Chi sono i “primi filosofi”?
(VII-V sec. a. C.)
Talete e Anassimandro
Tra Colli e Diels - Kranz
Talete in DK
L'influenza del modello aristotelico è
mostrata innanzitutto dal fatto che, al
pari di Metaph I – 3 (e dei nostri
manuali), Talete è il primo presocratico
che viene passato in rassegna
Talete in DK
Di Talete (VI a. C.), DK riportano:
Circa 20 testimonianze indirette, di cui:
- 1 notizia biografica di Esichio (V d. C.)
- 3 notizie storiche di Erodoto (V a. C.)
- 1 dialogo di Platone (il Teeteto)
- 3 opere di Aristotele (tra cui Metaph. I – 3)
- opere di Seneca e Plinio
E nessun frammento originale di Talete
Talete in Colli
Nell'edizione di Colli (La sapienza
greca, Einaudi, Torino 1978, Vol. I)
si nota innanzitutto che Talete non
è il primo "Sapiente" passato in
rassegna.
Il criterio dell'edizione Colli / 1
Colli
rifiuta
la
distinzione
tra
testimonianze e frammenti, adottando
il termine "frammenti" in un senso "più
ampio" rispetto all'edizione DK:
I testi da lui riportati sono suddivisi in
due gruppi:
A fino all'epoca di Aristotele
B da dopo Aristotele in poi
Un senso "più ampio" (rispetto a DK)
I "frammenti" sono, nella lettura di Colli,
echi di un mondo arcaico e lontano – la
Grecia prima dell'avvento della stessa
filosofia – depositario di una sapienza
alla
quale
solo
Nietzsche
è
autenticamente riuscito ad avvicinarsi.
Letture / 1
G. Colli
La sapienza greca
Vol. I
Dioniso – Apollo – Eleusi – Orfeo – Museo –
Iperborei – Enigma
(Einaudi Torino 1977)
Prefazione
Si tenta qui, con una nuova edizione, di
documentare in modo esauriente quella che di
solito viene chiamata – con riduttiva designazione
cronologica – la filosofia "presocratica", ma che mi
sembra più pertinente denominare "la sapienza
greca". Coloro infatti le cui parole vengono qui
raccolte erano chiamati "sapienti" dai loro
contemporanei, e ancora Platone li indica con tale
nome. In quell'epoca "sapienza" significava anche
abilità tecnica, oppure saggezza della vita,
prudenza politica: ma sapiente "in assoluto" era
uno che possedeva l'eccellenza del conoscere.
Tutto il pensiero che viene dopo dipende in qualche modo dal
pensiero di quei sapienti. Sarebbe però un errore voler
recuperare la sapienza greca attraverso quello che ne ha
detto la filosofia posteriore: riguardo a tali parole arcaiche,
molte opinioni ancora oggi autorevoli – ma del tutto
fuorvianti – derivano dalle falsificazioni aristoteliche di quel
pensiero, magari riporese ed elaborate dalla storiografia
hegeliana. Per sfuggire al pericolo di accomodare quel
pensiero remotissim oagli schemi e ai problemi dell'uomo
moderno e contemporaneo, si farà qui un tentivo inverso:
anzichè cercare appoggi in interpretazion idella
sapienza greca per opera di filosofi posteriori, si
proverà a risalire alle spalle della sapienza, a trovare
cosa ci fosse prima della sapienza, quale fosse il suo
sfondo.
In base a questa prospettiva c'è molto da togliere e
da
aggiungere,
rispetto
a
quello
che
sull'argomento è stato raccolto e presentato dagli
editori precedenti. In breve, da togliere è tutto il
materiale documentato con troppa incertezza,
qualto alla sua derivazione da quest'epoca
arcaica; e da aggiungere è tutto quello che
emerge invece – in particolare nella sfera
religiosa – da tale spostamento all'indietro della
ricerca. In questo modo l'edizione potrà dire,
giocando sul distacco anziché sull'indulgenza
per l'ingenuità arcaica, se eventualmente
abbiamo ancora qualcosa da imparare, se
qualcosa di nuovo può giungerci dai Greci.
Il criterio dell'edizione Colli / 2
Prima di giungere ad esporre Talete (al terzo
posto nel secondo volume), Colli dedica un
primo volume della sua raccolta allo "sfondo"
mitico
e
religioso
sul
quale
si
è
successivamente
innestata
la
tradizione
filosofica. Tale sfondo è animato da personaggi
più mitici che non storici:
Dioniso – Apollo – Eleusi – Orfeo - Museo
Perché iniziare da Dioniso?
