Percorso di Storia dell’Arte.
Dall’inizio della civiltà occidentale
all’arte nella crisi della polis
Le origini della civiltà greca sono remote e incerte, tanto che nemmeno gli
storici dell’età classica dispongono di notizie attendibili. Le origini, posso
comunque collocarsi intorno al II millennio, quando in Europa e nel vicino
Oriente ci furono delle secolo a.C. migrazioni. Intorno alla fine del XII, la
penisola balcanica venne attraversata dai Dori, una popolazione seminomade
proveniente dalla Macedonia e dall’Illiria. In poco tempo questa popolazione
riusci a conquistare tutto il territorio del Peloponneso e si allargò fino alle
Cicladi meridionali, alle isole di Creta e Rodi fino alle coste dell’Asia minore.
Questo comportò dunque fra il XII e l’VIII secolo un periodo di crisi
profonda in Grecia, comunemente nota come Medioevo ellenico e che
successivamente sarà seguito dalla nascita della civiltà greca, rinnovata dal
punto di vista sociale. Tuttavia, nel corso del Medioevo ellenico, la vita e
l’economia della Grecia regrediscono particolarmente, arrivando a livelli
primitivi. Le nuove popolazioni doriche, nel frattempo, iniziarono a mescolarsi
con i discendenti delle vecchie stirpi greche e micenee (da questo ha origine
la civiltà ellenica). Il termine “ellenico” deriva da Elleno, il nome dell’eroe
mitologico del quale i greci si vantano di essere discendenti.
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Il rapporto fra l’arte e la Grecia è dato dalla libera espressione dell’intelletto umano e
razionale e cerca ideali assoluti di bellezza, perfezione ed equilibrio. La storia dell’arte
greca, viene solitamente divisa in quattro grandi periodi.
PERIODO DELLA FORMAZIONE: va dall’XII all’VIII secolo e coincide con il medioevo
ellenico, con la calata dei Dori e con la fondazione delle prime città;
PERIODO ARCAICO: va dal VII al 490 a.C.. In questo periodo la civiltà greca inizia a
maturare le caratteristiche che più la distinguono dalle altre civiltà, soprattutto per
l’architettura dei templi e, per quanto riguarda la scultura, la figura umana. Il periodo
arcaico si divide in: Primo Arcaico, Arcaico Maturo e Arcaico Tardo;
PERIODO CLASSICO: detto anche età dell’oro, va dalle guerre persiane(490) alla
conquista della Grecia da parte di Filippo di Macedonia (338). E’ per la Grecia il periodo
di massimo splendore e si suddivide in:Classico iniziale o dello Stile Severo, Classico
Maturo, Stile Ricco, Classico Tardo;
PERIODO ELLENISTICO: convenzionalmente, si estende fra il 323 (anno di morte di
Alessandro Magno) e il 31 a.C. (battaglia di Azio). In questo periodo inizia il declino
dell’arte greca, ma allo stesso tempo anche la sua diffusione, che non verranno
superate nemmeno dalle opere romane. Il periodo ellenistico si divide in: Primo
Ellenismo; Medio Ellenismo; Tardo Ellenismo.
Grazie ai commerci con l’Asia Minore e il vicino Oriente, le polis
divennero dei centri autonomi con un grande incremento demografico
e un maggior benessere. Tutto ciò comporta un continuo aumento
della richiesta di beni di consumo, la cui produzione è pero in parte
legata al territorio di ciascuna città. Nelle polis, quindi, ci si inizia
a rendere conto che l’incremento della popolazione avrebbe
compromesso gli equilibri non solo politici, ma anche economici e
sociali. Per ovviare a questo problema, le polis giunte a un
determinato livello di crescita, promuovevano la fondazione di nuove
città. Questo comportò la nascita delle colonie, che avevano le
stesse caratteristiche della città-madre. La nascita delle colonie,
portò fra l’VIII e il VII secolo, a spingersi verso il Mediterraneo,
soprattutto sulle coste della Spagna, della Francia e in particolar
modo sulle coste delle città meridionali della penisola italiana, che
porteranno alla nascita della Magna Grecia, in Oriente invece, la
colonizzazione riguardava soprattutto le coste del Mar Nero e
dell’Asia Minore. In questo periodo, nelle ricche e potenti polis,
sorgono le prime grandi costruzioni architettoniche e anche la
scultura, come la pittura vascolare, inizia ad attirare l’attenzione.
Il tempio costituisce la dimora terrena degli dei e i greci dedicarono
cura e ingegno a queste imponenti opere architettoniche fin
dall’VII secolo. La religione greca è politeista e le divinità a cui
credono hanno caratteristiche fisiche umane e sono soggette,
proprio come gli uomini, al destino che è inevitabile e superiore. Le
proporzioni dei templi sono armoniose e le forme sono semplici e
razionali, proprio per stare a sottolineare il rapporto quasi umano
fra gli uomini e le divinità. Il tempio greco, nasce e si sviluppa
parallelamente alla casa e di conseguenza ne assume forme e
caratteristiche. La similitudine fra gli uomini e il tempio appare
molto evidente fra il 725 e il 700 a.C. con l’Heràion di Argo, il
santuario delle dea Era, costituito da un unico ambiente
rettangolare sorretto da due colonne che inizialmente sono lignee
e successivamente verranno realizzate in pietra. Il tetto invece, è
decorato con motivi geometrici che probabilmente alludono alla
presenza di alcuni elementi come il legno dipinto o la terracotta.
La disposizione degli spazi nei vari templi cambia, ma in linea di
massima si possono distinguere tre elementi caratteristici: il
naos(cella) , nel quale è custodita la statua del dio. Presenta una
pianta rettangolare e a essa si accede tramite una porta che si
apre sul lato minore verso oriente. L’interno è oscuro ed è formato
da bracieri e lampade votive a olio; il pronao, che ha la funzione di
filtro simbolico tra l’esterno e il naos; le colonne, il quale numero
varia in base alle dimensioni del tempio. Se sul lato frontale sono
quattro, allora diremmo che il tempio si definisce tetràstilo.
In base al numero e alla disposizione delle colonne, troviamo vari tipi di tempio.

