L'ITALIA DELL'800
Giorgetti Giammarco
Pieraccini Stefano
Farneti Riccardo
L'EUROPA DOPO IL CONGRESSO DI VIENNA
CONSEGUENZE DELLA RESTAURAZIONE
Alla caduta di Napoleone e del suo
Impero, in Europa serpeggiava l’idea
che si era chiusa una parentesi: ora
c’era l’Europa di prima da ricostruire.
Teoricamente si cercò di ritornare
integralmente all’Ancien Régime, ma in
pratica si trovò un compromesso fra il
vecchio e il nuovo sistema di governo
culminante nel Congresso di Vienna.
Molte delle istituzioni francesi, in campo
amministrativo, giuridico ed economico, vennero mantenute là dove i
francesi le avevano instaurate. Era poi difficile sradicare dalle coscienze
le idee di libertà e uguaglianza introdotte con la rivoluzione. Infine,
questo tentativo di ritorno all’Ancien Régime era un compromesso
antistorico, per l’irreversibilità del processo di secolarizzazione iniziato
o, meglio, affrettato dalla rivoluzione francese.
CONSEGUENZE DELLA RESTAURAZIONE
Dal punto di vista politico furono ripristinate o abolite molte istituzioni
introdotte dalla rivoluzione francese: per es. il divorzio introdotto in
Francia nel 1792 e abolito nel 1816 (per essere nuovamente
ripristinato nel 1884). Si cercò, come nell'Ancien Régime, una più
stretta unione fra trono e altare, fra Stato e Chiesa (ne è un esempio
clamoroso la consacrazione regia di Carlo X nel 1824).
Dopo il congresso, la geografia politica del continente europeo subì
molte modifiche: le potenze vincitrici modificarono a loro vantaggio i
confini nazionali rispetto al periodo prenapoleonico, talvolta
ingrandendosi annettendosi piccoli stati o territori.
GLI OBIETTIVI DELLA RESTAURAZIONE
La Restaurazione in effetti si identifica con la volontà unanime del
Congresso anche se successivamente vedremo come si creeranno
delle discordie anche all'interno di questo circolo privato nazionale.
L'errore principale commesso dai monarchi del XIX secolo consiste
nel non aver saputo (o meglio nel non aver voluto) conciliare le
ideologie presenti con quelle passate, imponendosi
prepotentemente sui governi di tutta Europa in modo assolutistico
senza aver tenuto conto delle nuove idee di nazionalità, liberalismo
e democrazia che, la Rivoluzione Francese prima e Napoleone poi,
seppur inconsciamente e involontariamente, avevano insinuato
nelle menti dei popoli. In sintesi, l'Europa era ideologicamente
cambiata dall'avvento di Napoleone ma i sovrani del tempo
sembrarono non voler tener in conto questo fatto, fingendo che 26
anni di storia (1789-1815) non fossero mai esistiti. Le conseguenze
di questo atteggiamento intollerante si manifesteranno sull'Europa
cinquant'anni più tardi, prima nel Risorgimento italiano e poi nelle
Rivoluzioni che scuoteranno il secolo successivo.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
La regione veneta fu unita col
vecchio Ducato di Milano a formare
il Regno Lombardo-Veneto, diretto
subalterno dell'impero austriaco,
sancendo la definitiva fine della
plurisecolare Repubblica di Venezia.
La Repubblica di Genova fu unita al
Regno di Sardegna allo scopo di
costituire un più efficace stato
cuscinetto
nei
confronti
della
Francia.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Nel resto della penisola italiana
furono ripristinati i precedenti stati,
ossia il Ducato di Parma, il Ducato di
Modena, il Granducato di Toscana ed
il Ducato di Lucca. Tutti i governanti i
quattro i ducati erano dinasticamente
subordinati all'Austria.
Il Regno di Napoli venne ricondotto
sotto la monarchia di Ferdinando IV
di Borbone, che già governava il
Regno di Sicilia. Quest'ultimo venne
abolito nel 1816 con la creazione del
Regno delle Due Sicilie con capitale
Napoli. Il re assunse il nuovo titolo di
Ferdinando I delle Due Sicilie.
L'IDEA D'ITALIA
Nei primi decenni dell'800 in Italia matura il concetto che viene
chiamato dai contemporanei Risorgimento: un periodo nel quale il
popolo italiano fece luce su ideali di rinascita culturale e politica, con il
tentativo di ritornare ad un passato glorioso. L'Italia non aveva mai
conosciuto l'esperienza di uno stato unitario. L'idea di Italia, come
entità ben definita, era sempre stata viva nel pensiero degli intellettuali
italiani come Petrarca e Machiavelli. Col diffondersi della cultura
illuminista questa consapevolezza si era fatta più viva e si era
manifestata in misura crescente l'aspirazione ad una rinascita.
