•P.O.R. Puglia 2007-2013, Provincia di Bari, Avviso Pubblico BA/08/2009, Fondo Sociale Europeo, Asse IV – Capitale Umano “Occupabilità” – “Informazione e
sensibilizzazione in materia di sostenibilità ambientale”. Progetto “SENTIRESOSTENIBILE” codice POR09VIIIBA40.1, approvato con D. D. n. 262/FPF Reg. Serv.
P.I. – F.P. – Sport del 24/12/2009, pubblicata sul Supplemento n. 1 del BURP n. 23 del 04/02/2010, dalla Provincia di Bari – Servizio Pubblica Istruzione –
Formazione Professionale – Sport. Avviso finanziato con risorse di cui al Piano Provinciale di Attuazione – Annualità 2009, categoria di spesa 73. Fonti di
finanziamento: F.S.E., Fondo di Rotazione (Art. 5 Legge n. 183/87), Bilancio Regionale.
•Consorzio Tecfor – Tecnologia e Formazione
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1. Il nostro territorio
2. Le specie autoctone
3. Tetti verdi, orto in città, riciclo
4. Tecniche selvicolturali
5. Piantumazione di plantule
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La murgia è un’area della provincia nord di Bari, vasta
circa 100.000 ha, si estende tra fossa Bradanica e le
depressioni vallive che si adagiano verso la costa
adriatica
Dal punto di vista geologico, la Murgia è
prevalentemente formata da calcari compatti delle
unità litologiche di Bari e di Altamura, formazioni del
Cretaceo, il cui spessore può raggiungere fino i 3000m
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L’interazione tra uomo pietra e acqua è una chiave di
lettura del territorio murgiano.
Un ambiente arido, nel quale le scarse acque piovane
penetrano in profondità senza formare né fiumi né
laghi, eppure tali acque scolpiscono le pietre in
superficie e nel sottosuolo.
È il fenomeno del carsismo senza il quale questo
territorio non apparirebbe così.
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Campi carregiati composti da gruppi di pietre affioranti,
grandi cavità scavate in profondità e che comunicano
con la superficie attraverso le aperture degli
inghiottitoi. Tali cavità hanno stimolato nei secoli la
fantasia dell’uomo, il quale spesso ha immaginato che
in esso ci fossero presenze diaboliche e maligne. Da
qui l’origine di molti toponimi, spesso legati a miti e
leggende:
 Contrada diavolo
 Contrada taglia lingua
 Contrada malacarne
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In tempi lontani la Puglia era densa di boschi e di vegetazione spontanea,
ma l’azione modificatrice dell’uomo contribuì e non poco alla graduale
scomparsa degli uni e dell’altra. Attualmente la Regione è povera di
vegetazione spontanea me nei punti residui nei quali essa è
sopravvissuta contribuisce in maniera determinante al fascino della
regione. Nelle fasce costiere si presenta sotto forma di macchia
mediterranea composta da cespugli ed arbusti sempreverdi dalle
foglie coriacee e spinose, tipiche delle zone calde e secche.
Procedendo verso l’interno, la macchia cede gradatamente il posto alla
foresta di latifoglie della zona temperata calda.
Le specie più tipiche dei boschi pugliesi sono rappresentate da
lentischi, ginepri, querce, pini, aceri, castagni, tigli, cerri, faggi.
Tra i fiori all’occhiello della Puglia spiccano la Foresta Umbra nel
Gargano e la foresta di conifere di Mercadante
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Specie arbustive tipiche:
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Specie arboree tipiche:
Lentisco Pistacia lentiscus
Cisto Cistus salviifolius
Mirto Myrtus communis
Rosmarino Rosmarinus officinalis
Cappero Capparis spinosa
Ginepro rosso Juniperus oxicedrus
Ginepro licio Juniperus phoenicea
Orniello Fraxinus ornus
Olivastro (oleastro, olivo selvatico)
Olea europea var. sylvestris
Ilatro Phillyrea latifolia
Ginestra dei Carbonai Cytitus
scoparius
Caprifoglio mediterraneo Lonicera
implexa
Oleandro Nerum oleander
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Leccio Quercus ilex
Quercia da sughero Quercus suber
Carrubo Ceratonia siliqua
Acacia Robinia pseudoacacia
Corbezzolo Arbutus unedo
Alloro Laurus nobilis
Cerro Quercus cerris
Roverella Quercus pubescens
Rovere Quercus petraea
Farnia Quercus robur
Acero campestre Acer campestre
Carpino nero Ostrya carpinifolia
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 Prati di varie tipologie sino a giardini veri e propri completi di
alberi si possono oggi realizzare in tutta sicurezza anche sulle
sommità degli edifici, soprattutto in ambito urbano.