TEMPIO IN ANTIS: prende il nome dai due pilastri quadrangolari, costruiti alla fine del naos, le ante sono erette
fra due colonne;

TEMPIO DOPPIAMENTE IN ANTIS: presenta sul retro della cella un secondo pronao, uguale per forma e
grandezza a quello anteriore ed è chiamato opistòdomo. Questa aggiunta aveva solo caratteristiche estetiche,
perché conferiva al tempio un aspetto più equilibrato e simmetrico;

TEMPIO PROSTILO: ha la stessa pianta di quello in antis, solo che le colonne davanti al naos sono almeno
quattro. Tra colonne e ante si crea una specie di porticato, questo, anteponendosi al pronao, amplifica la funzione
di filtro simbolico tra esterno e interno;

TEMPIO ANFIPROSTILO: consiste nel raddoppiamento di quello prostilo: ci sono due colonnati, uno anteriore di
fronte al pronao e uno posto sul retro di fronte all’opistodomo. Il doppio colonnato rende l’edificio più simmetrico;

TEMPIO PERIPTERO: è circondato da colonne lungo tutto il perimetro e forma un portico continuo chiamato
peristàsi;

TEMPIO PSEUDOPERIPTERO: in esso il colonnato sembra circolare su tutta la cella ma in realtà manca la
peristasi;

TEMPIO DIPTERO: consiste in un doppio colonnato che circonda l’intero perimetro in modo che la colonna interna
sia allineata alla colonna esterna;

TEMPIO PSEUDODIPETRO: consiste in un edificio diptero più semplificato. In esso l’unico colonnato che circonda
la cella è posta a una distanza tale che la peristasi ha l’ampiezza di due intercolunni( distanza fra colonne base);

TEMPIO MONOPTERO: è a pianta circolare ed è circondato da una sola circonferenza di colonne. Il naos è in
muratura e la statua è posta all’aperto al centro del colonnato;

TEMPIO PERIPTERO CIRCOLARE: detto anche tholos, perché simile ai templi micenei. Il naos assume forma
cilindrica e la peristasi si trasforma in un porticato circolare;

