speleogenesi in rocce carbonatiche

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Grotta dell’Edera, Sardegna, Italia
(foto R. De Luca)
Progetto Powerpoint 2009
SPELEOGENESI
IN ROCCE
CARBONATICHE
a cura di
Jo De Waele
Grotta dell’Edera, Sardegna, Italia
(foto L. Pusceddu)
Coordinatore
con la collaborazione di: Paolo Forti
Leonardo Piccini
Inghiottitoio di Orbisi, Sardegna, Italia (foto J. De Waele)
SPELEOGENESI: DEFINIZIONI
La speleogenesi è l’insieme dei processi
che portano alla formazione delle grotte.
Dove per grotta s’intende una cavità naturale
di dimensioni tali da essere accessibile all’uomo.
I processi speleogenetici sono molteplici
e si manifestano in tutti i contesti geologico-ambientali.
La maggior parte delle grotte è formata prevalentemente
da processi di dissoluzione in rocce carbonatiche (speleogenesi carsica)
ed è di questi che ci occuperemo in questa lezione.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SPELEOGENESI IN ROCCE CARBONATICHE
Nelle rocce carbonatiche le grotte si formano essenzialmente
grazie a due tipi di processi in cui l’agente è l’acqua:
- processi chimici (dissoluzione della roccia e corrosione);
- processi fisici (erosione).
Le acque coinvolte possono essere:
- acque meteoriche (epigeniche - ricarica dall’alto verso il basso);
- acque profonde (ipogeniche - ricarica dal basso verso l’alto).
Le sostanze acide che partecipano al processo carsico possono essere:
- acido carbonico (H2CO3);
- acido solforico (H2SO4).
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MA LA SPELEOGENESI È IMPORTANTE?
Capire come si formano i sistemi carsici nelle varie situazioni
geologico-strutturali e climatiche consente di utilizzare
queste conoscenze anche in alcuni campi scientifici applicati,
in particolare:
- l’idrogeologia carsica: è sicuramente il campo applicativo più
importante, anche perché le acque carsiche diventano via via
più importanti (perché abbondanti);
- gli idrocarburi: il ruolo della porosità carsica (permeabilità e
porosità causata da processi di dissoluzione) nella migrazione
e nello stoccaggio di fluidi mineralizzati (idrocarburi
soprattutto);
- geologia ambientale: pedologia, doline
subsidenze, inquinamento delle falde etc...;
di
crollo
e
- studi paleo-ambientali e paleo-climatici: lo studio delle
morfologie e dei depositi può aiutare a ricostruire la storia
geologica e geomorfologica di ampi territori.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
LE TEORIE
SPELEOGENETICHE
PRIMA DEL 1900
Charles Lyell
Alexander Catcott (Galles) (1756):
grotte formate da acque
(legato all’inondazione universale).
Edouard-Alfred Martel
Charles Lyell (UK) e Charles Edouard Thirria (Francia) (1830):
riconoscono l’importanza della CO2 per la dissoluzione del calcare.
Franklen George Evans (UK) (1870):
riconosce che le grotte si formano anche al di sotto della tavola d’acqua.
Edouard-Alfred Martel (Francia) (1896):
erosione e corrosione da parte delle acque che scorrono dentro le grotte.
Non esiste un livello freatico, ma soltanto dei fiumi sotterranei.
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LE TEORIE SPELEOGENETICHE
ALL’INIZIO DEL XX SECOLO
Alfred Grund (Austria) (1903): zona dinamica sopra
e zona satura e statica sotto la tavola d’acqua regionale.
Jovan Cvijić (ex-Yugoslavia) (1893 e 1918):
suddivisione del carso in zona di percolazione,
zona intermedia d’oscillazione e zona inferiore
(un perfezionamento della teoria di Grund).
Edouard-Alfred Martel (1921), Katzer F. (1909):
nessuna zona di saturazione né tavola d’acqua,
soltanto fiumi sotterranei che portano l’acqua
da zone d’infiltrazione alla risorgiva.
