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GRAVIDANZE GEMELLARI
Gianluigi Pilu, Tullio Ghi, Giuliana Simonazzi
Clinica Ginecologica e Ostetrica
Policlinico S.Orsola-Malpighi e Università degli Studi di Bologna
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PREMESSA
L’incidenza delle gravidanze multiple dipende da diversi fattori. Il fenomeno della
ovulazione multipla risente di una predisposizione genetica, massima in alcune
popolazioni dell’Africa e minima nelle orientali. E’ influenzato anche dalla parità, e nei
paesi occidentali la frequenza dei gemelli è lievemente diminuita con la introduzione
della contraccezione. E’ poi aumentata nuovamente, come verrà discusso più avanti, a
causa della diffusione delle metodiche di fertilizzazione assistita. La prevalenza dipende
anche dall’epoca di gestazione. Diversi studi suggeriscono che il fenomeno sia
relativamente frequente nel primo trimestre, probabilmente intorno al 2-3% di tutte le
gravidanze. Al momento attuale, in Europa, circa un parto su 100 è gemellare e circa
uno su 50 nati è un gemello.
Nella moderna ostetricia, le gravidanze gemellari sono motivo di interesse per numerose
ragioni. Da un lato, complicazioni tradizionali come parto prematuro, ipertensione
gestazionale, restrizione della crescita sono particolarmente frequenti. Dall’altro, i
gemelli hanno problematiche del tutto particolari, tra le quali sono sicuramente
emergenti le sindromi da trasfusione feto-fetale. Che la gemellarità continui a
rappresentare un fattore di rischio maggiore per l’esito di una gravidanza è dimostrato
da alcune semplici statistiche vitali, molto omogenee in tutti i paesi del mondo
industrializzato:: i gemelli rappresentano circa il 2% dei nati, ma contribuiscono a circa
il 10% dei decessi perinatali e al 10% circa delle paralisi cerebrali. Grossomodo, per il
fatto di essere un gemello, un feto ha una probabilità aumentata di 5-10 volte di morire e
avere un danno cerebrale permanente.
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DEFINIZIONI, TIPI DI GEMELLI
Esistono due tipi di gemelli. I gemelli dizigoti, che derivano dalla fecondazione
simultanea di due distinti ovociti da parte di due spermatozoi, e i gemelli monozigoti, o
identici, che derivano dalla duplicazione di un singolo prodotto di concepimento. I
gemelli dizigoti sono la conseguenza di una ovulazione multipla, fenomeno che risente
di fattori genetici, etnici. La loro frequenza, come è stato detto, è diversa in varie
popolazioni. La duplicazione di un singolo zigote, che porta ai gemelli monozigoti, è un
incidente del caso, che ha una frequenza costante in tutte le etnie. In Europa,
approssimativamente, due gravidanze gemellari su tre sono dizigoti, e una sue tre è
monozigote. I gemelli dizigoti hanno ciascuno una propria placenta distinta e una
propria membrana amniotica, contenuta in una membrana amniocoriale (gemelli
bicoriali). Nella metà dei casi sono dello stesso sesso, nell’altra metà sono di sessi
discordanti. La placentazione dei gemelli monozigoti, che sono identici e qyuin di
hanno sempre lo stesso sesso, dipende dall’epoca alla quale avviene la duplicazione
dell’embrione (Figura 1). Se la duplicazione avviene nei primi 3-4 giorni dal
concepimento, le cellule dell’embrione non si sono ancora differenziate, e il risultato è
che i gemelli, come quelli di zigoti, avranno ciascuno una propria placenta e una propria
membrana amnio-coriale (gemelli monocoriali biamniotici). Nella maggior parte dei
casi, circa i due terzi, la duplicazione dell’embrione avviene tra 3 e 9 giorni dal
concepimento. In questo caso, le cellule che formeranno la placenta si sono già ben
differenziate e il risultato sono due gemelli che condividono una stessa placenta, ma
hanno ciascuno una propria cavità amniotica. Se la duplicazione avviene tra 9 e 12
giorni, anche le cellule che formano l’amnios si sono differenziate, e il risultato sono
due gemelli che condividono la stessa placenta e sono contenuti all’interno di una stessa
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cavità amniotica (gemelli monocoriali monoamniotici). Infine, se la duplicazione
avviene a 12 giorni o più dal concepimento, le cellule fetali sono già parzialmente
differenziate e il risultato è quello di due gemelli incompletamente divisi che per
definizione sono anche monocoriali e monoamniotici (gemelli siamesi o congiunti).
