Psicologia delle Istituzioni - Facoltà di Scienze della Formazione

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
CATANIA
Facoltà di Scienze della Formazione
Prof.ssa Manuela Mauceri
Psicologia delle Istituzioni
A.A. 2009-10
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Programma
Obiettivi
Fornire agli studenti le competenze necessarie per analizzare le
dinamiche istituzionali nella prospettiva psicologico-sociale:
approcci teorici fondamentali, processi di deistituzionalizzazione, realtà del cambiamento, prospettive di
intervento .
Contenuti
Verranno approfonditi i principali orientamenti teorici intorno al
tema delle istituzioni, la densità dei concetti di “istituito” e
“istituente”, facendo anche riferimento a suggestioni di più
ampio respiro letterario e filosofico; si focalizzerà l’attenzione
sulle dinamiche connesse ai processi di de-istituzionalizzazione
della malattia e del ritardo mentale. Il contesto di riferimento è
quello altamente complesso e turbolento della nostra società,
nell’ambito del quale particolare rilevanza assumono le
dinamiche connesse al passaggio dal cambiamento “subito” al
cambiamento “agito”; in tal senso, verrà affrontato il tema dei
processi organizzativo-relazionali e dei bisogni formativi delle
risorse umane.
Nel corso delle lezioni, è previsto l’intervento della dott.ssa G.Di
Marco, che tratterà il tema: “istituiti” connessi al ritardo mentale.
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Programma
Nello specifico, verranno trattati i seguenti argomenti:
1.Realtà del cambiamento
2.Introduzione alla psicologia delle istituzioni;
3.Principali orientamenti teorici;
4. Processi istituzionali e cambiamento
5.’Istituiti’ intorno la malattia mentale: dati di ricerca
6.’Istituiti’ intorno il ritardo mentale: dati di ricerca
Materiali per gli esami
1-Slides utilizzate durante le lezioni, relativamente ai concetti base,
scaricabili dal sito della Facoltà al termine delle lezioni.
2-Licciardello O, Castiglione C. (2008), Self, Formazione e
“Territorio potenziale” nella società del cambiamento, Bonanno
Editore, Acireale-Roma )
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Metodologia
[…] per farvi vedere quanto il sogno sia una
cosa viva, ben lungi dall'essere una cosa
morta che fruscia come carta inaridita
(K.G.Jung)
Gli errori sono in ultima analisi il fondamento
della verità (K.G.Jung)
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Suggestioni
Il deserto dei Tartari (D.Buzzati, 1945)
Narra la storia di Giovanni Drogo, che una mattina di
settembre parte dalla città per raggiungere la fortezza
Bastiani, dove trascorrerà tutta l’esistenza.
G.Drogo giunge nel fortino, animato da un forte desiderio di
mettere alla prova le proprie competenze militari
nell’imminente scontro col “nemico”. Medesimo
sentimento di attesa gli pare pure di scorgerlo tra i suoi
compagni.
Le gerarchie ci sono tutte, ciascuno ha il proprio ruolo, le
vedette sempre in guardia, lustri le baionette…
Trascorrono, così, 30 anni, nell’attesa che qualcosa dal
deserto si muova ma… questo accade quando la vita di
Drogo giunge al vero confine dell’uomo ed egli muore
solo, in una povera locanda sulla strada di ritorno verso
casa
Lettura del brano e considerazioni
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Le istituzioni: definizione
“Complesso di valori, norme e consuetudini che
definiscono e regolano, durevolmente e in modo
relativamente indipendente da finalità particolari
e caratteristiche personali dei singoli
componenti, a) i rapporti sociali e i
comportamenti d’un gruppo di soggetti la cui
attività è considerata socialmente rilevante per
la struttura della società o di importanti settori di
essa, e b) i rapporti che altri soggetti possono
avere a vario titolo con tale gruppo, nonché i
relativi comportamenti ” (Enciclopedia Garzanti di filosofia ,
1993)
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Istituzioni vs Organizzazioni
Tutte le istituzioni sono anche organizzazioni, ma con
caratteri peculiari:
a)creazione di un’identità propria come conseguenza
della costituzione di strutture e procedure formali, che
si ripetono con modalità e significati condivisi
norme e simboli persistenti e pervasivi
b) < carattere strumentale, < criteri di efficacia ed
efficienza
c) > valore in sé riconosciuto all’interno e all’esterno;
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Istituzioni vs Organizzazioni
Importante variabile è la finalità:
implicita non dichiarata Vs esplicitamente dichiarata
Così, le istituzioni rappresentano il regno del non-detto
e del non dicibile, della rassicurazione, del rapporto
emotivo fra fissità e cambiamento, del controllo della
dualità e pluralità e dei sensi di colpa ad essa correlati.
In tal senso, scopo primario dell’istituzione sarebbe non
tanto la programmazione, la produzione di efficienza
(rapporto tra prodotto e costo) e il raggiungimento di
risultati, il progetto (come per il collettivo organizzativo),
quanto, piuttosto, la rassicurazione dei suoi componenti
e della società di cui l’istituzione stessa fa parte (E. Spaltro,
1995, Soggettività, Patròn, Bologna)
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Qualche riflessione
“Istituzionalizzazione significa (…) infusione di valore”
riconosciuto all’interno e all’esterno, “che si fonda
probabilmente in origine sull’apprezzamento dei
comportamenti e delle prestazioni, ma che si sposta
poi gradatamente sulla mera esistenza di essa. Così
le istituzioni, per il fatto stesso di esserci, contano,
sono importanti. Soddisfano i bisogni di dipendenza,
di affiliazione, di appartenenza. Servono come
terreno di sviluppo di strategie personali e di gruppo.
All’interno del contesto sociale rassicurano. Sono un
punto di riferimento per i comportamenti individuali e
collettivi” (Romei P. 2000, pp. 139-140)
“Le organizzazioni diventano istituzioni anche in quanto
sviluppano una propria liturgia” (Romei P. 2000, pp.141-142)
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Qualche riflessione (1)
Quali sono le conseguenze di un’organizzazione
istituzionalizzata?
non ha funzione strumentale;
la sua esistenza diventa fine a sé stessa;
non sono i risultati concreti, bensì il formale rispetto
delle regole e delle procedure
spersonalizzazione delle strutture e dei
comportamenti, svalorizzazione dell’atto umano
enfatizzazione mezzi e regole formali che
consentono all’istituzione di esprimersi e di
manifestarsi e rappresentano potenti mezzi
d’integrazione sociale
ferrea osservanza dei criteri di imparzialità e di
impersonalità che contribuisce a rafforzarne il valore
mitico
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Qualche riflessione (2)
… La funzione di “integrazione sociale” può andare in crisi in un
contesto altamente complesso …
Perchè? Quali le caratteristiche e le esigenze che il ns
contesto pone-impone?
Progressivo processo di frammentazione del sistema sociale,
insorgere di valori, bisogni e istanze diverse ed incompatibili;
maggiore richiesta di risultati concreti e rinnovata attenzione
all’efficienza e all’efficacia delle prestazioni e dei servizi offerti
In un contesto culturale differenziato e complesso, ciò che si
pone come problema fondamentale delle istituzioni è
l’innovazione. Il cambiamento, infatti, prevede dinamicità ed
evoluzione, mentre le istituzioni rappresentano una realtà
fortemente statica e burocratizzata, caratterizzata da resistenze,
chiusure difensive e incapacità di adattamento nei confronti di
qualsiasi intervento innovativo
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La realtà del nostro tempo: caratteristiche
 Panta
rei
Non si può discendere due volte nel
medesimo fiume e non si può toccare
due volte una sostanza mortale nel
medesimo stato, ma a causa
dell'impetuosità e della velocità del
mutamento essa si disperde e si
raccoglie, viene e va. (Eraclito)
• L’atteso non accade mai, è
all’inatteso che il dio apre le porte
“Angoscia di fronte ad una libertà che
si è incapaci di mantenere, perché non
si è stati educati a comprenderla ed
utilizzarla” (Crozier 1993)
“[…] Bisogna imparare a navigare
in un oceano di incertezze fra
alcuni arcipelaghi di certezze”
(Morin, 2008, 83-84)
(Euripide)
 “Il
secolo breve” (E.J. Hobsbawm);
 Tempi accelerati: minuti/secondi,
non giorni/ore (Larson 2002)
 “Possibilità
e rischi non limitati”
(Zsusa 1993);
Dalle «certezze» della stabilità
alle «possibilità» dell’incertezza
(Licciardello, 2008)
Dallo “status”
all’interpretazione di ruolo
Società liquida (Bauman 2006)
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Possibili chiavi di lettura
Oggettivo-relazionale
“sistema di ruoli e di norme sociali interrelati, organizzato intorno al
soddisfacimento di un importante bisogno (o funzione sociale).
I ruoli sociali e le norme contemplate nell’istituzione definiscono il
comportamento corretto e atteso orientato al soddisfacimento del bisogno
sociale.