L'Italia, però, non era abbastanza forte per creare uno stato unitario e
indipendente poiché la realizzazione di questo progetto dipendeva
dalle sorti di una potenza straniera. Un primo tentativo si era
riscontrato con le repubbliche giacobine, che avevano unito in un
unico organismo tutte le popolazioni della parte più progredita del
paese. Queste erano state indebolite dalla politica nazionalista e
assolutista di Napoleone portandole alla loro totale dissoluzione
L'IDEA D'ITALIA
Con la restaurazione e con il consolidamento dell'egemonia austriaca
su tutta la penisola, la situazione dell'Italia peggiorò sotto molti punti di
vista.
Nonostante ciò la lotta per gli ideali
quella per la liberazione dal dominio
particolare nel 20-21, la questione
assente o comunque subordinata
costituzionale.
liberal-democratici coincise con
straniero. Nei primi due moti, in
nazionale fu infatti pressoché
alle rivendicazione di ordine
I MOTI DEL 1820-21 NEL NAPOLETANO
I moti del 20-21 coinvolsero in successione le quattro
regioni principali dell'Italia: Regno delle Due Sicilie, Regno
di Sardegna, Regno Lombardo-Veneto e il Piemonte.
•
•
In particolare la prima ondata rivoluzionaria si verificò nel
Napoletano (Nola), per iniziativa di due giovani ufficiali
carbonari: Michele Morelli e Giuseppe Silvati.
Il re Ferdinando I fu costretto a concedere una
costituzione simile a quella spagnola (Costituzione di
Cadice 1812). In questo territorio i problemi riscontrati
dalla rivoluzione furono simili a quelli spagnoli:
•
Le divisioni fra democratici e moderati;
•
L'ostilità del re verso la Costituzione;
•
L'avversione del governo austriaco ad un esperimento
politico innovativo.
I MOTI DEL 1820-21 IN SICILIA
La questione siciliana fu caratterizzata dalla violenta ribellione che si
accese a Palermo il 15 luglio. A differenza dell'insurrezione nel
Napoletano si registrò una più ampia partecipazione delle masse
popolari cittadine: operai, artigiani ed esponenti della aristocrazia
locale (delusi dal potere accentrato dalla monarchia napoletana). E'
evidente come la rivolta assunse un carattere separatista; ovvero
caratterizzato dalla tendenza di gruppi, con particolari caratteristiche
storiche, a separarsi dallo stato di origine.
Il governo di Napoli intervenne inviando un corpo di spedizione in Sicilia
e domando la rivolta in pochi giorni.
I MOTI DEL 1820-21 NEL LOMBARDO-VENETO
La rivoluzione Lombarda fu una diretta conseguenza del successo
della rivoluzione napoletana. In questo regno si formò una nuova
organizzazione chiamata la Federazione Italiana che collaborava con
la Carboneria e si poneva i seguenti obiettivi:
Cacciata degli austriaci dal Lombardo-Veneto;
●
Formazione di un regno costituzionale indipendente.
●
Questi propositi non furono realizzati poiché l'insurrezione fu stroncata
dalla scoperta di un organizzazione carbonara, che portò all'arresto
dei suoi capi (Pellico e Maroncelli).
I MOTI DEL 1820-21 NEL PIEMONTE
La rivolta piemontese scoppiò nel marzo 1821, quando
alcuni
reparti
dell'esercito
si
ammutinarono
costringendo il re Vittorio Emanuele I ad abdicare in
favore del fratello Carlo Felice, che lasciò il potere al
nipote Carlo Alberto. Quest'ultimo manifestò
un'interesse per la causa liberale e inizialmente si
impegnò a concedere una costituzione simile a quella
spagnola, ma fu richiamato all'ordine da Carlo Felice
e, di conseguenza, sconfisse a Novara i rivoluzionari
guidati dal conte Santorre di Santarosa.
L'ESITO DEI MOTI DEL 1820
L'ultimo periodo di rivoluzione si concluse con la sconfitta delle
correnti costituzionali e patriottiche, delineata dal fallimento della
rivoluzione napoletana. Al fine di sopprimere le ribellioni, furono
convocati due congressi delle potenze europee (Troppau, 1820 –
Lubiana, 1821) nei quali sia il cancelliere austriaco Metternich, sia il
re delle Due Sicilie Ferdinando I, convenirono nella decisione di
intervenire militarmente a Napoli, restaurando il potere assoluto. Una
delle più evidenti conseguenze fu il massiccio esodo all'estero di
patrioti, come Santarosa.
