Fattori di rischio e strumenti di autotutela per i soccorritori Per orientarsi nella Psicologia dell’Emergenza •Quando:disciplina abbastanza recente che si è sviluppata soprattutto dal 1968 dopo la Guerra del Vietnam. • Dove: in tutti i contesti di mini o maxi emergenza; in tutte le situazioni in cui è necessario un supporto psico - sociale • Chi: il D.L. 13/06/2006 costituisce L’E.P.E. con personale dedicato, ma TUTTI I VOLONTRI SVOLGONO UN RUOLO FONDAMENTALE NEL SUPPORTO PSICO-SOCIALE ALLE VITTIME, PER 2 RAGIONI: 1. Come tutto il personale di soccorso RISPONDE AI BISOGNI IMMEDIATI DI SOPRAVVIVENZA E SICUREZZA 2. Ha il compito di RILEVARE/MONITORARE PRECOCEMENTE SINTOMI DI DISAGIO E DISTURBI PSICOSOMATICI segnalandoli al personale sanitario •Cosa: la psicologia dell'emergenza si rivolge alle persone colpite da un evento critico, ma anche ai soccorritori. •Perché: esperienze stressanti gravi, eventi straordinari, traumatici ed improvvisi, possono causare reazioni emotive di notevole portata. Obiettivo dell’intervento è la prevenzione secondaria e la riduzione delle recidive. •Come: generalmente nelle maxi - emergenze la catena del soccorso psico-sociale si struttura su tre livelli che però possono variare a seconda del contesto e della situazione I Soccorritori Fattori di rischio e reazioni Disturbi legati allo stress Strumenti di auto – tutela Le vittime Chi sono Reazioni individuali e collettive all’evento critico Modelli d’intervento per i volontari Il VOLONTARIO che opera in un contesto critico è chiamata a RICONOSCERE, COMPRENDERE E GESTIRE: • la tipologia della situazione critica • la sofferenza fisica e psichica delle vittime • le proprie reazioni ed i propri limiti L’identikit del volontario Fattori protettivi aumento dell’autostima, sviluppo di competenze relazionali specifiche, capacità di fronteggiare situazioni imprevedibili; acquisizione di abilità tecniche, doti fisiche e relazionali da utilizzare per il soccorso alle altre persone; capacità di collaborazione nella dimensione di gruppo e lavoro di squadra; ruolo da protagonista attivo di un evento; utilizzo degli aspetti tecnici dell’intervento per attutire l’impatto emotivo; Motivazione (!) … Ma non sono tutte rose e fiori … Lavorare costantemente a contatto con la sofferenza e con situazioni di pericolo espone i soccorritori allo stress ed al rischio di: trauma primario trauma vicario stratificazione che possono indebolire l’effetto protettivo dei fattori positivi! I fattori di rischio per i soccorritori sono : OGGETTIVI SOGGETTIVI INTERNI (personali del Soccorritore) ESTERNI RICHIESTE E PRESSIONI DELL’ORGANIZZAZIONE ULTERIORI FONTI DI STRESS •Urgenza • incontro con morte specie se di massa, violenta o di bimbi • percezione di cattiva assistenza alle vittime • inefficacia dei mezzi • turni lunghi di lavoro e poca organizzazione • ambiguità del proprio ruolo • scarsità di fondi e risorse • condizioni atmosferiche Il soccorritore E’ CHIAMATO AD UN COMPITO PARADOSSALE DAL PUNTO DI VISTA PSICO-SOCIALE: FUNZIONARE IN MODO “SANO” IN UN CONTESTO NEL QUALE TUTTI HANNO IL DIRITTO AD AVERE REAZIONI ECCEZIONALI AD