[…] Le istituzioni comunemente definite sono l’istituzione familiare,
l’istituzione economica, l’istituzione educativa, l’istituzione politica,
l’istituzione religiosa, etc.” (Theodorson & Theodorson (1969), (tr.it.),, p.243)
Soggettivo-relazionale
"le istituzioni sono anzitutto presenti nell'immaginario"(Lourau,
(1970) p.119)
Social psychology would be better renamed "psychology of social
institutions" which would define the "content and method of explanation to
be used by this most fundamental of social sciences" (Judd (1925), pp.151-156)
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L’evoluzione del concetto
“Il senso del concetto di istituzione si è profondamente modificato da
quasi un secolo. Al tempo di Marx (XIX secolo), si intendono per
istituzioni, essenzialmente, i sistemi giuridici, il diritto, la legge. Di
modo che per il marxismo, le 'istituzioni' e le 'ideologie' sono le
'sovrastrutture' di una società data, le cui 'infrastrutture' sono le forze
produttive e i rapporti di produzione.
Successivamente, in una seconda fase, il concetto assume
un'importanza centrale in sociologia con la scuola francese. All'inizio
del XX secolo Durkheim e la sua scuola definiscono la sociologia
come “scienza delle istituzioni”.
Oggi, infine, siamo entrati, con lo strutturalismo in una nuova fase
che conduce ad una profonda elaborazione del concetto, in
connessione con le pratiche istituzionali che si sviluppano nel campo
della psichiatria, della pedagogia e della psicosociologia. Una nuova
definizione delle istituzioni è in via di elaborazione” (Lapassade
G.(1970 [1974]), p.122)
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Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento sociologico-I
Durkheim: le Istituzioni come fondamento della società
"la grande differenza tra la società degli animali e la società degli
uomini è che, nelle prime, l'individuo è governato esclusivamente
dal di dentro, dagli istinti, mentre le società umane presentano un
fenomeno nuovo, di natura specifica, che consiste nel fatto che
alcune maniere di agire sono imposte o almeno proposte dal di
fuori all'individuo e si aggiungono alla natura che gli è propria; tale
è il carattere delle "istituzioni" (nel senso lato del termine).
Esse si incarnano negli individui delle generazioni successive
senza che questa successione interrompa la continuità“ (Durkheim
E., Societè, in Lalande Paris, p.1002).
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Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento sociologico-II
Goffman: le Istituzioni totali-caratteristiche
a)Luoghi fisici:
"e istituzioni nel senso comune del termine sono luoghi, locali o
insieme di locali, edifici, costruzioni, dove si svolge con regolarità
una certa attività“(Goffman, 1961, [1968, p.33]).
b)Influenza psicologica e culturale:
"Ogni istituzione si impadronisce di parte del tempo e degli interessi
di coloro che da essa dipendono, offrendo in cambio un particolare
tipo di mondo: il che significa che tende a circuire i suoi componenti
in una sorta di azione inglobante" “(Goffman, 1961, [1968, pp.33/34]).
c)Carattere globalizzante e impedimento allo scambio:
"Questo carattere inglobante o totale è simbolizzato
nell'impedimento allo scambio sociale e all'uscita verso il mondo
esterno, spesso concretamente fondato nelle stesse strutture fisiche
dell'istituzione: porte chiuse, alte mura, filo spinato, rocce, corsi
d'acqua, foreste o brughiere “(Goffman, 1961, [1968, p.34]).
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Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento sociologico-III
Goffman: le Istituzioni totali-Tipologie
Primo le istituzioni nate a tutela di incapaci non pericolosi
(istituzioni per ciechi, vecchi, orfani o indigenti).
Secondo, luoghi istituiti a tutela di coloro che, incapaci di badare a se stessi,
rappresentano un pericolo --anche se non intenzionale-- per la comunità
(sanatori per tubercolotici, ospedali psichiatrici e lebbrosari).
Il terzo tipo di istituzioni totali serve a proteggere la società da ciò che si
rivela come un pericolo intenzionale nei suoi confronti, nel qual caso il
benessere delle persone segregate non risulta la finalità immediata
dell'istituzione che li segrega
(prigioni, penitenziari, campi di concentramento).
Quarto, le istituzioni create al solo scopo di svolgervi una certa attività, che
trovano la loro giustificazione sul piano strumentale
(furerie militari, navi, collegi, campi di lavoro, piantagioni coloniali e
grandi fattorie, queste ultime guardate naturalmente dalla parte di coloro
che vivono nello spazio riservato ai servi).
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(Continua)
Infine vi sono le organizzazioni definite come "staccate dal mondo" che
però hanno anche la funzione di servire come luoghi di preparazione per
religiosi” (Goffman, 1961, [1968, p. pp.35/38]).
(abbazie, monasteri, conventi ed altri tipi di chiostri)
Tra le caratteristiche che accomunano, pur nella loro diversità, le varie
categorie di istituzioni totali, Goffman individua: l'"organizzazione
burocratica" della vita quotidiana degli "internati" (in tutte le sue sfere:
sonno, divertimenti, lavoro) e la distinzione fondamentale, la cultura e il
clima di separatezza, tra questi e lo "staff di controllo“
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Suggestioni sul carattere
globalizzante delle istituzioni
“Nulla è più facile del continuare a percorrere vie infantili o di farvi
ritorno”. (Jung, vol.10-2, 315)
“Costringeremo gli uomini a lavorare, ma nelle ore di tempo libero
organizzeremo la loro vita come un giuoco infantile con canti e cori e
danze innocenti” (Dostoevskij, I Fratelli Karamazov)
“Con l’espressione si dovrebbe purtroppo non si ottiene niente”.
(Jung, vol.11, 467)
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Suggestioni sul carattere
globalizzante delle istituzioni
Le istituzioni, le sue ‘mura’, prima che
essere fuori, sono dentro di noi,
rappresentano la ns rassicurante ‘gabbia’.
“La gabbia è illusione di sicurezza definitiva. Basta revisionare la
grammatica e cancellare dai verbi il tempo futuro e i modi
congiuntivo e condizionale: tempo e modi che contengono in sé
progetti, speranze e timori e che sono caratteristici dell’homo
sapiens -l’unico animale che dispone dei mezzi per modificare il
proprio mondo attraverso le subordinate ipotetiche (G.Steiner)sottraendosi così al dispotismo dei fatti” (Quaglino & Romano,
2005).
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Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento socio-analitico
Jacques: Istituzioni come meccanismi di difesa
Jacques individua l’origine
“dell'Istituzione (intesa come organizzazione sociale) nell'esigenza
(inconscia) degli individui di costituirsi in associazione per difendersi
dalle angosce paranoidali e depressive; le istituzioni, così costituite,
verrebbero poi inconsciamente utilizzate dagli individui, come
meccanismi di difesa, contro le angosce psicotiche ” (Jacques,
1955,[1977, p.245]).
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Jacques: Istituzioni adeguate Vs inadeguate
“istituzioni “adeguate” o socialmente unificanti” facilitano le
“relazioni normali fra gli individui, e agevolano il collegamento
mediante relazioni sociali dirette, attraverso le quali si
raggiunge la più ampia rete circostante di istituzioni: tutto ciò
genera sentimenti di fiducia e di credibilità” ” (Jacques, 1955,[1977,
p.15]).
“ist. “inadeguate” o alienanti”:
“vanno contro la natura umana e allontanano gli individui dalle
loro società. Sono istituzioni generatrici di tensioni psichiche,
perché invece della fiducia e della confidenza alimentano la
diffidenza e indeboliscono i legami sociali. (Ibidem).
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L’orientamento psico-analitico
Carli: pulsioni e rapporto oggettuale
Premessa:
il comportamento umano, sul piano individuale e sociale, non è
totalmente comprensibile nell'ambito della razionalità, intesa come
tendenza a perseguire un esito ottimale della scelta comportamentale.
Cosa si intende per istituzione?
“Chiamiamo "istituzione" quella particolare modalità relazionale
che, nell'ambito di ogni struttura sociale, viene collusivamente
assunta dalle sue componenti al fine di garantire la reciprocità
affettiva al suo interno, o in altri termini, al fine di regolare
l'aggressività intrapsichica che renderebbe impossibile, se non
fossero, "istituite" delle strutture relazionali di controllo,
quell'interazione produttiva che costituisce il fine di ogni struttura
sociale, considerata nel suo versante organizzativo”(Renzo Carli,
1982, p.80)
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Carli: Istituzioni e reciprocità affettiva
"Si può, quindi, affermare che la dinamica del rapporto oggettuale, ed in
particolare quell'aspetto di tale rapporto che regola la reciprocità affettiva
nell'ambito delle relazioni sociali, costituisce una specifica problematica
che gli attori delle strutture sociali debbono affrontare al fine di rendere
possibile la loro convivenza all'interno delle strutture stesse.