TEMPIO IPETRO: è una variante del diptero, a differenza che il noas ha due accessi ed è privo di copertura.
ORDINE DORICO: è il più antico e maestoso dei tre; viene impiegato esclusivamente per
la costruzione dei templi e i primi esempi risalgono all’epoca arcaica. Si diffuse
soprattutto nel Peloponneso, in Magna Grecia e in Sicilia. Esso non poggia
direttamente sul terreno, ma su un crepidòma in pietra, un massiccio basamento
costituito da tre o più gradini con la funzione di sopraelevare l’edificio, che
simbolicamente separa la residenza degli dei da quella degli uomini. La parte
superiore del crepidoma si chiama stilobate e costituisce il piano orizzontale sul quale
poggiano le colonne del tempio. La colonna ha due elementi distinti: uno verticale di
forma quasi cilindrica chiamato fusto e uno di coronamento chiamato capitello. Fusto
e capitello sono uniti fra di loro mediante un elemento anulare chiamato collarino.
Inizialmente le colonne sono lignee e i fusti vengono ricavati da un unico tronco ma
nel VII secolo venne sostituito dalla pietra e dal marmo. I vari elementi che lo
compongono si chiamano rocchi e vengono sovrapposti a secco, cioè senza leganti e
fissati con un perno in bronzo. Il fusto della colonna dorica è rastremato verso l’alto,
quindi il diametro di base è maggiore rispetto al collarino. La rastremazione non è
uniforme. infatti, il fusto presenta un rigonfiamento chiamato èntasi che ha la
funzione di correggere la percezione ottica della colonna che altrimenti apparirebbe
sottile. Il fusto dorico è scanalato. Il capitello costituisce il vero e proprio
coronamento della colonna ed è formato da due elementi sovrapposti, èchino e àbaco.
L’echino ha la forma di un catino circolare dal profilo convesso, lìabaco ha la forma di
un parallelepipedo molto schiacciato. L’insieme degli elementi strutturali e decorativi
che si appoggia ai capitelli si chiama traberazione e si divide a sua volta in architrave,
fregio e cornice. L’architrave collega orizzontalmente le varie colonne del tempio a
serve da sostegno all’intera trabeazione. I vari blocchi monolitici che compongono
sono lunghi quanto l’interasse(distanza fra gli assi). L’architrave è sormontato da un
fregio, diviso da un listello chiamato tenia. Il fregio si divide in metope e triglifi.la
metope sono lastre di pietra e avevano il compito di sorreggere il tetto, mentre i
triglifi sostituiscono le tavolette di terracotta.
ORDINE IONICO:la sua origine è orientale. Gli Ioni infatti, dopo essere
emigrati in Asia fondarono diverse colonie nel quale si sviluppò
appunto l’ordine ionico, che a partire dal VI secolo viene esteso alle
principali isole egee, all’Attica e alla Magna Grecia. Nell’ordine ionico
la colonna si compone di tre elementi: la base, il fusto, il capitello.
Mentre il fusto e il capitello compaiono già nella colonna dorica, la
base è un nuovo elemento. Infatti il fusto non poggia più sullo
stilobate, ma sulla base, che conferisce alla colonna la grazia.
Questa base può assumere diverse forme, la più diffusa è la base
attica, composta da una pianta circolare, chiamata toro inferiore, di
una scozia e di un toro superiore. Il toro è una
modanatura(elemento decorativo in un’architettura) convessa di
forma semicircolare. La scozia invece è una modanatura concava a
forma di canale e viene chiamata anche trochilo. È posta fra i due
tori e serve a raccordare quello inferiore con quello superiore che
può essere anche decorato. Il fusto, è meno rastremato di quello
dorico, è solcato da almeno 24 scalanature che si succedono con
spigoli arrotondati. L’elemento che si distingue di più è il capitello,
composto da un echino convesso decorato da ovoli e dardi
(decorazioni formate da elementi tondeggianti e lanceolati), da due
morbide volùte e da un abaco, di dimensioni modeste rispetto
all’ordine dorico. Il suo profilo è curvilineo.
ORDINE CORINZIO: L’ordine corinzio si diffuse un secolo dopo
quello dorico e ionico, raggiungendo il periodo di massima
diffusione durante l’età ellenistica. L’ordine corinzio prende
il nome dalla città in cui è nato, Corinto. La base della
colonna corinzia riprende quella ionica, ma a volte viene
rialzata da un plinto (mattone). Il fusto verticalmente è