Altri studiosi furono l’austriaco Lehmann (1932),
gli americani Swinnerton (1929), Davis (1930), Gardner
(1935), Mallot (1937), Moneymaker (1941), Rhoades
& Sinacori (1941), Bretz (1942) e il russo Laptev (1939).
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Jovan Cvijić
Edouard-Alfred Martel
IL MODELLO DI GRUND (1903)
Alfred Grund suddivideva l’acquifero carsico in due distinti livelli:
1. la zona al di sotto della tavola d’acqua, in cui le acque sono
stagnanti;
2. la zona al di sopra del livello piezometrico, in cui le acque si
muovono in grotte verso le risorgenti.
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IL MODELLO DI CVIJIĆ (1918)
E SWINNERTON (1929)
Jovan Cvijić (1928) e, successivamente, Allyn C. Swinnerton (1929)
suddividevano l’acquifero carsico in tre distinti livelli:
1. la zona asciutta (areata o di percolazione);
2. la zona di transizione,
poco sopra e sotto
la tavola d’acqua,
in cui avviene
la maggior parte
dello scorrimento
sotterraneo
delle acque
con formazione
di grotte;
3. la zona satura
in cui la dissoluzione
è molto lenta.
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IL MODELLO DI KATZER (1909),
MARTEL (1921) E LEHMANN (1932)
Katzer (1909) riteneva che in area carsica la zona satura
e il livello piezometrico non esistessero. Tale teoria fu sposata
da Edouard-Alfred Martel prima, poi da Otto Lehmann (1932).
Tutta l’acqua nell’acquifero carsico scorre in grotte idrologicamente
indipendenti tra loro, da inghiottitoi o zone assorbenti alle sorgenti.
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IL MODELLO DI DAVIS (1930)
William Morris Davis riteneva che in un primo ciclo la dissoluzione
della roccia calcarea, e quindi la formazione delle grotte, avvenisse
sotto la tavola d’acqua, anche seguendo tracciati molto profondi.
Quando queste grotte, a causa di vari processi, venivano sollevate
al di sopra della tavola d’acqua, iniziava il secondo ciclo evolutivo,
con riempimento e, infine, totale fossilizzazione.
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IL MODELLO DI GARDNER (1935)
James H. Gardner introduce il significato di “strato carsificabile”,
costituito da una porzione di roccia più permeabile in cui viene favorita
la formazione delle grotte. Le grotte iniziano a formarsi
quando vi è gradiente idraulico che consente all’acqua di scorrere
per gravità dalla zona di alimentazione alla zona di affioramento.
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CARSOLOGI DEL DOPO GUERRA
Alfred Bögli
Kaye C. (1957): dissoluzione di calcare, dinamica fluidi
Dunn J.R. (1957): invenzione del fluorocaptore di carbone
Burdon (1963): analisi di curve di portata delle sorgenti
Bögli (1964), Laptev (1939): corrosione per miscela
Thrailkill (1968): geochimica delle acque carsiche
Mangin (1970) & Bakalowicz (1975): idrogeologia carsica
Ford D.C. & Ewers R.O. (1978): modello concettuale
di speleogenesi basata su fratturazione e piezometria
Derek Clifford Ford
Dublyanski (1980): carsismo idrotermale
Schwarcz & Ford (1982): datazione di speleotemi (U/Th)
Schmidt (1982): magnetostratigrafia, sedimenti in grotta
Palmer (1991): formazione e morfologia di grotte
Dreybrodt (1996): modelli matematici e numerici
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Arthur N. Palmer
LA SPELEOGENESI MODERNA
Dalla fine degli anni Cinquanta gli studi sulla speleogenesi
affrontano l’argomento da tre lati:
interpretazione della formazione delle grotte attraverso
lo studio della loro morfologia, del loro contesto geologico
e dei sedimenti ospitati;
la speleogenesi vista da un punto di vista idrogeologico,
cercando di capire l’evoluzione di una rete carsica
e un sistema di drenaggio sotterraneo;
gli aspetti chimici e fisici della formazione dei vuoti sotterranei
e delle condotte carsiche (dissoluzione, dinamica dei fluidi etc...).
