D. D. L.
“TESTO UNICO SULLA TUTELA DELLE AREE NATURALI
E DELLA BIODIVERSITA’”
Relazione illustrativa
La Conferenza Mondiale sull’Ambiente di Rio de Janeiro del 1992 ha segnato
una svolta epocale rispetto alle tematiche di conservazione ambientale. In quell’occasione,
infatti, sono emerse determinazioni che hanno consentito di connotare in modo
significativo le politiche di tutela del territorio e, in particolare, di porre attenzione al tema
della biodiversità. Ne è conseguita una Convenzione (sottoscritta da tutti gli Stati Membri
della Comunità Europea) nella quale si è riconosciuta la conservazione in situ degli
ecosistemi e degli habitat naturali come priorità da perseguire, ponendosi come obiettivo
quello di "anticipare, prevenire e attaccare alla fonte le cause di significativa riduzione o
perdita della diversità biologica in considerazione del suo valore intrinseco e dei suoi valori
ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici".
Tale visione è presente a livello legislativo nelle due direttive comunitarie
92/43/CEE "Habitat" e 79/409/CEE "Uccelli" che rappresentano i principali strumenti
innovatori della legislazione in materia di conservazione della natura e della biodiversità; in
esse è colta l'importanza di una visione di tutela della biodiversità attraverso un approccio
ad ampia scala geografica. L'approccio conservazionistico rivolto alle singole specie
minacciate è superato e va affiancato da azioni volte alla tutela di tutta la diversità
biologica, nelle sue componenti: genetica, di specie e di ecosistemi.
Sulla scorta di tali considerazioni, l'Unione Europea, nell' art. 3 della Direttiva
"Habitat", afferma la necessità di costituire una rete ecologica europea denominata
Rete Natura 2000.
In questo contesto il presente disegno di legge, che si configura come un Testo
Unico, si pone l’obiettivo di garantire la salvaguardia delle aree naturali presenti sul
territorio regionale e la tutela della biodiversità nel rispetto delle convenzioni internazionali
e delle normative europee che regolano la materia. Si tratta peraltro di uno dei punti
contenuti nel programma della Giunta Regionale presentato al Consiglio Regionale in
occasione del suo insediamento laddove, sotto il titolo “Tutela degli ambienti naturali”,
si è espressamente individuata la volontà di “intervenire attraverso una revisione
complessiva che ridisegni il Sistema di tutela e soprattutto lo renda più moderno e
differenziato tenendo conto dello sviluppo attuativo delle Zone di Protezione Speciale
(ZPS) e dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC), introdotti dalle Direttive Europee
^Habitat^ e ^Uccelli^, che costituiscono aree complementari e differenti rispetto al Sistema
delle aree naturali protette, ma che si inseriscono in un più complesso disegno di
pianificazione e di gestione del territorio regionale”.
La situazione attuale della legislazione regionale in materia di salvaguardia dei
valori ambientali e degli ecosistemi è tale da permettere di avviare un progetto di largo
respiro e di strategia di azione che può riportare il Piemonte ad essere punto di riferimento
per tali politiche, come già fu in passato grazie alle normative urbanistiche e territoriali ed a
quelle in materia di aree protette.
Il Sistema delle aree protette piemontesi che si è venuto a definire dal 1975 in poi
e che costituisce uno degli elementi fondamentali sui quali si basa la struttura complessiva
della presente legge, è stato a lungo considerato come modello nel panorama nazionale
della protezione ambientale.
Oggi questo modello risente di una fase di stagnazione che, di fatto, ha impedito
alla realtà delle aree protette un adeguato sviluppo in virtu’, soprattutto, delle sollecitazioni
innovative provenienti dalle direttive europee sopra richiamate.
Per raggiungere l’obiettivo di coniugare oggetti diversi come le aree protette, i SIC,
le ZPS e quelle parti di territorio che svolgono un ruolo prioritario nella conservazione della
natura, rafforzandone il ruolo e le funzioni, si è scelto di prevedere la costituzione della
Rete Ecologica Regionale, comprendente il Sistema delle aree protette piemontesi, le
Zone Speciali di Conservazione (ZSC), i SIC e le ZPS derivanti dall’applicazione delle
citate Direttive Europee e facenti parte della Rete Natura 2000, i corridoi ecologici e le
connessioni naturali presenti sul territorio regionale. Si tratta quindi di costruire uno
strumento idoneo a definire la Rete Ecologica Regionale, strumento che è individuato nella
Carta della Natura Regionale, che si connota come parte integrante del sistema
pianificatorio territoriale generale.
