Nasce in Francia l`osservatorio sulla diversità

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Nasce in Francia l’osservatorio sulla diversità nella pubblicità
UNE PUB BLACK-BLANC-BEUR?
di Enzo Mario Napolitano, Etnica
Appena tre anni fa Jean-Christophe Despres e Gilles Sokoudjou1 della Sopi, una delle pochissime agenzie
multietniche francesi (www.sopi.fr), avevano scritto:
La pubblicità in Francia occulta l’esistenza di una parte della popolazione. Eresia
commerciale, la sotto rappresentazione di tutti i non-bianchi nello spazio mediatico deriva da
un fenomeno antico, diffuso e complesso. Le minoranze etniche rappresentano il 17% della
popolazione in Francia. Sarà un danno dimenticarli? No?
Una Francia che pare non più in grado di specchiarsi nella squadra multietnica “black, blanc, beur” che
aveva vinto la Coppa del Mondo di calcio nel 1998 e, che ha tentato di vincere il recente campionato con i
senatori Zidane, Thuram, Makelele e Vieira. Una squadra – definita da un politico italiano di “negri, islamici
e comunisti” – che più rappresenta l’eccellenza del modello multiculturale assimilazionista.
Un modello che, da anni, non è più in grado di gestire politicamente le banlieues, una volta laboratorio di
convivenza e dialogo, ora diventate luogo di segregazione, razzismo e incomunicabilità.
Veri e propri ghetti organizzati “intorno al vuoto, all’esclusione” che “si oppone all’emergere di coloro che
potrebbero più facilmente riuscire nella loro personale scalata sociale”2, come testimoniato anche da un
rapporto del ministero dell'interno francese che ha censito trecento quartieri a rischio e quasi due milioni di
cittadini, confinati in una società a parte e al di fuori delle leggi della République3.
Secondo tale rapporto, un giovane immigrato su tre francesi è disoccupato (la disoccupazione tra i giovani
diplomati riguarda per il 5% i francesi, per il 7% gli europei, per l'11% i francesi acquisiti e per il 18% gli
extracomunitari).
Una situazione fallimentare per una nazione ove l'integrazione di milioni di immigrati, perlopiù africani e di
religione musulmana, in maggioranza cittadini francesi di seconda generazione, è da sempre considerata un
percorso sociale inquadrato in un modello di valori scritti nella Costituzione. Così, a fronte di migliaia di casi
di discriminazione, quotidianamente denunciati da SOS racisme, nell'assegnazione degli alloggi popolari e
nei criteri di assunzione, diventa notizia la nomina di un dirigente d'impresa o di un alto funzionario che non
sia francese e bianco sino a diventare un caso nazionale, come accaduto con la nomina del primo prefetto
musulmano.
Una situazione che aveva portato il ministro Nicolas Sarkozy ad affermare di "non considerare normale che
le nostre élites si assomiglino e che, a parte Zidane e i campioni sportivi, i giovani immigrati non possano
identificarsi in magistrati, giornalisti, dirigenti d'impresa, alti funzionari".
Così come sono pochissimi gli ufficiali di origine marocchina mentre, per contro, l’Armée ha lanciato nel
2005 una campagna di reclutamento riservata i giovani marocchini anche con precedenti penali.
Jean-Christophe Despres e Gilles Sokoudjou, Marketing ethnique – quelle place pour le minorités dans la publicité en France?,
Sopi Communication, 2003.
2 Alain Touraine, Immigrati, Europa in ordine sparso, Il Sole 24 Ore, 11 Agosto 2004.
3 Massimo Nava, La Francia e gli immigrati L'integrazione è fallita, Il Corriere della Sera, 26 Novembre 2004.
1
Qualche colpa deve essere sicuramente addebitata anche al mondo della comunicazione francese, tenendo
conto che, nonostante la secolare consuetudine tra l’homme noir e la publicitè, che ha portato al consolidarsi
dell’iconografia secondo cui i neri erano considerati eterni bambinoni (bonaccioni, pazienti, ubbidienti,
fedeli ai bianchi, ecc.) sempre col “sorriso Banania”, sta resistendo con tenacia alla tentazione etnica
preferendo al marketing multiculturel un marketing de mixage frutto del melting pot che, secondo Jacques
Attali, non è più una realtà statunitense ma francese. Un marketing de la négation (noi preferiamo definirlo
monoculturale) che ignora la storica realtà multiculturale francese4.