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I FATTORI
CHE INFLUENZANO
LA SPELEOGENESI
Fattori geologici:
- passivi;
- attivi.
Fattori climatici:
- precipitazioni;
- temperatura.
Fattori biologici:
- attività biologica
(produzione di CO2).
Grotta di Is Angurtidorgius, Sardegna, Italia (foto G. Pani)
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I FATTORI GEOLOGICI PASSIVI
Litologia:
- tipo di roccia (calcare, dolomia, gesso, sale, quarzite);
- strutture sedimentarie (stratificazione, porosità etc…).
Struttura:
- superfici di strato;
- fratture, diaclasi, faglie;
- clivaggio;
- giacitura;
- posizione dello strato solubile nella sequenza geologica;
- spessore dello strato carsificabile.
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I FATTORI GEOLOGICI ATTIVI
Morfologia:
- pendenza del terreno;
- energia del rilievo (dislivello zona assorbente/sorgenti);
- tipo di drenaggio superficiale.
Idrogeologia:
- tipo di alimentazione (diffusa, concentrata, indiretta);
- provenienza dell’acqua (epigenica, ipogenica);
- posizione delle emergenze (e loro abbassamento).
Tettonica:
- faglie attive;
- deformazioni gravitative.
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I FATTORI CLIMATICI (E BIOLOGICI)
Regime pluviometrico:
- quantità (e tipo) di precipitazione;
- distribuzione nel tempo.
Temperatura:
- velocità delle reazioni chimiche;
- solubilità della CO2 in acqua;
- stato fisico dell’acqua (ghiaccio o liquido);
- evaporazione.
Vegetazione:
- tipo e densità.
Il clima varia nel tempo
(es. intervallarsi di periodi
glaciali e interglaciali)
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CONTROLLO IDROGEOLOGICO
A seconda del tipo di alimentazione i processi speleogenetici cambiano,
e quindi anche le risultanti morfologie saranno differenti
(cfr. lezione Struttura e morfologia dei sistemi carsici).
Acque epigeniche (con acque discendenti, in cui l’aggressività chimica
deriva da fonti presenti sulla superficie terrestre, legate cioè a processi
esogeni):
- infiltrazione concentrata autoctona;
- infiltrazione alloctona;
- infiltrazione diffusa diretta;
- infiltrazione diffusa indiretta.
Acque ipogeniche (con acque salienti, in cui l’aggressività chimica deriva
in genere da fonti profonde, legate cioè a processi endogeni):
- iniezione basale di acque meteoriche (antiche);
- risalita di acque termali a chimismo bi-carbonatico;
- risalita di acque termali a chimismo solfatico.
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INFILTRAZIONE (CONCENTRATA) ALLOCTONA
Dove le aree carsiche sono confinanti con terreni impermeabili
a quote più elevate, l’alimentazione può provenire da bacini
a deflusso superficiale. Queste acque sono in genere più sottosature
(quindi più aggressive) e soggette a variazioni di portata notevoli.
Grotta dell’Edera, Sardegna, Italia (foto G. Pani)
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INFILTRAZIONE CONCENTRATA AUTOCTONA
È il meccanismo speleogenetico più classico, in cui grotte si formano
a partire da più punti di ricarica costituiti da inghiottitoi e/o doline
con alimentazione soltanto da rocce carbonatiche.
Depressione carsica con inghiottitoio di Pian Ambrogi, Marguareis, Francia (foto B. Vigna)
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INFILTRAZIONE DIFFUSA DIRETTA
In rocce carbonatiche l’infiltrazione può avvenire lungo molteplici fessure
ed entrate, in genere non penetrabili nella zona epicarsica.
L’acqua, a intimo contatto con la roccia, si satura velocemente.
Sotto l’epicarso, dove le acque di infiltrazione si concentrano,
si possono formare grotte esplorabili.