La psicoanalisi, in particolare, ha individuato come, nei processi di
adattamento dell'uomo all'ambiente, intervenga un duplice ordine di
pulsioni, ed ha approfondito la complessa dinamica che le due pulsioni (di
vita e di distruzione) condizionano.
Le vicissitudini delle pulsioni, peraltro, influenzano anche la dinamica dei
rapporti sociali, assolvendo a funzioni molto importanti in tale ambito.
In particolare esse presiedono al rapporto oggettuale, vale a dire al legame
positivo che ciascuno instaura con quelle componenti ambientali percepite
come "buone", ed al rifiuto aggressivo delle altre percepite come "cattive";
si tratta di quello schema "amico-nemico", fondamentale ai fini della
sopravvivenza degli esseri viventi, che nell'uomo assume connotazioni del
tutto particolari (R. Carli, 1982, p.80).
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Carli: Istituzioni e stabilità dell’organizzazione
Istituzione come
“processo collusivo, fantasmatico, di simbolizzazione
affettiva mutua tra i membri della struttura sociale, volta a
instaurare un assetto inconscio della relazione fondato sulla
reciprocità” (Renzo Carli, 1982)
“dimensioni culturali e normative che attraversano
l’organizzazione trasformativa, ne tutelano la regolarità e
l’efficacia, ne rendono possibile la realizzazione. [le istituzioni
sono] elementi funzionali al processo organizzativo entro cui si
realizza la trasformazione, il cui obiettivo è quello di rendere
stabile l’organizzazione, di consentirne un’estensione nel
tempo, di conferire ad essa uno spessore astorico, di sottrarla
quindi ai processi di cambiamento che la storia inevitabilmente
realizza” (Renzo Carli, 1982, 51)
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Carli: Istituzioni tra formazione e repressione
“Con le istituzioni formative si persegue un obiettivo di trasmissione
culturale dei valori e dei nodelli di comportamento che consentiranno ai
singoli un inserimento a-conflittuale nell’ambito delle organizzazioni di
produzione, e una partecipazione alla trasformazione adeguata al
modello progettuale che la direziona.”
“Nella società attuale la partecipazione alle organizzazioni trasformative
sembra prevalentemente fondata su modalità il cui referente è
l’istituzione nella sua declinazione formativa. La famiglia e la scuola
sono le due “agenzie di socializzazione” il cui obiettivo è la formazione
dell’individuo al suo operare nell’organizzazione. […]”(Renzo Carli, 1982,
53)
“La repressione, di contro, sembra potersi esprimere solo in termini
negativi, quale impedimento o sospensione dell’azione
trasformativa” (Renzo Carli, 1982, 53)
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La scuola come Istituzione: alcune riflessioni
Dinamiche istituzionali e scolarizzazione
Le dinamiche collusive delle Istituzione, possono concorrere
“[…] se applicate all'istituzione scuola, a spiegare il
comportamento di "rifiuto" dell’esperienza scolare, o i tentativi di
"squalifica" della stessa (si "perde tempo", è fatta per chi non
vuol "lavorare", per i "deboli", o per i "bambini", etc.), da parte di
chi rispetto a tale esperienza sente in qualche modo di "essere"
o di "essere considerato" (il che per il paradigma di Mead è lo
stesso) "inadatto", oppure, avverte l'esperienza come inadatta a
se stesso, al proprio modo di essere, al tipo di aspirazioni
personali.
Sul piano dell'"istituzione" personale (ma un sostegno in tal
senso verrebbe anche dall'"istituito" dei genitori) si tratterebbe, in
questi termini, di un gioco complesso di rifiuto delle esperienze
percepite come "cattive" e come "nemiche", in funzione della
salvaguardia delle parti "buone" di sè, ovvero degli aspetti
positivi del Self.“ (Licciardello, 1990, pp..261/262)
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Istituzioni ed esclusione
In termini di dinamica dell'istituzione, questo fenomeno
risulterebbe collusivamente funzionale al controllo
dell'aggressività, sia degli utenti "estraniati", che diversamente si
ribellerebbero, sia dei docenti e della burocrazia, che vedono
riconosciuto il loro potere e possono facilmente liberarsi del
problema rappresentato da una utenza "inadatta".
Si tratterebbe, però, di una dinamica utile al funzionamento
dell'istituzione scolastica, ma per la quale finirebbero
oggettivamente con il risultare perdenti proprio i più deboli: una
dinamica, cioè, funzionale alla razionalizzazione dei meccanismi
di esclusione “ (Licciardello, 1990,pp.261/262)
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Gli istituiti dell’istituzione: conseguenze
“Fondamentalmente, gli istituiti prevalenti relativi alla scuola sono ancora
quelli che le assegnano una funzione selettiva, piuttosto che promozionale.
Basti pensare, ad es., che, mentre si pretende l'integrazione dei soggetti
portatori di handicap, di fatto gli iter previsti sono ancora quelli tradizionali:
scrutini e suddivisione in anni scolastici, promozione dei soggetti alla classe
superiore o bocciatura, etc.
Non esiste, ad es., la possibilità che un soggetto possa, seguendo i suoi
ritmi di apprendimento, impiegare due anni per compiere il percorso
formativo normalmente previsto per un anno. L'unica possibilità è
bocciarlo, nel qual caso finirà con il ricominciare il percorso in questione,
piuttosto che, invece, utilizzare il secondo anno per continuare lo
svolgimento del lavoro. In realtà ciò potrebbe realizzarsi se venisse
realizzata la progettazione educativa per classi aperte sia in parallelo che
in verticale. In sua assenza, alla fine di ogni anno scolastico il problema
viene affrontato in termini di bocciatura si o bocciatura no, senza molti
riferimenti al lavoro effettivamente svolto ed al tipo di apprendimenti che il
ragazzo ha maturato nei suoi anni scolastici. La soluzione, adottata, in
questi termini, è sempre e necessariamente una soluzione più di tipo
burocratico/formale che di tipo didattico e psicopedagogico” (Licciardello,
1990, p.257).
29
(Continua)
Al di là delle motivazioni ufficiali che supportano la decisione di
"promozione", o viceversa, di "bocciatura", (falsamente
democratico/ pietistiche nel primo caso, falsamente
pedagogico/garantiste nel secondo caso) il soggetto finirà,
almeno nella gran parte dei casi, con lo sprecare del tempo,
con lo strutturare sentimenti e vissuti di inadeguatezza e
atteggiamenti negativi nei confronti di una realtà che non
presenta (per lui) le condizioni minimali per produrre realmente
ed imparare, e rispetto alla quale i sentimenti di reciprocità
vertono facilmente sull' estraneità”.
(Licciardello, 1990, p p.257/258).
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L’orientamento socio-psicologico
L’istituzionalizzazione come processo di tipizzazione
oggettivante
“l'istituzionalizzazione ha luogo dovunque vi sia una tipizzazione
reciproca di azioni consuetudinarie da parte di gruppi di esecutori [...]:
ogni simile tipizzazione è un’istituzione. (Le istituzioni) sono accessibili a
tutti i membri del particolare gruppo in questione” (Berger e Luckmann,1966
[1969] pp.86/87).
“Tutti i problemi sono comuni, tutte le soluzioni a questi problemi sono
socialmente oggettivate, e tutte le azioni sociali sono socialmente
istituzionalizzate” (Ibiem, p.122).
“[...] le istituzioni, inoltre, per il fatto stesso della loro esistenza,
controllano la condotta umana fissandole modelli prestabiliti, che la
incanalano in una direzione anziché in un'altra delle molte che sarebbero
teoricamente possibili” (Ibidem, p.87) .
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2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.2-Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del
linguaggio
“Un mondo istituzionale, dunque, appare all’esperienza come una
realtà oggettiva […] C’era prima che fosse nato, e ci sarà dopo la sua
morte.
[…] l’oggettività del mondo istituzionale, per quanto massiccia possa
apparire all’individuo, è un’oggettività umanamente prodotta e costruita.
[…] la biografia dell’individuo è percepita come un episodio collocato
all’interno della storia oggettiva della società” (Ibidem, p.95).
“Il linguaggio rende oggettive e accessibili a tutti le esperienze comuni
all’interno della comunità linguistica, divenendo così la base e al tempo
stesso lo strumento della cultura collettiva” (Ibidem, p.97).
32
L’orientamento socio-psicologico
Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Domanda: Qual è la “densità” del processo di istituzionalizzazione e da
cosa dipende?
-Creazione di sub-universi di significato
“Il numero e la complessità sempre crescenti dei sub-universi li rendono
sempre più inaccessibili agli estranei. Diventano settori esoterici,
‘ermeticamente sigillati’.
Esempio:
Non è sufficiente costruire un sub-universo esoterico di medicina; il
pubblico profano deve convincersi che questo è giusto e benefico.”
(pp.133-134)
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L’orientamento socio-psicologico
Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
E’ l’oggettivizzazione della realtà che accomuna i sub-universi. Il soggetto,
in quanto produttore di tipizzazioni, tratta, pensa e vede la realtà sociale
come “cosa” esterna alla sua azione.