In tale situazione, resta sempre viva la syndrome Banania, la pubblicità inventata nel 1912 dal giornalista
Pierre Lardetche, che si è rivelata una delle più durature creazioni pubblicitarie (la campagna 2003
continuava a presentare lo stesso personaggio forte e gioviale, leggermente ringiovanito ma con lo stesso
copricapo e le stesse labbrone), la quale ha inciso pesantemente sull’immagine dei francesi dalla pelle scura,
dando vita alla categoria negativa della négripub5.
Una pubblicità a cui il poeta Léopold Sédar Senghor, Presidente del Senegal, aveva dedicato alcuni famosi
versi “Je déchirerai les rires Banania sur tous le murs de France” e che, forse, verrà ritirata a breve6.
Nonostante che le carni macellate secondo la tradizione mussulmana halal, rappresentino ormai il 10% delle
vendite totali, le agenzie francesi specializzate in marketing etnico sono pochissime e molto piccole.
Tra queste Etnium, che è stata fondata nel 1997 da Constant Nemale, affermando che "On croit que noir
égale banlieue égale misère, mais on ne comprend pas que noir égale mode égale consommation"7.
Un mercato potenzialmente enorme che non diventa reale per le accuse di opportunismo rivolte ai consulenti
in comunicazione alla ricerca di nuovi filoni di business8, per mancanza di offerte convinte e la strategia dei
grandi distributori più interessati a proporre l’alimentazione biologica (Carrefour), la convenienza economica
(Leclerc) o, al limite, a tenere conto del calendario multireligioso e della localizzazione delle comunità
migranti (Auchan).
Il mondo della pubblicità francese era stato ben rappresentato nel 2001 nel libro di Frédéric Beigbeder9 che
ha scritto:
Ho visto un brutto feedback cliente. Alfred Duler ha richiamato dopo aver visto la cassetta di
Grind dicendo che c’era troppa gente di colore. Ha dichiarato (cito): “Io non sono razzista, ma
i neri…è troppo limitativo dobbiamo enfatizzare la francesità del prodotto. Non è colpa mia se
il nostro prodotto è bianco, e quindi, per venderlo, bisogna far vedere dei bianchi: non è
razzista dire questo, merda, noi non fabbrichiamo yogurt nero! Quando uscirà la linea
Maigrelette al Cioccolato, allora scrittureremo dei neri!”
4
Anne Sengès, Ethnik! Le marketing de la differénce, Éditions Autrement, Paris, 2003.
Bachollet R., Debost, J.-B. & Lelieur, M.-C. Peyrière Négripub. l'image des noirs dans la publicité, Paris, Ed. Somogy, 1992 poi
pubblicato come Negripub. L’immagine dei neri nella pubblicità, Edizioni Gruppo Abele, 1997.
6 Mogniss H. Abdallah, Mixitè e “Indifférenciation”, Agence Im'media, 20/06/2006.
7 Le marketing "ethnique" émerge timidement en France, www.etrangersenfrance.fr, 1 Aprile 2005.
8 Mauriel Jaouen, Marketing de communautés. La confusion identitaire, Marketing Magazine, n. 87 Luglio-Agosto 2004.
9 Frédéric Beigbeder , Lire 26.900, Feltrinelli Editore, Milano, 2001
5
Nonostante la timidezza dei decisori, la Francia sta diventando il più interessante laboratorio europeo in cui
convivono il multicultural marketing di stampo statunitense (chiamato di volta in volta marketing
communautaire, identitaire o ethnique) con i più interessanti casi di marketing identitario sviluppati dagli
stessi migranti tra cui spicca Mecca Cola, un progetto promosso da un imprenditore migrante e subito
replicato, nelle strategie e nelle finalità, da una decina di altri brand che si rivolgono al target islamico e/o al
target arabo, con prodotti dichiaratamente avversi al modello americano e al suo prodotto simbolo: la Coca
Cola.