L’applicazione di questa previsione porta alla definizione di un Sistema di tutela
integrato e coordinato a livello regionale, che risponde peraltro alle indicazioni
contenute nelle “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” emanate con decreto
3 settembre 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio che,
esplicitamente, sottolinea la necessità di costruire un sistema complessivo comprensivo
dei siti della Rete Natura 2000 e della rete dei parchi. Infatti il decreto ministeriale precisa
che la rete “Natura 2000 non intende sostituirsi alla rete dei parchi, ma con questa
integrarsi per garantire la piena funzionalità di un certo numero di habitat e l’esistenza di
un determinato insieme di specie animali e vegetali. Pertanto, una gestione dei siti della
rete coerente con gli obiettivi che si prefigge la direttiva è legata, oltre che alle azioni
indirizzate sul singolo sito, ad una gestione integrata dell’intero sistema, la cui capacità di
risposta può attenuare o ampliare gli effetti di tali azioni”.
Va sottolineato che il presente disegno di legge fa un ulteriore passo in avanti
rispetto a questi indirizzi ministeriali in quanto prevede, come detto, che la Rete Ecologica
Regionale includa anche i corridoi ecologici e le connessioni naturali, oggetti che dovranno
essere individuati, utilizzando lo strumento della Carta della Natura Regionale, con
approfondimenti della conoscenza del territorio che consentiranno di dare impulso allo
studio dell’ambiente naturale. Questo ambizioso obiettivo è pertanto perseguibile in un
ambito di pianificazione che rilancia la ricerca scientifica e lo studio del territorio, sui quali
le Università ed il Politecnico possono svolgere un ruolo centrale, e consente altresì di
rendere perfettamente visibile un’azione di tutela che oggi è soltanto parzialmente
conosciuta e che, per questo motivo, ha generato e genera problemi gestionali che
possono portare anche a sanzioni da parte della Unione Europea. L’inserimento di tutto il
sistema di tutela all’interno degli strumenti di pianificazione del territorio rende infatti
trasparente l’intera struttura e consente ad ogni Amministrazione di programmare in modo
corretto e coerente le proprie politiche territoriali e di salvaguardia dell’ambiente.
La Carta della Natura Regionale diviene pertanto uno degli elementi fondanti
introdotti dalla presente proposta e si configura come uno strumento di studio, valutazione,
approfondimento conoscitivo che si colloca all’interno del processo complessivo di
pianificazione territoriale, rispondente anche ai nuovi indirizzi che emergono dalle politiche
urbanistiche e territoriali in corso di definizione da parte della Regione e comunque
collocabile oggi all’interno dei processi previsti dalle vigenti normative in materia.
La Rete Ecologica che si verrà a delineare è stata pensata come un elemento di
chiarezza e di trasparenza nei confronti degli Enti locali, in primo luogo, e di tutti i cittadini:
infatti attraverso il processo di costruzione della Rete si rende esplicito il disegno
complessivo evidenziando i diversi livelli di attenzione, e conseguentemente di
regolamentazione, dei territori facenti parte della Rete stessa. Le aree protette (parchi,
riserve e zone di salvaguardia) sono infatti oggetti differenti rispetto ai Siti di Importanza
Comunitaria, alle Zone di Protezione Speciale ed alle Zone Speciali di Conservazione che,
a loro volta, sono oggetti diversi rispetto ai corridoi ecologici ed alle connessioni naturali.
Ciò comporta differenti forme di tutela e differenti forme di gestione, ma compone
comunque un quadro omogeneo che ha per oggetto l’insieme dei valori naturali e della
biodiversità che connotano il territorio.
L’utilizzo della pianificazione del territorio per l’individuazione e per la gestione
dell’intero sistema fa sì che sia possibile una partecipazione collettiva al processo di tutela
coinvolgente i livelli di governo locali fino a quello regionale e tutti gli attori interessati alle
politiche territoriali.
La complessità della costruzione della nuova politica che si intende attivare ha
imposto di rileggere l’intero corpo normativo che regola la materia della tutela ambientaleterritoriale ed ha suggerito di procedere attraverso una sua riscrittura che tenesse conto
delle realtà ormai storicamente presenti sul territorio come le aree protette piemontesi che,
nel tempo, si sono affermate come un Sistema valido ed efficace e che pertanto viene
confermato nella sua connotazione sistemica, pur apportando alcune significative
modifiche rispetto alle forme gestionali che necessitano di essere rafforzate anche alla
luce delle normative restrittive introdotte dall’ultima legge finanziaria nazionale.