“La reificazione implica che l’uomo è capace di dimenticare di essere lui
stesso autore del mondo umano e inoltre che la dialettica tra l’uomo, il
produttore ed i suoi prodotti, scopare dalla coscienza. Il mondo reificato è,
per definizione, un mondo disumanizzato”. (p.136)
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L’orientamento socio-psicologico
Tipizzazioni della condotta e “apprendimento” dei ruoli sociali
“I ruoli appaiono non appena comincia a formarsi un comune bagaglio di
conoscenze che contengono tipizzazioni reciproche della condotta […]
ogni condotta istituzionalizzata implica dei ruoli. […] L’acquiescenza o
meno di fronte alle norme dei ruoli socialmente definiti cessa di essere
facoltativa.
[…] Per apprendere un ruolo non è sufficiente acquisire gli strumenti
meccanici immediatamente necessari al suo adempimento esterno:
bisogna anche essere iniziati ai vari strati conoscitivi e anche affettivi del
corpo di conoscenze che è direttamente e indirettamente appropriato a
quel ruolo” (Ibidem, pp.114/118)
I ruoli danno consistenza ed esistenza alle istituzioni, essi “rappresentano
l’ordine istituzionale” (p.115)
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L’orientamento socio-psicologico
Istituzionalizzazione, identificazione dell’Io e «distanza di ruolo»
“l'istituzionalizzazione ha conseguenze molto importanti per l'esperienza
di se stessi. Nel corso dell'azione c'è una identificazione dell'io con il
senso oggettivo dell'azione; l'azione che determina, per quel momento,
l'autopercezione dell'attore, e agisce così nel senso oggettivo che è stato
socialmente attribuito all'azione.
Sebbene continui ad esservi una marginale consapevolezza del corpo e
di altri aspetti dell'io non direttamente coinvolti nell'azione, l'attore, in
quel momento, percepisce se stesso essenzialmente nell'identificazione
con l'azione socialmente oggettivata...
Non è difficile vedere che, quando queste oggettivazioni si accumulano,
un intero settore di autocoscienza è strutturato nei loro termini” (Ibidem,
p.112)
“il soggetto agente si identifica con le tipizzazioni socialmente oggettivate
della condotta in atto, ma ristabilisce le distanze da esse quando riflette
più tardi sulla propria condotta” (Ibidem, p.113)
Da cosa dipende, dunque, la “distanza di
ruolo”?
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Suggestioni:
Ruolo sociale-“Maschera”-Distanza di ruolo
Dietro la maschera nasce poi la cosiddetta vita privata.
C.G.Jung, vol.7,
192.
C’è della gente che crede davvero d’essere ciò che rappresenta Ibidem
Cos’è la “maschera”? (similitudini possibili con le dinamiche teatrali)
La maschera rappresenta il modo che ha l’individuo per proporsi, in modo
socialmente accettabile, da Persona collettivamente conveniente, alla
società.
E’ il ruolo imposto dalla società
L’identificazione con essa è tale che l’i. dimentica il proprio mondo interno
G.H. Mead a proposito del rapporto Io/Me
37
L’orientamento socio-psicologico
L’istituzionalizzazione come processo di tipizzazione oggettivante
Consuetudinarietà
Per consuetudinarietà si intendono le azioni ripetute frequentemente
secondo uno schema fisso e via via riproducibile (le tipizzazioni), in
modo tale che l’individuo, economizzando le risorse, non debba
ridefinire ogni volta la situazione e che ciascuno sia in grado di
prevedere le azioni dell’altro
38
L’orientamento socio-psicologico
Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Le istituzioni:
•sono incipienti in ogni interazione sociale durevole,
•controllano la condotta umana (modelli prestabiliti),
•sono un prodotto umano,
•ma si presentano come esistenti al di sopra e al di là degli individui, si
manifestano come dotate di una realtà loro propria,
•si trasmettono, rafforzando il sentimento di realtà dell’individuo.
39
L’orientamento socio-psicologico
Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Il linguaggio:
•spiega e giustifica il mondo istituzionale,
•è lo strumento di legittimazione,
• è considerato un universo condiviso di simboli,
•è strumento della cultura collettiva, che viene appresa dalle nuove
generazioni durante la socializzazione stessa.
40
Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Georges Lapassade, psicosociologo, etnologo e
pedagogista francese, attraverso soprattutto la
sua esperienza all’interno dell’istituzione
universitaria in qualità di professore, con René
Lourau, è il fondatore dell’Analisi Istituzionale
“[…] l’oggetto dell’analisi istituzionale altro
non è che l’insieme della struttura sociale
(e delle sue istanze), ma in quanto essa si
manifesta e si nasconde al tempo stesso
nelle sue istituzioni” (Lapassade G. 1969, Procès de l’Université,
ed.it. 1976, p. 115)
41
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Da cosa nasce l’interesse per le istituzioni?
“Ciò che bisogna rimproverare alla burocrazia e ai burocrati
è, prima di tutto, di alienare fondamentalmente gli esseri
umani, togliendo loro il potere di decisione, l’iniziativa, la
responsabilità dei loro atti, la comunicazione: è, in altri
termini, di privarli delle loro attività specificatamente
umane” (Lapassade G. 1967, Groupes, Organisations et
Institutions, ed. it. 1974, p. 125)
Diffusione del Fenomeno burocratico
dell’uomo
L’alienazione
42
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
L’Autore descrive la burocratizzazione della società come un
processo che si svolge in tre fasi:
fase A quella della società industriale e capitalista del XIX
secolo, in cui il problema della burocrazia all’interno delle
organizzazioni ancora non si pone;
fase B caratterizzata dalla burocratizzazione delle grandi
aziende industriali e dalla presa di coscienza da parte delle
scienze sociali della problematicità di questo fenomeno,
nascono così la sociologia industriale e la psicosociologia che
intraprendono la critica della burocrazia e ricercano metodi di
trattamento;
fase C in cui la gestione burocratica perde la sua rigidità,
sconvolge le proprie caratteristiche tradizionali, praticando la
dinamica di gruppo, cercando di gestire il cambiamento, di
promuovere la partecipazione e di sfruttare a proprio vantaggio
l’idea di autogestione affidando alla psicosociologia dei gruppi e
alla sociologia dell’organizzazione il compito di facilitare il
passaggio dalla fase B alla fase C.
43
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
“[…] Lapassade indica nell’istituzione una
dimensione che ‘attraversa’, condiziona e regola sia i
gruppi che le organizzazioni. Una più precisa
definizione del termine si ha quando l’A. propone
l’ipotesi che l’istituzione sia l’equivalente, nel campo
sociale, di ciò che è l’inconscio nel campo psichico.
In altri termini, l’istituzione è l’inconscio politico della
società”
(R.Carli, 1970, p.IX).
L’istituzione è, dunque, un fenomeno nascosto,
una dimensione che permea i gruppi e le
organizzazioni e che ne caratterizza il
funzionamento latente o inconscio, e si situa
ad ogni livello
44
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Ruolo repressivo ed omologante
Le Istituzioni: riproducono l’ordine costituito, bloccano
le contraddizioni interne, inducono all’accettazione
incondizionata e permettono la diffusione
dell’ideologia dominante.
Il carattere repressivo, la fissità e l’immutabilità che
appaiono come caratteristiche ineluttabili, in realtà,
sono le conseguenze di una sorta di
“naturalizzazione” delle istituzioni, come la definisce
Lapassade, un meccanismo grazie al quale esse,
prodotte dalla storia, finiscono per sembrare fisse ed
eterne, sorrette da valori fondanti ritenuti a-storici ed
invariabili
Solo una forma avanzata di “lotta politica” può
rimuovere i blocchi istituzionali, rendendo visibile la
contingenza delle istituzioni.
45
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Istituzione come “dato” e come “atto”
“il termine istituzione ha: “un doppio significato.
Esso significa:
a) “un dato: un istituzione è un sistema di norme che
strutturano un gruppo sociale, regolano la sua vita e
il suo funzionamento;
b) un atto; come dice l'espressione: 'istituzione' dei
bambini nel senso di: educazione. Istituire significa
fare entrare nella cultura” (1967 [1974], p.179)
46
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Istituzione dato e atto
Fine dell’analisi istituzionale è la rivelazione
dell’origine culturale di ogni istituzione
L’insieme degli aspetti culturali su cui si fonda “il
dato”, però, non si rivela attraverso un’osservazione
diretta, né tramite un’analisi puramente teorica, ma
tramite un “analyseur”.
L’analizzatore può essere un gruppo che favorisce
l’analisi dell’istituzione, svelando una verità sociale o
una situazione fino a quel momento nascosta o poco
conosciuta. L’analizzatore aiuta a smascherare una
relazione sociale istituzionalizzata, consentendo di
capire quali sono gli obiettivi reali che una
determinata realtà persegue, e quali le vere
concezioni di fondo che la caratterizzano al di la dei
principi e degli scopi dichiarati e palesi.