Il mondo imprenditoriale francese sta (lentamente) scoprendo, nel rispetto e nella valorizzazione delle
identità, la nuova frontiera della responsabilità sociale come testimoniato dalle quaranta imprese10 che, a fine
2004, hanno firmato la “Charte de la Diversit dans l’Enterprise” con la quale si sono impegnate a:
-
-
sensibilizzare e formare i dirigenti e i collaboratori impegnati nella ricerca, nella formazione e nella
gestione delle carriere, a tener conto della non discriminazione e della diversità;
rispettare e promuovere l’applicazione del principio della non discriminazione in tutte le forme e in
tutte le tappe della gestione delle risorse umane che sono in particolare la formazione, la carriera e la
promozione professionale dei collaboratori;
cercare di riflettere la diversità della società francese e particolarmente la diversità culturale ed etnica
tra i suoi collaboratori ai diversi livelli di qualifica;
comunicare presso la totalità dei suoi collaboratori il suo impegno in favore della non
discriminazione e della diversità, e informare sui risultati pratici di questo impegno;
dare dell’elaborazione e della messa in opera della politica della diversità un argomento di dialogo
con i rappresentanti del personale;
includere nel bilancio annuale un capitolo descrittivo del suo impegno di non discriminazione e di
diversità: azioni avviate, prassi e risultati.
Una prima applicazione di tale iniziativa pare essere la nuova campagna di ricerca personale della Banque
National de Paris.
10
Accor, Adecco, Adia, Airbus, Air Liquide, Arcelor, A.T. Kearney, Axa France, BNP Paribas, CCF, CS Communication &
Systèmes, Caisse des Dépôts et Consignations, Canal Plus, Carrefour, Club Méditerranée, Groupe Casino, Deloitte, Dexia, France
Telecom, France Télévisions, IBM, Ikea, Lafarge, NEF, Noos, Pernod Ricard, PPR, PSA Peugeot Citroën, RATP, Rhodia, SAGEP,
Serda, Servia Informatique, Schneider Electric, SNCF, Société Générale, Sodexho, Stream, Total, Groupe Vedior France.
Alla fine del 2005 il mondo della pubblicità francese ha iniziato a colorare i messaggi e ad utilizzare la
publicité ethnique, senza alcun approfondimento delle caratteristiche e delle complessità delle comunità
migranti ma ponendosi direttamente problemi pratici quali:
Pour représenter « LA FEMME NOIRE » doit-on choisir une africaine, une afro-caribéenne,
une afro-américaine? Les services d’appels téléphoniques vers l’étranger doivent-ils se
positionner uniquement sur le prix? Quel potentiel pour les médias communautaires ?
Un approccio etnico che ha portato i creativi di Sopi a bollare la pubblicità etnica, o comunitaria, come une
fausse bonne idée, a rivendicare una diversità rispetto alle altre agenzie che improvvisamente hanno scoperto
il nuovo mercato e a sottolineare l’originalità di un approccio che tende a valorizzare le risorse creative
multiculturali.
Sempre a fine 2005 il BVP Bureau de la vérification de la publicitè (www.bvp.org) promosso
dall’Association des Professionnels pour une publicité responsabile - che nel lontano 1998 aveva emanato la
raccomandazione Races, Religions, Ethnies dove erano bandite anche le allusioni umoristiche alle presunte
inferiorità etniche – ha divulgato uno studio sulla diversità etnica in pubblicità condotto nello stesso anno
pubblicitario.
Uno studio condotto su 14.975 spot televisivi, 3.919 affissioni (Parigi e Ile de France) e 77.853 sui quotidiani
e i periodici, sia nazionali che locali, per un totale di 96.747 pubblicità esaminate (ogni visuale era
conteggiato una sola volta indipendentemente dalla diffusione dello stesso) per individuare la presenza e il
ruolo dei personaggi extraeuropei.
Sono state conteggiate 3035 pubblicità contenenti soggetti etnici, pari al 3,1% e in gran parte concentrate
nella televisione (17,1%) grazie alla presenza di spot musicali, in media nelle affissioni (3%) ma, di fatto,
assenti nella carta stampata (0,6%).
Secondo tale studio l’80% degli spot tv affiancavano i personaggi etnici a quelli occidentali, il 79% degli
spot televisivi poneva tali soggetti nel ruolo principale in totale assenza di connotazioni razziste o denigranti.