Dal punto di vista ostetrico, la più importante categorizzazione dei gemelli si basa sul
numero di placente. I gemelli con due placente, o bicoriali, solitamente dizigoti, hanno
infatti in assoluto il rischio più basso di complicazioni. I gemelli monocoriali,
sicuramente monozigoti, hanno un rischio molto più alto di una vasta gamma di
complicazioni tra cui aborto, anomalie congenite, parto prematuro e restrizione della
crescita intrauterina. La distinzione può essere posta per mezzo dell’ecografia,
facilmente se i sessi dei gemelli sono diversi o sono presenti due placente ben separate
l’una dall’altra. Con maggiore difficoltà se i sessi sono uguali e le placente sono molto
vicine l’una all’altra. In questo caso, la distinzione si basa sulle caratteristiche del setto
che divide le due cavità amniotiche (Figura 2), che appare spesso in caso di gemelli
bicoriali perché determinato dalla apposizione di quattro membrane (due amniotiche e
due coriali), molto sottile invece nei gemelli monocoriali perché formato dalle sole
membrane amniotiche. L’elemento più utile è rappresentato dalla modalità con cui il
setto si congiunge alla massa placentare. Se forma con questa un triangolo (segno del
delta o del lambda) la gravidanza è con elevato grado di certezza bicoriale, Se al
contrario si inserisce direttamente (segno della T) la gravidanza è monocoriale (Figura
2)
ABORTI E MORTI PERINATALI NELLE GRAVIDANZE GEMELLARI
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La probabilità di aborto è aumentata nei gemelli rispetto alle gravidanze gemellari. E’
stato stimato che la frequenza delle gravidanze gemellari è nell‘ordine del 2-3% Si
stima che nei due terzi circa dei casi l’intera gravidanza o uno solo dei prodotti di
concepimento (il fenomeno viene indicato con il termine ‘vanishing twin’) vada
incontro ad aborto spontaneo entro il terzo mese di gravidanza.
Tra la 10° e la 24° settimana la probabilità di aborto è fortemente influenzata dalla
corionicità. Il rischio di perdita è molto più elevato per le gravidanze monocoriali (13%
contro il 2,5% delle bicoriali) presumibilmente in conseguenza di sindromi da
trasfusione feto-fetale.
La mortalità perinatale in diversi studi è nell’ordine del 10%, un aumento di 6 volte o
più rispetto alle gravidanze singole, soprattutto in conseguenza di parti prematuri. Le
morti perinatali sono particolarmente frequenti soprattutto nelle gravidanze monocoriali
(3-4 volte rispetto alle gravidanze bicoriali). I gemelli monocoriali monoamniotici
(meno dell’1% di tutti i gemelli monocoriali) hanno una mortalità nell’ordine del 4050% che si ritiene sia determinata soprattutto dall’attorcigliamento dei cordoni
ombelicali (Figura 3).
ANOMALIE FETALI NEI GEMELLI
I gemelli bicoriali hanno una frequenza di anomalie congenite analoga a quella dei feti
singoli. I gemelli monocoriali hanno invece una frequenza che si aggira in diversi studi
intorno al 4 %, vale a dire aumentata di almeno 1,5 volte rispetto ai nati singoli. Le
malformazioni riscontrate in eccesso comprendono sia errori dell’embriogenesi che
difetti acquisiti nel corso della vita intrauterina.