Lo strumento che si è individuato e che può dare risposta alle problematiche
antiche e recenti che riguardano la tutela della naturalità del territorio è quello di un Testo
Unico, oggetto del presente disegno di legge, che consente di snellire il corpo legislativo
regionale attraverso l’abrogazione di 145 leggi e la loro ricostruzione in un unico
provvedimento.
L’architettura data alla legge consente altresì, anche per il futuro, di contenere il
corpo legislativo in materia in quanto eventuali nuove aree protette o l’individuazione di
aree da sottoporre a tutela per la presenza di particolari habitat o di particolari specie
animali o vegetali da salvaguardare in relazione alle disposizioni europee comporteranno
modificazioni al testo legislativo senza introdurre nuove leggi specifiche. La Rete
Ecologica Regionale, in altre parole, potrà crescere lasciando immutato il quadro
legislativo di riferimento.
La presente proposta nasce inoltre con una visione complessiva di un tema,
articolandola in diversi capitoli ed esaminando singolarmente i quattro oggetti costituenti
la Rete Ecologica Regionale e cioè le aree protette, i siti che rispondono al tema della
tutela degli habitat e delle specie, i corridoi ecologici e le connessioni naturali.
E’ stato pertanto necessario confrontarsi con la situazione esistente in quanto
sussistono situazioni che debbono essere modificate per dare concretezza all’obiettivo
generale.
Il primo dato di cui bisogna necessariamente prendere atto consiste nell’attuale
organizzazione delle aree protette che necessita di essere aggiornata per divenire più
efficiente nelle forme gestionali e per essere più efficace negli effetti territoriali e di tutela.
Ciò comporta la necessità di rileggere il Sistema esistente e di riscriverlo in un contesto
coerente con le direttive europee e con il sistema di rete che ne deriva.
Per poter realizzare il progetto è pertanto necessario partire da una riscrittura della
legislazione sulle aree protette che parte dal riconoscimento di tutte le aree protette
esistenti e dalla loro conferma di identità e di denominazione, per svilupparsi lungo un
percorso che azzera tutti i soggetti gestori esistenti ricostruendo nuovi soggetti con
competenze più pregnanti e con ambiti territoriali di riferimento più articolati e più ampi.
Questo ultimo aspetto è peraltro indispensabile nell’ottica di attuare la recente Direttiva
Europea 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull’ambiente che prevede che la programmazione e la conseguente
pianificazione del territorio sia sempre effettuata con un riferimento territoriale di area
vasta.
L’azzeramento dei soggetti gestori e la loro conseguente ricostruzione porta a
definire una nuova configurazione che passa dagli attuali 29 Enti di gestione, oltre alla
Provincia di Torino e ad alcuni Comuni ai quali è già affidata la gestione di alcuni ambiti
territoriali protetti a 12 Enti, 3 Amministrazioni Provinciali e ad insiemi di Comuni con
compiti gestionali su 4 aree, semplificando in modo considerevole il quadro complessivo.
Con questo nuovo assetto le aree protette, che, come detto, mantengono la loro identità e
pertanto restano soggetti singoli da tutelare secondo le loro caratteristiche ambientali e
territoriali, sono affidate a gestioni caratterizzate dalla territorialità (il sistema delle
montagne cuneesi, quello legato al fiume Po, il sistema dell’area metropolitana torinese, e
così via), con l’unica eccezione dei Sacri Monti che sono oggetto di gestione unitaria per
tipologia.
La gestione unitaria dei Sacri Monti deriva da una valutazione dell’attività svolta
fin dagli anni’80 dalla Regione Piemonte nella valorizzazione di queste aree. L’aver
inserito aree di particolare valore devozionale, storico, culturale e architettonico all’interno
del sistema delle aree protette piemontesi ha consentito la possibilità di conservazione del
patrimonio di queste aree ed, inoltre, ha determinato lo sviluppo di politiche culturali tali
che hanno comportato il riconoscimento UNESCO dei Sacri Monti come siti facenti parte
del Patrimonio dell’Umanità.