I MOTI DEL 1831
I moti del 1831 italiani, diffusi principalmente nei Ducati di
Modena, di Parma, e dello Stato della Chiesa, furono una
diretta conseguenza della situazione francese dopo la
rivoluzione del luglio 1830. La trama cospirativa prese vita nel
Ducato di Modena e si giovava dell'appoggio del duca
Francesco IV: personaggio ambizioso che voleva diventare
sovrano di un regno dell'Italia Centro-Settentrionale tramite il
contatto con alcuni esponenti delle società segrete. Egli potè
conoscere Ciro Menotti che lavorò per diffondere allo Stato
Pontificio e alla Toscana questa trama di cospirazione.
Francesco IV, impaurito da un possibile scontro con l'Austria,
abbandonò ogni idea di cospirazione e fece arrestare i capi della
congiura.
I MOTI DEL 1831:
LE LEGAZIONI E I DUCATI
Il progetto rivoluzionario, nonostante l’arresto dei seguaci di Menotti, si
concretizzò con lo scoppio della rivolta il 4 Febbraio 1830 a Bologna,
estendendosi ai centri principali delle Legazioni pontificie (territori
della Chiesa gestiti attraverso i «cardinali legati»: la Romagna, Pesaro,
Urbino, Ferrara). Il moto si allargò al Ducato di Parma e a quello di
Modena costringendo Francesco IV a fuggire. Tale moto rivoluzionario
fu caratterizzato da aspetti innovativi:
•
I partecipanti alla rivolta furono borghesi e aristocratici liberali,
sostenuti da una generale mobilitazione popolare(Interessata anche
aprotestare contro il malgoverno pontificio);
•
Questa mobilitazione fu sufficiente a verificare la presenza di un
potere debole e poco preparato all’uso della repressione militare
I MOTI DEL 1831:
SPINTE UNITARIE
L’elemento di novità più importante e caratteristico del 1830 fu il
tentativo di unione delle singole insurrezioni in un unico moto al
fine di contrastare in modo più efficiente l’opposizione austriaca. A
tale proposito fu costituito, nelle Legazioni, un Governo delle
Province unite ,con sede a Bologna, che organizzò una
spedizione , formata da un corpo di volontari, con meta finale
Roma. Il risultato del moto, però, fu influenzato dai seguenti fattori:
•
Persistere delle divisioni municipaliste(Parma e Modena non
collaborarono allo sforzo militare delle Province unite);
•
Contrasto tra democratici( volenti a portare la lotta fino allo
Stato della Chiesa) e moderati( propensi ad aspettare l’aiuto
della Francia a seguito di una futura invasione austriaca).
I MOTI DEL 1831:
L’INTERVENTO AUSTRIACO
Filippo Luigi d’Orleans si dichiarò indifferente ad un
possibile intervento austriaco nella penisola e , di
conseguenza, permise all’Austria di adoperare una
soluzione militare senza alcun disturbo. L’intervento
austriaco in Italia non ebbe gli effetti sperati dai moderati
italiani e , in poco tempo, l’esercito asburgico sconfisse
gli insorti nei Ducati e territori pontifici, concludendo lo
scontro a Rimini. La repressione austriaca, che portò
all’impiccagione il rivoluzionario Ciro Menotti, fu
appoggiata dal nuovo papa Gregorio XVI che condannò
a pene durissime i ribelli che non riuscirono ad emigrare
dall’Italia.
UNA NUOVA STRATEGIA
Il fallimento delle insurrezioni in Italia centrosettentrionale mise in crisi la Carboneria e mostrò le
lacune nelle strategie rivoluzionarie:
• Affidamento a sovrani inaffidabili
• Fiducia in eventi esterni
• Segretezza dei piani
partecipazione popolare
delle
sette
• Divisione tra democratici e moderati
• Assenza di una direzione unitaria
e
scarsa
UNA NUOVA STRATEGIA
Progetti unitari e repubblicani erano già stati elaborati
negli ambienti di emigrazione italiana tra il 1820 ed il
1830. All’inizio degli anni ‘30 nasce l’idea dell’unità
d’Italia come conseguenza della lotta di popolo. Questa
mentalità si diffuse tra i patrioti democratici, dando
origine a veri e propri programmi di azione, grazie
soprattutto a Giuseppe Mazzini.