Di tali spot solo il 20% erano indifferenziati, mentre tutti gli altri erano etnicizzati in quanto rivolti a prodotti
musicali (rap e hip hop), a personaggi famosi (Zidane), a cliché (un asiatico judoka, un italiano mafieux o
pizzaïolo) o a significati (personaggi colorati per il cioccolato fondente).
Una situazione che ha portato BVP a concludere on ne puet donc pas parler de ghettoïsation pubblicitarie e
che cette diversité existe sous des formes qui se marient bien avec l’universalisme à la francaise.
Nel giugno 2006 BVP ha presentato la ricerca La perception de la représentation des minorités ethniques
dans la publicité condotta nel maggio 2006 in collaborazione con Ipsos Public Affairs (www.ipsos.fr), sulla
rappresentazione delle minoranze etniche: noirs, asiatiques, maghrébins.
Una presenza considerata equilibrata nello sport dal 75% del campione, nei film e nei telefilm dal 60% così
come negli spettacoli e nelle arti, nella moda dal 52% nella pubblicità, dal 50%, in televisione e in radio dal
44% e nella politica solo dal 23%.
Secondo tale ricerca le minoranze etniche appaiono nelle pubblicità con modalità neutre per il 62% del
campione, valorizzanti per il 26% del campione e svalutanti solo per l’8% del campione.
Tra le espressioni utilizzate dagli 84 intervistati, che sino sono dichiarati scettici rispetto all’egualitarismo
delle pubblicità francesi, ve ne sono alcune che meritano di essere citate:
On les utilise pour leur corps d'athlète et leurs dents bien rangées
On leur fait jouer des rôles qui sont liés à leurs origine
Souvent des traits très caricaturaux liés à l'origine ethnique
Les maghrébins sont associés à une image de banlieue
On ne verra jamais un conseiller financier de couleur ou un assureur
En général, on ne les voit pas dans des pubs pour les grandes marques
Les asiatiques ont une image liée à certains produits alimentaires,
pour les maghrébins, c'est le couscous et le banania pour les noirs
La nostra impressione è che la Francia (il campione di 1016 persone intervistate così come la stessa BVP)
voglia continuare ad auto-assolversi e ribadire il valore rivoluzionario dell’egalité, tanto declamato ma poco
praticato se non per assimilare le minoranze negando loro identità e differenze.
Tant’é che lo stesso campione di intervistati ha ritenuto indispensabile (21%) e importante (42%) affidare al
mondo della pubblicità francese la missione di assegnare alle minoranze un ruolo maggiormente
valorizzante, portando la BVP a decidere di istituire l’Observatoire de la diversité dans la publicité.
Resta il fatto che i pubblicitari francesi si sono interrogati seriamente sul tema, anche se molti mesi dopo
dalle rivolte delle periferie - la publicité doit-elle aller plus loin que respecter certaines communautés, en
décidant d’aider dans ses créations à les valoriser? Doit-elle se limiter à ne pas dénigrer ni discriminer, ou
bien doit-elle s’engager dans la discrimination positive? - e hanno deciso di assumersi la responsabilità di
migliorare la rappresentazione delle minoranze etniche e favorire l’integrazione dei migranti.
E in Italia? Il mondo del marketing e della comunicazione continua a snobbare il mondo migrante.
A livello politico, si continua a discutere del diritto di voto dei migranti a cui vengono dedicate importanti
manifestazioni al momento nel XII Meeting Antirazzista “I(r)regolari” organizzato dall’Arci a Cecina Mare
e nel IX Meeting Internazionale Migrazioni “Il peso politico dei migranti” organizzato dai Missionari
Scalabriniani a Loreto. In attesa che il Governo Prodi mantenga le promesse programmatiche.
Noi non crediamo che sia il caso di attendere ancora molto per avviare una relazione tra media, operatori
della comunicazione e migranti, infatti proponiamo di avviare subito (troppo presto?) un osservatorio
sull’esempio di quello francese e allo stesso collegato per condividere iniziative ed esperienze.
Un osservatorio che non si limiti a monitorare o censurare ma che fornisca strumenti e idee per migliorare
l’immagine dei migranti e costruire una società interculturale.
La pub lave-t-elle plus blanc que blanc?
Enzo Mario Napolitano
Etnica, la scuola per l’economia interculturale
www.etnica.biz, 11 luglio 2006
ha collaborato Erika Mosca, ricercatrice di Etnica.
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