Questa situazione pregressa ha indotto a mantenere all’interno della Rete
Ecologica Regionale e, più in particolare, all’interno del Sistema delle aree protette i Sacri
Monti, individuandoli come riserve speciali e riconoscendone il valore ambientale,
paesaggistico e spesso anche naturale dei territori all’interno dei quali sono collocati.
Sulla base di questo stato di fatto e del contesto comune che caratterizza queste
aree, nasce anche la proposta di una loro gestione particolare all’interno del sistema che
vede in un soggetto gestionale unico l’espressione amministrativa della politica di
conservazione e di tutela del territorio che si è sviluppata negli anni ed il mantenimento
del Centro di documentazione dei Sacri Monti, Calvari e complessi devozionali europei già
previsto dalla legislazione regionale vigente.
Un elemento che si ritiene qualificante e di forza del presente disegno di legge è
quello connesso alla partecipazione attiva alle politiche di tutela della natura di tutti i
soggetti istituzionali interessati.
Va sottolineato infatti che la proposta apre una nuova strada nella gestione delle
aree protette che, pur rimanendo incluse in un Sistema regionale, sono affidate o
affidabili alla gestione diretta delle Province, dei Comuni e delle Comunità Montane
attraverso il trasferimento di competenza, mentre, per quanto concerne le ZSC, i SIC e
le ZPS si dispone la delega di funzioni agli stessi soggetti. La Rete Ecologica Regionale
diviene pertanto un oggetto trasversale di partecipazione alla gestione e tutela del
territorio.
Altro elemento fondante della normativa proposta risiede nella conferma della
partecipazione alla gestione delle aree protette della Comunità delle aree protette
stesse, composta dai rappresentanti di tutti gli Enti territoriali coinvolti, Comunità che,
diversamente dal passato, assume un ruolo decisivo divenendo organo degli Enti di
gestione regionali e comunque soggetto al quale è affidato il compito di predisporre il
Piano economico-sociale delle aree protette di competenza, strumento fondamentale in
quanto contenente le linee politiche di gestione del territorio: la Comunità diventa pertanto
la sede nella quale sono assunte le decisioni relative alle politiche territoriali, mentre agli
altri organi degli Enti spetta il compito di gestire, anche attraverso la predisposizione di
idonei strumenti della pianificazione territoriale, i territori affidati. Il Piano economicosociale risulta pertanto essere uno strumento base nella tutela del territorio e si configura
come elemento cardine della programmazione e come punto di riferimento per la
pianificazione del territorio.
Per quanto riguarda le aree protette gestite da Enti strumentali della Regione, non
va poi dimenticata la presenza dei rappresentanti del territorio all’interno dei Consigli degli
Enti che vedono una diretta partecipazione delle Province e di rappresentanze dei
Comuni, coniugata con la presenza di rappresentanti del mondo ambientalista ed
agricolo.
Altro elemento innovativo e comunque conseguente alla scelta di dare maggiore
forza e risalto al ruolo della Comunità delle aree protette è quello di ridurre in modo
considerevole il numero dei Consiglieri degli Enti: ciò comporta anche la conseguenza di
snellire l’Ente abolendo la Giunta esecutiva e dando al Presidente un ruolo più forte e più
pregnante con un rapporto diretto sia con il territorio di competenza, sia con il centro del
Sistema e cioè con la Regione.
Anche la figura del Presidente degli Enti strumentali trova infatti una sua
collocazione in questa logica di rapporto con il territorio. Infatti, fermo restando che il
sistema delle aree protette è un sistema regionale e pertanto permane l’indirizzo e il
controllo complessivo delle politiche in capo alla Regione che fornisce le risorse,
finanziarie e umane, per il funzionamento del sistema stesso, il Presidente è nominato con
atto del Presidente della Regione, d’intesa con il territorio nella sua espressione formale
della Comunità delle aree protette: questo meccanismo consente alla Regione, in qualità
di soggetto che ha il compito ed il dovere di controllare l’intero sistema, di verificare con il
territorio l’efficienza gestionale dei suoi Enti strumentali.
La struttura di pianificazione territoriale delle diverse aree protette resta altresì
quella esistente e consolidata riferita ai Piani di area, ai Piani naturalistici, ai Piani di
gestione ed ai Piani di assestamento forestale: a questi va aggiunto il citato Piano
economico-sociale, strumento di programmazione proprio della Comunità delle aree
protette che, come detto, tramite questo Piano, può esercitare pienamente le funzioni di
regia ad essa affidate.
