradigma ecologico: pensare la realtà come rete di eventi interconnessi, le reti di relazioni si alternano e combinano in infinite possibilità: ontologia della relazionalità (le relazioni in cui il fenomeno è implicato strutturano la sua identità) • “Tutto si tiene in una danza di parti interagenti, andare alla ricerca della struttura che connette”: portare all’evidenza la complessità delle evoluzioni dell’esperienza, considerare la storia personale in relazione alla comunità di appartenenza • 2 Avere il senso del limite: assumere ogni descrizione come parziale, evitando asserzioni definitive • 3 Valorizzare la narrazione: il pensare narrativo si presta a costruire sapere a partire dall’esperienza, si occupa di comprendere il significato delle azioni umane a partire da un’attenzione focalizzata sull’evento particolare. La comprensione dell’esperienza vissuta si attua attraverso il pensare narrativo. • 4. Essere in cerca del metodo: da coltivare l’arte della ricerca continua, del continuo spostamento dello sguardo, esplorare inedite piste di indagine • 5. Adottare un’epistemologia della contingenza: la riflessione sull’esperienza consente di costruire un sapere imbricato nel reale. Il sapere pedagogico è un sapere di casi, il cui valore non è generalizzabile ma forse trasferibile a casi simili: questa trasferibilità è comunque debole. Non esistono punti di appoggio definitivi, ma un continuo ripresentarsi di eventi differenti che rendono necessario ricominciare daccapo. • 6. Organizzare forme di scaffolding. Una competenza del facilitatore è saper supportare il contesto nel faticoso lavoro cognitivo ed emotivo che comporta la pratica riflessiva: proporre attività impegnative e un adeguato livello di riflessione critica, tali da richiedere un tasso sopportabile di energie cognitive ed emotive, saper monitorare il processo in modo da individuare fasi critiche e nel caso intervenire con un adeguato supporto, creare fiducia • 7. Documentare le attività formative: la documentazione consente di analizzare le esperienze del laboratorio riflessivo secondo procedure rigorose: analizzare materiale linguistico es. metodo Grounded Theory (riflessione analitica) 5 Tecniche formative Il diario di bordo: • giornaliero, accompagna e documenta l’agire quotidiano • approccio qualitativo delle scienze sociali • consente di registrare le osservazioni ricavate attraverso la ricerca partecipante e le conversazioni con gli informatori privilegiati • punto di riferimento è “Life in Classroom” • la pratica di autoriflessione può costituire un’importante fonte di intuizioni se la conversazione col proprio sé, documentata dalla scrittura introspettiva, risulta essere un dialogo con un “partner critico” • sviluppa diverse abilità: osservazione, documentazione, riflessione La scrittura del diario di bordo: • Consente la ritensione, cioè rende disponibile un materiale di esperienza su cui tornare per guadagnare consapevolezza dei propri vissuti e delle esperienze mentali che li hanno accompagnati • Consente di trovare uno “spazio quieto”del pensare “ritiro riflessivo”. • La scrittura assolve alla funzione di costruire un luogo da cui osservare i propri vissuti cognitivi • La scrittura si deve sentire come necessaria (tenere il diario rispetto ad eventi vissuti come significativi) • Accompagnare l’agire con la scrittura provoca un accrescersi del senso di sé • La scrittura giornaliera ha in sé un valore aggiunto Guadagni formativi dalla scrittura del diario: - intensificare la capacità di analisi dettagliata dell’osservazione - sviluppare la capacità di indagare i processi cognitivi e metterli in parola - mettere a fuoco le contraddizioni in cui ci si trova - dare espressione ai propri vissuti emotivi • La pratica regolare della scrittura del diario: • Documenta l’esperienza rendendola disponibile a ulteriori indagini; • Incrementa l’agire riflessivo che consente la costruzione di uno spazio interiore: luogo in cui ritirarsi dalla scena per osservarla da lontano • Favorisce il guardare a distanza in cui si diventa spettatori delle cose • Stare in ascolto di se stessi, dei propri vissuti “tempo quieto” della scrittura • Maria Zambrano “Le grandi verità non si è soliti dirle parlando” • Scrivere implica ponderare le parole in modo che siano aderenti al senso di esperienza, trovare le parole che sappiano andare alle cose stesse. Si tratta di perseguire, catturare, trattenere le parole. • Scrittura atto di fedeltà poiché impegna a essere fedeli a ciò che chiede di essere tratto fuori dal silenzio: scrivendo si dà forma all’esperienza “Le storie definiscono la nostra vita” • 5.1.1 Cosa, come, quando scrivere • I diari