47
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Dominio pedagogico e dominio burocratico
“Il modello di dominio pedagogico anticipa e
contiene il modello di dominio burocratico,
esso ne è la giustificazione profonda; se gli
individui non avessero sperimentato, durante
tutta la loro infanzia, il modo di dominio
pedagogico, essi non accetterebbero mai il
modo di dominio burocratico, esso
apparirebbe loro come la peggiore delle
alienazioni” (Lapassade G. (1970) [tr. it. 1974] p. 129)
La promozione del cambiamento sociale passa attraverso
un’azione che si fonda sui processi educativi, sul
cambiamento della scuola
48
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Dominio pedagogico e dominio burocratico
In ambito pedagogico, e all’interno della classe, occorre distinguere tra:
1. Le istituzioni interne: la dimensione strutturale e prestabilita degli
scambi pedagogici e l’insieme delle tecniche istituzionali che vengono
utilizzate in classe;
2. le istituzioni pedagogiche esterne: programmi, regolamenti, gruppo
scolastico di cui la classe fa parte
Funzionamento gerarchico della burocrazia pedagogica: decisioni
fondamentali (programmi, istruzioni, ecc.) prese al vertice e poi diffuse
per via gerarchica fino alla base del sistema (gli insegnanti, gli allievi),
per cui gli insegnanti non partecipano al sistema di autorità che si
ferma al livello dell’amministrazione:
“Nella pedagogia tradizionale queste istituzioni si impongono, nella
classe, come un sistema non suscettibile di essere messo in
discussione. Esso costituisce il quadro necessario della
formazione, il cui supporto è considerato indispensabile. In
opposizione a questa concezione delle istituzioni, proponiamo di
chiamare pedagogia istituzionale una pedagogia nella quale le
istituzioni sono degli strumenti la cui struttura può essere
cambiata. Nell’autogestione pedagogica, gli allievi sono istituenti
a livello delle istituzioni interne” (ibidem, p.123)
49
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Dominio pedagogico e dominio burocratico
La possibile realizzazione di queste nuove
forme di gestione passa attraverso la presa di
coscienza che i rapporti d’insegnamento si
pongono sempre all’interno di un contesto
istituzionale che ne costituisce il contenitore
Da cosa è rappresentato tale
contesto istituzionale?
E come è possibile attuare un
cambiamento?
50
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Il cambiamento dell’istituzione scolastica: livelli e
dinamiche
1)"esiste una realtà chiamata classe, che si distingue dall' 'allievo'
astratto e anonimo situato fuori da ogni contesto sociologico. Questa
classe è una realtà istituzionale, essa è organizzata dall'esterno da
un'amministrazione burocratica;
2)questa classe costituisce, lo si voglia o no, un 'gruppo' che riceve
abitualmente le proprie 'istituzioni interne' da un 'amministratore' che è
il professore, il quale decide di un'organizzazione, di un progresso, di
leggi, di una disciplina, ecc. Se si vuole ad ogni costo rendere agli
allievi il loro 'potere di decisione', non si può ignorare l'esistenza di un
tale gruppo e il fatto che da una parte si producono numerose
interazioni tra i membri di questo gruppo e dall'altra, le decisioni non
possono essere prese (de facto) dagli individui isolati, considerati
come altrettante libertà indipendenti. In altre parole esiste una
dimensione sociale del problema pedagogico" (Ibidem, pp.136/137)
51
2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.4.Il cambiamento dell’istituzione scolastica: livelli e dinamiche
Una pedagogia democratica, caratterizzata da
rapporti umani non burocratici, può essere
attuata soltanto in termini di processo e
attraverso modalità adeguate al contesto nel
quale si svolge, non basta, infatti, la sola volontà
del docente, giacché il cambiamento è un fatto
relativo alla dinamica della dimensione
istituzionale
52
L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
Il cambiamento dell’istituzione scolastica: autorità e cambiamento
•"Il professore è istituzionalmente un 'burocrate' nella sua classe, poiché egli è
incaricato di prendere delle decisioni e di imporre la sua concezione
pedagogica.
•Se vuole cambiare di sua iniziativa il proprio statuto e diventare non direttivo,
deve prendere delle precauzioni perché resta istituzionalmente (da parte
dell'istituzione esterna) legato ad un altro statuto.
… dunque come può fare?
•Non può innocentemente, e come se niente fosse, mettersi a fare 'come se' il
vecchio statuto non esistesse.
Bisogna che proprio egli stesso distrugga la sua autorità, che si neghi in
prima persona come burocrate.
Ciò non è facile, perché gli allievi stessi hanno la tendenza a considerarlo
come tale e aspettano che egli si comporti come tale (anche se ne soffrono)“
(Ibidem, pp.136/137)
53
Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento istituzionale-IV
2.4.2.Lourau: istituente e istituito
“Le
istituzioni sono presenti nell’immaginario” (Lourau, 1970, p.119)
Così, cambiare le istituzioni significa, sostanzialmente, modificare le basi
culturali e relazionali.
“La scuola ha come funzione di preparare alla vita professionale, di
fornire una cultura generale, etc.; ma anzitutto ha per funzione di far
interiorizzare le norme ufficiali del lavoro sfruttato, della famiglia cristiana,
dello Stato borghese. A scuola si impara così a interiorizzare il modello
della fabbrica. A scuola, e in fabbrica, si impara a "inchinarsi" davanti ai
superiori e dopo, se capita, si impara un mestiere” (Ibidem, pp.13/14)
L’A., in modo specifico, parla di “reinvenzione” delle forme sociali:
“perché non esistono mai nella storia invenzioni pure e semplici e perché ci
sono periodi di oblio - più o meno lunghi - che danno (solo) l'impressione di
scoprire nuove forme sociali di ribellione che invece sono sempre esistite”
(Lourau R., 2000).
54
(continua)
“La corrente istituzionalista ha messo l'accento, fin dalle sue origini,
sul rapporto antagonista tra l'istituente e l''istituito', sui processi attivi
di istituzionalizzazione” (Ibidem 1970, pp.119)
In tal senso, Lourau distingue due forme di cambiamento: la
“rivoluzione” e la “riforma”.
“rivoluzioni omologate”: si assiste ad una sorta di rinnegamento,
programmato ed orchestrato, del progetto rivoluzionario iniziale: vale a
dire che, ogni nuovo “istituente”, che implica uno sconvolgimento degli
istituiti e che si determina attraverso rivoluzione, conduce alla
cristallizzazione del nuovo istituente in istituito. Viceversa, il cambiamento
che avviene attraverso riforma implica un processo più lento, più
complesso ma anche più profondo e dinamico, che passa attraverso le
persone e le culture specifiche.
55
Suggestioni sul carattere ambivalente delle cose
“Solo il paradosso è capace di abbracciare, anche solo
approsimativamente, la pienezza della vita” (C.G.Jung, vol.12, p.20)
“La vita è folle e significante” (Jung)
Che cosa fa il tardo novembre / Coi turbamenti di primavera,
Le creature della calura, /E i bucaneve schiacciati dai piedi
E i rampicanti che s’alzano troppo,
Di rosa in grigio, e rovesciano giù / Rose tardive piene di neve?
(T. S. Eliot, 1973, Opere, Bompiani, Milano, 491)
-Natura ossimorica dell’uomo
-Visione del mondo unilaterale e rassicurante vs ‘duale’ - ‘senso di colpa’;
56
Istituzioni psichiatriche e malattia mentale:
riflessioni di Franco Basaglia
“Una cosa è considerare il problema una crisi, e una cosa è
considerarlo una diagnosi, perché la diagnosi è un oggetto, la crisi è
una soggettività”.
“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è
presente come lo è la ragione. Il problema è che la società , per dirsi
civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece
incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia
allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d' essere”.
L'irrecuperabilità del malato è spesso implicita nella natura del luogo
che lo ospita. Ma questa natura non dipende direttamente dalla
malattia: la recuperabilità ha un prezzo, spesso molto alto, ed è
quindi un fatto economico- sociale più che tecnico-scientifico»
(F.Basaglia)
57
Istituzioni psichiatriche e malattia mentale:
riflessioni di Franco Basaglia
«Dato il livello ridottissimo delle nostre conoscenze nel campo della
malattia mentale (in particolare la schizofrenia, di cui conosciamo le
diverse modalità di espressione, ma quasi nulla di ciò che riguarda
l'eziologia), non possiamo continuare ad "accantonare" i malati in
attesa di raggiungere una più approfondita comprensione di ciò di
cui soffrono, aumentandone la sofferenza attraverso la reclusione e
la segregazione; tentiamo invece di "accantonare" la malattia come
vuota definizione e semplice etichettamento, cercando di creare una
possibilità di vita e di comunicazione, tale da consentire insieme
l'affiorare e il liberarsi di elementi in grado di darci qualche
indicazione per l'indagine futura. Se la malattia resta coperta dalla
malattia istituzionale, non si riuscirà ad uscire da questa totale
identificazione che ci impedisce ogni possibilità di comprensione.»
