Diritto naturale, diritto delle genti, diritto civile Hirnerius o Wernerius (di origini germaniche) è considerato il fondatore dello Studium giuridico di Bologna (1088) Essa è ritenuta la più antica università del mondo occidentale Il prestigio dello Studium fu enorme per tutto il Medioevo Ad Irnerio si deve la rinascita degli studi giuridici nell’XI secolo Irnerio “rivela il suo genio con una grande intuizione: dare all’insegnamento del diritto quel POSTO AUTONOMO che nell’enciclopedia del sapere medievale non gli era riconosciuto, e, nel tempo stesso, STUDIARE IL CORPUS IURIS CIVILIS DI GIUSTINIANO NEI TESTI GENUINI E COMPLETI” (F. Calasso) L’Imperatore Giustiniano incaricò un’équipe di giuristi per ordinare tutto il diritto romano fin dai tempi più antichi in una forma organica rimasta alla base della legge di diverse nazioni odierne Nacque così quello che fu poi chiamato, proprio nel Medioevo, il Corpus Iuris Civilis Comprende: il Codex, Digesta o Pandectae, Altre parti furono aggiunte in seguito Institutiones Allievi di Irnerio furono Bulgaro, Martino, Jacopo e Ugo (detti i Quattro Dottori), che furono professori di diritto civile a Bologna nel XII secolo Dalla loro opera derivò la nascita di un indirizzo scientifico nello studio del diritto Fu una vera e propria rinascenza, parallela a quella filosofica e teologica che contrassegnò la medesima epoca I quattro Dottori e i loro numerosi allievi, riscoprendo progressivamente i testi del diritto imperiale romano nella loro integrità, cominciarono ad annotarli, apponendo ai margini del testo i loro chiarimenti: le glosse. Perciò furono detti glossatori tutti i giuristi del XII secolo e dei primi decenni del XIII Non erano semplicemente dei professori che spiegavano i testi originali con le loro annotazioni Ci fu, infatti, una rapida evoluzione della metodologia della glossa, che da semplice annotazione esplicativa si trasformò in interpretatio e, persino, in “vero e proprio svolgimento teorico” (F. Calasso) Infatti, alcuni celebri glossatori, dalla seconda metà del XII secolo, compilarono delle Summae, sul modello di quelle filosofiche e teologiche, cioè trattazioni sistematiche e complete, in cui confluivano tutte le conoscenze sull’argomento trattato Accursio, giurista dello Studium di Bologna, fu autore di una raccolta di circa 97.000 glosse all'intero testo del Corpus iuris civilis, chiamata la Glossa ordinaria o Magna glossa, fondamento del diritto comune europeo Essa costituì l’immensa sintesi di oltre due secoli del lavoro della scuola dei glossatori fondata da Irnerio Sulla base di tale immensa sintesi nasceva la scuola dei commentatori, in cui il passaggio dall’esegesi alla costruzione sistematica e dogmatica divenne definitivo Il nuovo metodo si prefiggeva la comprensione del senso stesso della fonte normativa. Gli strumenti erano quelli della logica di Aristotele che aveva provocato un rinnovamento molto profondo in tutto il mondo del pensiero (dal XII secolo) I commentatori furono detti anche “dialettici” o “scolastici”, come accadeva anche in filosofia e in teologia Il nuovo metodo nacque in Francia, prima nell’Università di Parigi e poi in quella di Orléans In seguito si diffuse in Italia ed ebbe tra i suoi massimi esponenti Cino da Pistoia Guittoncino Sighibuldi (o Sinibaldi) detto Cino Poeta stilnovista, amico di Dante e Boccaccio Maestro del Petrarca Giurista, allievo della Scuola di Orléans Insegnò a Siena, Perugia, Napoli, Firenze e Bologna ◦ La sua “scuola” si prolungò nel cuore del XIV secolo e annoverò alcuni tra i più grandi giuristi mai esistiti ◦ ◦ ◦ ◦ Il diritto naturale è quello che la natura ha insegnato a tutti gli animali: ◦ infatti esso non è proprio del genere umano, ◦ ma di tutti gli animali, che in terra e in mare nascono, ed è comune anche agli uccelli. Da qui deriva la congiunzione del maschio e della femmina, da qui la procreazione dei figli, da qui la loro educazione: vediamo infatti che anche tutti gli altri animali e anche le fiere sono ritenuti esperti di questo diritto Accomunano animali e uomini e fondano il diritto naturale i seguenti tre elementi: ◦ La congiunzione del maschio e della femmina ◦ La procreazione dei figli ◦ L’educazione dei figli Il diritto delle genti è quello di cui si servono tutte le genti umane. È facile capire che si discosta da quello naturale ◦ dal momento che quest’ultimo è comune a tutti gli animali, ◦ mentre quello delle genti è comune soltanto agli uomini Il diritto