"Con Dioniso la vita appare come sapienza,
pur restando vita fremente: ecco l'arcano. In
Grecia un dio nasce da un'occhiata esaltante
sulla vita, su un pezzo di vita, che si vuole
fermare. E questo è già conoscenza. Ma
Dionismo nasce da un'occhiata su tutta la
vita: come si può guardare assieme tutta la
vita? Questa è la tracontanza del conoscere:
se si vive si è dentro una certa vita, ma
volere essere dentro a tutta la vita assieme,
ecco, questo suscita Dioniso, come dio onde
sorge la sapienza"
"Dioniso è il dio della contraddizione, di tutte
le contraddizioni, di tutto ciò che,
manifestandosi in parole, si esprime in
termini
contraddittorii.
Dioniso
è
l'impossibile, l'assurdo che si dimostra vero
con la sua presenza"
"Questa contraddizione è qualcosa di ancora
più divergente, più insanabile di quella che i
Greci hanno sperimentato in se stessi […]
Qui appunto sta l'origine oscura della
sapienza"
Dopo Dioniso...Apollo
"Apollo è il dio della sapienza, in modo
esplicito e pacifico. Difatti il conoscere
tutto, la tracontanza del conoscere,
spetta soltanto alla divinazione, nella
sfera aecaica, e quest'arte è concessa
da Apollo. Ce lo dice Omero a proposito
di Calcante, 'che conosceva ciò che è e
ciò che sarà e ciò che è stato prima'"
"Lo sfondo" / 1
Tale sfondo, per Colli, è la polarità tra Dioniso e
Apollo (già intuita da Nietzsche) senza la quale
è impossibile comprendere lo spirito dell'uomo
greco antico. Da tale spirito bisogna dunque
prender ele mosse per comprendere:
- il perché della nascita della filosofia
- che un certo guadagno in cultura e conoscenza
(la filosofia rispetto al mito), nel mondo greco,
ha segnato comunque la perdita di un certo
spirito originariodei Greci.
"Lo sfondo" / 2
Polarità
"La sapienza è la cifra dell'essere di Dioniso, e la
tracontanza del conoscere è un'indicazione della
sua natura: la sapienza è l'impossibilità realissima
che sta dentro di lui, non è qualcosa che egli
conceda ad altri, che trasferisca fuori di sé. Apollo
invece dà la sapienza agli uomini, o meglio a un
uomo, ma lui se ne sta in disparte, lui è il dio che
agisce da lontano. E la sua sapienza non è quella
che trasferisce fuori, poiché lui possiede l'occhiata
che coonosce ogni cosa, mentre la sapienza che
concede è fatta di parole, è qualcosa perciò che
riguarda gli uomini"
Letture / 2
G. Colli
La sapienza greca
Vol. II
Epimenide – Ferecide – Talete –
Anassimandro – Anassimene - Onomacrito
(Einaudi Torino 1978)
Introduzione (paragrafo 3)
"Con Talete incomincia ufficialmente la
filosofia greca. La colpa di tale attribuzione
di paternità ricade su Aristotele, il quale con
un po' di sbadataggine fa tale dichiarazione
– senza tuttavia poterne immaginar le
conseguenze – e aggiunge che secondo
Talete il principio delle cose è l'acqua. Si
volle capire che quest'ultima affermazione
dovesse dare inizio alla filosofia, e si scrisse
molto sull'argomento, presso gli antichi e
soprattutto presso i moderni"
Esercitazione
- Costituire gruppi di 5 – 7
persone
- analizzare due frammenti su
Talete che riporteremo fra poco
elaborare
un'ipotesi
di
confronto
Tempo: max 40 – 45 min.
Fr. 11 A 14 DK
Fr. 10 [A 11] Colli
Per alcuni [la terra] poserebbe Da ciò che si è detto appunto
sull'acqua. In effetti, è questo il
risulta chiaro che la sapienza è
più
antico
ragguaglio
che
tanto sicenza quanto intuizione
abbiamo ricevuto, il discorso che
degli oggetti più preziosi per
affermano avere fatto Talete di
natura. Perciò dicono che
Mileto, secondo cui la terra
Anassagora e Talete, e gli
restrebbe al posto per via del suo
uomini consimili, siano bensì
stare a galla, come un legno o
sapienti, ma non assennati,
qualcos'altro del genere (e infatti
ogni volta che li si vede
nessuna di queste cose ha la
ingnorare le cose vantaggiose
natura di restare per aria, bensì
per loro; e dicono che essi certo
sull'acqua, come se non fosse lo
conoscono cose straordinarie e
stesso il discorso della terra
mirabili e ardue e demoniche,
anche per l'acqua che sostiene la
ma inutili, perché non cercano i
terra.
beni umani.
