1) Il progetto
2) La scelta del sito
3) Fasi di perforazione
4) Tecnologia
5) Il flusso di lavoro
6) Archiviazione e trasporto
E' un progetto di ricerca internazionale e multidisciplinare che vuole
studiare il ruolo che l'Antartide ha avuto sul clima del nostro pianeta
e sui suoi cambiamenti durante l'era Cenozoica. Le nazioni che
partecipano sono 4: USA, Nuova Zelanda, Italia, Germania e le
discipline
scientifiche
coinvolte
sono
numerose:
micropaleontologia, paleomagnetismo, geochimica, stratigrafia,
sedimentologia.
L'uso di tecnologie specifiche permetterà di raggiungere il fondale
marino di un sito specifico all'interno del Mare di Ross che è situato
a circa 1000m di profondità, al di sotto della piattaforma di ghiaccio
omonima. Verrà eseguita quindi una perforazione di sedimenti e
rocce da cui si otterrà una singola carota della lunghezza
complessiva di 1000m.
Il team di ricerca, che è articolato in 6 sottogruppi svolgerà delle
indagini scientifiche con l'obbiettivo di comprendere:
* come si è sviluppato tutto il sistema glaciale attualmente presente
in Antartide
* i cambiamenti che la immensa calotta glaciale dell'Antartide ha
subito e, soprattutto su scale di tempo molto piccole (anche
centinaia di anni)
* l'influenza che il ghiaccio dell'Antartide ha avuto sul clima del
nostro pianeta
* gli eventi tettonici che sono avvenuti in Antartide.
Le indagini più utilizzate in queste situazioni (grazie ai costi relativamente contenuti
e alla possibilità di indagare territori piuttosto estesi) sono le indagini sismiche. In
determinati luoghi si fanno esplodere delle piccole cariche di esplosivo; le onde
sismiche generate vengono riflesse (rimbalzano) e/o rifratte (deviate) diversamente
dai diversi tipi di rocce sottostanti. Ricevendole con opportuni strumenti e
studiandole e interpretandole attentamente si ottengono molte informazioni. Queste,
insieme a tutte le altre conoscenze acquisite sulla geologia della zona permettono di
costruire un quadro sul quale effettuare le giuste valutazioni per la migliore scelta
del sito. La certezza che il sito scelto sia quello giusto non c'è comunque MAI!
Perforazione della piattaforma di ghiaccio. Con un sistema ad
acqua calda (hot water drilling) che creerà un buco nel
ghiaccio, spesso circa 100 m.
Carota dello strato superficiale del sedimento. Attraverso il
foro viene calato, con un cavo, un tubo con un peso sopra
(carotiere a gravità). A una certa distanza dal fondale
marino viene lasciato cadere: il tubo, spinto dal peso, si
conficca nei sedimenti superficiali e viene, poi, recuperato
con un cilindro di sedimento (carota) intrappolato dentro.
Posizionamento del tubo esterno (o sea riser). Dalla torre di
perforazione viene calato attraverso il foro nel ghiaccio, un
primo tubo di acciaio (di 18 cm di diametro) che attraversa
tutto il battente d'acqua fino al fondale situato a -900 m. Il
tubo viene fermato a pochi metri dal fondale e lasciato in
posizione per assestarsi.
Ancoraggio del sea riser al fondale. Il tubo esterno (sea riser),
viene quindi fissato saldamente anche al fondale. Forma
così una specie di "camicia" continua dalla superficie
esterna fino al fondale marino.
Perforazione-carotaggio. In questa fase verranno usati due
tipi principali di trivelle. Una idraulica e una a rotazione.
Entrambe vengono inviate fino al fondale lungo il tubo
(sea riser) precedentemente preparato. Al suo interno,
circoleranno anche fanghi speciali di trivellazione
sottopressione.
La Torre di trivellazione
E' alta 17 metri e non poggia direttamente sulla piattaforma di ghiaccio ma su un
piedistallo che è rialzato rispetto ad essa di circa 3 metri. In questo spazio
sottostante è ricavato un locale che ospita il sistema di compensazione della
marea.
Lo scopo della torre di trivellazione è quello di trasmettere alle aste di
perforazione i movimenti necessari per perforare che sono due: pressione (in
giù) e rotazione delle aste su se stesse.
Tutta la torre è avvolta in un telo che serve per non disperdere troppo il calore,
ed evitare che uomini (che ci lavorano 24h su 24 e 7 giorni su 7) e strumenti
siano esposti alle rigide temperature esterne.
Su un lato della piattaforma c'è una rampa attraverso cui vengono fatte passare
le aste di perforazione .