EVENTI TRAUMATICI ! Anche gli eroi piangono? LA PAURA E’ UN’EMOZIONE FONDAMENTALE DELLA NOSTRA VITA E COSTITUISCE UNA RISPOSTA NORMALE DEL NOSTRO CORPO AD UN EVENTO SCONOSCIUTO E POTENZIALMENTE PERICOLOSO. NON E’ NECESSARIAMENTE NEGATIVA, ANZI PUO’ RAPPRESENTARE UN MECCANISMO SALVAVITA, ATTIVANDO CORPO E MENTE A FRONTEGGIARE UNA MINACCIA. L’ABITUDINE A VIVERE EVENTI PERICOLOSI AUMENTA LA SOGLIA DELLA PAURA L’ANSIA E’ UNA PAURA ANTICIPATORIA PER UN ESITO PROBABILE CHE SENTIAMO DI NON SAPER FRONTEGGIARE. LA FOBIA E’ UNA PAURA/ANSIA INCONTROLLATA PER SITUAZIONI/OGGETTI SPECIFICI. L’ANGOSCIA E’ UNO STATO DI ANSIA CHE SI SCATENA SENZA UNO SPECIFICO OGGETTO CHIAVE O UNA CONDIZIONE RICONOSCIBILE. IL PANICO E’ UN’EMOZIONE CON UN EFFETTO INVALIDANTE SULL’ORGANISMO E RAPPRESENTA UNA RISPOSTA ECCESSIVA E DISFUNZIONALE VERSO UN EVENTO POTENZIALMENTE PERICOLOSO. LE PRINCIPALI MANIFESTAZIONI SONO: DESENSIBILIZZAZIONE, ESTRANEAMENTO IPERATTIVITA’ BLOCCO TOTALE TACHICARDIA, DIFFICOLTA’ A RESPIRARE, SVENIMENTO SUDORAZIONE, SECCHEZZA DELLA BOCCA GIRAMENTO DI TESTA L’INTERVENTO DI SOCCORSO PREVEDE: FASE DI ALLARME FASE DELLA MOBILITAZIONE FASE DELL’AZIONE FASE DEL “LASCIARSI ANDARE” FASE DI ALLARME Primo impatto con l'evento traumatico Alle sensazioni iniziali di stordimento, ansia, senso d’irritabilità e irrequietezza possono seguire reazioni, più o meno forti, di tipo: fisico (accelerazione del battito cardiaco, aumento pressorio, difficoltà respiratorie) cognitivo (disorientamento, difficoltà nel dare senso alle informazioni ricevute e nel comprendere la gravità dell'evento); emozionale (ansia, stordimento, shock, paura per ciò che si incontrerà sulla scena dell'evento); comportamentale (diminuzione dell'efficienza, aumento del livello di attivazione, difficoltà di comunicazione). COSA FARE? • RICORDARSI CHE CIO’ CHE SENTIAMO E’ NORMALE: ACCETTARE E IMPARARE A CONOSCERE CARATTERIZZANO LA NOSTRA REAZIONE • CONCENTRARSI SULLA RESPIRAZIONE • CONCENTRARSI SUI DATI OGGETTIVI • COLLABORARE CON I COLLEGHI I “SINTOMI” CHE FASE DELLA MOBILITAZIONE Superamento impatto iniziale anche grazie al fatto che l’azione dissolve la tensione e favorisce l'autocontrollo. In questa fase sono presenti in tono minore la maggior parte delle reazioni della fase precedente, alle quali si unisce il passaggio all'azione finalizzata e coordinata e l'interazione. COSA FARE? • INIZIARE A CONFRONTARSI CON I COLLEGHI SUL POSSIBILE INTERVENTO CHE CI ASPETTA • DIVIDERSI I COMPITI E DECIDERE CHI FARA’ CHE COSA • RIPASSARE MENTALMENTE LE PROCEDURE DA COMPIERE, soprattutto quelle che ci preoccupano di più • RIPASSARE MENTALMENTE LA DISPOSIZIONE DEI PRESIDI FASE DELL’AZIONE E’ il soccorso a favore delle vittime. Il soccorritore può vivere emozioni contrastanti: euforia, ma anche sentimenti di delusione, colpa,inadeguatezza Ciò si accompagna a reazioni di tipo: fisico (aumento del battito cardiaco, della frequenza respiratoria, tremore); cognitivo (difficoltà di memoria, disorientamento, confusione, difficoltà di comprensione); emozionale (senso di invulnerabilità, euforia, ansia, rabbia, tristezza, assenza di sentimenti); comportamentale (iperattività, facilità allo scontro verbale o fisico, aumento dell'uso di tabacco, alcol, farmaci, ecc.). COSA FARE? •LAVORARE IN SQUADRA, EVITANDO SE POSSIBILE DI RESTARE DA SOLI O DI PERDERE IL CONTATTO CON GLI ALTRI •PRESTARE ATTENZIONE ALLE PROPRIE REAZIONI E RICONOSCERE I PROPRI LIMITI, fermandosi un po’ prima di raggiungerli!!! •NON VERGOGNARSI DI ESPRIMERE I PROPRI LIMITI E NON TEMERE IL GIUDIZIO DEGLI ALTRI: è una ruota che gira!!! •CONDIVIDERE A CALDO CON I COLLEGHI LE EMOZIONI ED I SENTIMENTI PROVATI. FASE DEL “LASCIARSI ANDARE” Fine del servizio e ritorno alla routine lavorativa o sociale. Due contenuti caratterizzano questa fase: Il carico emotivo che durante l'azione è stato represso ma ora riemerge con evidenza; Il complesso di vissuti indotti dalla separazione dagli altri soccorritori con i quali si è vissuto l’intervento e il ritorno alla vita quotidiana con le relative aspettative. Esistono reazioni negative abbastanza comuni: La difficoltà nel: distendersi, rilassarsi, addormentarsi. La tristezza, la tensione, la rabbia, la rievocazione di eventi e vissuti particolarmente forti sul piano emotivo. COSA FARE? •PRENDERSI UN TEMPO DI CALMA PER CONDIVIDERE CON IL GRUPPO L’ESPERIENZA FATTA e CERCARE DI TROVARE SPAZI DI “DECOMPRESSIONE” •EVITARE DI FARE TURNI TROPPO LUNGHI •RAFFORZARE LE RELAZIONI SIGNIFICATIVE SIA DENTRO CHE FUORI LA LA PROPRIA ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO E LA PROTEZIONE CIVILE •CURARE L’AUTO – FORMAZIONE E I MOMENTI DI AGGIORNAMENTO CONTINUI •TROVARE LE PROPRIE STRATEGIE DI RILASSAMENTO E ATTUARLE IN MANIERA COSTANTE! Disturbo post traumatico da stress (P.T.S.D) • sintomi intrusivi Sogni/ricordi spiacevoli ricorrenti Agire/sentire come se l’evento si stesse ripresentando Disagio emotivo/fisico verso ciò che richiama direttamente o indirettamente l’evento • evitamento e ottundimento Evitare pensieri/discorsi associati all’evento; attività/luoghi persone rievocative Incapacità di ricordare cosa è successo Riduzione marcata dell’interesse/partecipazione alla propria vita Estraneità/distacco/ affettività limitata • iperattivazione Difficoltà di addormentarsi/mantenere il sonno Irritabilità Difficoltà a concentrarsi Ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme DISTURBO ACUTO DA STRESS HA UNA SINTOMATOLOGIA SIMILE AL PTSD, MA SI MANIFESTA ENTRO UN MESE ED HA UNA DURATA LIMITATA. Insensibilità e distacco Derealizzazione e depersonalizzazione Riduzione della consapevolezza del mondo circostante Amesia dissociativa DISTURBO DELL’ADATTAMENTO PIU’ FREQUENTE, CARATTERIZZATO DA SINTOMI MENO GRAVI, MA PIU’ INSIDIOSI PERCHE’ FACILMENTE SOTTOVALUTATI IPERATTIVITA’ IRRITABILITA’ AGGRESSIVITA’ INSONNIA STANCHEZZA DISTURBI INTESTINALI SENSI DI COLPA CALO APPETITO o IPERFAGIA CALO LIBIDO CINISMO SENSO DI INUTILITA’ INCAPACITA’ DI VIVERE AL DI FUORI DELL’EMERGENZA BURNOUT (lo spegnimento) Per i soccorritori è legato ad una duplice fonte di stress: quello personale e quello della persona aiutata. Prevenirlo significa: • riduzione tensioni emotiva • prevenire visione negativa • autostima e senso di autorealizzazione