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I veri difetti embriogenetici comprendono malformazioni riscontrate anche nei feti
singoli (come ad esempio difetti del tubo neurale e cardiopatie), e malformazioni
esclusive dei gemelli, come gemelli congiunti e feti acardici. L’ipotesi fisiopatologia
prevalente è che le anomalie rappresentino la conseguenza di un processo anomalo di
separazione delle due masse embrionarie (una separazione asimmetrica produrrebbe
vere malformazioni, una separazione incompleta i gemelli congiunti) e da sindromi da
trasfusione feto-fetale (feti acardicile, lesioni acquisite).
I gemelli congiunti sono classificati in accordo al tipo di fusione. Le varietà pioù
comuni comprendono i gemelli uniti a livello del torace (toracopaghi, 30-40% dei casi),
addome (onfalopaghi, 25-30%), pelvi (ischiopaghi) e cranio (craniopaghi, 5%). La
prognosi dipende dall’entità della condivisione di organi e dalla presenza, frequente di
gravi malformazioni associate. Diversi studi suggeriscono una mortalità intrauterina
nell’ordine del 50%. Dei nati vivi, i due terzi o più hanno malformazioni incompatibili
con la vita.
SINDROMI DA TRASFUSIONE FETO-FETALE
Nelle gravidanze monocoriali, esiste una sola massa placentare che provvede agli
scambi materno-fetali. La circolazione fetale all’interno della placenta, come dimostrato
da numerosi studi, ha un arrangiamento caotico, con ampie comunicazioni tra il circolo
di un feto e l’altro che avvengono a tutti i livelli, tra vasi venosi di un gemello e vasi
arteriosi dell’altro, tra vasi venosi e vasi venosi e tra vasi arteriosi e arteriosi, sia nella
profondità della placenta (anastomosi profonde) che sul piatto coriale (anastomosi
superficiali). La comunicazione tra i due circoli è alla base delle sindromi tra trasfusioni
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acute, che possono manifestarsi alla nascita dei uno dei gemelli, nel momento in cui
viene clampato il cordone ombelicale o in caso di morte endouterina di uno dei gemelli.
In entrambi i casi, per il principio dei vasi comunicanti, può avvenire un passaggio
acuto di sangue da circolo all’altro, che può realizzare una grave emorragia, con la
morte o un danno organico importante.
Le trasfusioni croniche sono invece dovute ad uno sbilanciamento tra i circoli dei due
gemelli, con la conseguenza netta di una perdita progressiva di sangue in un gemello
(feto donatore) e di un altrettanto progressivo eccesso di sangue nel secondo (feto
trasfuso). Questa asimmetria, oltre ad essere probabilmente una causa maggiore di
aborto precoce e di restrizione tardiva della crescita intrauterina, è responsabile di due
sindromi ben definite, la trasfusione fetale cronica artero-venosa e la trasfusione fetale
cronica artero-arteriosa.
La trasfusione fetale cronica artero-venosa è di gran lunga più frequente, e interessa
circa il 15% delle gravidanze gemellari monocoriali. La base anatomica della sindrome
coniste nella presenza di anastomosi artero-venose profonde, di solito uno o più
cotiledoni placentari irrorati dal circolo di un gemello e drenati dal circolo dell’altro.