GIUSEPPE MAZZINI
Nato a Genova da una famiglia
borghese, si accosta fin da giovane agli
ideali patriottici. Nel 1827
entra
nella Carboneria, ma nel 1830 viene
scoperto, allora emigra a Marsiglia. Qui
entra in contatto con altri emigrati
democratici
e
voci
politiche
contemporanee.
Fu così che si formò la sua posizione
politica,
di
originaria
ispirazione
democratica, mista ad una forte
componente mistico-religiosa.
LA RELIGIOSITA’ MAZZINIANA
Secondo Mazzini, Dio si identifica con lo spirito della
storia e l’umanità stessa. La fede nella libertà e nel
progresso va vista con senso religioso. Le rivendicazioni
di individui e nazioni devono tener conto dei doveri
dell’uomo in quanto strumento divino. Critico
dell’individualismo settecentesco, Mazzini è un
sostenitore del principio di associazione. Sopra
l’individuo c’è la famiglia, sopra ancora la nazione e
sopra a tutto c’è l’umanità. Come gli individui anche le
nazioni devono associarsi per collaborare.
L’ITALIA E NAZIONI
Secondo Mazzini, solo uniti in
nazioni, i popoli avrebbero potuto
realizzare il sogno di un umanità
libera e affratellata. All’Italia spettava
il compito di guidare le nazioni
oppresse contro l’Impero asburgico e
lo Stato della Chiesa. Roma sarebbe
stato centro di una nuova unità
morale e sociale di tutti i popoli della
Terra.
PROGRAMMA POLITICO
Per indirizzare l’Italia verso l’unità, era disposto a riforme
drastiche per risolvere il conflitto tra classi, ma
difendeva la proprietà privata, come base all’ordine
sociale. Difatti, qualsiasi teoria che dividesse la
collettività nazionale era pericolosa per l’unità spirituale
del popolo. La questione si sarebbe dovuta risolvere
tramite associazioni (cooperative e società di mutuo
soccorso).
L’Italia doveva rendersi indipendente, dandosi una forma
di governo unitario di tipo repubblicano. L’unica via per
l’unità era l’insurrezione di popolo.
LA GIOVINE ITALIA
Per realizzare l’insurrezione di popolo era necessario un
nuovo tipo di organizzazione, che rendesse palesi i suoi
fini, propagandasse i suoi principi e quindi svolgesse una
continua opera politica.
Così, nel ’31, nacque la
Giovine Italia.
In essa confluirono democratici sia emigrati, sia ancora
operativi su suolo italiano
LE INSURREZIONI
Convinti del legame tra «pensiero e azione», la Giovine
Italia non aspettò condizioni internazionali favorevoli e
agì immediatamente:
• 1833 – Scoperta una congiura in Piemonte, decide di
arresti e 200 fuggitivi
• 1834 – Bloccato un progetto rivoluzionario: un gruppo
di volontari sarebbe penetrato in Savoia;
contemporaneamente
ci
sarebbe
stata
un’insurrezione a Genova. Vi fu la partecipazione
attiva di Garibaldi.
CRISI E RINASCITA DELLA GIOVINE
ITALIA
L’esito delle due congiure, seguito da arresti in tutta
Lombardia, Veneto e Toscana, assestò un duro colpo
alla Giovine Italia e alla reputazione di Mazzini. Esso
venne espulso prima dalla Francia, poi dalla Svizzera,
quindi si rifugiò in Gran Bretagna. Nel frattempo aveva
fondato la Giovine Europa, assieme a esuli di altre
nazionalità, il cui valore resterà puramente simbolico.
Passato un breve momento di crisi di coscienza, nel
1840 Mazzini riuscì a rifondare la Giovine Italia e a
riallacciare i rapporti con molti gruppi clandestini italiani.
NUOVE SPEDIZIONI
• 1843 e 1845 – due moti nelle Legazioni pontificie
vengono soffocati
• 1844 – in Calabria gli ufficiali Attilio e Emilio Bandiera,
aderenti alla Giovine Italia, tentano di sollevare la
massa popolare contro il governo borbonico, ma le
popolazioni locali rimasero indifferenti. I due vennero
fucilati
In realtà, ne i moti ne la spedizione vennero organizzati
da Mazzini, che anzi espresse il suo dissenso a riguardo;
in aggiunta ai precedenti episodi fallimentari, ciò contribuì
ad inasprire la critica nei confronti dei metodi mazziniani.