Tutta la struttura (sia la torre che la rampa) poggia su slitte ed è smontabile e
trasportabile su ghiaccio e poi via nave.
Il sea riser
E' un tubo di 6 pollici (15,2cm) di diametro
che non è direttamente coinvolto nella
perforazione vera e propria. E' fatto di
acciaio del tipo a bassa temperatura e
prodotto in Germania dalla Vallourec &
Mannesman.
Un solo metro di questo tubo pesa ben 28
Kg. Questo significa che quando arriva sul
fondale in tutta la sua lunghezza di 900 m
circa e vi si appoggia pesa (senza
considerare la pesa idrostatica) 24.000 Kg,
cioè 24 tonnellate. Tanto quanto un vagone
ferroviario.
Non ha lo scopo principale di affondare
nelle rocce per intenderci ma quello di
proteggere le aste di perforazione, che
scorrono al suo interno e che sono quelle
che scavano per davvero. Il bordo
superiore del sea riser è nel locale del
"Sistema di Compensazione della Marea"
sottostante alla torre di perforazione
mentre quello inferiore è attualmente
infisso nel fondale marino per 17 metri.
La navicella riscaldante
I problemi da risolvere non sono finiti, perchè
attorno al sea riser c'è il ghiaccio della
piattaforma e per i primi 80 metri di profondità. Lì
le temperature sono diversi gradi sotto allo zero
e il sea riser appena messo, verrebbe avvolto
immediatamente dal ghiaccio. Ma noi, come
detto prima, abbiamo la necessità di tenere il sea
riser libero di muoversi: quindi non vogliamo che
il ghiaccio blocchi il sea riser. Ecco allora che
attorno ad esso c'è una navicella esterna (vedi
foto a fianco) dentro cui viene fatta circolare
acqua calda. La navicella è tenuta in movimento
continuo (alto-basso) attorno al sea riser, per
impedire che il ghiaccio si riformi. L'acqua che
circola al suo interno è acqua di mare riscaldata
(a 80°C) e sottopressione che viene prodotta in
un locale apposito collocato alla base della torre
di trivellazione. Pensate che gli scambiatori di
calore
che
permettono
il
riscaldamento
dell'acqua sono in titanio per resistere alll'azione
corrosiva che l'acqua di mare a quelle
temperature esercita.
Le aste di perforazione
Sono aste di 6 metri di lunghezza l'una e 13 cm di diametro che vengono
fissate, avvitandole, una dopo l'altra affondandole nel fondale marino.
Assolvono il ruolo di perforazione in senso stretto.
Affondano nel fondale grazie a un movimento di pressione e di rotazione
su se stesse che viene trasmesso da un motore di oltre 315 cavalli di
potenza e dedicato esclusivamente a questo scopo. Il 70% di questa
potenza è impiegato nel movimento rotatorio delle aste attorno al loro
asse longitudinale, il restante 30% viene espresso come pressione verso
il basso. Bisogna dire però che quest'ultima è accresciuta dal peso
stesso delle aste che pur essendo sicuramente minore di quello del sea
riser (24 tonnellate) è pur sempre di questo ordine di grandezza.
Il carotatore
E' un tubo di 3 metri di lunghezza che
si trova all'interno delle aste ma solo
nei metri terminali. Quindi affonda
insieme alle aste nel sedimento. Mano
a mano che le aste affondano, il
carotatore ospita la carota che si
produce. Al suo interno il carotatore
contiene un cilindro di plexiglass
("Custodia della carota") che è quello
che sta immediatamente a contatto
con la carota.