(Aristotele, De Caelo).
(Aristotele, Etica Nicomachea)
Problema
Mentre il frammento del De Caelo di Aristotele è
riportato sia in DK che in Colli (anche se in
quest'ultimo è si trova all'ultimo posto del gruppo
A – testimonianze fino ad Aristotele), il frammento
dell'Etica Nicomachea di Aristotele è riportato solo
da Colli
Perché secondo voi?
1) Assumere delle ipotesi e argomentarle
dialetticamente all'interno del gruppo
2) Alla fine del confronto, un portavoce indichi a se:
Siete giunti ad una ipotesi comune (e perché/ siete
rimasti in disaccordo (e perché).
"Alcuni affermano che l'anima è mescolata
proprio nell'universo, per cui – forse –
anche Talete ritenne che tutte le cose
sono piene di dèi"
Aristotele, De anima.
Anche questo passo del De Anima di
Aristotele è presente sia in DK che in Colli
Colli critica l'aristotelismo di DK
Reputa opportuno insistere sul "panpsichismo"
di Talete piuttosto che sul suo "materialismo"
(come si è perlopiù fatto da Aristotele in poi)
L'operazione editoriale funzionale a questa sua
posizione consiste:
- nell'aumentare il numero di testimonianze non
materialiste su Talete rispetto a DK
- optare per una traduzione meno letterale – ma
comunque fondata - e più orientata sul versante
della sua intepretazione "sapienziale"
Dall'introduzione dell'edizione Colli
Qualche dottrina di Talete (di cui non si conserva
alcun frammento né si sa se abbia mai scritto
qualcosa), quando ci si accontenti di formulazioni
molto generali, può essere accertata. Anzitutto la
dichiarazione che tutte le cose sono piene di dèi.
Questa notizia appare più attendibile di quella
secondo cui il il prinicipio di Talete sarebbe
l'acqua: e si noti che le due dottrine sembrano
incompatibili: chi dice che l'acqua, nella sua
materialità, è il principio di tutte le cose, come può
dire che tutte le cose sono piene di dèi?
"Se tutte le cose sono piene di dèi, e se tutte le cose –
anche quelle apparentemente inanimate – sono piene di
anime, ne segue che per Talete anima e divinità sono la
stessa cosa. Da questo sfondo forse emerge
l'esaltazione dell'interiore, la vibrazione del nascosto che
pervade le parole eraclitee".
"Talete è un personaggio spiccatamente apollineo […] Forse in
quel distacco interiore, in quella scoperta di un'anima divina
senza passioni né colori, Talete ha trovato le sue forme
astratte. L'anima – quest'anima immortale - ha un'origine
dionisiaca, perché la poesia misterica [rimando a Orfeo, nel
primo Vol.] dice che 'non appena l'anima abbandona la luce
del sole' , ma ha anche un'origine apollinea. Il misticismo
apollineo di Talete, da cui sorge il logos, ha anche
un'ascedenza dionisiaca, e forse è proprio l'acqua, presso di
lui, il mare greco, a simboleggiare l'unione con i due dèi:
Apollo, venerato dai marinai di Mileto e l'umoroso Dioniso Osiride"
Anassimandro…l’ápeiron
“L'ápeiron (l'etimologia più condivisa fa risalire il
termine al greco a, «non», e péras, «limite», nella
forma peiras del dialetto ionico di Mileto)
rappresenta, secondo la filosofia di Anassimandro,
l'arché, cioè l'origine e il principio costituente
dell'universo. Essa è una materia infinita,
indeterminata, eterna, indistruttibile e in continuo
movimento. Secondo altri, invece, ápeiron starebbe
a significare fango, polvere e terra. Il che sarebbe
molto più in linea con l'idea di arché degli altri
componenti della scuola ionica”
(da Wikipedia)
Anassimandro in DK
Di Anassimandro (VI a. C.), DK riportano:
12 testimonianze indirette (gruppo A), di autori
vissuti in periodi diversi ma che si rifanno quasi
tutti agli scritti di Teofrasto (il principale allievo di
Aristotele)
5 citazioni frammentarie (gruppo B) estratte da
autori a lui successivi (tra cui Aristotele)
Anassimandro in DK
La prima novità di Anassimandro
rispetto a Talete, dal punto di vista
filologico, è che sono pervenuti a
noi dei frammenti (non autografi)
Anassimandro in DK
[Fr. 12 A 1 D-K ]
[Da Suidas ] Anassimandro figlio di Prassiade, di
Mileto, filosofo, parente, discepolo e successore
di Talete. Per primo trovò equinozio, solstizi e
orologi, e che la terra giace nel preciso mezzo.