civile è quello che ◦ né totalmente ripete ◦ né del tutto si discosta dal diritto naturale o da quello delle genti: ◦ e così quando aggiungiamo ◦ o detraiamo qualcosa al diritto comune, ◦ creiamo diritto proprio, cioè diritto civile Il diritto naturale (ius naturale) è comune a tutti gli animali, esseri umani inclusi Il diritto delle genti (ius gentium) è comune a tutti gli esseri umani e si discosta dal primo Insieme compongono lo ius commune, il diritto comune: infatti, il diritto delle genti è una specificazione del diritto naturale che lo include Il diritto civile (ius civile o ius proprium) si distingue in parte dal diritto comune DIRITTO PROPRIO O CIVILE (proprio dei singoli Stati che lo pongono in vigore) Diritto delle genti (comune a tutti i popoli e nazioni) Diritto naturale (comune a tutti gli esseri animati) DIRITTO COMUNE L’opera dei glossatori e dei commentatori fu dispiegata soprattutto nel chiarire le differenze tra i tre livelli del diritto ( 39) ◦ Chiarire il senso di quel “si discosta” riferito al diritto delle genti rispetto al diritto naturale ◦ Chiarire il senso della differenza tra diritto comune e diritto proprio, cioè della peculiarità di quella creazione umana (il diritto proprio o civile) espressa nella frase “né totalmente ripete né del tutto si discosta dal diritto naturale o da quello delle genti” Le basi filosofiche del Corpus Iuris Civilis: ◦ Cosmopolitismo dei Sofisti ( Sezione 1, Unità 2, Capitolo 1 Paragrafo 5) ◦ Cosmopolitismo degli Stoici ( Sezione 1, Unità 5, Capitolo 1 Paragrafo 4) ◦ Humanitas romana ( Sezione 1, Unità 5, Capitolo 2) ◦ Marco Tullio Cicerone ( Sezione 1, Unità 5, Capitolo 2 Paragrafo 3) ◦ Lucio Anneo Seneca ( Sezione 1, Unità 5, Capitolo 2 Paragrafo 5) “La vera legge è la retta ragione, conforme a natura, universale, costante ed eterna, la quale con i suoi ordini invita al dovere, coi suoi divieti distoglie dal male...” “A questa legge non è lecito fare alcuna modificazione, né sottrarre qualche parte, né è possibile abolirla del tutto; né per mezzo del Senato o del popolo romano possiamo affrancarci da essa…” “E non vi sarà una legge a Roma, una ad Atene, una ora, una in seguito; ma una sola legge eterna ed immutabile governerà tutti i popoli e in tutti i tempi e un solo Dio sarà come la guida e il signore di tutti […] che ha concepito e redatto e promulgato questa legge; alla quale l’uomo non può disubbidire senza fuggire se stesso e senza rinnegare la natura umana, e senza perciò stesso scontare gravissime pena, quand’anche sfuggisse le punizioni ordinarie”. Cicerone riassumeva e riunificava tutte le possibili concezioni del diritto di natura: “legge della natura, legge della ragione, legge della divinità” l’influenza della dottrina della legge e del diritto naturali di Cicerone fu grandissima nel pensiero posteriore, penetrando, oltre che nella dottrina giuridica, anche nell’etica cristiana, che a sua volta la trasmise alle dottrine moderne (R. Pizzorni) Sviluppi successivi del concetto codificato nel Corpus Iuris Civilis ◦ Padri della Chiesa ( Approfondimenti sulla Patristica) ◦ Teologi e filosofi della Scolastica altomedioevale ( Approfondimenti sulla Scolastica) ◦ Glossatori e commentatori delle Università Per i glossatori e commentatori lo ius commune (diritto naturale e diritto delle genti) si identificava con lo stesso diritto romano e questo concetto si fondava “sull’idea del tutto concepito come entità a se stante di fronte alle sue parti, appunto perché di queste parti non è la somma, ma l’unità Così il diritto romano, inteso come lo ius commune dell’ordinamento universale, si contrappone in blocco ai diritti particolari I diritti particolari (i diritti civili elaborati dai popoli e dalle nazioni) ◦ logicamente presuppongono il diritto comune, ◦ in quanto gli ordinamenti ai quali essi appartengono sono racchiusi entro l’orbita dell’ordinamento universale Diritto proprio (o civile) Diritto comune (diritto naturale + diritto delle genti) Partendo dal presupposto che il mondo sia retto dalla divina provvidenza, è evidente che l’intera comunità dell’universo è governata dalla ragione divina. Essa ha natura di legge […]. Questa legge conviene chiamare la legge eterna […]. Tutte le cose soggette alla divina provvidenza sono regolate e misurate dalla legge eterna Ma la creatura razionale è soggetta alla divina provvidenza in una misura più perfetta ◦ in quanto diviene essa stessa partecipe della provvidenza, ◦ provvedendo a se