possono contenere varie tipologie di dati: -descrizioni di situazioni -narrazioni di eventi -valutazioni -intuizioni -espressioni di vissuti emotivi -ipotesi • Riflessioni in profondità: se il diario viene scritto con regolarità e con partecipazione: portare alla luce e comprendere la nostra conoscenza tacita • Lasciare un ampio margine bianco su ogni pagina, può essere usato per annotazioni, analisi dati, codifica dei dati • 5.1.2 La scrittura come premessa al confronto dialogico • Narrare: rendere disponibile un luogo in cui fermarsi a pensare attorno a ciò che si vive concretamente, mettendo al centro le contraddizioni vissute, i sentimenti. Fermarsi e interrogare l’esperienza, interpretare quello che accade e metterlo in parola • L’autobiografia formativa Biografia formativa: valido strumento per riflettere criticamente sul sapere, sui valori e sui significati costruiti nel corso dell’esperienza. Il senso della scrittura autobiografica non è quello di ricostruire il vero processo di formazione che abbiamo vissuto, ma di prendere coscienza dei ruoli, delle parti recitate. • Scrivere la propria storia: consente di riprendere i fili della propria esperienza formativa. • Scrittura dei propri vissuti: un cammino lungo il quale si viene definendo la comprensione dei processi formali e informali che hanno concorso a generare la forma della nostra vita. • Scrivere di sé richiede coraggio: il coraggio di esporsi al proprio sguardo, di trarsi fuori dal silenzio per sottoporsi a un’indagine critica. • La ricostruzione autobiografica del processo di apprendimento dovrebbe essere discussa in gruppo con altri educatori→ciascuno dovrebbe scrivere le proprie riflessioni sull’esperienza della scrittura autobiografica e sulla discussione che è nata dal confronto. ↓ Il prendere in esame la propria storia incrementa le abilità analitiche e la capacità di decostruire le affermazioni acritiche, nonché quella di stabilire relazioni fra gli eventi affinando una sensibilità teoretica • Comunità critica dei ricercatori: parlare con altri che condividono lo stesso tipo di esperienza, rivela altri modi di guardare a ciò che facciamo e a ciò che pensiamo. • Il confronto con altri deve essere motivato dal desiderio di raggiungere la comprensione dell’esperienza, altrimenti si rischia di fare del gruppo di riflessione un contesto di socializzazione e non di apprendimento • Etica dialogica: il dialogo è quello scambio in cui gli interlocutori mirano non a imporsi sugli altri ma a trovare un accordo. • Saper ascoltare, sospendere il giudizio sul pensiero dell’altro, attivare una comprensione profonda, cercare di assumere il punto di vista dell’altro, rendere trasparente il proprio pensiero: competenze comunicative • Compiti del formatore: favorire l’emergere di competenze comunicative stimolando la riflessione metacomunicativa che ha per oggetto l’esperienza conversazionale. Partendo dall’analisi della propria esperienza i partecipanti al laboratorio riflessivo dovrebbero essere guidati a individuare quelle azioni comunicative che possono favorire il concretizzarsi di un buon clima conversazionale. • Analisi dei resoconti del laboratorio riflessivo: - chiarire come si è giunti a prendere certe decisioni, - come si sono risolti certi problemi, considerare le assunzioni tacite, - i modelli di comportamento che stanno alla base delle decisioni prese • Metodo per promuovere un approccio riflessivo: Action-Reason-Thematique-Tecnique • Ciclo continuo di interviste→ analisi delle interviste→ interviste ulteriori. • L’intervista ricorsiva o dialogica è quella in cui l’intervistatore, dopo aver effettuato la prima intervista, compie un’analisi approfondita dei dati emersi per individuare quei punti su cui tornare: snodi problematici • Interviste ricorsive, vantaggi: andare in profondità del processo di comprensione dei resoconti sull’esperienza strutturando l’intervista su descrizioni e spiegazioni (ricostruzione fenomenologica dell’esperienza) • Per far emergere le spiegazioni, “working theories”, dell’intervistato→l’intervistatore deve astenersi da valutazioni • Testo delle interviste e delle riflessioni di gruppo va restituito “restituzione”: per tornare sul materiale di lavoro con ulteriori approfondimenti • Nel laboratorio riflessivo si deve disporre di: -resoconti delle esperienze -riflessioni dei soggetti sui resoconti “materiale di secondo livello” • Competenze che si sviluppano attraverso laboratorio riflessivo: - imparare ad ascoltare l’altro - sviluppare una tecnica di analisi che consenta di mettere a fuoco convinzioni esplicite e convinzioni tacite - individuare snodi problematici e formulare domande che