Con la presente legge si reintroducono, tra gli istituti di tutela del territorio, le aree
contigue alle aree protette espressamente previste dalla legge quadro in materia 6
dicembre 1991, n. 391.
Infatti, l’attuale normativa regionale che ha previsto il divieto di esercizio venatorio
nelle aree contigue, di fatto equiparandole ad aree protette a tutti gli effetti in contrasto con
il principio contenuto nella legge quadro, ha prodotto l’effetto tangibile di non avviare alcun
procedimento di costituzione di aree contigue.
Con l’applicazione della nuova normativa sarà invece possibile riavviare percorsi
che si sono interrotti da quando la Regione ha introdotto il divieto di caccia e rendere
operativi piani e programmi a garanzia della tutela ambientale complessiva di aree
confinanti con le aree protette, redatti nel contesto di strumenti integrati con il resto del
territorio.
Altri oggetti fondamentali della Rete Ecologica Regionale sono costituiti dai territori
facenti parte della Rete Natura 2000 e cioè le Zone Speciali di Conservazione (ZSC), i
Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPS), che
derivano dall’applicazione delle Direttive Europee 79/409/CEE e 92/43/CEE e che
costituiscono gli elementi base per garantire la tutela della biodiversità.
Attualmente la Rete Natura 2000 è composta da due tipologie di aree: le Zone di
Protezione Speciale (ZPS) previste dalla Direttiva "Uccelli" e i Siti di Importanza
Comunitaria proposti (pSIC); i pSIC proposti dagli Stati membri sono esaminati da
Commissioni nell’ambito di seminari biogeografici che propongono la lista ufficiale dei Siti
di Importanza Comunitaria; la lista approvata dal Comitato Habitat viene quindi adottata
dalla Commissione Europea. Al momento sono state adottate le liste dei SIC relative alla
Regione Biogeografica Macaronesica (Decisione del 28 dicembre 2001) e della Regione
Biogeografica Alpina (decisione del 22 dicembre 2003).
La designazione dei SIC quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC) è
compito degli Stati membri e deve avvenire entro sei anni dall’adozione dei SIC da
parte della Commissione.
I pSIC segnalati con D.G.R. n. 419-14905, del 29 novembre 1996, dalla Regione
Piemonte in attuazione del Progetto Bioitaly del Ministero dell’Ambiente sono
complessivamente 127 (58 Area Biogeografica Alpina, 67 Area Biogeografica
Continentale, 2 Area Biogeografica Mediterranea) per una superficie complessiva i
317.531,64 ettari (12.50% del territorio regionale); di questi circa la metà è ricompresa in
Aree protette.
Le ZPS sono state istituite, ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale 4 settembre
1996, n. 70 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio” con D.G.R. n. 37-28804, del 29 novembre 1999; si tratta di 39 aree per una
superficie complessiva di 143.506,97 ettari tutte ricomprese in pSIC.
Con DPR n. 120, del 12 marzo 2003, lo Stato italiano ha provveduto ad adeguare in
modo puntuale la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie prevedendo tra l’altro
l’assoggettabilità alla Valutazione di Incidenza di qualsiasi intervento o progetto non
direttamente connesso e necessario al mantenimento in uno stato di conservazione
soddisfacente le specie e gli habitat presenti nel sito.
Con il presente disegno di legge si affronta organicamente il tema della tutela, della
conservazione e della valorizzazione della biodiversità, tenendo conto della situazione
definitasi e nel rispetto delle normative europee recepite a livello nazionale.
Uno egli strumenti per conseguire tale obiettivo è costituito dalla la partecipazione
attiva della Regione, degli Enti locali, delle Aree protette e più in generale delle
associazioni, delle organizzazioni e dei cittadini allo sviluppo di vari strumenti di
conoscenza, indirizzo, sviluppo, integrazione e coordinamento delle politiche di
conservazione e valorizzazione delle risorse naturali integrate nel contesto territoriale,
ambientale e socioeconomico.
Per i siti della Rete Natura 2000 è prevista la possibilità di delegare la gestione a
diversi soggetti (Enti di gestione di Aree protette, Comuni, Comunità Montane,
Province) integrando, in tal modo, il processo gestionale con il sistema complessivo
introdotto dalla presente legge; i soggetti gestori hanno, tra l’altro, il compito di predisporre
specifici Piani di gestione.
