Pitagora e il Jazz
Corso di filosofia della musica
Terza annualità
Rieccoci Qui!!
Lo scorso anno, dopo due anni di
duro lavoro,
abbiamo concluso il progetto
riguardante il rapporto che lega la
Filosofia alla Musica.
Quest’anno si sono aggiunti al
nostro gruppo nuovi ragazzi con
idee originali e fantasiose,
ora siamo più determinati che mai
nel proporvi
un nuovo ambizioso progetto
riguardante
La storia del JAZZ!
Jazz è verità
Non c’è mai fine per il Jazz ci sono sempre nuovi suoni da immaginare, nuovi
sentimenti da cogliere. Nel Jazz quasi sempre chi suona è anche compositore
della propria musica, il jazzista prova un amore sconfinato nei
confronti dell’imprevisto; ovvero la ricerca di qualcosa che possa sorprendere
Innanzitutto il compositore-esecutore, prima ancora che l’ascoltatore.
Il Jazz abita la temporalità di un vero assolutamente soggettivo.
Nel Jazz la concretezza empirica del vero rende l’opera effettivamente
riuscita solo là dove essa muova a una ripetizione assolutamente paradossale:
ossia a un’esecuzione differenziante che smentisca l’originale.
E che ad esso si mostrerà tanto più fedele quanto più apparirà distante
dalla sua individuazione originaria. Perciò l’opera sarà tanto più grande
quanto più sarà in grado di suggerire nuove divagazioni,
ossia di farsi tradire o smentire; di farsi indefinitamente ridefinire.
Perciò, vero allievo sarà nel Jazz solo quello dimostratosi
in grado di prendere congedo dall’esemplarità del maestro,
di farsi esso medesimo maestro.
In questo senso, nella prospettiva jazzista, solo una verità
confutabile può davvero dirsi adeguata e ben fondata.
Scrittura e Improvvisazione
“So di essere nato come prolungamento della vita
stessa,
tutto quello che c’è fuori,
il cielo, la luna, il sole, l’universo, lo spazio, tutta la
faccenda sono io”.
In modo molto simile si era espresso Louis
Armstrong.
“Il suo suono, meno pulito di prima, cessa di essere il
suono di uno strumento
per diventare il suono della sua anima”.
Un’anima che, rivela Enrico Rava, aveva finito per
traboccare
dalla campana della tromba attraverso il vibrato,
trasformando ogni nota in un’esplosione d’amore.
Questo è Jazz:
vita traboccante e sgorgante dalla sua fonte
originaria, dall’ archè.
Il pentagramma racchiude, agli occhi del jazzista, una
gabbia da cui liberarsi.
JAZZ
Il jazz è un linguaggio musicale estremamente emozionale, nato
dall'improvvisazione, ma che necessita allo stesso tempo di
notevole perizia tecnica, basato sulla varietà ritmica e del fraseggio,
vanta ricchezza armonica e splendide melodie.
Pur essendo principalmente musica strumentale, il jazz ha espresso nel tempo, a
cominciare da quella di Bessie Smith, voci straordinarie per intensità, calore
interpretativo e tecnica (Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Billie Holiday).
L'etimologia della parola JAZZ, e' sconosciuta, ma il grande Dizzy Gillespie diceva
che "jasi", in un dialetto africano, significa vivere ad un ritmo accelerato.
E’ un tipo di musica che basa le sue sollecitazioni fondamentali
nell’improvvisazione e sulla capacità da parte del solista di sviluppare al massimo
grado le sue idee la possibilità di suonare “ad libitum” (al di fuori cioè degli
obblighi di un numero precisato di minuti) offre quasi sempre lo spunto per lo
sviluppo di un più suggestivo e compiuto discorso.
C’è poi il fattore “pubblico” che rappresenta l’altro aspetto dell’esecuzione dal vivo.
Il jazzista è un personaggio che ha bisogno di una continua carica comunicativa, e
la presenza, quindi, dell’interlocutore diretto che ne accompagna l’esecuzione con
il gesto o con l’applauso costituisce un formidabile stimolo che gli consente di
offrire davvero il meglio di se stesso.
Molto frequentemente infatti, ascoltare la musica jazz provoca una sorta di
simbiosi, di incontro, di dialogo tra l’inventore ed il fruitore questo costituisce di
sicuro l’aspetto più fascinoso di una musica che trae la sua più acuta suggestione
dalla sua stessa imprevedibilità, dalla sua struggente facoltà di restituire a chi
ascolta tutto quanto può essere suggerito sul piano estetico ed umano.