stessa e agli altri. Anch’essa è partecipe della ragione eterna, e da questa deriva la sua naturale inclinazione al fine ed all’atto che le sono proprie. È questa partecipazione della creatura razionale alla legge eterna che viene chiamata la legge naturale. … È dunque evidente che la legge naturale altro non è che la partecipazione della legge eterna nella creatura razionale. Tommaso ricostruisce la perfetta consequenzialità logica tra i tre livelli del diritto Inoltre esprime, con esemplare chiarezza, un concetto di legge di natura che riunisce in una sintesi mirabile ◦ La legge divina ◦ La legge della natura ◦ La legge della ragione umana Nonostante tale consequenzialità logica, i giuristi (glossatori e commentatori, a Parigi, a Orléans, a Bologna, a Padova) si trovarono di fatto a dover risolvere, nel corso del tempo, alcuni contrasti tra i tre livelli del diritto Esemplare è il contrasto tra la libertà – di diritto naturale – e la servitù – introdotta dal diritto delle genti, che ora studieremo 41 La libertà è la naturale facoltà di ciascuno di fare ciò che gli piace, se ciò non è proibito dalla forza o dal diritto (Institutiones, IX, proemio) La servitù è un’istituzione del diritto delle genti, con la quale qualcuno è assoggettato contro natura al potere di un altro (Institutiones, IX, 1) Il contrasto è reso evidente da quel “contro natura” contenuto in Institutiones, IX.1 Anche se è mitigato dal proemio, in cui si riconosce che la libertà è la “naturale facoltà di ciascuno di fare ciò che gli piace”, ma solo “se ciò non è proibito dalla forza o dal diritto” Comunque, “il contrasto fra diritto naturale e diritto delle genti andava […] logicamente ricomposto e i due diritti, insieme a quello civile, ricondotti nell’alveo della unità del diritto” (F. Micolo) La maggior parte dei giuristi così si espresse: ◦ La libertà nella sua sostanza appartiene a tutti per natura ◦ Ma la libertà, nella pratica dell’agire, è stata “offuscata” dal diritto delle genti, per cui il servo non può esercitare tale libertà Per diritto delle genti, infatti, “i servi sono così chiamati dal fatto che gli imperatori sono soliti vendere i prigionieri e per ciò sono soliti salvarli e non ucciderli” (Institutiones, IX, 2) La seconda accezione della libertà, la capacità di agire, può essere limitata dalla forza (si intende: dal diritto delle genti) o dal diritto in senso proprio (in altre parole, lo ius proprium - il diritto civile oltre), In secondo luogo può essere anche totalmente soppressa, come accade per i servi. ◦ In tal caso, però, non viene soppressa l’altra libertà, quella sostanziale, anche se non può tradursi in atto. Origine della servitù: ◦ Dal diritto delle genti sono sorte le guerre, sono seguite le prigionie, sono state introdotte le servitù, che sono contrarie al diritto naturale ◦ Questo diritto delle genti non deriva affatto dalla pratica naturale ma dallo statuto dell’uomo: Il diritto naturale originario è quella conoscenza che hanno tutti gli animali poiché esso non statuisce nulla Il diritto delle genti è quello che gli uomini hanno per istinto della natura e che tutti costituiscono per equità ed è conservato presso tutti i popoli (ebrei, greci, pagani) Il diritto delle genti per necessità umana ha introdotto la guerra, per cui ci furono dei prigionieri ed i liberi venivano imprigionati, cosicché non potendo liberarli, li uccidevano e questo era crudele. Perciò fu stabilito dal diritto delle genti per giustizia (peraeque) che presso tutti gli uomini i prigionieri diventassero servi. E perciò gli uomini, pur essendo liberi per diritto naturale originario, incominciarono ad essere servi per diritto delle genti Il sostantivo “servitus” (da “servare”, che significa salvaguardare o conservare) ne indica il significato logico e giuridico Si tratta, secondo il giurista, di ragioni di profonda equità (“peraeque”): ◦ i prigionieri di guerra, invece di essere uccisi, venivano salvati e resi servi ◦ lo stato dei servi è dunque quello di “salvati” dalla morte che avrebbe potuto colpirli, in quanto nemici catturati e fatti prigionieri in guerra In questo esempio è chiaro che il contrasto tra i due diritti naturali, quello “primitivo” - il diritto naturale vero e proprio – e quello delle genti è solo apparente: infatti, il diritto delle genti perfeziona l’equità del diritto naturale La giustificazione logica della differenza tra il diritto delle genti e il diritto naturale in senso originario (che comprende