I Piani territoriali, urbanistici e di settore, i piani agricoli e faunistico-venatori
e le loro varianti, possono assumere gli effetti e l’efficacia dei piani di gestione,
qualora predisposti in conformità con le Linee Guida per la gestione dei siti Natura
2000 adottate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio con Decreto 3
settembre 2002.
Per quanto concerne il procedimento di Valutazione di Incidenza, lo stesso è stato
esteso a tutti i progetti e interventi suscettibili di determinare, direttamente o
indirettamente, incidenze significative sugli obiettivi specifici di conservazione dei siti; a
parte gli interventi ed i progetti sottoposti a procedimento di Valutazione di Impatto
Ambientale, per i quali si applicano le procedure con le competenze dalla legge regionale
40/1998, la competenza per le altre iniziative è attribuita alle autorità che devono
provvedere al processo autorizzativo o di approvazione.
Parimenti, il procedimento di Valutazione di Incidenza è stato previsto per tutti gli
strumenti di programmazione e pianificazione territoriale, urbanistica e di settore che
rientrino nel processo decisionale relativo all’assetto del territorio.
Il presente disegno di legge inoltre individua l’ARPA quale strumento di supporto
tecnico-scientifico nello svolgimento della procedura di Valutazione di Incidenza e
per il monitoraggio dei relativi procedimenti ed esiti. L’attività dell’ARPA consentirà di
disporre di periodici rapporti sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat di
interesse comunitario e sull’efficacia della gestione e delle misure di conservazione. Tali
rapporti consentiranno valutazioni di idoneità dei siti rispetto alla attuazione degli obiettivi
della Direttiva in seguito alla quale potrà essere proposto al Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio l’aggiornamento dell’elenco degli stessi siti, della loro delimitazione e
dei contenuti della relativa scheda informativa.
Un altro aspetto importante preso in considerazione dal presente disegno di legge è
lo sviluppo di attività di informazione, di comunicazione e di formazione sui temi inerenti la
conoscenza, la gestione della Rete Natura 2000 e la progettazione di interventi in tali
contesti: tale attività consentirà di instaurare un diretto rapporto con la popolazione, le
scuole, gli operatori agricoli, le istituzioni, i tecnici ed i progettisti.
Del tutto innovativa rispetto al quadro giuridico esistente è la previsione di
individuazione sul territorio dei corridoi ecologici e delle connessioni naturali. Si tratta
infatti di definire, attraverso gli studi e le elaborazioni che porteranno alla costruzione della
Carta della Natura Regionale, quali parti del territorio siano caratterizzate, nel caso dei
corridoi ecologici, da situazioni ambientali che permettano la migrazione, la distribuzione e
lo scambio genetico di specie selvatiche e che si configurano come strutture lineari
continue di raccordo con le altre aree facenti parte della Rete Ecologica e, nel caso delle
connessioni naturali, da situazioni territoriali che permettano di dare continuità al sistema
a rete.
Si tratta, come detto, di una previsione del tutto innovativa che consente di dare
completezza alla lettura degli elementi naturali del territorio, esplicitandoli e trovandone,
insieme alle Province ed agli Enti locali, le forme più adeguate di tutela per consentirne la
conservazione. Queste parti del territorio, andando a completare il quadro della rete,
divengono altresì elementi fondamentali per la tutela ambientale e per la conservazione
della biodiversità.
Nell’impostare una politica così complessa che vede nella rete ecologica e nella
tutela dei diversi aspetti della biodiversità il proprio punto di riferimento, non è possibile
dimenticare che i confini regionali non costituiscono un limite invalicabile per i valori
naturali oggetto di attenzione. La rete assume infatti un carattere di continuità che esce
dalla competenza istituzionale della singola Regione, ma che deve essere comunque
presa in considerazione.
Per fare ciò si è voluta sottolineare la possibilità di avviare, da parte dei diversi
soggetti gestori delle aree protette, rapporti di collaborazione, da definirsi attraverso
apposite intese ed accordi, con i soggetti gestori di aree analoghe collocate sul territorio di
regioni ovvero di stati confinanti, tesi a definire politiche comuni di coordinamento delle
azioni gestionali tali da garantire la continuità della tutela. Questa previsione, che peraltro
vede già oggi una serie di programmi e di attività poste in essere, dà enfasi al valore che si
vuole riconoscere al concetto ed al sistema di rete.