E’ CARATTERIZZATO DA TRE FATTORI: Esaurimento emozionale: è la perdita delle risorse personali ed emotive; l’operatore ha la sensazione di non aver più nulla da offrire ai pazienti. Depersonalizzazione: è una dimensione che comprende una serie di comportamenti negativi dell’operatore nei confronti dei pazienti (risposta fredda e impersonale, sentimenti di squalifica verso l’utenza, rifiuto, cinismo, aperta ostilità). Riduzione delle capacità personali si manifesta con una sensazione di inadeguatezza professionale e porta a una caduta dell’autostima e del desiderio di progressi professionali. Ad esse si associano manifestazioni psicosomatiche: inappetenza, perdita di peso, disturbi del sonno, disturbi sessuali ecc COSA BISOGNA EVITARE DI FARE: •LAVORARE TROPPO A LUNGO DA SOLI, SENZA UN CONFRONTO CON I COLLEGHI • FARE TURNI FREQUENTI, TROPPO LUNGHI E SENZA INTERRUZIONI • RIUFIUTARSI DI CONDIVIDERE CON AMICI E COLLEGHI LE ESPERIENZE, LE PROPRIE SENZAZIONI O EMOZIONI • RITENERE DI ESSERE INVULNERABILI O CHE CERTE COSE RIGUARDINO SOLO GLI ALTRI • NEGARE E NON RISOLVERE POSSIBILI CONFLITTI LATENTI • NON CHIEDERE AIUTO QUANDO SI CAPISCE CHE DA SOLI NON E’ POSSIBILE RISOLVERE UNA SITUAZIONE DI DISAGIO! I Soccorritori Fattori di rischio e reazioni Disturbi legati allo stress Strumenti di auto – tutela Le vittime Chi sono Reazioni individuali e collettive all’evento critico Modelli d’intervento per i volontari CLASSIFICAZIONE DELLE VITTIME Vengono classificate 6 tipologie di vittime in base a: o danno subito/percepito o tipologia di esposizione all’evento critico o legami relazionali/affettivi vittima di 1° TIPO: chi è stato direttamente colpito dall’evento vittima di 2° TIPO: parenti, familiari, persone care vittima di 3° TIPO: soccorritori ed operatori vittima di 4° TIPO: comunità coinvolta nel disastro vittima di 5° TIPO: soggetti con caratteristiche pre-critiche vittima di 6° TIPO: chi avrebbe potuto essere vittima di 1° tipo o comunque è coinvolto indirettamente Tra le tipologie di vittime vengono individuati alcuni SOGGETTI A RICHIO (anziani, bambini, donne sole con figli, gruppi entico/culturali minoritari) ai quali bisogna dedicare un’attenzione specifica!!!! REAZIONI INDIVIDUALI E COLLETTIVE ALL’EVENTO CRITICO Nel corso della vita tutti noi viviamo situazioni che possono creare momenti di sofferenza anche importanti e ciascuno di noi sviluppa strategie per farvi fronte. L’EVENTO CRITICO COMPORTA UN TRAUMA, PIU’ O MENO GRAVE, E PUO’ ESSERE DEFINITO COME: Una situazione interattiva, improvvisa ed inaspettata, caratterizzata dalla presenza di una minaccia, per la propria o altrui integrità, che fa percepire una sproporzione improvvisa tra bisogno e potenziale possibilità di risposta. Ciò genera vissuti di impotenza e di stravolgimento della normale sensazione di poter controllare gli eventi esterni e le emozioni provate. “ E’ stato il terremoto, come se l’arcobaleno fosse caduto” (A. 6 anni) IL TRAUMA COLPISCE •Il senso di invulnerabilità/inviolabilità • Il senso di fiducia e di sicurezza •La possibilità di dare senso positivo alla propria esperienza •L’autostima come