Crepacci carsici nel Rosso ammonitico, Veneto, Italia (foto U. Sauro)
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INFILTRAZIONE DIFFUSA INDIRETTA
Là dove le rocce carbonatiche sono coperte da uno strato permeabile
(un suolo di elevato spessore, uno strato di sabbia) l’infiltrazione avviene
diffusamente attraverso questo strato. Le acque alla loro entrata
nella roccia carbonatica sono in genere ancora sottosature
e in grado di sciogliere la roccia in modo efficace, almeno nei primi metri.
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INIEZIONE BASALE
DI ACQUE METEORICHE
In alcuni casi le acque meteoriche possono
entrare nello strato solubile dal basso.
Esempi tipici sono le grotte ipogeniche
(s.l.) di Optimisticeskaja, di Ozernaja
e Zoloushka (Ucraina).
Grotta di Jubilejnaja, Ucraina (foto A. Klimchouk)
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Da Klimchouk et al. 2000
RISALITA
DI ACQUE TERMALI
BICARBONATICHE
Quando invece le acque provenienti
dal basso sono in parte arricchite
in CO2 di origine ipogenica
(quindi non soltanto derivanti
dalla superficie), la combinazione
del rilascio di CO2 per abbassamento
della pressione lungo la risalita
e la dissoluzione della CO2
per il raffreddamento delle acque,
e la miscelazione con acque diverse,
creano condizioni locali di aumentata
aggressività delle soluzioni
(cfr. lezione Le Grotte ipogeniche).
Grotta Giusti, Toscana, Italia (foto P. Forti)
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RISALITA DI ACQUE TERMALI SULFUREE
Le acque termali in salita possono anche essere a chimismo
prevalentemente solfatico, legato alla maturazione di idrocarburi
in profondità, oppure all’interazione con rocce evaporitiche.
Anche queste acque portano alla formazione di grotte particolari
(cfr. lezione Le Grotte ipogeniche).
Grotta Frasassi, Marche, Italia (foto J. De Waele)
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OSSIDAZIONE DI SOLFURI
L’acidità rinnovata delle acque può anche provenire
dall’ossidazione di minerali sulfurei nella zona di percolazione.
Questo è tipico di aree caratterizzate da giacimenti a solfuri metallici
tipo Mississippi Valley (Iglesiente).
Galena nella Grotta Santa Barbara 2, Sardegna,
Italia (foto J. De Waele)
Aragonite nella Crovassa azzurra, Sardegna, Italia (foto G. Pani)
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CONTROLLO GEOLOGICO-GEOGRAFICO
NELLA SPELEOGENESI
A seconda del tipo di roccia, della posizione dello strato solubile
e della posizione geografica i processi speleogenetici variano:
Carso libero (non confinato):
- speleogenesi vadosa;
- speleogenesi epifreatica;
- speleogenesi freatica.
Carso costiero o marino:
- aree carsiche costiere;
- isole carbonatiche;
- carso eogenetico e singenetico (dune, calcareniti costiere).
Carso confinato:
- speleogenesi artesiana normale (epigenica);
- speleogenesi trasversale (epigenica);
- speleogenesi ipogenica.
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CARSO LIBERO CON ACQUE METEORICHE
La maggior parte dei sistemi carsici
che conosciamo si genera dall’azione
di dissoluzione e corrosione carsica
a opera delle acque meteoriche
(epigeniche) che si muovono per gravità
dai punti d’infiltrazione verso i punti
di recapito (risorgive e sorgenti carsiche).
Parliamo, per semplicità,
di sistemi carsici normali.
Grotta dell’Edera, Sardegna, Italia (foto P. Jolivet)
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L’EVOLUZIONE
DI UN SISTEMA
CARSICO NORMALE
Una volta che una roccia
viene a contatto
con le acque meteoriche
la nascita di un sistema carsico
avviene generalmente
attraverso la successione
delle seguenti fasi:
a) formazione di protocondotti;
b) configurazione della rete
di drenaggio preferenziale;
c) allargamento veloce dei condotti.