Introdusse lo gnomone e mostrò in generale un
abbozzo di topografia della terra.
Fr. 12 A 2 D – K
[Da Simplicio che riporta a sua volta la Fisica di
Teofrasto] Di quanti dissero uno, mobile e
indefinito (il principio) Anassimandro figlio di
Prassiade, di Mileto, che fu discepolo e
successore di Talete, “principio” ed elemento ha
detto “delle cose che sono l’indefinito”, il primo
ad avere introdotto questo nome del principio.
in questi due frammenti si nota:
1) L’insistenza sul profilo di “filosofo” e “scienziato”
di Anassimandro.
2) La sua appartenenza ad una “scuola” (Talete)
3) Il suo far parte di “quanti dissero” che “principio
delle cose è un “elemento”. Al “principio” poi, di
filosofo in filosofo, viene attribuito un nome
differente
(“l’indefinito”
nel
caso
di
Anassimandro).
La fonte: Teofrasto
Principale allievo di Aristotele, fu a capo della
scuola peripatetica (fondata da Aristotele) per 35
anni, fino alla sua morte nel 287 a.C.
Tra le sue opere rivestono grande importanza i
trattati di fisica e scienze (botanica, studio delle
rocce etc.).
Anassimandro “scienziato” / 1
La maggior parte delle testimonianze su
Anassimandro restituiscono l profilo di un geologo,
astronomo ed indagatore dei fenomeni naturali.
Ad esempio:
Fr. 12 A 8 D – K
“Su tuoni, lampi, turbini e tifoni. Per Anassimandro, tutti
questi fenomeni succederebbero in base al soffio; quando
infatti intercettato da nube spessa ne fuoriesca a forza per
la sua sottile particellarità e leggerezza, allora la rottura
determina il rumore, ed il contrasto a fronte del nero della
nubelo sfolgorìo”
Anassimandro “scienziato” / 2
Fr. 12 A 9 D – K
[Aristotele, De Caelo] Ci sono alcuni che affermano
che essa [la terra] resterebbe al suo posto per via
della parità, come degli antichi Anassimandro.
Perché per niente più in alto che in basso o nelle
direzioni trasverse compete di spostarsi a ciò che
sta collocato al mezzo e che è in condizione di
parità rispetto agli estremi; ed è poi impossibile
che
possa
fare
il
movimento
contemporaneamente nelle direzioni opposte,
sicché necessariamente resta.
Anassimandro in DK
B. FRAMMENTI
[Fr. 12 B 1] …principio…delle cose che sono l’indefinito…ed
i fattori da cui è la nascita per le cose che sono, sono
anche quelli in cui si risolve la loro estinzione, secondo il
dovuto, perché pagano l’una all’altra, esse, giusta pena ed
ammenda della loro ingiustizia secondo la disposizione del
tempo
[Fr. 12 B 2] è questa [sic. questa certa natura dell’ápeiron]
eterna ed insenescente.
[Fr. 12 B 3] immortale…e indistruttibile (l’ápeiron = il divino)
[Fr. 12 B 4] canna di mantice
[Fr. 12 B 5] a colonna di pietra assimilabile, la terra.
Letture / 3
G. Colli
La sapienza greca
Vol. II
Epimenide – Ferecide – Talete – Anassimandro
– Anassimene - Onomacrito
(Einaudi Torino 1978)
“Fa la sua apparizione con Anassimandro, un
nuovo tipo di sapiente, quello ‘degno di
ammirazione e a un tempo terribile’. Non più
l’aspra dolcezza arcaica di Orfeo o l’evanescente
lontananza di Epimenide: ora si mostra un uomo
che fa rabbrividire. Questo sapiente parla
direttamente agli uomini, li provoca. Per riuscire
in ciò, assume un atteggiamento teatrale; già con
i gesti fa sentire il suo distacco, per coinvolgerli.
Solo in questo quadro possiamo intender euna
strana testimonianza, secondo cui Anassimandro
fingeva l’allucinazione della tragedia”
11 [B 8]
“[da Diogene Laerzio] E Diodoro di Efeso (IV a. C.),
quando scrive attorno ad Anassimandro, afferma
che Empedocle rivaleggiava con lui, fingendo
un’allucinazione
degna
della
tragedia,
e
assumendo un abbigliamento ieratico”
N. B. Questa testimonianza pur essendo stata
raccolta da Diels e Kranz, non viene riportata
nella maggior parte delle edizioni della loro
opera.