(Introduzione generale ed esposizione riassuntiva dei vari gruppi di
lavori, 1974)
58
Istituzioni psichiatriche e malattia mentale:
riflessioni di Franco Basaglia
«Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato
entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([...]); viene
immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo
inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo
paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua
individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la
malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità,
della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo
dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del
ritmo dell'internamento. L'assenza di ogni progetto, la perdita del
futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima
spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su
tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto
tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle
particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema
istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo» (F. Basaglia,
1964)
59
Istituzioni psichiatriche e malattia mentale:
riflessioni di Franco Basaglia
La follia non è malattia. L'analista deve restare in ascolto dell'altro e spogliarsi
d'ogni certezza, per poter far questo, avverte sempre più pressante la
necessità di operare una sospensione, una epoché, di tutte le categorie
sclerotizzate per poter ridare parola al paziente. Il pensiero esistenziale e
fenomenologico eviscerato in questi anni di studio gli dà anche un'altra
certezza: non si può trasformare il mondo senza trasformare se stessi, senza
esporsi al rischio di diventare altri da ciò che si è.
Che cos'è l'istituzione?
«Ricordo che circa vent'anni fa sono andato in Inghilterra perché si era avviata
in quel paese una grande opera di rinnovamento dei programmi istituzionali,
sia nella medicina in generale che nella psichiatria in particolare. Ho visitato
molte di queste istituzioni e ho constatato che c'era un differente rapporto tra
medico e malato, - un rapporto più libero, meno coercitivo, e mi sembrava di
non riuscire più a capire il concetto di istituzione. Lo capivo sì, perché lo avevo
studiato, ma il vissuto che avevo sperimentato fino a quel momento, vivendo
nelle istituzioni italiane, era molto differente dal concetto di istituzione quale
vedevo nelle istituzioni inglesi. Ed ho chiesto, vergognandomi, ad un collega
inglese "cosa vuol dire istituzione?". (continua)
60
(dalla pag.precedente)
Lui non sapeva darmi una risposta; si meravigliava molto della mia ineleganza
concettuale, - in quanto gli inglesi pensano che i "continentali' siano molto più
concettuali, molto più precisi nelle definizioni, mentre loro sono molto pragmatici
-, e guardandomi mi rispose in maniera pragmatica: "l'istituzione è... guardandosi in giro - ...questa", e indicava con le mani. Eravamo nella stanza di
un manicomio.
Così ho avuto l'illuminazione: l'istituzione in quel momento eravamo noi due, là, in
quel posto che era il manicomio. E ho cominciato a capire che tutti i discorsi, che
noi facevamo in quel momento, erano discorsi che aprivano o chiudevano
questa istituzione che eravamo noi due. Se noi facevamo dei discorsi di
apertura, l'istituzione era una situazione aperta; se noi facevamo dei discorsi di
chiusura, l'istituzione era un'istituzione chiusa. Questo era il parlare, ma poi c'era
anche il fare. Se un'istituzione viene gestita dal suo personale in maniera chiusa,
mentalmente e praticamente, l'istituzione è chiusa; se fa l'opposto l'istituzione si
apre.» (Lezione/conversazione con gli infermieri nel congedo da Trieste, 1979)
61
LA RAPPRESENTAZIONE DELLA MALATTIA
MENTALE: un contributo di ricerca sul campo con
addetti ai lavori del Nord e del Sud Italia
1 Gli obiettivi
Verificare se vi siano delle differenze nel modo in cui gli operatori che si occupano di
malattia mentale, in differenti zone e/o in diverse strutture organizzative che ospitano
soggetti affetti da malattia mentale, si rappresentano l’utenza.
-studio n.1. sulla base dell’ipotesi secondo cui una diversa appartenenza territoriale
veicoli significati e immagini diverse negli attori sociali, abbiamo verificato le possibili
differenze tra gli operatori di Comunità Alloggio del Friuli e della provincia di Catania.
-studio n.2. sulla base dell’ipotesi secondo cui le caratteristiche dimensionali e
organizzative delle strutture che si occupano di malati di mente si riverberino sulla
rappresentazione degli utenti, abbiamo verificato le possibili differenze tra operatori
che lavorano in Comunità Alloggio e in CTA della provincia di Catania.
62
I Partecipanti
La selezione dei partecipanti è avvenuta in modo differente in base al contesto
territoriale:
-per il Nord, sono state prese in considerazione le 5 Comunità Alloggio del Friuli
che fanno capo al DSM di Gorizia,
-per il Sud, invece, abbiamo considerato il territorio di Catania. In tale contesto,
la realtà specifica appare molto articolata; sono, infatti, presenti 28 Comunità
Alloggio (24 nel territorio del calatino), e 17 CTA di cui 1 pubblica. Alla ricerca
hanno accettato di partecipare gli operatori di 5 Comunità Alloggio e di 2 CTA (in
totale abbiamo contattato 10 CTA, ma di queste solo 2 si sono rese disponibili a
collaborare).
Il Procedimento
Contatto telefonico col responsabile della struttura selezionata, lettera di
presentazione del progetto di ricerca e la richiesta di collaborazione.
La raccolta dei dati è avvenuta durante l’orario di lavoro, in setting di piccolo
gruppo, alla presenza del ricercatore (in Friuli, la stessa è avvenuta in occasione
delle riunioni di equipe).
A garanzia dell’anonimato, i partecipanti hanno chiuso i questionari compilati in
63
buste bianche e li hanno inseriti in apposite urne.
Gli strumenti
A)Un questionario semi-strutturato per la raccolta delle informazioni generali relative
ai soggetti del campione (le background questions)[1].
B) Sei domande aperte che propongono libere associazioni in merito a:a) le
emozioni nei confronti della malattia mentale;
b) le caratteristiche della persona “malata di mente”;
c) i pregiudizi più diffusi;
d) le condizioni necessarie affinché la famiglia possa svolgere al meglio il proprio
ruolo;
e) le competenze che dovrebbe possedere l’operatore;
f) gli obiettivi cui dovrebbe puntare chi lavora con soggetti “malati di mente”.
C) Tre scale di tipo Likert per esplorare la qualità del clima relazionale interno valutazione livello di soddisfazione per la qualità delle relazioni professionali con
a)colleghi e b) responsabile; delle relazioni, in genere, con c) gli utenti.
D) Quattro Differenziali Semantici: 1) Sé Attuale (“Io come sono”), 2) Sé Futuro (“Io
come sarò”), 3) La persona malata di mente, in generale (out-group), 4) L’operatore
di comunità, in generale (in-group).
64
L’elaborazione preliminare
A-Per le libere associazioni, si è proceduto alla chiusura degli items, attraverso
l’analisi del contenuto, effettuata, per motivi metodologici, in setting di piccolo
gruppo; in sede trattamento statistico dei dati non abbiamo considerato i soggetti
che non hanno specificato/fornito alcuna risposta;
B-Per le Scale di tipo Likert, si è provveduto a effettuare il calcolo dei valori medi;
C-Per i Differenziali Semantici (D.S.), si è proceduto al calcolo dell’indice di
affidabilità per ciascuno dei fattori considerati: “Sé Attuale” (Alpha di Cronbach=
.88), “Sé Futuro” (Alpha di Cronbach= .92), “Out-group”(Alpha di Cronbach= .86) e
“In-group” (Alpha di Cronbach= .95); successivamente abbiamo effettuato il calcolo
dei valori medi di ciascuno degli stessi e delle Distanze Euclidee tra i valori dei D.S.
considerati.
Le variabili considerate
1)Area geografica (Friuli Vs Sicilia, nel caso dello studio n.1), 2)Tipo di struttura
(Comunità Alloggio Vs CTA, per lo studio n.2) 3)Titolo di studio (livello
Medio/Medio-superiore e Universitario), 4)Età, 5)Anzianità di servizio nella struttura
attuale, 6)Tempo di “contatto” con la malattia mentale.
65
I Risultati
Studio n.1
Hanno partecipato 70 soggetti tra operatori (85.7%), e responsabili di comunità
(14.3%) per la gran parte di genere femminile (85.7%), per il 60% appartenenti a
Comunità Alloggio del Friuli.
Relativamente alle variabili sociologiche, le stesse hanno le seguenti
caratteristiche:
-Età: Media 38.83, Mediana 38.5, Moda 44, gamma 22-58, s.d.9.350;
-Anzianità di servizio nell’attuale struttura: Media 74.81, Mediana 4.00, Moda 1,
gamma 1-15, s.d.3.572;
-Tempo di “contatto” con la malattia mentale: Media 6.70, Mediana 5.00, Moda 1,
gamma 1-27, s.d.4.968.