I fluidi di perforazione
Il KCl abbassa il punto di congelamento e aumenta la densità del fluido
e impedisce che si formino dei precipitati all'interno del fluido di
perforazione, che aumenterebbero ulteriormente la quantità di solidi
presenti in esso;
Il Barazan D ha lo scopo di aumentare la viscosità del fluido ed è un
compito molto importante perchè questo aumenta la facilità con cui i
frammenti che si formano durante il taglio si mescolano con il liquido
stesso, evitando che si sedimentino e depositino
Il PAC-L ha lo scopo di otturare, chiudere i vuoti che si formano sulla
parete del pozzo aumentandone la stabilità ed evitando che si frantumi
creando delle lacune laterali
Estrazione della carota
Taglio trasversale
Team
Proprietà fisiche
Taglio longitudinale
Metà di lavoro
Team
Microbiologia e
acqua interstiziale
Metà archivio
Scannerizzazione
Team
Geochimica
Team
Sedimentologia
Archiviazione
Team
Geochimica
Team
Paleomagnetismo
Campionamento
Team
Micropaleontologia
Team
Sedimentologia
Team
Petrologia
E' il gruppo che per primo in assoluto vede la carota. La carota di materiale (sedimenti e/o roccia
e/o acqua) nel suo insieme, tale e quale come viene estratta dal pozzo di perforazione. Vengono
rilevati sia le caratteristiche macroscopiche della superficie esterna della carota che alcune sue
grandezza fisiche. Le analisi che interessano la superficie esterna consistono principalmente in
una scannerizzazione della superficie attraverso uno scanner speciale 3D che digitalizza
l'immagine e la restituisce in alta risoluzione (1cm scannerizzato è distribuito su ben 100 pixels) e
piatta. In questo modo è possibile studiare tutti i dettagli della superficie in modo più pratico e
dettagliato rispetto allo studio diretto sulla carota. L'immagine viene gestita da un software
speciale denominato Corealyzer. Lo studio particolareggiato della superficie della carota permette
di evidenziare faglie, pieghe e fratture.
Viene analizzato sia il sedimento (i clasti) che l'acqua interstiziale e cioè quell'acqua che si
trova tra i clasti stessi. Le analisi sono di tipo chimico e microbiologico.
Sull'acqua si determina il pH, l'alcalinità, conducibilità, la concentrazione di forme dell'azoto
(ammoniacale), del Carbonio organico e inorganico e di altri elementi in soluzione.
Sul sedimento si determinano, poi, anche i carbonati totali e le concentrazioni degli isotopi
dell'ossigeno per stabilire la proporzione tra O16 e O18.
Sul sedimento vengono fatte analisi microbiologiche quali: carica batterica totale, analisi del
DNA, analisi dei fosfolipidi delle membrane cellulari e analisi isotopiche per stabilire il
rapporto tra C12 e C13.
Le analisi di tipo microbiologico si fanno solo sul sedimento dei primi metri, perchè da un
certo punto in poi non c'è alcuna attività biologica. Pensa che le ultime tracce di DNA si
trovano a 30 metri di profondità.
Le analisi di tipo chimico invece si fanno ogni volta che c'è dell'acqua presente, e
contrariamente a quello che ci si può aspettare un pò di liquido nelle rocce (sedimentarie) se
ne trova sempre, anche se è a 1000m sotto al fondale marino. Non è esattamente un gioco da
ragazzi estrarla ma ci si riesce: si applicano pressioni anche di 3000 Kg su centimetro
quadrato per uno o più giorni per ottenere pochissimi millilitri di acqua sufficienti per fare le
analisi.
Alcune di queste analisi vengono fatte immediatamente (ph e alcalinità) mentre altre
verranno fatte in un secondo tempo presso i laboratori degli enti partecipanti al progetto.
Viene analizzato il deposito, l'insieme dei materiali deposti, e ogni singolo strato (unità di
deposizione). Interessano sia le caratteristiche macroscopiche di ogni strato come: il colore, la
tessitura (la composizione % delle varie categorie dimensionali di clasti) ma anche la sua
sequenza, la successione dei depositi e le eventuali relazioni tra le varie unità di deposizione. I
dati delle analisi sedimentologiche riescono a fornire informazioni non solo sulla origine dei
clasti, ma anche sui i tipi, modi e tempi delle forze che hanno agito su di essi.
Vengono analizzati i fossili contenuti sia in rocce (sedimentarie) che nei sedimenti antichi. Si fanno
delle analisi di tipo paleontologico cioè di studio di fossili. Generalizzando, possiamo dire che
possono di due tipi: analisi qualitativa che intende stabilire le specie di fossili presenti nel
campione e analisi quantitativa che stabilisce la quantità degli esemplari delle varie specie che
formano la popolazione di fossili presenti. Tutti i fossili sono testimonianze di vite passate, tutti
quindi, possono fornire indicazioni sia sull'epoca delle rocce in cui giacciono che sui
paleoambienti d'origine. Alcuni fossili però possiedono alcune caratteristiche che li rendono più
efficaci di altri nello stabilire la datazione della roccia in cui si trovano, in questo caso allora quel
fossile è chiamato MARKER BIOSTRATIGRAFICO o FOSSILE GUIDA.
Altri fossili, invece, sono indicatori precisi nello stabilire la presenza di determinate caratteristiche
degli ambienti remoti in cui hanno vissuto (temperatura, salinità dell'acqua o altro) , in quest'altro
caso si parla allora di MARKER PALEOAMBIENTALI.