percorso da 24 scalanature a spigolo smussato. Il capitello è
composto da un nucleo a forma di tronco di cono chiamato
càlato . Intorno si dispongono foglie stilizzate di àcanto
organizzate su due diversi livelli di altezza: quelle più basse
formano la prima corona, quelle più alte la seconda. Tra le
foglie della prima e seconda colonna ci sono i caulìcoli, che
terminano con otto paia di volute, di cui le più piccole sono
dette èlici. Dalle foglie, si erge uno stelo dritto che rivolge la
corolla verso l’esterno e che prende il nome di fiore d’abaco.
L’abaco presenta una forma assimilabile a quella di un
quadrato. La trabeazione, le cornici e i timpani sono uguali a
quelli ionici. L’ordine corinzio risulta essere il più raffinato e
veniva definito dai greci stravagante e inadatto alla
costruzione di templi.
I soggetti sono il kouros e la kore. Il
kouros è un giovane uomo nudo in
posizione stante. La nudità fa risaltare
il corpo attraverso cui si possono
notare le qualità fisiche e intellettive.
È raffigurato con la testa eretta, le
braccia stese lungo i fianchi,i pugni
serrati,la gamba sinistra leggermente
avanzata. La kore è una giovane donna
vestita con un chitone, in posizione
stante. È raffigurata con la testa
eretta, i piedi uniti e un braccio steso
lungo il fianco a reggere la veste e
l’altro sul petto in atto di recare un
vaso. Essi possono raffigurare
divinità, eroi o essere umani. Kouros
identifica un giovane nel pieno
splendore fisico e nell’armoniosa
completezza dal punto di vista
interiore; mentre la kore possiede la
matura consapevolezza di donna e
madre. Las cultura arcaica si evidenzia
notevolmente.
La scultura dorica si sviluppa fra il VII e il VI secolo nel
Peloponneso. Gli elementi più ricorrenti della scultura
dorica sono: la predilezione per la figura nuda, la
creazione di forme semplici e squadrate e l’adozione di
proporzioni massicce. Uno degli esempi più significativi è
data da una scultura che rappresenta due kouroi fra il
610 e il 590 da polimède. Essi rappresentano i fratelli
Kleobi e Bitone, in posizione stante. Le braccia
muscolose sono leggermente flesse e polpacci appaiono
molto evidenziati. La testa è sovradimensionata, quasi
squadrata. Sotto la bassa fronte, ci sono occhi a
mandorla di derivazione egizia e hanno il cosidetto
sorriso arcaico. Anche il modellato delle ginocchia e
dell’addome è irreale. Viste di lato, le teste appaiono
cubiche.
Si sviluppa fra la prima e la seconda metà del VI
secolo ad Atene e territori limitrofi. Nella
scultura attica prevale l’armonizzazione delle
membra. Un esempio è il moschophoros,
risalente al 570-560 e raffigura un kouroi he
porta un vitellino sulle spalle reggendolo
dalle zampe. Le braccia dell’uomo e le
zampe dell’animale si incrociano a formare
una x che conferisce la simmetria
all’immagine. Indossa il chlàina, il tipico
mantello che i greci portavano sopra la
tunica. La chlaina, aderendo al corpo,
evidenzia la muscolatura; inoltre la testa del
kuoroi e del vitello ribadiscono la frontalità
della composizione. La testa del kouroi, di
forma ovoidale, è incorniciata di capelli
ondulati che si raccolgono in trecce. Una
barba liscia a frangia priva di baffi,
conferisce la moda arcaica. La statua è stata
realizzata in marmo dell’Imetto, un
materiale scultoreo assai pregiato con
striature azzurrine.
Si attinge alla tradizione orientale ed
è caratterizzata da una maggiore
raffinatezza nel modellato, uso di
proporzioni più dolci e slanciate,
un’ampia libertà compositiva. Un
esempio è il Kouros di Milo,
scultura fra il 550 e il 540. la
statua è fatta di marmo di Nasso,
è nudo, in posizione stante. La
testa è gracile e le membra
mostrano un modellato più
morbido. Questi accorgimenti,
conferiscono alla statua una grazie
e un’armonia snella e aggraziata.
Il volto è privo di barba e capelli.
Le labbra appaiono dischiuse nel
sorriso arcaico.
Del popolo greco non è rimasta quasi nessuna testimonianza di arte
pittorica, ma grazie a fonti storiche conosciamo il nome di alcuni
pittori, come Nicia di Atene. Di questi artisti ci sono pervenuti
documenti riguardo la loro vita e la loro fama nel dipingere il vero.