sappiano stimolare l’altro 5.4 Gli incidenti critici • Incidenti critici: descrizioni di eventi problematici che stimolano la riflessione • Fattori che identificano un evento come critico: la storia formativa di ciascuno, la situazione emotiva in cui ci si trova, le prospettive che si nutrono rispetto all’agire educativo, il background culturale • Ricostruire situazioni problematiche a fini formativi • Es. per la stesura di un “incidente critico”:Ripensa alla tua settimana, scegli un caso difficile, scrivi qualche nota riguardo al caso (dove e quando è accaduto, chi era coinvolto, cosa ha reso l’evento significativo per te). Scegli un caso che ti ha fatto dire: “questo funziona” • Risalire alle convinzioni esplicite e alle teorie implicite • Nella richiesta di raccontare un evento: non si sente la pressione di mostrare competenza sul piano argomentativo su questioni generali perché la narrazione è alla portata di tutti Elaborare teorie • Il discorso pedagogico non ha natura strettamente teorica ma orienta la prassi • Fine della Pratica riflessiva: elaborare soluzioni per le situazioni critiche • I pratici non devono ricercare la soluzione dei casi problematici, consultando esperti esterni. La soluzione va ricercata nell’esperienza dei pratici→riflessione attorno all’esperienza • Il senso della pratica riflessiva: costruire sapere a partire dall’esperienza 6. Per una teoria pedagogica radicata nell’esperienza • Fine della pratica riflessiva: mettere i pratici nelle condizioni di elaborare teoria da dentro la pratica→SAPERE che viene dall’ESPERIENZA • Dewey: la necessità di una teoria pedagogica radicata nella pratica. Una conoscenza utile alla pratica richiede collaborazione con i ricercatori-pratici (per costruire sapere pedagogico) • Teacher thinking: oggetto di indagine il pensiero dei pratici “conoscenza pratica personale”, portare alla luce: - Conoscenze acquisite - Teorie pedagogiche - Valori - Aspettative Rendendo visibile il sapere che si costruisce nel corso dell’esperienza. • Il ricercatore di professione ha la possibilità di costruire un sapere radicato nell’esperienza • Il pratico trova le condizioni che facilitano il suo attrezzarsi di una metodologia scientifica che incrementa la capacità di strutturare in modo formale il sapere esperenziale • Il pratico diventa ricercatore • Il criterio di validazione di una ricerca non è solo metodologico ma innanzitutto di politica dell’educazione • La collaborazione tra pratici e ricercatori prevede di impegnarsi insieme per cercare una soluzione ai problemi dell’agire educativo ↓ ricerca pedagogica con valenza formativa • Il ricercatore riflessivo Transizione dal paradigma positivistico al paradigma ecologico→costruttivismo: la conoscenza è l’esito di un processo di costruzione condiviso non è il rispecchiamento della realtà Il ricercatore monitora i processi cognitivi che strutturano la conoscenza. • Riflessione iniziale: si interroga sul processo generativo della ricerca (qual è la ragione per cui ho scelto questa ricerca?) • Riflessione in itinere: indaga il processo di evoluzione della ricerca (come si sta evolvendo l’impianto epistemico?) • Narrazione che ricostruisce l’evoluzione del processo, nei suoi passaggi previsti e nelle svolte impreviste • Riflettere è: -osservare se stessi -osservare il processo epistemico -osservarsi osservare (prendere in esame il modo in cui pratichiamo la riflessione)→metaagenda riflessiva (riflessione di secondo livello) Formazione e cura di sè • Cura di sé: nella forma dell’autocomprensione mette il soggetto nella condizione di situarsi come presenza criticamente consapevole • Prestare attenzione a se stessi • Fare di sé l’oggetto dei propri pensieri • Vigilare la vita della mente • Simone Weil “La formazione dovrebbe avere come obiettivo fondamentale l’esercizio dell’attenzione perché fra le capacità della mente quella che riesce a cogliere la realtà è l’attenzione. • Imparare a esercitare l’attenzione a sé è condizione per essere capaci di prestare attenzione all’altro: fare della sua esperienza l’oggetto della nostra riflessione • Aver cura di sé vuol dire: dare forma alla propria originale presenza nel mondo e il concretizzarsi di un’estetica dell’esistenza, sottraendosi alla presa dei codici esistenti, alle logiche di potere performativo. • Dialogo interiore in una relazione circolarericorsiva col dialogare con altri→per partecipare ai differenti contesti esperenziali valorizzando le potenzialità formative • Dialogo tra sé e sé: estraneo ai tempi veloci e frammentati della vita presente • Sapere vero prende forma lentamente, secondo ritmi imprevedibili, estranei a ogni logica manageriale