L’ipotesi è che questo conduca ad una perdita netta di sangue in uno dei due gemelli e
ad un eccesso netto nell’altro. Nel feto donatore, l’ipovolemia si traduce in anemia,
restrizione della crescita, diminuzione del flusso plasmatico renale con oliguria, anuria e
oligoidramnios. Nel feto trasfuso, l’ipervolemia determina policitemia, sovraccarico
cardiocircolatorio con aumento della diuresi, polidramnios e infine scompenso
congestizio ed idrope (Figura 4). La fisiopatologia è probabilmente più complessa, ed in
larga misura ancora non chiarita. Il quadro clinico è comunque caratterizzato dalla
presenza di grave polidramnios nel sacco del gemello trasfuso.Il gemello donatore è
privo o quasi di liquido amniotico e quindi è intrappolato tra le membrane e l’utero
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(gemello fisso) (Figura 5). L’epoca di insorgenza è tra 15 e 24 settimane. Senza alcun
trattamento, la mortalità è pressoché totale. Se il liquido amniotico in eccesso viene
periodicamente evacuato mediante punture transaddominali (amnioriduzione) la
sopravvivenza è nell’ordine del 60% ma una proprorzione non trascurabile, nell’ordine
del 15%, dei sopravvissuti presenta sequele neurologiche anche severe. Le
complicazioni neurologiche sono la conseguenza di una vasta gamma di lesioni
cerebrali, dalle emorragie alle cavitazioni, che sono probabilmente tanto la causa
dell’instabilità emodinamica intrauterina che della prematurità. Una terapia innovativa,
la coagulazione con laser mediante endoscopia intra-amniotica delle anastomosi
placentari, sembra garantire maggiori probabilità di sopravvivenza ed una quota minore
di danni cerebrali, ma l’esperienza al proposito è ancora limitata.
La trasfusione fetale artero-arteriosa, definita anche sequenza TRAP (twin reversed
arterial perfusion, o perfusione arteriosa inversa di un gemello) è legata alla presenza di
anastomosi artero-arteriose. Tramite queste, il circolo arterioso di uno dei due gemelli
viene in pratica impegnato dall’altro. Il feto trasfuso si trova quindi ad essere perfuso in
senso retrogrado attraverso le arterie ombelicali anziché attraverso la vena ombelicale, e
da sangue proveniente dall’altro feto e quindi ‘usato’, scarso di ossigeno e nutrienti
(Figura 6). Ne deriva una distruzione progressiva molto variabile da caso a caso che, nei
casi più tipici, si caratterizza per la assenza totale o quasi totale di estremo cefalico e
cuore (feto acefalo acardico). Il feto trasfuso presenta un insieme di malformazioni
inevitabilmente letali, ma la prognosi è spesso grave anche per il feto donatore, il cui
circolo è sovraccaricato dalla necessità di perfondere la massa spesso cospicua dell’altro
feto. Uno scompenso cardiaco con morte perinatale si manifesta nel 50% dei casi.
Terapie intrauterine sono state proposte in questi casi, e comprendono varie metodiche
(dalla legatura alla coagulazione mediante laser o iniezione di alcol). Gli interventi
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sembrano essere efficaci, ma il numero di casi trattati resta esiguo per la rarità della
condizione.
PARTO PREMATURO NEI GEMELLI
L’epoca di parto è fortemente dipendente dal numero di feti. Nelle gravidanze singole,
l’epoca media di parto è 40 settimane, e il numero di parti gravemente prematuri, tra 24
e 32 settimanem quando il rischio di morte e complicazioni da prematurità è
particolarmente elevato, è nell’ordine dell’1-2%. Nelle gravidanze bigemine bicoriali e
monocoriali l’epoca media di parto è intorno a 36 settimane, e i parti gravemente
prematuri sono rispettivamente il 5 e il 10%,
RESTRIZIONE DELLA CRESCITA NEI GEMELLI
Il peso alla nascita è direttamente proporzionale al numero di feti. Questo è in larga
misura la conseguenza dell’epoca di parto più precoce nelle gravidanze multifetali
rispetto alle singole. Tuttavia, anche a parità di epoca gestazionale, i gemelli sono di
solito più piccoli rispetto ai feti singoli, con una probabilità molto più alta di presentare
segni di denutrizione intrauterina, come riduzione del tessuto adiposa, ipoglicemia e
iperbilirubinemia. Questo dipende probabilmente da uno squilibrio tra offerta (capacità
dell’utero di trasmettere nutrienti) e richiesta (esigenze nutritive dei feti). Tuttavia, sono
in questi casi frequenti discrepanze significative tra i gemelli di uno stesso paio, che
sono particolarmente frequenti nelle gravidanze monocoriali., Questo induce a ritenere
che la placentazione possa avvenire in modo asimmetrico, privilegiando un feto a
scapito dell’altro.