Le opere venivano dipinte su tavole, di cui ci pervengono delle
copie, modificate nella composizione. Per farci un’idea della grande
pittura greca bisogna parlare di manufatti in terracotta, come
anfore, vasi, coppe, piatti e crateri, possiamo individuare due stili
principali di pittura: a figure nere e a figure rosse. La pittura a figure
nere, utilizzata dal VI secolo, è realizzata impiegando una particolare
vernice nera che una volta cotta diventa lucida. La pittura a figure
rosse invece è utilizzata dagli ultimi decenni del VI secolo in poi e
consiste nel procedimento inverso rispetto alle figure nere.
Nel 1972 nel Mari Ionio, al
largo della località di
Riace, vennero trovate
due sculture bronzee. Il
primo bronzo raffigura un
giovane uomo con la
barba arricciata e la
capigliatura lunga,
sicuramente un guerriero;
mentre il secondo bronzo
è nella stessa posizione
del primo ma la linea è
flessuosa e arcuata.
Plinio scrive che Policleto era
ritenuto l’unico artista: infatti il
suo nome significa portatore di
lancia.quest’opera venne creata
intorno al 445 a.C. l’atleta, colto
durante un movimento,è
rappresentato gravitante sulla
gamba destra (gamba portante).
L’altra gamba è flessa e spinta
molto indietro. Il busto si declina
leggermente di lato; il braccio
destro scivola, mentre quello
sinistro si flette per sorreggere la
lancia. La testa si volge verso il
lato della gamba portante e si
declina leggermente. Le parti in
tensione sono in contrapposizione
fra loro. Questa corrispondenza
incrociata viene detta chiasmo. Le
sue membra esprimono forza e
potenza virile, nonostante si
pensa che fosse un adolescente.
Venne creata intorno al 420 a.C. il
giovane, è colto nel momento
in cui si cinge il capo con la
benda della vittoria che gli
gonfia la chioma ricciuta. Le
sue braccia sono sollevate. La
posa è come quella di Doriforo,
ma le membra sono più
rilassate. L’appoggio sulla
gamba destra ha come
conseguenza un maggiore
spostamento dell’anca verso
l’esterno e una forte
compressione del lato destro
del busto.
A Policleto si deve il corrispettivo
di Doriforo, un’amazzone di cui
ci sono pervenute varie copie.
La più famosa esecuzione è
quella Capitolina, di Sosikles.
La tradizione tramanda che
questa statua risale al 440-430
a.C. nell’amazzone è chiara la
ponderazione (peso) e il
rapporto chiastico tipico di
Policleto, perché in questo
caso è la sinistra la gamba
portante.
Nel 447 a.C. all’interno del programma di rinnovamento proposto da Pericle, gli
architetti Ictìnio e Callicrate iniziano la costruzione del Partenone, il più
importante tempio di Atene, terminato nel 432 a.C. il tempio venne
dedicato alla dea Athena Vergine ed è di ordine dorico, periptero e octastilo.
La cella è divisa in tre vallate intervallate dalle colonne doriche. Sul lato
ovest un ulteriore doppio ordine di colonne legava la fila destra con quella
sinistra, che terminava con Athena all’interno del naos. La cella è dotata di
un fregio ionico continuo. Sul lato tergale della cella troviamo il pathenon, al
quale era permesso entrare solo all’opistodomo. Al suo interno, le vergini
ateniesi tessevano il peplo da offrire ad Athena. I due frontoni erano ornati
da raffigurazioni mitologiche e c’erano 92 metope che trattavano diversi
temi, come la centauromachia o l’amazzonomachia. Il fregio ionico,
rappresenta sia la solenne processione Panatenee, sia le gare con i cavalli;
nel frontone occidentale era rappresentata la mitica gara fra Athena e
Poseidon per il possesso dell’Attica; nel frontone orientale invece era
rappresentata la nascita di Athena dalla testa di Zeus, già completamente
armata.
La potenza e la civiltà florida che si creò ad
Atene, riportarono a galla conflitti con
Sparta, che portarono alla guerra del
Peloponneso (431-404). La guerra si
concluse con la vittoria di Sparta, che non
fu capace di mantenere l’egemonia
ereditata da Atene. Questo portò a un
indebolimento delle polis e la sconfitta di
Atene pose anche fine alla libertà delle
città stato.
Venne realizzato intorno al IV
secolo da Prassitele, che
raffigura un momento del
mito della nascita di
Dioniso. Mostra Hermes
mentre in un momento di
pausa gioca con Dioniso,
probabilmente con un
grappolo d’uva. Le due
