TESTI CONSIGLIATI C.B.P Finn, Thermal Physics, Second edition, Chapman & Hall, London, (1993). Ilya Prigogine, Dulip Kondepudi, Termodinamica, Bollati Boringhieri, Torino, (2002). Judith A. McGovern Thermal and Statistical Physics http://theory.ph.man.ac.uk/%7Ejudith/stat_therm.html Leggi della Termodinamica in breve I a) L’energia di un sistema isolato si conserva sempre. b) La variazione di energia di un sistema non isolato è uguale all’energia fornita al sistema dall’ambiente. (l’ambiente è tutto ciò che interagisce con il sistema; l’unione del sistema e dell’ambiente è l’universo). II a) L’entropia di un sistema isolato aumenta fino a quando viene raggiunto uno stato di equilibrio completo (meccanico, termico, diffusivo, chimico, nucleare, ecc). In tale stato l’energia è inutilizzabile. b) La variazione di entropia di un sistema non isolato è la somma di due termini: l’entropia fornita dall’ambiente e l’entropia prodotta entro il sistema; il primo può essere negativo, il secondo è sempre positivo. III L’entropia di un qualunque sistema in equilibrio tende a zero quando tende a zero la temperatura assoluta. Gli scogli Capire che l’entropia, come l’energia, è una funzione di stato: dipende solo dallo stato termodinamico del sistema, non dal processo che lo ha prodotto. Avere ben chiaro che le variazioni delle funzioni di stato di un sistema che passa da uno stato di equilibrio ad un altro stato di equilibrio con un processo qualunque, anche violento, possono essere calcolate pensando che il sistema sia passato dallo stato iniziale a quello finale in modo reversibile. Imparare a descrivere le sorgenti di entropia ed i flussi di entropia nei sistemi in equilibrio locale. Cap 1: Termodinamica del gas perfetto Termometro a gas rarefatto a volume costante. Scala di temperature Kelvin (K). Equazione di stato dei gas rarefatti. Temperatura ed energia cinetica media molecolare. Modello “gas perfetto”. Trasformazioni (reversibili). Lavoro fatto nelle trasformazioni. Calore assorbito nelle trasformazioni. Entropia del gas perfetto. Espansione libera del gas perfetto. Entropia di diffusione, paradosso di Gibbs. Ciclo di Carnot per un gas perfetto. Da Galileo ad Avogadro Le sensazioni di caldo e freddo non dipendono solo dalla temperatura. Il giovane Galileo sfrutta la dilatazione termica dell’aria in uno dei primi strumenti di misura della temperatura, il termoscopio fiorentino. Nel 1641, in Toscana, entrano in uso i primi termometri ad alcol. Nel 1643 Torricelli introduce il manometro a mercurio. Nel 1651 Otto von Gueriche introduce la prima pompa da vuoto. Nel 1660 Boyle osserva che, a temperatura costante, il volume di una data massa d’aria è inversamente proporzionale alla pressione. Nel 1714 Daniel Fahrenheit introduce i termometri a mercurio e la scala di temperatura che porta il suo nome. Nel 1745, a Stoccolma, Daniel Ekstrom introduce i primi termometri a mercurio tarati con scala in gradi Celsius: t=0 °C per il ghiaccio fondente, t=100 °C per l’acqua bollente a livello del mare. Nel 1788 Watt corona un secolo di ricerche sulle macchine a vapore mettendo sul mercato una macchina termica affidabile e di buon rendimento. Nel 1789, nel “Traité élémentaire de Chimie”, Lavoisier tiene conto delle masse dei reagenti e dei prodotti di reazione gassosi ed enuncia la legge di conservazione della massa nelle reazioni chimiche. Nei primi anni dell’800 Gay-Lussac, Dalton ed Avogadro mostrano che gas diversi hanno comportamenti molto simili e stabiliscono le leggi dei gas rarefatti e delle miscele di gas rarefatti. Termometro a gas rarefatto a volume costante Nel 1802 Gay-Lussac osserva che, a volume costante, la pressione p di un gas rarefatto è legata alla temperatura t, misurata in gradi Celsius (°C), dalla legge p p0 (1 αt) a) dove p0 è la pressione misurata a t=0 °C e a è una costante indipendente dal gas considerato. Dicendo che il gas è rarefatto si intende che occupa un volume almeno cento volte maggiore di quello che occuperebbe se le molecole fossero a contatto come nel liquido. Posto