Tutto ha inizio appena si instaura
un gradiente idraulico.
Grotta dell’Edera, Sardegna, Italia (foto P. Jolivet)
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IL GRADIENTE
IDRAULICO
Il gradiente idraulico
è uno dei primi e necessari requisiti
per iniziare la formazione
di un sistema carsico (e darle
successivamente impulso).
Senza dislivelli tra punti di entrata
delle acque meteoriche
e punti d’uscita
(sorgenti, risorgenti etc…)
le acque NON si muovono
per gravità.
Più è grande il gradiente idraulico
più energia avrà l’acqua
per muoversi dall’alto
verso il basso.
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FORMAZIONE DI PROTOCONDOTTI
Con l’instaurarsi di un gradiente idraulico l’acqua inizia a muoversi
per gravità lungo le discontinuità della roccia collegando i numerosi
punti di entrata con i punti di uscita. In questa fase l’allargamento
delle discontinuità avviene sostanzialmente in condizioni di pieno carico.
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IL RUOLO DEGLI ORIZZONTI SUSCETTIBILI
La formazione di un protocondotto avviene preferenzialmente,
ove presenti, lungo orizzonti predisposti alla dissoluzione
(con porosità o permeabilità congeniale): l’orizzonte carsico embrionale
(inglese inception horizon).
Porzione del sistema carsico del Siebenhengste-Hohgant (Svizzera) che mostra chiaramente come la grotta si sviluppi su alcuni orizzonti suscettibili
(modificato da Filipponi M., Jeannin P.Y. (2006): Is it possible to predict karstified horizons in tunneling? Austrian Journal of earth sciences, 99: 2430).
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CONFIGURAZIONE DELLA RETE
DI DRENAGGIO PRINCIPALE
Una volta che i primi protocondotti raggiungono le dimensioni critiche
di circa 5 millimetri si accentua la competizione tra condotti
con la configurazione della rete di drenaggio preferenziale, con l’abbandono
della maggior parte dei percorsi formati durante la precedente fase.
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ALLARGAMENTO VELOCE DEI CONDOTTI
I condotti che risultano favoriti si allargano velocemente
per via del flusso turbolento delle acque,
aumentando la conducibilità idraulica con la formazione
di una superficie piezometrica (intorno alla quota delle uscite).
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QUANTO TEMPO CI VUOLE ?
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
CORROSIONE
CONTRO EROSIONE
Il ruolo della dissoluzione
è quindi determinante
nelle prime fasi dello sviluppo carsico.
Quando i condotti
sono abbastanza larghi
da poter innescare un flusso
turbolento, l’azione meccanica
delle particelle trasportate dalle acque
diviene molto più importante.
La dimensione del condotto
dipende largamente
dalla quantità di acqua
che, almeno periodicamente,
lo attraversa.
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ESISTE IL MODELLO UNIVERSALE?
Una delle teorie più accettate è quella di Ford & Ewers (1978)
in cui la forma longitudinale di un sistema carsico
dipende dall’intensità della fratturazione nella roccia carsica.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
FOUR-STATE MODEL
(FORD & EWERS, 1978)
I due casi estremi in questa scala,
lo Stato 0 e lo Stato 5,
sono stati aggiunti successivamente:
una roccia isotropa senza fratture
e discontinuità non permette
la formazione di grotte
(es. marmo compatto),
così come una roccia troppo fratturata
o porosa costituirà un acquifero poroso
con vuoti troppo piccoli
(quindi non grotte)
(es. tufo calcareo o creta).
Cava di Marmo in Apuane, Toscana, Italia (foto G. Pani)
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
MA IL MODELLO
NON SEMPRE
FUNZIONA
Applicando questo modello nelle Alpi,
dove le rocce sono molto fratturate,
sarebbero dovute esserci
molte grotte piezometriche;
invece vi sono molte grotte
con profilo longitudinale
a montagne russe.