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In generale, il 5% dei feti singoli presenta elementi clinici che suggeriscono una
restrizione della crescita intrauterina, mentre nelle gravidanze gemellari bigemine la
quota sale al 20-30%.
LE GRAVIDANZE PLURIFETALI
Gravidanze spontanee con più di due feti sono molto rare. Secondo la regola di Hellin la
frequenza alla nascita è pari a 1 su 80n–1 parti, dove n è il numero di feti. Tuttavia, a
partire dalla fine degli anni ’70, le tecniche di fertilizzazione assistita si sono
rapidamente diffuse. Molte coppie sterili hanno avuto la possibilità di riprodursi, e
questi ha rappresentato un grande ed evidente beneficio. Tuttavia, come conseguenza
secondaria della applicazione di queste tecniche si è assistito ad un grande incremento
non soltanto delle gravidanze bigemine ma anche di quelle con grande numero di feti.
Nel Nord Europa, alla metà degli anni ’90, la frequenza delle gravidanze bigemine era
aumentata di quasi un terzo, e quella delle gravidanze trigemine di circa 7 volte. Anche
gravidanze con quattro o più feti, al momento in cui si scrive, vengono viste non
infrequentemente.
Nonostante la maggior parte dei centri di fertilizzazione assistita si sottoponga ormai a
codici di autoregolamentazione per evitare gravidanze plurifetali, è improbabile che il
fenomeno possa essere del tutto controllato. D’altra parte, buona parte delle gravidanze
plurifetali vengono oggi viste non tanto in pazienti che si sottopongono a fertilizzazione
in vitro quanto piuttosto a induzione dell’ovulazione.
Presumibilmente, i paesi occidentali dovranno convivere con il problema rappresentato
da un tasso elevato, e forse tuttora in aumento, di gravidanze plurifetali. Le conseguenze
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sono intuitive, dal momento che buona parte di questo capitolo è stata dedicata alla
spiegazione di come le gravidanze multiple comportino una probabilità di complicazioni
soprattutto fetali ma anche materne di gran lunga più elevata rispetto alle gravidanze
singole. Le gravidanze con alto numero di feti (tre o più) si distinguono per una elevata
frequenza di parti prematuri, i quali non soltanto possono portare alla morte di uno o più
dei gemelli, ma anche a sequele permanenti. Se si considera la paralisi cerebrale, uno
dei marcatori più caratteristici della prematurità, è stato calcolato che il rischio di un
bambino affetto è nell’ordine di 1,6 casi per 1000 per le gravidanze singole, sale a 7-9
per 1000 nelle gravidanze bigemine, a 30 per 1000 nelle trigemine e supera 100 casi per
1000 nelle gravidanze quadrigemine.
I tentativi tradizionali di prevenire il parto prematuro (riduzione delle attività fisiche
della madre, farmaci tocolitici, cerchiaggio) si sono dimostrate tutte fino ad ora
fondamentalmente inefficaci, probabilmente perché in questi casi il parto prematuro è la
conseguenza di un invalicabile limite biologico. D’altra parte, le gravidanze plurifetali
comportano un rischio non trascurabile per la madre. La probabilità di gravi
complicazioni (pre-eclampsia severa, diabete, emorragie) è grandemente aumentata, e
per quanto non esistano chiari dati in questo senso, è presumibile che anche la mortalità
materna sia molto più frequente in questi casi. In diversi centri in Italia e nel mondo
viene quindi offerta in questi casi la riduzione del numero di embrioni mediante puntura
eco-guidata. Di solito, il numero di embrioni viene portato a due, intorno al periodo tra
10 e 12 settimane. Le probabilità di parto prematuro vengono considerevolmente
ridotte, anche se non completamente eliminate. Il fatto che gli embrioni residui tendano
ad essere partoriti ad una epoca mediamente più precoce e ad avere un peso mediamente
inferiore rispetto a quanto atteso per le gravidanze bigemine spontanee inducono a
sospettare che esista una qualche forma di programmazione placentare o deciduo-
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placentare che avviene nelle prime settimane di gravidanza. L’embrioriduzione ha
comunque dimostrato di ridurre grandemente il rischio di sequele neurologiche fetali e
di complicazioni materne, anche se resta, naturalmente, molto discussa sotto il profilo
etico.