a=1/T0, l’equazione a) diventa p p0 (T0 t )/T0 Ciò suggerisce di introdurre la scala di temperature T T0 t e di misurare la temperatura T misurando la pressione di un gas rarefatto a volume costante. Dalle misure di p0 e di p si ottiene T T0 p p0 dove T0 273.15 K Il termometro a gas rarefatto a volume costante è uno strumento primario del Sistema Internazionale ed è usato nei laboratori metrologici per la taratura di altri termometri. LEGGE DEI GAS RAREFATTI Un gas rarefatto, inizialmente in equilibrio a temperatura T0, volume V0 e pressione p0, può essere portato in uno stato di equilibrio a temperatura T, volume V e pressione p in due tappe: dapprima scaldando o raffreddando a volume costante sino alla temperatura T, poi facendo variare il volume a temperatura costante. Al termine della prima tappa la pressione raggiunge il valore p1=p0 T/T0 , alla fine il prodotto pV è uguale a p1V0 , quindi pV p0 V0 T T0 Nel 1808 Gay-Lussac osserva che nelle reazioni chimiche gassose i volumi dei gas che entrano in reazione ed i volumi degli eventuali gas prodotti, misurati nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, stanno in rapporti ancor più semplici dei rapporti tra i pesi. Ad esempio le quantità di idrogeno e di ossigeno che reagiscono producendo acqua, hanno pesi nel rapporto 2:16 ed hanno volumi nel rapporto 2:1. Da osservazioni di questo tipo, nel 1811, Avogadro intuisce che volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di pressione e temperatura contengono lo stesso numero di molecole. Ciò comporta che pV/T è proporzionale al numero di molecole, come precisiamo nella prossima trasparenza. Da Avogadro alla definizione moderna di mole (mol) Una mole è costituita da un numero di particelle uguale al numero di atomi contenuti in 12 g dell’isotopo 12 del carbonio. Tale numero vale Ν A = 6.0221415 1023 Ad esempio si può parlare di una mole di neutroni, di elettroni, di ioni sodio, di atomi di idrogeno, di idrogeno (molecolare), d’acqua, d’oro, di zucchero,.. Per una mole di un qualunque gas rarefatto il valore di pV/T risulta R 8.31447 J/mol K Per N moli la legge dei gas rarefatti prende l’una o l’altra delle forme pV NRT , p nRT , p ρ RT M dove n=N/V è la densità molare, M la massa molare e r la consueta densità. Per una miscela di gas rarefatti in equilibrio vale la legge di Dalton pk = n k RT dove pk ed nk sono pressione parziale e densità molare del k-esimo componente. Teoria cinetica elementare Pensiamo che una molecola di massa m sia confinata in una scatola cubica di lato L e si muova rimbalzando elasticamente sulle pareti. Orientiamo gli assi come gli spigoli del cubo, indichiamo con vx, vy, vz i valori assoluti delle componenti della velocità e notiamo che la molecola urta una delle pareti normale all’asse x con periodo Δt 2L/vx cedendole ogni volta l’impulso 2mv x . Il valor medio temporale della forza esercita dalla molecola sulla parete vale mv 2x /L , quindi la molecola contribuisce alla pressione con mv 2x /V. Quando la scatola contiene NNA molecole la pressione risulta p NN A mv2x /V, dove v2x è il valor medio di v2x preso su tutte le molecole. Confrontando il risultato con la legge dei gas rarefatti, vediamo che NA mv2x RT Ripetendo il discorso per le pareti normali agli assi y e z, ed ammettendo che il valor medio di v2 sia la somma dei valori medi di v2x , v2y e v2z , concludiamo che NA mv2 3RT Insomma, per una mole di un qualunque gas rarefatto l’energia associata alle traslazioni caotiche delle molecole risulta u trasl 1 3 2 N A m v RT 2 2 Convenzione sui simboli Temperatura a parte, si usa indicare con lettere minuscole le grandezze intensive e con lettere maiuscole le grandezze estensive. Ad esempio V, U ed S sono il volume, l’energia e l’entropia del sistema, mentre v è il volume molare, u l’energia molare, s l’entropia molare e così via. Naturalmente il volume, l’energia e l’entropia di N moli si ottengono moltiplicando per N i corrispondenti valori molari. Si noti anche che dividendo i valori molari per il numero d’Avogadro si ottengono i