Infatti per i tetti, i cortili e le pareti di palazzi privati, garages,
parcheggi, hotels, aziende e officine, capannoni, centri fieristici,
cliniche, impianti sportivi il cosiddetto verde pensile non ha
solo un ruolo estetico e di miglioramento dell’inserimento
paesaggistico dell’edificio ma può svolgere importanti
funzioni di utilità diretta, con ricadute economiche
quantificabili.
Il verde pensile si distingue in due principali tipologie di
inverdimento: quello estensivo e quello intensivo, che si
distinguono per costi di costruzione, oneri di manutenzione e
prestazioni globali.
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
Miglioramento del microclima.

Influsso positivo sul clima degli ambienti interni.

Nuovi spazi fruibili per gli uomini e nuovi habitat per piante ed
animali.

Ritenzione idrica (anche del 70-90%) e conseguente alleggerimento
del carico sulla rete di canalizzazione dell'acque bianche. Possibile
recupero dell’acqua piovana per usi irrigui.

Protezione dal rumore attraverso minore riflessione ed in
sonorizzazione delle superfici sommitali.

Filtraggio delle polveri (10-20% in meno) e fissaggio di sostanze
nutritive dall'aria e dalle piogge.
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 Una attività scelta da molti come misura antistress, per
passione, per gratificazione personale, per garantirsi o
la sicurezza del cibo che si porta in tavola o anche solo
per risparmiare. Il risultato è che si assiste in molti
Paesi al moltiplicazione degli orti fatti da te nelle case
private o nei terreni pubblici.
 Negli Stati Uniti il terrace garden sta appassionando
molti con insalate e pomodori che crescono anche sui
tetti di grattacieli e case di New York, San Francisco,
Boston, tanto che nel 2008 la 'Burpee Seeds', la più
grande azienda americana di sementi, ha venduto il
doppio rispetto all'anno precedente.
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 Anche in Italia sono sempre più numerosi i comuni
che mettono a disposizione piccoli appezzamenti da
assegnare in concessione ad associazioni di anziani
che in cambio si dedicano alla cura e alla semina di
ortaggi, erbe aromatiche e fiori. Questa prima forma di
orto urbano ha avuto grande successo e si è sviluppata
molto in Emilia-Romagna (a Bologna al momento ci
sono più di 3000 appezzamenti divisi in otto quartieri)
per poi diffondersi anche in altre regioni.
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 Nascono così gli orti urbani: spazi verdi, personali o
condivisi, dove coltivare i propri ortaggi socializzando con
gli altri agricoltori metropolitani. I nuovi orti non offrono
solo prodotti da mangiare, ma anche svago, nuova socialità
e risposte ambientali. Per questo il movimento spontaneo
nato sulla base di questa nuova ecologia privata è stato
definito "agricivismo".
 Come afferma Bibì Bellini in un interessante articolo
sull'argomento: "Al di là dell’effetto ecologico, realizzare e
prendersi cura di un orto significa anche far crescere alcune
virtù indispensabili per il cittadino di domani: il senso
dell’attesa, la pazienza, la precisione, l’attenzione ai
fenomeni climatici, la coscienza del limite. Tutti valori
fondanti dell’inevitabile transizione degli stili di vita che ci
attende".
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 In un mondo che produce sempre più rifiuti, non sappiamo
più come fare a sbarazzarcene: eppure la Terra ha
provveduto, per miliardi di anni, a smaltire "da sola" i
rifiuti prodotti, senza arrecare alcun danno all'ambiente.