divinità sono rappresentate
in un atteggiamento molto
dolce e confidenziale. Per
quest’opera si parla di
effetto pittorico, proprio
per la relazione creatasi fra
il marmo e la trattazione
dei particolari anatomici.
Il nome, significa “colui che si
deterge” e risale al 320 a.C.
l’atteggiamento in cui viene colto il
protagonista è del tutto originale
perché non sta effettuando
nessuna gara e non è neppure un
vincitore. È un atleta he si toglie
l’olio e il sudore con lo strigile. La
gamba destra è flessa, il bacino è
ruotato, i fianchi stretti e il torace
allungato e sinuoso, mentre la
testa è ruotata verso destra. In
quest’opera è evidente come al
lato sinistro si opponga quello
destro. Le sculture di Lisippo
introducono infatti un nuovo tipo
di connessione chiamato
antitetico.
Entrambe le opere vennero fatte da
Epìgono. Il galata morente, che
indossa un collare ritorto, giace sul
proprio scudo ed è pensato per una
veduta frontale, nonostante la
complessità degli atteggiamenti: infatti
la gamba destra è piegata e portata
sotto quella sinistra distesa; il braccio
destro è tirato indietro; la mano
sinistra è un puntello per il busto che
appare ruotato. Più ricco di movimento
è il galata suicida. Le gambe divaricate
del giovane e muscoloso guerriero
consentono un equilibrio sicuro al
corpo, con busto e gambe rivolti verso
destra e la testa verso sinistra. Mentre
con il braccio destro si immerge la
corta spada tra le clavicole, con il
sinistro sorregge il corpo della
compagna già piegata sulle ginocchia e
in procinto di morire.
Da un originale dipinto su tavola tra
la fine del IV e l’inizio del III
secolo a.C. deriva il mosaico
pavimentale pompeiano,
composto fra il III e il II secolo,
che raffigura la battaglia di
Alessandro, fatto da Apelle. I
personaggi della battaglia di Isso
nel 333 a.C. o quella di
Gaugamèla nel 331 a.C. sono
Alessandro e Dario III, il re
persiano. Lo spazio di cui si è
servito l’artista sono il nudo
tronco a sinistra, le ombre sul
terreno,le poche armi
abbandonate a terra e le lance
che i combattenti tengono
inclinate. Sullo sfondo si muovono
i personaggi principali.
Alessandro trafigge un nemico; il
nemico si aggrappa con la destra
dell’arma che gli dà la morte.
Verso di lui si volge Dario, dal suo
carro da guerra.
Venne scolpita a Rodi in
età ellenistica e viene
attribuita a Pitocrito.
Rappresenta la
giovane dea alata,
che porta l’annuncio
delle vittorie militari,
mentre si posa sulla
prua di una nave.
Venne realizzata in
marmo di Paro.
È una scultura in marmo
databile intorno al 300280 a.C. il soggetto è
un’anziana donna
ubriaca, che tiene tra le
braccia un otre di vino,
distesa a terra con il
busto alzato e la testa
riversa verso l’indietro. Il
volto rugoso e disperato,
è caratterizzato dalla
bocca aperta e dallo
sguardo perso nel vuoto.
La statua bronzea del pugile a
riposo è risalente al IV secolo
per opera di un artista di
Lisippo e risale al periodo
tardo ellenistico. Il soggetto è
un pugile seduto,che
probabilmente si riposa dopo
un incontro, dato che ha i
grossi guantoni tra le mani. La
statua è basata sul contrasto
tra la quiete (espressa dalle
braccia appoggiate sulle
gambe) e l’improvviso scatto
della testa verso destra. Il
corpo è muscoloso e la testa è
quella di un uomo maturo.
Si tratta di una scultura in
marmo pario, priva delle
braccia e del basamento
originale. Pare che lo
sculture sia Alessandro di
Antiochia. Risale al 130
a.C. rappresenta Afrodite
in posizione stante, col
busto nudo fino
all’addome e le gambe
velate da un fitto
panneggio. Anche in
questa opera abbiamo la
forma tipica di Policleto, il
chiasmo.
Dall’isola di rodi, proviene il gruppo
del Laoconte, che illustra uno dei
capitoli della guerra di Troia.
Laoconte, sacerdote del dio
Apollo,aveva cercato invano di
impedire l’ingresso del cavallo a
Troia. Athena, per punire
Laoconte, fece uscire dai flutti del
mare due serpenti che
stritolarono Laoconte e i suoi figli.
Laoconte è colto nel momento di
maggior tensione muscolare, con
il volto sofferente e
angosciato,mentre cerca di
liberare se stesso e i suoi figli. La
scultura venne fatta da tre artisti
diversi: Agèsandros, Athenodoros,
Polydoros. Abbiamo una copia
dell’opera in bronzo.