valori medi delle corrispondenti grandezze molecolari. Legge barometrica Pensiamo che un’altissima torre contenga un gas perfetto in equilibrio a temperatura T, indichiamo con M la massa molare e fissiamo l’attenzione su un cubetto di spigolo d centrato a quota z. La risultante delle forze agenti sul cubetto è nulla perché il cubetto è in equilibrio, quindi la stessa pressione deve agire sulle quattro facce laterali, ma la pressione sulla faccia inferiore deve essere maggiore di quella sulla faccia superiore per assicurare che il cubetto non cada, precisamente d 2 d 2 d3 p(z - )d p(z )d gM 2 2 v( z ) dove v(z) è il volume molare alla quota del cubetto. Facendo tendere a zero d, e sostituendo v(z) con RT/p(z), otteniamo la condizione di dp(z) Mg equilibrio p(z) dz RT A questo punto, indicata con p(0) la pressione a livello del suolo, possiamo concludere che la pressione dipende dalla quota con la legge barometrica p(z) p(0) e Mgz RT Modello “gas perfetto” Il modello teorico “gas perfetto” descrive un gas come un insieme di molecole puntiformi e non interagenti. Per tale gas la fisica classica prevede che la pressione, il volume molare e la temperatura degli stati di equilibrio siano legati dalla legge dei gas perfetti pv RT 1) e prevede che l’energia molare u sia proporzionale alla temperatura ed indipendente dal volume molare (le molecole del gas perfetto non hanno volume proprio e non interagiscono). In particolare l’energia molare del gas perfetto monoatomico classico si riduce all’energia cinetica di traslazione e vale u= (3/2)RT. Ma le previsioni classiche sono ben rispettate solo per particelle pesanti; ad esempio un gas perfetto monoatomico con la massa dell’elio manifesta effetti quantistici importanti a temperature di alcuni K; inoltre le rotazioni e le vibrazioni molecolari non sono mai ben descritte con approccio classico. Tuttavia, in intervalli di temperatura centrati intorno alla temperatura standard T°=298.15 K, l’energia molare del gas perfetto dipende linearmente dalla temperatura e può essere scritta nella forma u u cv (T - T) 2) dove u° è l’energia molare (alla temperatura) standard. Naturalmente cv è la derivata dell’energia molare rispetto alla temperatura valutata a T=T°. Per gas monoatomici cv =(3/2)R, per gas biatomici cv è poco diverso da (5/2)R . Legge di conservazione dell’energia per sistemi isolati Dalla meccanica sappiamo che l’energia di un sistema isolato, somma delle energie cinetiche e potenziali di tutte le particelle che lo compongono, si conserva qualunque cosa avvenga al suo interno. Ad esempio può avvenire che un pendolo smorzi le sue oscillazioni, un pezzo di ghiaccio fonda, una pallina dielettrica si sposti nelle regioni di campo elettrico intenso, un magnete si smagnetizzi, una reazione chimica o nucleare avanzi impetuosa, e così via. Insomma, il sistema isolato può evolvere trasformando energia di un tipo in energia di altro tipo, ma la sua energia totale è certamente costante nel tempo, proprio come è costante la sua massa. Primo principio della Termodinamica per sistemi chiusi Pensiamo ad un sistema chiuso in un cilindro con pistone e diciamo ambiente il resto dell’universo (con la u minuscola). La legge di conservazione dell’energia assicura che, in qualunque processo, l’energia U del sistema aumenta tanto quanto diminuisce l’energia dell’ambiente. Dunque, per valutare DU dobbiamo valutare l’energia trasferita dall’ambiente al sistema. Questa può essere scomposta in due parti, il calore Q ed il work W, ma spesso tale scomposizione è ambigua. Ad esempio: è calore o work l’energia fornita ad un solido strofinandone la superficie? E l’energia ceduta all’acqua dal mulinello di Joule ? E l’energia fornita facendo passare corrente elettrica nel sistema? Comunque possiamo scrivere ΔU = Q W Q - L 3) dove L=-W è il lavoro fatto dal sistema. Nel caso che stiamo considerando possiamo valutare il lavoro senza ambiguità se il pistone non si muove (L=0), oppure se si muove senza attrito e con estrema lentezza, tanto da poter ammettere che il sistema