consapevolezza del proprio valore. COME I VOLONTARI POSSONO IMPARARE A CONOSCERE E RI-CONOSCERE LE POSSIBILI REAZIONI DEGLI INDIVIDUI AGLI EVENTI TRAUMATICI? Le reazioni istintive delle persone di fronte ad un pericolo sono riconducibili a: CONGELAMENTO FUGA ATTACCO Nella comunità, invece, sono riconoscibili alcune fasi a seconda della tipologia di evento: 1.FASE EROICA: gl’individui e le comunità si attivano per le attività di salvataggio e aiuto. (soccorritori occasionali) Questo alto livello di attivazione dura da qualche ora a qualche giorno; 2.FASE DELLA LUNA DI MIELE: meccanismi di negazione e paralisi emozionale, vengono rafforzati dall’attenzione rivolta alle vittime ed alla popolazione; 3.DISIULLUSIONE: si caratterizza per sentimenti di frustrazione, aggressività, sconforto e rabbia legati alla consapevolezza del tempo e della fatica che il ritorno ad una vita normale richiedono; 4. RISTABILIZZAZIONE COSA FARE? Offrire il sostegno necessario affinchè la vittima possa trovare e riesca ad attivare le risorse necessarie per gestire la situazione di disagio e porre le basi per il successivo reinserimento nel proprio contesto di vita. RISCHIO PSICOLOGICO: DISTURBI POST TRAUMATICI RISCHIO SOCIALE: CRONICIZZAZIONE E DIPENDENZA COME? GUIDARE lontano dal luogo di distruzione, lontano da immagini shockanti, lontano da pericoli ancora presenti; PROTEGGERE da se stessi, dall’ambiente, dalle altre persone (curiosi, media) CONNETTERE le vittime con il loro passato, presente e futuro (riunire le famiglie, dare loro informazioni corrette ed adeguate, aiutarli a raggiungere posti nei quali potrebbero trovare soccorso) … è importante: stabilire un contatto gentile, rassicurante, volto a rafforzare la dignità della persona; informare sia la vittima che i famigliari sull’accaduto e su ciò che avverrà, usando un linguaggio semplice e dando notizie selezionate, ma VERITIERE; dimostrare sicurezza attraverso la propria professionalità e competenza da proporre in modo adeguato al contesto; modulare in maniera diversa la comunicazione in base alle diverse tipologie d’interlocutore; rispettare le persone in modo incondizionato e globale, garantendo anche affidabilità e discrezione; rassicurare sulla normalità delle emozioni vissute dalle persone, assumendo un atteggiamento comprensivo e attento; mostrarsi solidali con il dolore, senza fingere o strafare, e rispettando le distanze emotive di cui le persone hanno bisogno; ACCETTARE IL SILENZIO E FARE MOLTA ATTENZIONE ALLA COMUNICAZIONE NON VERBALE !!! COSA E’ MEGLIO NON FARE •SMINUIRE/NEGARE LE EMOZIONI, I SENTIMENTI DELLE PERSONE; •SUGGERIRE LE PROPRIE MODALITA’ DI SOLUZIONE; •UTILIZZARE ESORTAZIONI INADEGUATE O LUOGHI COMUNI; •SOTTOVALUTARE/NEGARE LE PROPRIE REAZIONI AL DOLORE DEGLI ALTRI; •DARE INFORMAZIONI/RASSICURAZIONI SBAGLIATE O NON VERE;FARE FALSE PROMESSE; • INFANTILIZZARE LE VITTIME O PROCEDERE CON SCHEMI FISSI; IN OGNI CASO, A CIASCUNO VA LASCIATA LA LIBERTA’ DI MANIFESTARE IL SUO DISAGIO E IL SUO DOLORE NEI MODI E NEI TEMPI A LUI PIU’ CONGENIALI ! A cura di Anna Maria Canovi Assistente Sociale – Socia SIPEm E.R. [email protected]