 In Natura il concetto di rifiuto non esiste: tutto ciò che
viene scartato, se ha caratteristiche naturali, viene assorbito
dall'ambiente e rimesso in circolo; questa è la lezione che
dobbiamo imparare dalla natura: produrre oggetti e beni
che possano essere assorbiti dall'ambiente una volta
terminato il loro utilizzo.
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 Il termine di selvicoltura, inteso nel suo significato più ampio, indica
l’insieme delle discipline riguardanti il bosco che studiano e
determinano le modalità per assicurare agli individui e alla collettività
tutti i vantaggi di cui esso è capace.
 Oltre alla selvicoltura in senso stretto, che ha come compito la
razionale gestione della foresta e del suo impianto, il termine
comprende infatti: l’economia forestale, che definisce i vantaggi
d’interesse particolare o generale offerti dal bosco e ne stabilisce, per
mezzo dell’assestamento, la maniera di realizzarli nei modi più
convenienti e duraturi; e la tecnologia che si occupa dell’utilizzazione e
della trasformazione dei prodotti forestali, costituiti principalmente
dal legno.
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 la funzione produttiva (legname da opera, da industria, legna da ardere e da
carbone; resine; frutti; funghi, foglie, ecc.);
 la funzione protettiva : tutela del suolo e delle installazioni o più
generalmente degli interessi creati dall’uomo, attraverso l’azione di
regimazione delle acque, la difesa dall’erosione, dalle frane, dalle valanghe, dal
vento ecc.;
 la funzione turistico-ricreativa e di salvaguardia dell’ambiente naturale,
esplicata dal bosco in forme e con gradi diversi di intensità secondo i suoi
caratteri, la sua estensione e distribuzione.
È compito proprio della selvicoltura di trarre dal bosco, nella massima
misura possibile, tutti questi servigi di diversa natura, il cui rendimento è
sempre e comunque legato al grado di efficienza del popolamento. Condizione
imprescindibile al successo di questa attività è perciò la conservazione
dell’equilibrio tra il bosco e l’ambiente ecologico che lo ospita.
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
Ecosistema bosco = “pozzo di carbonio”. (protocollo di Kyoto)
Ecosistemi come ad esempio boschi, prati e campi, laghi o mari possono assorbire CO2
dall'atmosfera e fissare il carbonio ivi contenuto nella biomassa, nel suolo o nell'acqua. Il
periodo di immagazzinamento del carbonio nel bosco varia a seconda del luogo in cui avviene:
 nelle foglie e negli aghi: da qualche ora a qualche anno,
 nei rami: da qualche anno a qualche decennio,
 nel tronco: da qualche decennio a qualche secolo,
 nel suolo: da qualche secolo a qualche millennio.
Il più importante pozzo di carbonio nei boschi è il suolo. L'humus assorbe infatti dalle 110 alle
150 tonnellate di carbonio per ettaro. La crescita della biomassa e l'aumento dell'humus nel
suolo incrementano l'assorbimento del carbonio. Viene quindi assorbito CO2 dall'atmosfera e
si creano i pozzi di carbonio.
Ecosistemi come il bosco non possono tuttavia immagazzinare carbonio a tempo
indeterminato. Prima o poi, ogni bosco smette di crescere. L'incenerimento o la marcescenza
successivi alla morte o all'utilizzazione di un albero liberano, completamente o in parte, il
carbonio, che si mescola con l'ossigeno e forma l'anidride carbonica.
Il bosco diventa così una fonte di CO2. I processi di assorbimento e di rilascio di CO2, nonché
di formazione dei pozzi o delle fonti costituiscono il cliclo naturale del CO2.
