Diapositiva 1 - Dipartimento di Scienze Politiche

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Teoria del pluralismo
Critiche alla teoria del pluralismo
Tipologia dei gruppi di interesse
Le risorse dei gruppi
I movimenti collettivi
Le teorie sui movimenti collettivi
Tipologie di movimenti collettivi
La pluralità dei gruppi e la competizione fra loro
sono gli elementi essenziali della democrazia.
Caratteristiche dei gruppi funzionali a un regime democratico:
• overlapping membership: gli individui che appartengono
a più gruppi avranno una maggiore consapevolezza della
necessità di dover conciliare diversi interessi;
• cross-cutting membership: individui che si incontrano e
interagiscono con altre persone di diversa provenienza
sociale, economica, religiosa, culturale, etnica tendono a
stemperare le proprie differenze e a frenare le tendenze
distruttive dell’ordine sociale.
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Prof. Roberto De Rosa
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- Critica neo-conservatrice (Olson, 1965)
i gruppi creano un diaframma fra cittadini e governanti, sostituendo il
perseguimento di un interesse particolare al conseguimento del bene pubblico.
Secondo Olson, i gruppi di interesse e le collusioni che
si instaurano tra loro riducono l’efficienza e il
reddito aggregato della società in cui operano,
creando rigidità sociali che finiscono per soffocare
la competizione e creare maggiori divisioni.
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- Critica neo-progressista (Schmitter 1983)
i gruppi nella teoria pluralista sono frammentati, in concorrenza
tra loro e relativamente poveri di risorse, perciò incapaci di
proporre e sviluppare programma di lungo periodo.
Schmitter delinea e propone l’introduzione di un modello neocorporativo dove i gruppi di interesse sono:
 riconosciuti e autorizzati dallo Stato;
 non in concorrenza tra loro, ma gerarchicamente ordinati in
relazione alle rispettive categorie professionali o di interesse;
 coinvolti in regolari consultazioni con il governo, finalizzate alla
stipula unanime di accordi vincolanti fra gli attori coinvolti (es.
sindacati, associazioni imprenditoriali e governo).
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Almond e Powell (1966), assumendo la prospettiva dell’articolazione degli
interessi, cioè delle modalità attraverso cui i membri di una comunità
comunicano ai detentori del potere politico le loro domande,
preferenze ed esigenze, individuano 4 tipi di gruppi di interesse:
1.
anomici: emergono fuori dalle regole/senza regole e non dispongono
di canali sperimentati attraverso i quali manifestarsi (es. movimenti
studenteschi, organizzazioni terroristiche ecc.);
2.
non associativi: si riferiscono ad appartenenze primarie o
tradizionali, legate alla comunanza di religione, di etnia, di
provenienza geografica (es. organizzazioni legate a identità etniche,
linguistiche, religiose ecc.);
3.
istituzionali: si appartiene a questi gruppi soltanto entrando a far
parte di una specifica istituzione (es. burocrazia, Chiesa, esercito
ecc.);
4.
associativi: sono gruppi che si organizzano, creando adeguati staff
professionali, per autoproteggersi e autopromuoversi (es. sindacati,
associazioni imprenditoriali o professionali ecc.).
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1.
Dimensione della membership
2. Rappresentatività del gruppo
3. Risorse finanziare
4. Conoscenze tecniche o expertise
5. Collocazione strategica nel processo produttivo o
nelle attività essenziali del sistema politico
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Le letteratura scientifica sui movimenti sociali o collettivi
presenta ancora molto dilemmi interpretativi concernenti:
- il rapporto tra le componenti psicologiche e quelle sociologiche
dell’agire sociale;
- la “normalità” o “l’eccezionalità” dei movimenti collettivi;
- le caratteristiche dei partecipanti: emarginati o integrati;
- le modalità di istituzionalizzazione o dissoluzione dei
movimenti.