anche il diritto delle genti), di quel “si discosta” ( 17), è individuata nell’equità da salvaguardare, in presenza di una realtà storica “contro natura” La giustificazione della differenza tra due diritti naturali è anche una giustificazione storica ◦ Infatti, il diritto delle genti non deriva affatto dalla pratica naturale ◦ ma dallo statuto dell’uomo, che è legato alle circostanze storiche dello sviluppo dei popoli e dei loro rapporti reciproci (che implicano anche la guerra) Diritto delle genti introduzione della guerra Prigionia dei nemici sconfitti (liberi per diritto naturale originario) Riduzione dei nemici prigionieri in servitù (da “servare” = salvare (la vita dei prigionieri) Il diritto naturale è strettamente connesso alla natura, che è opera di Dio Il diritto naturale è eterno e immutabile Il diritto delle genti è anch’esso naturale, in quanto si riferisce alla natura umana, non solo istintuale ma anche razionale Ma la natura umana è complessa e storica (rispetto a quella animale) Il diritto delle genti “si discosta” da quello naturale originario, perché rispecchia la storicità e complessità della natura umana Allo stesso modo si ragiona per i rapporti tra il diritto comune – o naturale in senso lato (che include il diritto delle genti) - e il diritto proprio o civile 53 Il diritto naturale primitivo è il diritto naturale in generale (eterno e immutabile) Il diritto delle genti è bipartito: ◦ Certe norme di diritto delle genti sono state poste in essere per istinto naturale, come il coltivare una religione nei confronti di Dio, come l’obbedire ai genitori e alla patria, poiché la natura degli uomini è più perfetta di quella degli animali ◦ Certe norme sono state introdotte per statuto, essendo aumentata la popolazione e non poteva più essere governata per esperienza pratica naturale, cosicché fu necessario introdurre statuti Come si vede, già il diritto delle genti implica l’introduzione del diritto in senso proprio, cioè del diritto civile (introduzione di statuti) Infatti, tornando al rapporto libertà/servitù: ◦ Anche dal diritto civile fu introdotta una formula per la quale i liberi divennero servi, come quando un uomo libero vende se stesso ◦ Quindi Institutiones, IX, proemio va così inteso: “La libertà è la naturale facoltà di ciascuno di fare ciò che gli piace, se ciò non è proibito dalla forza [diritto delle genti] o dal diritto [in senso proprio, cioè dal diritto civile] Anche in questo caso ciò che viene limitata o soppressa dal diritto è la seconda accezione della libertà, cioè la capacità di agire Ma non viene mai soppressa l’altra libertà, quella sostanziale, sancita dal diritto naturale come facoltà naturale dell’uomo, anche se essa non può tradursi in atto nella condizione di servitù Tant’è vero che, liberando il servo, non gli si dà una nuova libertà, ma gli si restituisce quella originaria del diritto naturale Del resto, per completezza va osservato che la forza - diritto delle genti - o il diritto – proprio o civile - possono limitare la libertà come naturale facoltà di ciascuno di fare ciò che gli piace - in vari modi Sicché propriamente la libertà è la naturale facoltà che ha ciascuno di fare ciò che è lecito e tutto ciò che segue, perché gli uomini liberi hanno la facoltà di fare ciò che è lecito se non è proibito dalla forza o dal diritto Conforti M., Ius naturale e ius gentium dopo la glossa, Tesi di laurea, Università degli Studi di Parma, 2002/2003 Calasso F., Il Medioevo del diritto, vol. I (vol. unico), le Fonti, Milano, 1954 Micolo F., Diritto naturale, diritto delle genti, diritto civile, Torino, 1995 Pizzorni R., Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso d’Aquino, Roma, Pontificia Università Lateranense, 1978 ◦ Le immagini sono nell’ordine: Stemma dell’Università di Bologna Giustiniano, Mosaico nella basilica di San Vitale, Ravenna Il Corpus Iuris Civilis in una stampa del XVIII secolo Decretale con Glossa ordinaria di Bernardo da Parma (13001315 circa) Bologna - San Francesco - Sarcofago dell'Arca degli Accursii Foto Giovanni Dall'Orto, 9-Feb-2008 Cino da Pistoia Busto di Cicerone, Musei Capitolini, Roma Carlo Crivelli, Tommaso d’Aquino Università della Sorbona, Parigi Stemma dell’Università di Padova Questa presentazione è un Approfondimento di Percorsi della filosofia di Angelo Conforti E-book di testo per i Licei Volume 1 – Filosofia antica e medioevale (a cui contiene riferimenti) Garamond didattica digitale www.angeloconforti.it