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1°
1°
La scelta del terreno
La scelta del terreno
(lo studio
(lo studio delle
delle sue
sue caratteristiche)
caratteristiche)
2°
Le condizioni
del clima
(individuazione della
fascia fitoclimatica)
3°
La provvista delle
Piante
(scelta del numero di
piante e specie)
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4°
La preparazione
del terreno
(sesto d’impianto,
scavo delle buche)
 Il territorio italiano lo individuiamo in sei fasce climatiche
di rilevanza botanica (zone fitoclimatiche). In queste
zone è possibile osservare una vegetazione-tipo, cioè,
un'associazione di specie vegetali spontanee che ricorrono
con costanza su quella specifica area. Il nome stesso delle
zone si richiama più o meno vagamente alla specie di
riferimento:
1. Lauretum caldo
2. Lauretum freddo (murgia)
3. Castanetum
4. Fagetum
5. Picetum
6. Alpinetum
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Lauretum caldo - Costituisce la fascia dal livello del mare fino a circa 300 metri di altitudine, sostanzialmente lungo le coste delle regioni
meridionali (fino al basso Lazio sul versante tirrenico e fino al Gargano su quello adriatico), incluse Sicilia e Sardegna. Questa zona è
botanicamente caratterizzata dalla cosiddetta macchia mediterranea, ed è un habitat del tutto favorevole alla coltivazione degli agrumi;
Lauretum freddo - Si tratta di una fascia intermedia, tra il Lauretum caldo e le zone montuose appenniniche più interne, nelle regioni
meridionali già citate; ma questa fascia si spinge anche più a nord lungo le coste della penisola (abbracciando l'intero Tirreno e il mar Ligure
a occidente e spingendosi fino alle Marche sull'Adriatico) interessando il territorio dal livello del mare fino ai 700-800 metri di altitudine
sull'Appennino; inoltre si riferisce ad alcune ridotte aree influenzate dal clima dei grandi bacini lacustri prealpini (soprattutto il lago di
Garda). Dal punto di vista botanico questa zona è fortemente caratterizzata dalla coltivazione dell'olivo ed è l'habitat tipico del leccio;
Castanetum - Riguarda sostanzialmente l'intera pianura Padana incluse le fasce prealpine e si spinge a sud lungo l'Appennino, restringendosi
sempre più verso le estreme regioni meridionali; a parte la superficie planiziale che si spinge fino al livello del mare lungo la costa dell'alto
Adriatico (dalla Romagna all'Istria), questa fascia è generalmente compresa tra le altitudini di 300-400 metri e 900 metri nell'Italia
settentrionale (ché la quota aumenta progressivamente verso sud col diminuire della latitudine). Questa zona dal punto di vista botanico è
compresa tra le aree adatte alla coltivazione della vite (Vitis vinifera) e quelle adatte al castagno; è l'habitat ottimale delle latifoglie decidue, in
particolare delle querce;
Fagetum - Si tratta di una fascia che interessa sostanzialmente il territorio montuoso compreso fra le Prealpi e le Alpi lungo tutto il perimetro
della pianura Padana e si spinge a sud lungo gli Appennini restringendosi sempre più al diminuire della latitudine, fino a interessare solo le
cime (monti della Sila, Pollino) nell'estremo lembo meridionale; questa fascia va generalmente dalle altitudini di 800-900 metri fino ai 1500
metri nell'Italia settentrionale, mentre nelle regioni meridionali arriva fino al limite della vegetazione arborea. Botanicamente questa zona è
caratterizzata dai boschi di faggi e carpini, spesso misti agli abeti;
Picetum - E' la fascia montana, quasi esclusivamente alpina, che si estende tra i 1400-1500 metri e i 2000 metri di altitudine. Dal punto di vista
botanico questa zona è caratterizzata dai boschi di conifere, non solo abeti, ma anche larici e pini
Alpinetum - Rappresenta la fascia alpina estrema, compresa tra i 1700 metri e il limite della vegetazione arborea (che varia dai 1800 metri ai 2200
metri). Si tratta di una zona comunque caratterizzata da una vegetazione arborea piuttosto rada, costituita perlopiù da larici e da alcuni tipi
di pino, che verso l'alto assumono portamento essenzialmente prostrato (Pinus mugo).
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“Sesto d'impianto” o densità di distribuzione delle piante. Ovvero lo
schema geometrico della distribuzione delle piante in campo.
Tipi di sesto:
 Quadrato, rettangolare
 Quinconce= le piante si trovano ai vertici di un triangolo
isoscele
 Settonce= le piante si trovano ai vertici di un triangolo
equilatero
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 Utilizzeremo come unità di misura l’ ettaro = ha
 Un compromesso di esigenze forestali stima 2500 piante per ha.
 Se abbiamo terreni poveri si pianta più fitto 3000/3500 ad ha.