Il Jazz ha un linguaggio proprio ed universale che consente a musicisti di razze,
lingue e civiltà diverse di capirsi con uno sguardo e dar vita ad incontri musicali
improvvisati ( “Jam Session”) come se fossero nati e cresciuti insieme ed insieme
avessero appreso il linguaggio del jazz.
Grandi musicisti come Igor Stravinskij e Maurice Ravel hanno detto che il jazz
“rischia” di essere l’unica musica del XX secolo tramandata alla posterità.
Il jazz nasce e prende forma con l'affermarsi nella società americana della
minoranza nera, ma, paradossalmente, all'inizio della sua storia sono i musicisti
bianchi che, appropriandosene, riescono ad affrancarlo e a farlo conoscere anche
al pubblico non di colore.
Se ciò non fosse accaduto, il jazz sarebbe rimasto ghettizzato.
La nascita ufficiale del Jazz viene infatti fatta risalire al 1917 quando un quintetto
bianco di New Orleans incise un disco in cui per la prima volta appariva la parola
“Jazz”. Tale gruppo si chiamava “Original Dixieland Jazz Band” e due dei musicisti
erano di origini italiane (il batterista Tony Sbarbaro ed il trombettista Nick La
Rocca).
Gli schiavi neri d'America si erano inventati la loro musica: memorie di ricordi
africani trapiantate sulle sonorità popolari dei bianchi e contaminate dagli inni
religiosi cristiani. Dapprima il canto accompagna il lavoro (il blues) quindi diviene
preghiera (spiritual e gospel).
C'è anche però il carattere di intrattenimento e divertimento che compare nel jazz
suonato nelle strade e nelle case chiuse di New Orleans.
Imperano il ragtime ed il dixieland, i due stili più rappresentativi all'alba del jazz.
La città di New Orleans costituì il baricentro delle tendenze e degli stii originari del
jazz, e non a caso di tale città era il trombettista Louis Armstrong (1901-1971)
detto Satchmo (bocca a sacco), legittimamente considerato il re del Jazz.
Armstrong si era assunto il compito di diffondere in tutto il mondo tale musica ed il
profondo ed umano significato che il jazz, nato dalla persecuzione razziale e dai
ghetti urbani d’America, ha saputo esprimere.
Sin da ragazzo fu affascinato dalla musica che lo distrasse
dalla vita da strada, dall’incontro con Joe “king” Oliver,
considerato all’epoca il miglior cornettista di jazz nasce in lui
l’amore per la cornetta, uno strumento succedaneo della
tromba, del quale diventa un indiscusso virtuosista ed
attraverso il quale dimostrò inventiva, fantasia ritmica e
melodica, unite ad un'impressionante volume sonoro e ad
un'inconfondibile timbro.
La sua carriera artistica è lunga e piena di successi, i brani da lui
incisi sono innumerevoli e tutti famosi, dal “St. Louis Blues” a “Hello
Dolly”, da “Mack The Kinfe” a “What a Wonderful World”
Se Armstrong è il re del jazz la regina non può che essere
Ella Fitzgerald (1917-1966), che, per tanti anni sulla
breccia, ha saputo dare al jazz un significato ed un senso
di godibilità che resterà nel tempo come uno dei più
compiuti esempi di incontro tra voce umana e strumento
musicale.
La sua voce, sottile e potente al contempo, è capace di
attraversare con sicurezza tutti i possibili registri della
gamma vocale.
Il canto di Ella è già di per sé un assolo strumentale, che
viene preparato con una personalissima ed autonoma
base di lancio, un momento questo ancora legato
all’esecuzione tradizionale del tema, fin quando poi il
raddoppio del tema stesso e del tempo ritmico non
produce una suggestiva accelerazione nel corso della
quale le acrobazie sonore rappresentano un fatto di
tecnica vocale del tutto straordinario ed insolito.
Louis ed Ella si esibirono spesso ed a lungo insieme, dando vita a indimenticabili
duetti, storica è la loro “Summertime”
A partire dagli anni '20, dapprima Chicago e poi Kansas City e New York, tengono a
battesimo formazioni guidate da musicisti che diventano subito leggenda: Duke
Ellington, Count Basie.