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 Neil Smelser
 Francesco Alberoni
 Alain Touraine
 Charles Tilly
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Secondo Smelser, i movimenti collettivi nascono
quando «l’azione sociale strutturata è sotto tensione
e quando i mezzi istituzionalizzati per dominare la
tensione sono inadeguati».
I movimenti sociali vengono interpretati come
la spia di una DISFUNZIONE SOCIALE e il
prodotto di tensioni presenti all’interno della
società.
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Per Alberoni, un movimento è «il processo storico che ha
inizio con lo stato nascente e che termina con la
ricostituzione del momento quotidiano istituzionale»,
dopo averne subito una trasformazione.
Chi innesca questo processo?
I membri delle CLASSI MINACCIATE DI DECLASSAMENTO e
quelli delle CLASSI IN ASCESA, perché condividono la stessa
delusione nei confronti dalla situazione attuale
“istituzionalizzata”.
Non sono né gli EMARGINATI né gli ALIENATI a dar vita al movimento
collettivo, bensì coloro che si trovano alla “periferia del centro”, ovvero i
più politicizzati, poiché possiedono gli interessi, le conoscenze e le
risorse per auto-organizzarsi.
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I cardini della teoria di Touraine sono costituiti da 3 principi:
1.
2.
3.
identità: l’attore si caratterizza rispetto ad altri attori nel mezzo
di un conflitto;
opposizione: dal conflitto emerge l’avversario, formando la
coscienza degli attori coinvolti;
totalità: è il sistema d’azione storica di cui gli avversari, situati
nella doppia dialettica delle classi, si disputano il dominio.
Capovolgendo la spiegazione di Smelser, Touraine giunge alla
conclusione che un movimento sociale «non è l’espressione di
una contraddizione; esso FA SCOPPIARE IL CONFLITTO».
Non è il prodotto, ma l’ARTEFICE DELLE TENSIONI presenti
nella società.
Il movimento sociale nasce nella società e, attraverso il conflitto,
ne promuove la trasformazione.
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Tilly spiega l’insorgenza dei movimenti collettivi riconoscendo
l’esistenza, in tutte le società, di uno SQUILIBRIO nella
distribuzione del potere.
La teoria di Tilly prevede diverse fasi:
1) i gruppi entrano in contatto tra loro, definendo i propri
interessi;
2) gli interessi vengono organizzati, creando anche un senso
di appartenenza al gruppo;
3) l’organizzazione può comportare la mobilitazione delle
risorse da parte dei singoli gruppi;
4) la mobilitazione, infine, induce all’azione collettiva per il
perseguimento di fini comuni.
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Melucci (1977) distingue tra movimenti:
- rivendicativi: hanno come obiettivo quello di imporre mutamenti nelle
norme, nei ruoli e nelle procedure di assegnazione delle risorse socioeconomiche;
- politici: mirano a incidere sulle modalità d’accesso ai canali di
partecipazione politica e nello spostare i rapporti di forza;
- di classe: cercano di capovolgere l’assetto sociale, trasformare il modo
di produzione e sconvolgere i rapporti di classe.
Tuttavia questa classificazione, a causa dei
mutamenti sociali e internazionali intervenuti negli
ultimi anni, non riesce a includere efficacemente
alcuni nuovi movimenti sorti di recente, come quelli
no/new global o quelli integralisti/fondamentalisti.
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Per superare questa impasse teorica, Sidney Tarrow ha
introdotto il concetto di
«STRUTTURA DELLE OPPORTUNITÀ POLITICHE»
Le caratteristiche dell’ambiente politico e le modalità
di funzionamento del sistema politico incoraggiano o
scoraggiano il coinvolgimento degli attori in forme di
azione collettiva, aumentandone o riducendone i costi.
Le «FINESTRE DI OPPORTUNITÀ» che si troveranno
di fronte i gruppi serviranno, dunque, per valutare la
presenza di eventuali gruppi alleati, la praticabilità
dell’azione collettiva e il grado di vulnerabilità dei
detentori del potere politico.
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