 Fissato il n° di piante e il sesto si stabilisce la distanza tra le piante per
ottenere i m2 disponibili per la pianta.
10.000/2500=4m2
Nel sesto quadrato la distanza fra piante corrisponde alla √4=2
Nel sesto a quinconce la distanza si ottiene moltiplicando 1,155 X la
distanza che occorrerebbe tenere con il sesto quadrato
Ex: 2X1,155=2,31
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 Per piantare adeguatamente una pianta dovremo predisporre una buca
di circa 50-60 cm di profondità e di 40-50 cm di diametro. Sul fondo
della buca metteremo del letame ben maturo che ricopriremo con uno
strato di terra di 10 cm circa in modo che le radici non entrino in
contatto con lo stesso; la pianta dovrà essere posizionata al centro della
buca. La buca dovrà essere ricoperta con un terriccio composto da tre
parti di terra, una parte di torba e una parte di humus di lombrico.
 Si consiglia di non potare le piante durante i mesi più freddi, al fine di
evitare che le gelate rovinino i rami. E' inoltre importante spargere del
letame maturo intorno alle piante già a dimora, senza toccare il tronco,
e vangare la terra circostante.
 Da effettuare è anche un trattamento con fungicidi su tutti gli alberi.
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Un primo piccolo ma significativo passo può essere quello di imparare a conoscere degli alberi ciò che
generalmente non "appare": infatti sappiamo cos'è una foglia, un fiore o un frutto, ma non sempre è
noto cosa c'è dentro un albero e come "funziona".
In genere una pianta cresce formando un fusto principale, che rimane ben distinguibile come
prolungamento del tronco per molti anni. Tutte le ramificazioni partono da questo fusto e con esso
sono collegate tramite un insieme di numerosi "tubi", all'interno dei quali scorre la linfa che porta
alle foglie una grande quantità di acqua ed elementi assorbiti attraverso le radici dal terreno.
Un'altra circolazione distribuisce la linfa elaborata dalle foglie, con la fotosintesi, a tutte le parti
della pianta allo scopo di "nutrirle". La prima circolazione va quindi verso l'alto e scorre nella parte
interna della pianta (Legno o Xilema), la seconda, meno abbondante perché in gran parte l'acqua è
evaporata dalle foglie, discende lungo un sottile strato (Cambio o Floema) di tubi nella parte esterna
della pianta, subito dopo la corteccia. Fra i due sistemi di condotta esiste un invisibile strato di cellule
che ha una grande importanza, perché produce ogni anno un cerchio di legno all'interno (sono i
famosi anelli annuali del tronco) e il floema all'esterno: così l'albero cresce. Da queste semplici
conoscenze possono derivare molte indicazioni pratiche, per esempio quando si incide la corteccia o
si stringe fortemente un legaccio nel tronco o in un ramo si danneggiano quegli importanti tessuti
(Floema o Cambio) che si trovano immediatamente sotto la corteccia, arrecando un grave danno alla
pianta.
Nell'innesto invece (attraverso le incisioni), tutte le tecniche tendono a favorire al massimo gli scambi
tra il cambio/legno dell'ospite (detto franco) ed il cambio/legno del donatore. Tenendo presente
questa nozione (insieme alle varianti stagionali) potrete con successo cimentarvi nell' arte dell'innesto
difficile e delicata, ma che proprio per questo non sarà avara per voi di orgoglio e soddisfazioni.
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 Figura - Le frecce indicano il
verso dei flussi linfatici. Si
possono distinguere i seguenti
strati partendo dall'esterno:
Corteccia, Floema - Cambio
(invisibile perché composto di
poche cellule) e Legno o xilema
con i suoi strati annuali.
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Innesto a spacco
 Con un oggetto tagliente fare uno spacco profondo
circa 8/10 cm e quindi tagliare la marza a cuneo,
facendo in modo che l'inizio del taglio abbia le stesse
dimensioni dello spacco del portainnesto.
 Inserire la marza nello spacco avendo particolare cura
di fare combaciare perfettamente le zone del cambio
esterno del gentile con quello del portainnesto.
 Legare ben stretto in modo che la marza non si muova
dalla sua sede, coprire con mastice il tutto avendo cura
di riempire lo spacco.
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Courtesy Fracchiolla