IL PARTO NELLE GRAVIDANZE GEMELLARI
Alla fine degli anni ’90, in Italia, è stato stimato che poco meno del 50% delle
gravidanze gemellari venivano partorite mediante taglio cesareo. E’ probabile che al
momento in cui si scrive la percentuale sia ancora aumentata. In molti istituti, un
tentativo di travaglio di parto è ammesso soltanto per gravidanze in cui entrambi i
gemelli sono di buon peso, senza evidenza di grave restrizione della crescita
intrauterina, e in presentazione cefalica. In altri Istituti, il travaglio è ammesso anche in
gravidanze con primo feto cefalico e secondo traverso o podalico. Non esistono dati
definitivi al proposito. E’ sempre possibile che, dopo la nascita del primo gemello, sia
necessario procedere alla estrazione laparotomia del secondo per il subentrare di
distocia o sofferenza fetale. Quindi, è ragionevole che un travaglio di parto sia ammesso
soltanto in istituti in cui è possibile offrire un taglio cesareo in tempi molto brevi. In
linea di massima, la scelta è spesso di necessità individualizzata. Molti ginecologi sono
d’accordo nel ritenere che le uniche controindicazioni assolute ad un tentativo di parto
vaginale siano rappresentate dalla presentazione podalica del primo feto e dalla
presenza di una grave restrizione della crescita fetale in almeno uno dei gemelli.
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Allo stesso modo, molti considerano che un taglio cesareo non appena raggiunta una
ragionevole maturità fetale rappresenti la modalità più indicata di parto per le
gravidanze plurifetali, anche se mancano dati assoluti al riguardo. In linea di massima,
CONCLUSIONI
In Europa, circa l’1% delle gravidanze è gemellare. La frequenza è comunque in
aumento in conseguenza della diffusione delle metodiche di fertilizzazione assistita. Le
problematiche ostetriche maggiori sono rappresentate dalle gravidanze monocoriali, che
concentrano una vasta serie di complicazioni peculiari, che vanno dalle anomalie fetali
alle sindromi da trasfusione, e dalle gravidanze plurifetali che comportano un eccesso di
parti prematuri. Il rischio di molte complicazioni materne, dalla ipertensione
gestazionale al diabete, è aumentato, in proporzione diretta al numero dei feti. Non
esiste una visione assoluta circa le modalità ottimali per l’espletamento del parto. In
linea di massima, un tentativo di parto vaginale è certamente indicato se i feti sono
entrambi di buone dimensioni e in presentazione cefalica, e probabilmente
sconsigliabile se il primo feto è podalico o almeno uno dei due ha una grave restrizione
della crescita.
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Letture consigliate
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LEGENDE ALLE FIGURE
Figura 1. rappresentazione schematica delle modalità di placentazione delle gravidanze
monocoriali in funzione dell’epoca di duplicazione dello zigote.
Figura 2. Immagini ecografiche della inserzione del setto sulla massa placentare in una
gravidanza bicoriale (a sinistra, setto spesso e inserzione a triangolo) a monocoriale (a
destra, setto sottile e inserzione a T).
Figura 3. Attorcigliamento dei cordoni in una gravidanza monocoriale monoamniotica,
alla nascita (a sinistra) e in una ecografia prenatale (a destra).
Figura 4. Ipotesi fisiopatologia sulla trasfusione feto-fetale artero-venosa cronica.
Figura 5. la combinazione di progressivo polidramnios in una cavità amniotica e
oligoidramnios nell’altra provoca la ‘fissità’ di un gemello nella trasfusione feto-fetale
artero-venosa cronica.
Figura 6. Correlazione tra la normale circolazione fetale, a sinistra, e quella di un feto
acardico, a destra.