Nasce il Modello epifreatico
(Audra, 1994;
Hauselmann et al., 2003).
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
Mammuthoehle, Austria (foto L. Plan)
IL MODELLO EPIFREATICO DI SPELEOGENESI
Il Modello epifreatico asserisce
che le fasi iniziali di dissoluzione
(formazione di protocondotti)
avvengono in ambiente freatico.
Una volta creata
una circolazione carsica efficiente
la superficie piezometrica scende
e l’allargamento esponenziale
dei condotti avviene soprattutto
nella zona epifreatica (di oscillazione).
Giocano un ruolo estremamente
importante le piene che,
con il carico solido,
contribuiscono in modo rilevante
all’allargamento dei condotti.
Hirlatzhoehle, Austria (foto L. Plan)
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SPELEOGENESI IN AREE COSTIERE
Le aree carbonatiche
in diretto contatto
con le acque marine
sono soggette
ad una dissoluzione
della roccia più intensa
dovuta alla miscelazione
tra acqua dolce
e acqua salata
(effetto della forza ionica)
(cfr lezione
Il processo carsico).
Grotte di Cala Luna, Sardegna, Italia (foto J. De Waele)
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SPELEOGENESI SU ISOLE CARBONATICHE
Su isole interamente carbonatiche le rocce sono in genere ancora immature
(quindi porose) e la ricarica avviene in modo diffuso ed autoctono.
La dissoluzione è particolarmente sviluppata in tre zone: la superficie
che riceve le acque di pioggia, la parte superiore della zona satura
dove avviene miscela tra acque d’infiltrazione e acque sotterranee,
e lungo l’aloclino, ove acque salate si miscelano con acque dolci.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SPELEOGENESI SU ISOLE
COPERTE DA CALCARI
Nelle isole in cui le rocce affioranti sono carbonatiche, ma in profondità
esistono rocce poco solubili, la speleogenesi si differenzia poco dall’isola
interamente carbonatica. Se la roccia poco solubile si propaga
al di sopra della zona satura influenzerà la forma
della superficie piezometrica, e quindi la forma delle grotte.
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SPELEOGENESI SU ATOLLI
Un caso frequente è quello di un’isola composta da rocce poco solubili
bordata sulle coste da affioramenti carbonatici. Qui esiste,
oltre alla ricarica autoctona, anche la ricarica alloctona con l’ingresso
di acque più aggressive, con formazione di valli cieche, inghiottitoi
e grotte con fiumi sotterranei. Queste acque, venendo a contatto
con acque salmastre e salate, possono divenire ancora più aggressive.
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SPELEOGENESI SU COSTE CARBONATICHE
Un caso simile, e molto più frequente, è l’area carsica costiera,
in cui spesso l’apporto di acque allogeniche può essere molto importante.
Le grotte, tuttavia, si sviluppano preferenzialmente lungo la zona
di miscelazione tra acque d’infiltrazione e zona satura e lungo l’aloclino.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SPELEOGENESI IN ROCCE CARBONATICHE
POCO DIAGENIZZATE
In zone costiere troviamo spesso anche sedimenti
contenenti almeno il 50% di cemento carbonatico
che portano allo sviluppo di forme carsiche molto particolari,
che ricadono nei carsi eogenetici (carsismo in rocce porose e tenere)
e singenetici (carso sviluppato durante la cementazione del sedimento).
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SPELEOGENESI IN SITUAZIONI CONFINATE
Non sempre le grotte si formano in condizioni di acquifero libero, ma lo
strato solubile può trovarsi interposto tra due strati non solubili. Quando
questi sono acquiferi più o meno buoni, la ricarica può avvenire dall’alto
oppure dal basso. La ricarica, al contrario dei sistemi carsici epigenici,
avviene in modo regolare, eliminando quindi la competizione tra condotti.
Questo produce in genere grotte labirintiche invece che grotte ramificate.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SPELEOGENESI
CONFINATA
NORMALE
Se la connessione
tra i due strati acquiferi
avviene dall’alto verso il basso
(caso poco frequente)
le grotte si propagano dal tetto
della formazione carsificata
verso l’acquifero inferiore.