L'improvvisazione fantasiosa di maestri come Lester Young e Charlie Christian
incontra il gusto popolare di casa a Broadway.
lo Swing
Nasce il boogie-woogie, il jazz diverte e fa ballare. La febbre dello swing, autentica
linfa vitale del jazz (il verbo inglese to swing significa "oscillare"), contagia anche la
California, seducendo naturalmente il mondo del cinema.
Anche i musicisti bianchi inseguono il jazz e così facendo aiutano a combattere la
segregazione razziale. I dischi e la radio prima, le truppe americane poi, nell'Europa
messa a ferro e fuoco durante la Seconda Guerra Mondiale sono i principali
divulgatori del jazz.
Lo swing puo' essere inteso inteso in due modi: swing
inteso come elemento ritmico della musica jazz, non
facilmente trascrivibile su pentagramma quindi soggetto a
improvvisazione, e swing inteso come lo stile musicale
degli anni trenta, che porto' il jazz alla sua massima
popolarità
Lo swing è stato considerato il genere musicale popolare
americano degli anni '30 e '40, in particolare grazie a
bianchi (quali soprattutto Benny Goodman e Artie Shaw)
che avevano reso popolare una musica che era in origine
soprattutto nera,
Ma le orchestre piu' grandiose erano senza
dubbio quelle dei neri:
In particolare quella sofisticata di Duke
Ellington e soprattutto quella di Count
Basie, (inventore del cosiddetto sound di
Kansas City) che sapeva “swingare” come
nessun’altra orchestra del tempo
Queste grandi orchestre fissarono le fondamenta strutturali
delle orchestre stesse, formate da tre distinte sezioni di fiati:
trombe, tromboni e sassofoni, che andavano dai tre ai
cinque strumenti per sezione, oltre ad una sezione
ritmica formata da pianoforte, chitarra, contrabbasso e
batteria. Le orchestre suonavano la loro musica e si
caratterizzavano per la personalità del loro leader il quale
definiva l'impostazione del suono della band attraverso gli
arrangiamenti scritti. Completavano il quadro le
improvvisazioni dei solisti. Quindi le big bands diedero la
naturale affermazione dei migliori solisti.
Nell'era dello swing nasceranno e cresceranno molti
musicisti che poi avranno un'enorme influenza sulla
successiva rivoluzione del bop degli anni '40 , come i due
grandi sassofonosti Lester Young e Coleman Hawkins
Il 1935, sara' il periodo di maggior culmine commerciale dello swing, ma
contemporaneamente segnera' anche il declino di questo genere
Il Be-Bop
Il jazz, e' forse la forma d'arte più naturalmente soggetta a
contaminazioni e a repentini cambiamenti di rotta. La storia della
musica afroamericana e' piena di continui cambiamenti, c'e' infatti
un momento (intorno alla prima meta' del secolo scorso) in cui il
jazz assume le sembianze di una vera e propria Forma d'arte.
Tale momento si chiama BE BOP
Quando l'insoddisfazione dei solisti delle big band, a cui erano concessi spazi ristretti
per le loro improvvisazioni, raggiunse l'apice, questi, dopo le esibizioni con le orchestre,
si ritrovavano in piccoli Jazz-club, dove davano sfogo a tutta la loro improvvisazione,
attuando una rivoluzione nell'ambito jazzistico. Si sviluppò cosi' un movimento musicale
che, partendo dalla esigenza di individuare nuove forme espressive, conferiva l'aspetto
artistico a tale musica, permettendo al popolo nero l'affermare della propria cultura che
viveva sempre nei pregiudizi razziali tra bianchi e neri.
Tuttavia nella comunità dei giovani jazzisti di colore qualcosa cominciava a muoversi.
C'era un'aria di rinnovamento, anche gli appassionati di musica ritenevano che il jazz,
con la swing avesse ormai esaurito la sua carica, era diventato statico e racchiuso
all'interno di canoni ben stabiliti.
Questo movimento oltre a sprigionare l'arte dei musicisti neri, accomunava la voglia
di ribellione della nuova generazione americana nei confronti della borghesia
razzista delle generazioni precedenti. Caratteristica peculiare ( oltre la musica) era
quella di vivere la vita senza sottostare a regole o limitazioni.
Il bebop apparve improvvisamente nel 1944 in alcuni locali della 52a strada, e la sua
comparsa fu così istantanea da lasciare i più interdetti.
Prima di cio' il be bop era un po' nel'aria, infatti musicisti del calibro di Lester Young e
Charlie Christian gia' influenzavano la musica del finire anni '30.