“Viene qui in soccorso Nietzsche, che nella sua geniale
spiegazione dell’origine della tragedia intende l’azione
drammatica appunto come un’allucinazione del corpo
posseduto da Dioniso. Il mondo della tragedia era
un’epidemia visionaria: la cosa era familiare ai Greci, e la
comunicazione di questa capacità di vedere era ciò che li
travolgeva,
in
questa
divulgazione
eleusina.
Anassimandro si esercita nell’allucinazione, si presenta in
pubblico, con abbigliamento ieratico, come uno che vede
ciò che nessuno vede. Per questo il sapiente è terribile,
perché nessuno può impadronirsi della sua visione, e
perché nessuno può sapere se egli vede veramente
quello che dice di vedere”
G. Colli, La sapienza greca.
Differente traduzione (Colli / D – K)
[DK 12 B 1] …principio…delle cose che sono l’indefinito…ed i
fattori da cui è la nascita per le cose che sono, sono anche quelli
in cui si risolve la loro estinzione, secondo il dovuto, perché
pagano l’una all’altra, esse, giusta pena ed ammenda della loro
ingiustizia secondo la disposizione del tempo
[Colli 11 A 1] Le cose fuori da cui è il nascimento alle cose che
sono, peraltro, sono quelle verso cui si sviluppa anche la rovina,
seconodo ciò che dev’essere: le cose che sono, difatti, subiscono
l’una dall’altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia,
secondo il decreto del Tempo.
“Per primo Anassimandro ha introdotto la parola
Arché, ponendola al vertice. Sarà soltanto più tardi
che tale parola significherà principio astratto,
elemento: anticamente significava origine, inizio, e
d’altro canto dominio, sovranità potere soverchiante,
magistratura, autorità. Sono entrambi questi
significati antichi che dobbiamo presupporre
assieme in Anassimandro. La sua parola è un
comando, e a filograna del mondo che egli
comunica è anch’essa un comando. Il mondo è una
polis: il rapporto tra esso e l’al di là del mondo è
regolato dalla necessità, ‘secondo ciò che
dev’essere’”
G. Colli, La sapienza greca
La “polarità” in Anassimandro
“Ecco ancora una volta, dietro l’ondeggiante figura
di Anassimandro, presentarsi due dèi, separati e
uniti. L’imperio attraverso la parola manifesta
Apollo, e così lo sviluppo del logos. Ma sullo
sfondo c’è l’altro dio, e l’abbigliamento tragico del
sapiente lo rivela: mai la nullità della vita
individuale – la dottrina di Dioniso! – era stata
compresa in una formula tanto lieve, e mai più lo
sarà. E il sapiente è la bocca di Dioniso quando
dice che ‘ le cose fuori da cui’ e le ‘cose verso cui’
sono quelle, onde discende ogni contraddizione e
in cui ogni contraddizione si risolve”.
G. Colli, La sapienza greca
“La traduzione più letterale del detto dice: “Ma da ciò da cui per le cose è la
generazione, sorge anche la dissoluzione verso di esso, secondo il necessario;
esse si rendono infatti reciprocamente giustizia e ammenda per l'ingiustizia,
secondo l'ordine del tempo”. [...] L'insistenza ostinata con cui cerchiamo di
pensare grecamente il pensiero dei Greci non ha affatto lo scopo di presentare un
quadro storiografico più esatto della Grecità, intesa come una forma di umanità
passata. Noi andiamo alla ricerca di ciò che fu greco non per amore dei Greci, né
in vista d'un progresso della scienza, e neppure allo scopo di rendere il dialogo
più rigoroso; ma lo facciamo esclusivamente in vista di ciò che in questo dialogo
potrebbe giungere a farsi parola, nel caso che vi giunga in base a se stesso. Si
tratta di quel Medesimo che, in maniere diverse, investe, in conformità della sua
struttura [geschicklich], i Greci e noi. Si tratta di ciò che porta il mattino del
pensiero nel destino [Geschick] della terra della sera. Solo in virtù di questo
destino i Greci divengono Greci in senso storico. “Greco” non significa, nel nostro
linguaggio, un carattere etnico nazionale, culturale o antropologico. “Greco”
significa il mattino, l'inizio del destino secondo cui l'essere stesso si illumina
nell'ente e pretende un'essenza dell'uomo che, in quanto conforme a questo
destino [geschicklich], trova il suo corso storico [Geschichtsgang] nel modo in cui
essa è custodita nell'essere o da esso dimessa, senza tuttavia esserne mai
separata”.
M. Heidegger, Il detto di Anassimandro, in Saggi e discorsi.