passi attraverso una successione di stati di equilibrio. In tal caso il lavoro L fatto dal sistema è l’integrale di pdV dal volume iniziale al volume finale. Si noti che le ipotesi di assenza d’attrito e di estrema lentezza sono compatibili solo se le forze esercitate sul pistone dal gas e dall’ambiente hanno risultante trascurabile, ovvero se il sistema, oltre ad essere in equilibrio interno, è in equilibrio con l’ambiente. Insomma, il lavoro L può essere valutato senza ambiguità solo se è nullo oppure se è fatto in modo reversibile, come precisiamo nella prossima trasparenza. Ma sia ben chiaro, l’equazione 3) vale in generale: per calcolare la variazione di energia non è necessario che Q e W siano valutate senza ambiguità, è sufficiente che sia valutata senza ambiguità la loro somma. Trasformazioni Pensiamo che un sistema, inizialmente in uno stato di equilibrio, sia portato in un nuovo stato di equilibrio con un processo qualunque, eventualmente violento, e domandiamo: quanto vale la differenza DU tra l’energia dello stato finale e quella dello stato iniziale? Per rispondere non è necessario considerare il processo reale, possiamo pensare che il sistema evolva dall’uno all’altro stato di equilibrio con infinita lentezza, senza attrito e rimanendo sempre in equilibrio con l’ambiente. Ad esempio possiamo pensare che l’espansione di un gas avvenga nelle condizioni ideali schematizzate in figura. Si pensi che p+ sia maggiore di p di un infinitesimo, che T + sia maggiore di T di un infinitesimo e che il pistone scorra senza attrito. La risultante delle forze agenti sul pistone è infinitesima, quindi l’espansione avviene in un tempo infinito e l’energia cinetica del pistone è sempre trascurabile. Il gas assorbe calore e fa lavoro, ma basta cambiare le condizioni di infinitesimi, sostituendo + con –, per far avvenire la trasformazione in senso inverso e riportare allo stato iniziale sia il sistema, sia l’ambiente. I processi ideali di questo tipo prendono il nome di trasformazioni (reversibili) e sono strumenti logici di straordinaria importanza. La ragione è che per valutare la differenza di energia del sistema tra due stati di equilibrio possiamo dimenticare il processo reale che ha portato dall’uno all’altro e sostituirlo con una trasformazione. Il potere della mente consente di “vedere” in un istante il filmato di una trasformazione che avviene in un tempo infinito. CONVENZIONE DI LINGUAGGIO Nella letteratura corrente non vi è accordo sui significati delle parole “processo” e “trasformazione”. Alcuni autori le considerano intercambiabili e ne precisano il significato con gli aggettivi: “reale”, “sudden (improvviso)”, “quasistatico”, “reversibile”, “irreversibile”, ecc. Altri usano tali aggettivi solo per i “processi”, ed usano la parola “trasformazione” ad intendere “processo reversibile”. Quest’ultimo linguaggio è preferibile, a mio parere: è più preciso e consente di evitare alcuni malintesi comuni. Pertanto conveniamo che: i processi possono essere di qualunque tipo, le trasformazioni sono sempre reversibili. ESEMPIO Come esempio pensiamo che un cilindro con pistone contenga una mole di gas perfetto in equilibrio a temperatura TA nel volume vA. Al tempo zero, con azione repentina, comprimiamo il gas portando il volume a vB, aspettiamo che il gas raggiunga un nuovo stato di equilibrio a temperatura TB e domandiamo: a) Quanta energia abbiamo fornito complessivamente al gas? b) Quale parte dell’energia è stata fornita come lavoro meccanico? c) Quale parte dell’energia è stata fornita come calore? Alla domanda a) possiamo rispondere immediatamente: l’energia fornita alla mole di gas è uguale alla variazione della sua energia e vale Du=cV(TB-TA). Alle altre domande non possiamo rispondere. Ora pensiamo ad una trasformazione che porti dallo stato A allo stato B e poniamo nuovamente le domande a), b) e c). Anche in questo caso possiamo rispondere alla domanda a), ma non alle domande b) e c): il calore ed il lavoro forniti dipendono dalla trasformazione, per valutarli dobbiamo descrivere