Le jam session, agli inizi degli anni '40, erano ancora molto popolari fra i jazzmen nei
numerosi locali di Harlem , dove erano soliti ritrovarsi i musicisti neri che potevano
suonare senza obblighi e regole ben precise.
In particolare al Minton’s i musicisti facevano la fila per esibirsi in jam session, tra di loro
Coleman Hawkins, Art Tatum, Roy Eldridge e Lester Young, poi, verso il '41,
arrivarono anche Bud Powell , il trombettista Dizzy Gillespie e un giovane
altosassofonista di nome Charlie Parker, il quale impressiono' tutti per la velocita' di
esecuzione dellle scale e del fraseggio, suonando qualcosa che mai prima di allora
nessuno avesse mai sentito. “Bird” (cosi fu soprannominato), era molto piu' avanti di tutti
i musicisti che fino allora avevano suonato, era l'innovazione del jazz.
Altri musicisti nacquero nell'era del be-bop, uno su tutti Miles Davis, che incontreremo
più in la indiscusso protagonista
Il Be-bop era l'innovazione musicale che dimostrava la possibilita' di
ricercare nuove forme espressive e quindi di evoluzione del Jazz.
Tuttavia, verso il '49 si andò delineando la fine del be-bop, dovuta a vari problemi: la
crisi commerciale del periodo e l'affacciarsi al grande pubblico del rhythm and blues
e successivamente il rock and roll, e gli impresari guardavano ormai con diffidenza
al mondo del bebop. Si salvavano Gillespie e Parker, ma i più conducevano una vita
di miserie, non solo per l'indigenza e la frustrazione, ma anche e soprattutto per
colpa delle droghe pesanti di cui facevano largo uso. Per colpa dell'eroina morirono
nel giro pochi anni i migliori talenti del nuovo jazz: Bird, appena trentacinquenne,
Fats Navarro, il migliore trombettista dopo Dizzy, ucciso dall'eroina appena
ventisettenne, Tadd Dameron, in carcere e molti altri.
IL COOL JAZZ
Intorno agli anni '50 gli U.S.A. godono di un periodo di grande benessere economico,
con grosse contraddizioni sociali.
Nasce il movimento per i diritti civili di Martin Luther King e contemporaneamente la
lotta contro gli antiamericani cioe' i comunisti, siamo alla guerra fredda, lo scontro tra
U.S.A. e U.R.S.S..
In questo periodo nasce il COOL JAZZ, quasi in coincidenza con un altro fenomeno
musicale importantissmo, cioe' la nascita del Rock.
La schizofrenia del be-bop lasciò il posto a soluzioni più razionali, venne riscoperto, il
contenuto melodico del jazz, che il be-bop aveva praticamente fatto dimenticare, ed una
dimensione più rilassata delle ritmiche, in netta contrapposizione con i frenetici tempi
staccati dei vari Charlie Parker e Dizzy Gillespie. Spinti anche dal desiderio di
recuperare il pubblico perduto, nasce questa nuova evoluzione del jazz: il Cool.
Il padre teorico del Cool possiamo dire che fu Lennie Tristano un pianista italoamericano di formazione classica, che diceva di suonare cool senza arrivare al gelo.
Infatti cool, letteralmente significa freddo, ma in questo caso cool sta ad indicare
calma, equilibrio, distacco.
Ma indubbiamente il piu' grande esponente di questa corrente
jazzistica e' stato MILES DAVIS.
Impressionò subito pubblico e critica per la sua naturale capacità di
far convivere gli arrangiamenti scritti, con un tono molto morbido e
contemporaneamente complesso. Gia' formatosi durante l'era del
be-bop scuola Parker, aveva dato dimostrazione di rappresentare
una grande promessa mettendosi subito in evidenza.
Fu uno dei primi a accorgersi e sentire l'esigenza di riproporre il jazz
al grande pubblico staccandosi dai canoni frenetici del be-bop.
A completare il quadro della scena Cool, troviamo esecutori
come il tenorsassofonista Stan Getz ed il sax baritono Gerry
Mulligan e non va dimenticato che nello stesso periodo si
affermò anche il quartetto di Dave Brubeck, un pianista autore di
un repertorio costituito da una raffinata miscela tra musica
classica e jazz. (indimenticabile ed innovativo il loro “take five”)
L'introduzione di "Take five"