-Titolo di studio: 55.2% con Diploma di scuola media/media-superiore, 44.8% una
preparazione di livello universitario
66
Quando penso alle persone malate di mente, provo alle
seguenti emozioni
Categorie:
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1)Affetto (l’amore, il
senso di protezione, la
tenerezza, l’aiuto e la
comprensione)
54,4
2)Rabbia e
Tristezza
35,3
10,3
1
2
3)Ambivalenza
(emozioni positive e
negative)
3
67
Secondo me, la persona malata di mente …
(caratteristiche)
Categorie:
45
40
1)E’ una Risorsa;
34,8
35
29
30
24,6
2)Ha potenzialità/Criticità
25
20
15
3)E’ Sola/Fragile
11,6
10
4)E’ Malata
5
0
1
2
3
4
68
Credo che i pregiudizi più diffusi sui malati di mente
siano…
Categorie:
80
75
70
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
76,5
1)Pericolosi e violenti
2)Incapaci di pensare
3)Emarginati
20,6
2,9
1
2
3
69
I Risultati
Studio n.2
hanno partecipato 45 soggetti tra operatori (82.2%), e responsabili di
comunità (17.8%) per la gran parte di genere femminile (73.3%), il 62.2%
appartenenti a Comunità Alloggio e il 37.8% alle C.T.A.
Relativamente alle variabili sociologiche, le stesse hanno le seguenti
caratteristiche:
-Età: Media 41.89, Mediana 43.00, Moda 35, gamma 25-58, s.d.8.085;
-Anzianità di servizio nell’attuale struttura: Media 9.67, Mediana 7.00,
Moda 1, gamma 1-35, s.d.8.407;
-Tempo di “contatto” con la malattia mentale: Media 10.64, Mediana 9.00,
Moda 1, gamma 1-27, s.d.8.269.
-Titolo di studio: più dei 3/5 dei nostri soggetti possiede un Diploma di
scuola media/media-superiore (64.3%), la restante parte ha una
preparazione di livello universitario (35.7%).
70
Questioni relative al ruolo della famiglia…
Categorie:
50
45
1)Empatia
40
40
35
28,6
30
2)Presenza/collaborazione
27,1
25
3)Sostegno
20
15
10
4,3
5
4)Non interferire
0
1
2
3
4
71
Questioni relative al ruolo della famiglia…
-Differenze dovute alla variabile “zona”
Tab. 1- Il ruolo della famiglia è di:
Zona
Friuli
Sicilia
f
%
f
%
1)Sostegno
21
50
7
25
2)Presenza e collaborazione
14
33.3
6
21.4
3)Empatia
6
14.3
13
46.4
4)Non interferire
1
2.4
2
7.1
Totale
41
100
41
100
X2=10.742 d.f3 p=.013
72
Quali competenze dovrebbe possedere chi opera con
persone malate di mente …
Categorie:
85
80
75
70
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
75,9
1)Competenze relazionali
2)Preparazione specifica
3)Qualità personali
17,2
6,9
1
2
3
73
Quali obiettivi dovrebbe fissare chi opera con persone
malate di mente …
45
Categorie:
40
35
33,3
33,3
30
1)Inserirsi nella società
26,7
2)Essere auto-consapevoli
25
20
3)Collaborare e sostenere
15
10
6,7
4)Benessere/Riabilitazione
5
0
1
2
3
4
74
Rappresentazione del clima relazionale interno:
Tab. 2- Livello di soddisfazione della qualità delle relazioni con:
M
S.D.
1)I Colleghi
5.79
1.273
2)I Responsabili
5.98
1.297
3)Gli Utenti
6.00
.993
Scala 1-7: 1= Assolutamente insoddisfatto // 7=Assolutamente soddisfatto
Differenze significative:
-i soggetti con una formazione di livello medio/medio superiore, più degli altri, si
dichiarano soddisfatti della qualità delle relazioni col responsabile (M=6.39 vs
M=5.39, t=3.138, p=.003).
Correlazioni significative tra tempo di contatto con la “malattia mentale” e clima
organizzativo, in particolare:
-le “relazioni con i colleghi” correlano negativamente sia con gli anni di contatto con la
malattia mentale (r=-.329 p=.005), che con gli anni di servizio nell’attuale struttura
75
(r=-.315 p=.008).
Dimensioni del Self, in-group e out-group
Categorie:
1)Io come sono
(Sé Attuale)
3
2
1,67
1,65
1,14
2)Io come sarò
(Sé Futuro)
1
0
1
2
3
4
-0,7
-1
3)L’operatore di
comunità (In-group)
-2
4)La persona malata di
mente (Out-group)
-3
-3 indica il grado minimo di valutazione // +3 indica il grado massimo di valutazione (*)
* Valori ottenuti dividendo il punteggio totale di ciascun D.S. per il numero di coppie polari che lo o
costituiscono
F(3,207)= 241.50
p<.001
76
Differenze apprezzabili:
-l’in-group viene valutato meno dai maschi (M=0.91 vs M=1.77 t=-3.917 p<.001) e dai
coordinatori d’equipe (M=0.94 vs Operatori: M=1.56 t=-2.498 p=.014),
-l’out-group viene valutato meno dai siciliani che dai friulani (M= -0.90 vs M= -0.57 t=2.110 p=.039).
Correlazioni:
-la considerazione che i nostri soggetti hanno dell’out-group correla negativamente
con la qualità delle relazioni “con il responsabile” (r=-.260 p=.043) e positivamente con
quella riferita agli “utenti” (r=.324 p=.006).
77
Distanze Euclidee
Categorie:
5
Distanza tra:
1)In-group/Sé Futuro
4
3,14
3,18
2)Sé Reale/Sé Futuro
2,79
3
2
1,42
1,66
1,77
3)Sé Reale/In-group
1
4)Sé Reale/Out-group
0
1
2
F(3,207)= 241.50
3
4
5
6
p<.001
5)Out-group/In-group
6)Out-group/Sé Futuro
78
Distanze Euclidee
Correlazioni positive tra:
-la distanza delle dimensioni del Self e la qualità delle relazioni “con i colleghi”
(r=.286 p=.017);
-la distanza in-group/out-group e la qualità delle relazioni “col responsabile”
(r=.288 p=.024);
-la distanza “Sé Attuale/out-group” e la qualità delle relazioni “con il
responsabile” (r=.319 p=.014) e l’età (r=.384 p=.001);
-la distanza “Sé futuro/in-group” e l’anzianità di servizio nell’attuale struttura
(r=.277 p=.021) e l’età (r=.323 p=.007).
Differenze emergono in relazione alla variabile “Zona”, in particolare tra i
soggetti del sud vi è una maggiore distanza tra:
-le dimensioni del Self e l’out-group (Sé Attuale/out-group: M=3.17 vs F:
M=2.54 t=3.598 p=.001; Sé Futuro/out-group: M=3.49 vs F: M=2.97 t=2.48
p=0.16);
-tra l’in-group e l’out-group (M=3.47 vs F: M=2.49 t=-2.458 p=.017);
-tra Sé Futuro e l’in-group (M=1.60 vs F: M=1.30 t=-2.145 p=.036).
79
Discussione risultati Studio n.1
La maggior parte dei nostri soggetti esprime emozioni positive nei confronti dei
pazienti di cui si occupano (amore, senso di protezione, tenerezza; aiuto e
comprensione) e si dichiarano molto soddisfatti delle relazioni con essi.
Ma la valutazione che gli stessi danno dell’outgroup è di segno negativo,
soprattutto per gli operatori siciliani. Peraltro, la stessa appare di segno opposto a
quella riferita alla propria categoria professionale, come a voler rimarcare la distanza
tra “noi”, gli operatori, e “loro”, i pazienti.
Inoltre, se ad una prima analisi, il clima interno appare positivamente connotato, in
realtà esso risente sia degli anni di contatto con la malattia mentale che degli anni di
servizio nell’attuale struttura
80
RISULTATI STUDIO N.2
-45 partecipanti: operatori (82.2%) e responsabili di comunità (17.8%) per la gran
parte di genere femminile (73.3%), il 62.2% appartenenti a Comunità Alloggio e il
37.8% alle C.T.A.
-Età: Media 41.89, Mediana 43.00, Moda 35, gamma 25-58, s.d.8.085;
-Anzianità di servizio nell’attuale struttura: Media 9.67, Mediana 7.00, Moda 1,
gamma 1-35, s.d.8.407;
-Tempo di “contatto” con la malattia mentale: Media 10.64, Mediana 9.00, Moda 1,
gamma 1-27, s.d.8.269.
-Diploma di scuola media/media-superiore (64.3%), preparazione di livello
universitario (35.7%).