la trasformazione, come vedremo nelle prossime trasparenze. Lavoro nelle trasformazioni Indichiamo con A e B due stati di equilibrio di un generico sistema chiuso in un cilindro con pistone, scegliamo una ben definita trasformazione tra i due stati e pensiamo di scomporla in elementi infinitesimi. Il lavoro elementare fatto dal sistema vale dL=pdV, quindi il lavoro fatto nell’intera trasformazione risulta Evidentemente L dipende dalla scelta della trasformazione, ad esempio è ben diverso per le tre trasformazioni considerate in figura. Quindi in una trasformazione ciclica (ad esempio da A ad A) il lavoro fatto può prendere qualunque valore. La notazione dL sta a ricordare che questa grandezza è un lavoro infinitesimo, ma non è una variazione di lavoro. In altre parole: L non è una funzione di stato, quindi dL non è un differenziale (esatto). VB L pdV VA Calore nelle trasformazioni Ora pensiamo che il cilindro con pistone contenga una mole di gas perfetto, consideriamo una ben definita trasformazione tra due stati di equilibrio, la scomponiamo in elementi infinitesimi, ricordiamo l’equazione 2) e notiamo che il calore elementare assorbito vale dv δQ du δL cV dT pdv cVdT RT v Anche la notazione dQ sta a ricordare che questa grandezza è infinitesima, ma non è il differenziale di una funzione di stato: il suo integrale esteso ad una trasformazione ciclica è tutt’altro che nullo in generale ed è uguale al lavoro fatto. Ad esempio nella trasformazione ciclica considerata in figura il calore assorbito è rappresentato dall’area del ciclo, proprio come il lavoro fatto. Quando il ciclo viene percorso in verso antiorario il calore assorbito ed il lavoro fatto sono negativi. Calori molari del gas perfetto a volume costante ed a pressione costante Continuiamo a pensare che il cilindro con pistone contenga una mole di gas perfetto, scegliamo una trasformazione, la scomponiamo in elementi infinitesimi e ricordiamo che δQ = cVdT + pdv Vediamo così che cV è il calore molare a volume costante, ovvero il rapporto tra il calore assorbito da una mole di gas e l’incremento di temperatura per trasformazioni infinitesime a volume costante. Poiché pdv= RdT-vdp, possiamo anche scrivere δQ = (cV R)dT - vdp Ciò mostra che il gas perfetto ha calore molare a pressione costante legato al calore molare a volume costante dalla relazione di Mayer cp cV R 4) Si noti che il rapporto g = cp /cV vale 5/3 per gas monoatomici ed è ben approssimato da 7/5 per gas biatomici . Entropia molare del gas perfetto Continuiamo a pensare che il cilindro con pistone contenga una mole di gas perfetto e pensiamo che lo stato iniziale sia lo stato standard. Per convenzione lo stato standard di una sostanza è lo stato a pressione p°=1 bar e temperatura T°=298.15 K. Ora scegliamo una qualunque trasformazione dallo stato standard ad uno stato di equilibrio, la scomponiamo in elementi infinitesimi e notiamo che δQ dT dv ds = = cV +R è un differenziale esatto. T T v Infatti i due termini sono esattamente integrabili e ciò consente di definire la funzione di stato entropia del gas perfetto. Indicata con s° l’entropia molare (dello stato) standard, l’entropia molare del gas perfetto a temperatura T, pressione p e volume molare v=RT/p vale T v T p s s cV ln R ln s cp ln R ln T v T p 5) Trasformazioni adiabatiche L’aggettivo adiabatico ha significati diversi a seconda del contesto. Le pareti adiabatiche sono impermeabili al calore, i processi adiabatici non comportano scambi di calore, ma possono comportare aumenti di entropia, le trasformazioni adiabatiche sono isoentropiche. In particolare, le trasformazioni adiabatiche del gas perfetto soddisfano la condizione dT dv dT dv dT dv γ 1 ds cV R 0 ( γ 1) 0 γ 1 0 d(Tv γ 1) 0 T v T v T v quindi hanno temperatura e volume molare legati dalla relazione Tv γ -1 costante Sostituendo T con pv/R si vede che, nel piano pv, le trasformazioni adiabatiche del gas perfetto soddisfano la relazione di Poisson γ pv costante Espansione libera del gas perfetto Pensiamo che una scatola rigida con pareti