Vengono analizzati i tipi di rocce e clasti (sassi) incontrati dal punto di vista della
composizione chimica e mineralogica. Le analisi che si fanno on-ice, cioè qui nel alboratorio di
Mc Murdo, sono quelle di tipo tradizionale che prevedono l'osservazione al microsopio
petrografico delle sezioni sottili dei vari tipi di rocce.
Successivamente (off-ice) nei laboratori delle varie università, si faranno, invece, delle analisi
più dettagliate sulle rocce, soprattutto su quelle che richiedono di essere definite con
maggiore precisione e accuratezza. Di queste si può arrivare a definire la loro composizione
mineralogica, chimica, e addirittura la composizione isotopica. La conoscenza delle rocce e dei
minerali che le compongono può fornire indicazioni di estrema utilità per la ricostruzione,
insieme a tutti gli altri elementi raccolti, di un quadro coerente di interpretazione della geologia
della zona. Le indicazioni petrografiche (cioè "in questa roccia Z ci sono i minerali X e Y" )
devono combaciare con le indicazioni di tipo stratigrafico-temporale ("nella zona, quando è
comparso Z? che unità stratigrafiche si trovano sopra/dopo o sotto/prima"), sedimentologicospaziale ("dove si sono formati i minerali X e Y? grazie a quali agenti sono arrivati fin lì i
minerali Z, X e Y ? ?"). Un altra indicazione importante viene dallo studio microscopico dei
clasti che può aiutare a definire se un deposito è di tipo primario (formatosi e subito
depositatosi) o secondario (cioè formatosi, trasportato e poi depositato magari più volte). Ad
esempio dei clasti con forme molto spigolose indicano che hanno subito una fase di trasporto
poco intensa e in tempi rapidi dopo la loro formazione mentre dei clasti con forme arrotondate
indicano una fase di trasporto ad opera degli agenti (acqua e ghiaccio) più prolungata.
Viene analizzata la carota tale e quale, dopo averne prelevato dei piccoli campioni di forma
cilindrica di 2cm di diametro. Le analisi che si fanno sul campo, cioè qui nel laboratorio di Mc
Murdo, permettono di stabilire alcuni parametri importanti come la suscettività magnetica, la
direzione di magnetizzazione e l'intensità della magnetizzazione naturale.
Successivamente, presso i laboratori dei vari enti di ricerca che partecipano ad ANDRILL
(situati in Nuova Zelanda e Italia, a Roma presso l'INGV) vengono fatte le stesse analisi ma in
maniera molto più accurata e con strumentazione sofisticatissima.
Le analisi sul campo permettono di avere alcune importanti informazioni utili per la
continuazione della perforazione, soprattutto ai fini della datazione, mentre quelle successive
consentono di acquisire tutti i dati e le informazioni paleomagnetiche possibili.
Le due metà della carota, quindi si chiamano "Archivio" e "Lavoro". La prima praticamente non
subisce analisi, solo quelle del gruppo di geochimica (che non la danneggiano), la metà di
Lavoro, invece, dopo la fase di campionamento è abbastanza rovinata, presenta buchi e tagli,
conseguenza dei campionamenti fatti dai vari gruppi di ricerca. Entrambe vengono avvolte
nella pellicola, riposte dentro alle apposite scatole e portate in una cella-archivio situata
all'esterno del laboratorio e che le mantiene a temperatura (3°C) e umidità (sempre maggiore
del 70%) controllata. Queste condizioni sono necessarie per evitare che le carote si secchino.
La disidratazione è molto temuta perchè determina un restringimento della carota, con fratture,
crepe e soprattutto alterazione dei minerali presenti. Tutti questi eventi modificano le
informazioni contenute originariamente nella carota che possono anche renderla
completamente inutilizzabile per osservazioni future. Le scatole che contengono le carote
restano nella cella-archivio fino all'arrivo della nave rompighiaccio previsto per metà Gennaio,
quella che porterà i rifornimenti annuali alimentari alla base Mc Murdo. A quel punto vengono
collocate in casse di legno apposite, messe dentro ad un container refrigerato quindi caricate a
bordo della nave. La nave farà scalo a Chirstchurch (Nuova Zelanda), da lì il container con le
nostre carote verrà caricata su un'altra nave che le porterà attraverso tutto l'Oceano Pacifico (3
settimane di viaggio) fino al porto di Hueneme in California. Da qui, proseguiranno poi su
camion fino alla cittadina di Tallahssee in Flordia dove si trova la Florida State University e, in
particolare l'Antarctic Marine Geology Research Facility at Flordia State University dove le
carote arriveranno verso metà Marzo. In questo centro le carote verranno conservate
indefinitamente.