81
Quando penso alle persone malate di mente, provo alle
seguenti emozioni
Categorie:
50
1)Affetto
45
45
2)Rabbia e
Tristezza
37,5
40
35
30
25
20
15
10
17,5
3)Ambivalenza
(emozioni positive e
negative)
5
0
1
2
3
82
Secondo me, la persona malata di mente …
(caratteristiche)
Categorie:
50
42,2
45
40
1)E’ una Risorsa;
35,6
35
2)Ha potenzialità/Criticità
30
25
3)E’ Sola/Fragile
20
15
10
13,3
8,9
4)E’ Malata
5
0
1
2
3
4
83
Credo che i pregiudizi più diffusi sui malati di mente
siano…
Categorie:
80
75
70
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
75
1)Pericolosi e violenti
2)Incapaci di pensare
3)Emarginati
1
13,6
11,4
2
3
84
Questioni relative al ruolo della famiglia…
Categorie:
50
1)Empatia
45
37,8
40
35
2)Presenza/collaborazione
31,1
30
25
22,2
3)Sostegno
20
15
8,9
10
4)Non interferire
5
0
1
2
3
4
85
Quali competenze dovrebbe possedere chi opera con
persone malate di mente …
Categorie:
75
70
65
60
55
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1)Competenze relazionali
66,7
(ascolto, di accoglienza e
contenimento dell’altro e alla
consapevolezza di sé)
27,8
2)Preparazione specifica
3)Qualità personali
5,6
1
2
3
86
Quali competenze dovrebbe possedere chi opera con
persone malate di mente …
Tab.3-Competenze degli operatori
Tipo
Comunità Alloggio
Competenze
CTA
f
%
f
%
1)Competenze relazionali
18
81.8
6
42.9
2)Preparazione specifica
4
18.2
8
57.1
Totale
22
100
14
100
X2=5.844 d.f1 p=.029
87
Quali obiettivi dovrebbe fissare chi opera con persone
malate di mente …
Categorie:
45
40
1)Inserirsi nella società
36,6
35
30
29,3
2)Essere auto-consapevoli
25
17,1
20
17,1
15
3)Collaborare e sostenere
4)Benessere/Riabilitazione
10
5
0
1
2
3
4
88
Rappresentazione del clima relazionale interno:
Tab. 5-Livello di soddisfazione della qualità delle relazioni con:
M
S.D.
1)I Colleghi
5,60
1,355
2)I Responsabili
5,55
1,519
3)Gli Utenti
5,80
1,1
Scala 1-7: 1= Assolutamente insoddisfatto // 7=Assolutamente soddisfatto
Differenze significative:
-i soggetti delle Comunità Alloggio più degli altri si dichiarano soddisfatti della qualità
delle relazioni sia con i colleghi (M=6.00 vs CTA: M=4.94, t=2.70, p=.009) che con i
responsabili (M=6.00 vs CTA: M=4.79, t=2.547, p=.015).
89
Rappresentazione del clima relazionale interno:
correlazioni
Correlazioni significative tra: età, tempo di contatto con la malattia mentale, anni
di servizio nell’attuale struttura riabilitativa e clima organizzativo
-l’età correla negativamente con la qualità delle relazioni con “i colleghi” (r=-.498
p=.001), “il responsabile” (r=-.441 p=.006), e “gli utenti” (r=-.399 p=.007);
-gli anni di servizio nell’attuale struttura riabilitativa correlano negativamente con
la soddisfazione rispetto le “relazioni con i colleghi” (r=-.584 p=<.001) e “con il
responsabile” (r=-.561 p<.001);
-gli anni di contatto con la malattia mentale correlano negativamente sia con la
qualità delle “relazioni con i colleghi” (r=-.479 p=.001) che con “i responsabili” (r=.628 p<.001).
90
Dimensioni del Self, in-group e out-group
Categorie:
1)Io come sono
(Sé Attuale)
3
2
1,5
1,19
1,31
2)Io come sarò
(Sé Futuro)
1
0
1
-1
2
3
4
-0,84
-2
3)L’operatore di
comunità (In-group)
4)La persona malata di
mente (Out-group)
-3
-3 indica il grado minimo di valutazione // +3 indica il grado massimo di valutazione (*)
* Valori ottenuti dividendo il punteggio totale di ciascun D.S. per il numero di coppie polari che lo o
costituiscono
F(3,123)= 152.82
p<.001
91
Dimensioni del Self, in-group e out-group: differenze
rispetto alle variabili
Differenze apprezzabili:
-l’in-group, ovvero la propria categoria professionale, è meno valutato dai soggetti che
lavorano nelle CTA (M=0.73 vs Comunità Alloggio: M=1.66 t=-3.351 p=.002), dai
coordinatori d’equipe (M=0.50 vs Operatori: M=1.48 t=-2.702 p=.010) e dalle femmine
(M=0.31 vs M: M=1.67 t=-5.022 p<.001);
-il “Sé Futuro”, ovvero l’auto-proiezione riferibile alla propria progettualità di vita, viene
valutato meno positivamente da coloro che lavorano nelle CTA (M=1.21 vs Comunità
Alloggio M=1.69 t=-2.305 p=.026) e dai maschi (M=1.04 vs F: M=1.67 t=-2.878
p=.006);
-il “Se Reale” è valutato più positivamente dai maschi (M=1.37 vs F: M=0.63 t=4.388
p<.001).
92
Dimensioni del Self, in-group e out-group:
correlazioni
Correlazioni
-l’età correla negativamente con la considerazione che i nostri soggetti hanno
dell’out-group (r=-.318 p=.033).
-gli “anni di servizio nell’attuale struttura” correla negativamente con la
considerazione nei confronti dell’in-group (r=-.342 p=.022) e con il “Sé Futuro”
(r=-.297 p=.047) che con il “tempo di contatto con la malattia mentale.
-il “tempo di contatto con la malattia mentale” correla negativamente con la
rappresentazione dell’in-group ” (r=-.498 p=.001) e con il “Sé Futuro” (r=-.386
p=.009).
93
Distanze Euclidee
Categorie:
Distanza tra:
1)In-group/Sé Futuro
4
2,98
3,12
3,23
2)Sé Reale/Sé Futuro
3
2
1,63
3)Sé Reale/In-group
1,76
1,49
4)Sé Reale/Out-group
1
5)Out-group/In-group
0
1
2
F(3,207)= 241.50
3
4
5
6
p<.001
6)Out-group/Sé Futuro
94
Discussione risultati Studio n.2
La rappresentazione della persona “malata di mente” tra gli operatori catanesi fa
riferimento, in particolare, alla dimensione di “malattia” e di fragilità (che comunque
rimanda alla malattia in quanto sottesa ad essa), evocando sentimenti d’affetto ma
anche di rabbia e tristezza.
Non sorprende, dunque, la valutazione negativa che gli stessi hanno dell’ out-goup,
nonostante, a livello esplicito, riferiscano di avere buone relazioni con gli utenti.
Di fatto, la valutazione dell’out-group risente del tipo di struttura in cui si presta
servizio, infatti, i soggetti occupati nelle CTA valutano più positivamente il gruppo
degli utenti, anche in riferimento alla progettualità futura.
Di contro, gli stessi valutano meno positivamente l’in-group rispetto chi presta
servizio nelle Comunità Alloggio, i quali, si dichiarano più soddisfatti della qualità
delle relazioni con i colleghi e con i responsabili.
Nonostante il clima relazionale interno sia positivamente connotato in entrambi i
gruppi, esso risente sia degli anni di servizio nell’attuale struttura riabilitativa che
degli anni di contatto con la “malattia mentale” che incidono sulla qualità delle
relazioni con i colleghi e con il responsabile
95
CONCLUSIONI
I dati si prestano a una differente lettura sulla base dell’individuazione di due
diversi livelli di analisi: del “dichiarato” e dell’“implicito” sentire. In tal senso, infatti,
l’utilizzo stesso delle scale di giudizio, ove esplicito è l’obiettivo della ricerca,
amplificando gli effetti dovuti alla “desiderabilità sociale”, piuttosto che del
Differenziale Semantico, dal quale appare difficile cogliere in maniera intuitiva gli
obiettivi cui il ricercatore mira, mostrano una sostanziale discrepanza tra il “dover
essere” e l’“essere”. Si tratta di considerare gli effetti dovuti al ruolo istituzionale
ricoperto che si riverberano sulla qualità dei dati stessi, rilevando una certa
discrasia tra il livello del dichiarato e del socialmente dichiarabile e ciò che
realmente si pensa ma si censura per bisogno di approvazione sociale.
Secondo tale prospettiva, se a livello del “dichiarato”, la maggior parte dei nostri
soggetti in entrambi gli studi, esprime emozioni positive nei confronti dei pazienti di
cui si occupano (amore, senso di protezione, tenerezza; aiuto e comprensione) e si
dichiarano molto soddisfatti delle relazioni con essi, a livello dell’“implicito sentire”,
la valutazione che gli stessi danno dell’outgroup è di segno negativo, soprattutto
per gli operatori siciliani. Peraltro, la stessa appare di segno opposto a quella
riferita alla propria categoria professionale, come a voler rimarcare la distanza tra
“noi”, gli operatori e “loro” i pazienti. E’ una ripetizione. Effettuare delle conclusioni
in cui si cerca di vedere complessivamente eventaiuli diff tra contesti organizzativi.
96