adiabatiche sia divisa in due scomparti. Il primo ha volume vA e contiene una mole di gas perfetto, il secondo è vuoto. Tutto il sistema è inizialmente in equilibrio a temperatura T, ma al tempo zero un martelletto rompe la parete divisoria ed in pochi secondi il gas si distribuisce nel volume vB dell’intera scatola. Il sistema è isolato perché le pareti sono adiabatiche e la scatola è rigida, quindi l’energia non è variata. E poiché l’energia del gas perfetto dipende solo dalla temperatura, possiamo essere certi che la temperatura finale è uguale a quella iniziale. Ma il gas non è passato attraverso stati di equilibrio, è ciò ha creato entropia. Quanta? Per rispondere basta ricordare che l’entropia è una funzione di stato e calcolarne la variazione per una qualunque trasformazione che porti il gas dallo stato iniziale a quello finale. Nel nostro caso la temperatura finale è uguale a quella iniziale, quindi possiamo scegliere una trasformazione isoterma e concludere che vB Δs s B s A R ln vA Paradosso di Gibbs Ora, per semplicità, pensiamo che la scatola rigida sia divisa in due parti di ugual volume. Ad esempio pensiamo che una parte contenga una mole di elio, l’altra una mole di idrogeno. Al tempo zero il solito martelletto rompe la parete divisoria ed i due gas prendono a diffondere l’uno nell’altro senza violenza (nelle condizioni precisate non vi sono gradienti di pressione). Dopo un tempo più o meno lungo si forma una miscela di Dalton con i due gas distribuiti in tutto il volume, ignari l’uno della presenza dell’altro perché non interagenti. Di conseguenza la variazione di entropia del sistema dallo stato iniziale alle stato finale è la somma delle variazioni di entropia dei due gas e risulta ΔS s1 s2 2R ln 2 Questo risultato vale sia quando i due gas sono diversissimi, sia quando differiscono per un minimo particolare, ad esempio lo spin nucleare. Ma la variazione di entropia crolla a zero quando i due gas sono identici (paradosso di Gibbs). ESERCIZIO Un cilindro con pistone contiene 3 moli di He in equilibrio a 0 °C e alla pressione di 10 bar. Al tempo zero il fermo che trattiene il pistone viene rimosso, il pistone parte in avanti, il cilindro rincula, le due parti oscillano un po’, ma gli attriti smorzano gradualmente le oscillazioni ed il sistema si porta in equilibrio con l’ambiente a 0 °C e ad 1 bar. Di quanto è variata l’energia del gas ? E l’entropia ? Certamente il processo è irreversibile, ma gli stati iniziale e finale sono di equilibrio, quindi possiamo calcolare le variazioni di energia ed entropia del gas pensando ad una trasformazione tra i due stati di equilibrio. Nelle condizioni precisate l’elio si comporta come un gas perfetto e la temperatura finale è uguale a quella iniziale, quindi DU è nulla e la variazione di entropia risulta V2 p1 J ΔS NR ln NR ln 57.43 V1 p2 K Ciclo di Carnot del gas perfetto Per una generica sostanza il ciclo di Carnot è costituito da due trasformazioni isoterme a temperature TL e TH> TL e da due trasformazioni adiabatiche. Nel piano pV può avere l’aspetto mostrato in figura a). Indicato con QH il calore assorbito dal sistema alla temperatura TH e con QL il calore ceduto dal sistema alla temperatura TL, basta ricordare che dopo un ciclo l’energia del sistema riprende il valore iniziale per concludere che il lavoro complessivo fatto dal sistema in un ciclo vale L= QH– QL , qualunque sia la sostanza che compie il ciclo. Torneremo estesamente su questo punto nel prossimo capitolo, qui pensiamo che il ciclo in figura b) sia percorso da una mole di gas perfetto. In tal caso le isoterme sono anche isoenergetiche, quindi il lavoro fatto nell’isoterma a temperatura TH vale L H QH R TH ln vB vA ed il lavoro ricevuto nell’isoterma a temperatura TL vale LL QL R TL ln vC vD A questo punto basta ricordare che le temperature ed i volumi degli stati A, B, C e D sono legati dalle relazioni TH v Aγ -1 TL v Dγ -1 , TH v Bγ -1 TL vCγ -1 , per vedere che e per giungere al risultato importantissimo QH QL TH TL v B vC vA vD 6) H sta per High L sta per Low