Si formano grotte labirintiche
come nel caso
della speleogenesi ipogenica,
senza tuttavia mostrare segni
di un flusso ascendente tipico
per grotte labirintiche ipogeniche
(cfr lezione Le Grotte ipogeniche).
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SPELEOGENESI
TRASVERSALE
Il movimento delle acque,
e quindi anche la speleogenesi
a esso legata,
in condizioni
di confinamento idrologico
avviene in senso ortogonale
alla stratificazione.
Questa speleogenesi trasversale
si oppone alla classica
speleogenesi laterale
tipica dei sistemi carsici epigenici
(l’acqua scorre da un inghiottitoio
a una risorgente in senso parallelo
o subparallelo alla stratificazione).
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
LE CORRENTI DI DENSITÀ
Nella speleogenesi trasversale sono importanti le correnti di densità.
Acque di diversa composizione chimica o a diversa temperatura hanno
anche differente densità e creano quindi delle celle di convezione
libera. Le correnti che si creano in tali situazioni sono lente e spesso
insignificanti rispetto alle correnti delle acque in sistemi epigenici. Per
questo le correnti di densità giocano un ruolo importante soprattutto in
sistemi carsici ipogenici.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
IL RUOLO
DELLA CONDENSAZIONE
Negli ultimi anni è cresciuta
la consapevolezza che il processo
della condensazione dell’acqua
può giocare un ruolo importante
nella speleogenesi, soprattutto
al livello delle meso e microforme.
Boxwork in una grotta in Sardegna, Italia (foto L. Sanna)
Alcune forme che possono essere
ingenerate, almeno in parte,
sono le cupole, mentre i boxwork
sono esclusivamente prodotti
da condensazione-corrosione.
Il processo può assumere notevole
rilevanza a grande scala in grotte
idrotermali (cfr lezione Le grotte
ipogeniche) e in clima arido.
Cupole in Kraushoehle, Austria (foto L. Plan)
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
CONSEGUENZE
DELLA
CONDENSAZIONE
Aumenta la quantità
d’acqua disponibile
(è più intensa
nella stagione estiva,
quando le precipitazioni
sono basse, e limita
la perdita d’acqua d’inverno
perché condensa nell’epicarso
e torna quindi
nel sistema carsico).
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
SEDIMENTAZIONE E PARAGENESI
Molte grotte, dopo una fase di corrosione-erosione, spesso sono soggette
a fasi di sedimentazione in regime sia saturo sia vadoso.
I sedimenti possono in questo modo proteggere la parte inferiore dei vani
e costringere le acque a operare la loro azione speleogenetica verso l’alto
creando forme di tipo paragenetico.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
PER SAPERNE DI PIU’
AA.VV. (2000), Speleogenesis
Evolution of Karst Aquifers,
National Speleological Society,
Huntsville USA, pp. 496;
FORD D.C. & WILLIAMS P. (2007),
Karst hydrogeology and
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HAUSELMANN PH., JEANNIN P.-Y.,
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PICCINI L. (1999), Geomorfologia
e Speleogenesi carsica, Quaderno
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and Hydrology of Karst Terrains,
Oxford Un. Press, New York, pp. 464.
Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
CREDITI
Questa lezione è stata coordinata da Jo De Waele
con la collaborazione di Paolo Forti e Leonardo Piccini.
Per la parte fotografica si ringraziano i fotografi Riccardo De Luca, Jo De Waele,
Philippe Jolivet, Alexander Klimchouk, Gabriela Pani, Lukas Plan,
Luciano Pusceddu, Laura Sanna, Ugo Sauro, Bartolomeo Vigna.
I disegni sono stati preparati da Jo De Waele.
Il disegno della Dia 31 (Inception Horizons)
è stato preparato da Marco Filipponi.
©
Società Speleologica Italiana
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Speleogenesi – Società Speleologica Italiana 2009
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