Coniugazione dei verbi come capire,
obbedire, ecc.
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Quesito:
In molti, tra cui Federica Venturelli e Sergio Guardini, hanno inviato alla nostra redazione
quesiti sulla coniugazione dei verbi cosiddetti incoativi della terza coniugazione. Si tratta di
quei verbi, come, ad esempio, capire, guarire, obbedire che introducono, tra la radice e la
desinenza, il suffisso -isc e, in particolare, i nostri utenti chiedono se siano verbi regolari o
irregolari e se ci siano regole che stabiliscono come si debbano coniugare.
Coniugazione dei verbi comecapire,obbedire, ecc.
La lingua italiana distingue tre grandi classi di verbi (tre coniugazioni), sulla base del loro
comportamento morfologico e a partire dalle terminazioni dell'infinito. All'interno del verbo si
possono distinguere i seguenti elementi:
- La 'radice', ossia l'elemento portatore dell'informazione semantica (ad esempio dorm- in
dormire, oppure cap- in capire).
- La 'vocale tematica', in base alla quale si distinguono, all'infinito presente, le tre
coniugazioni; nella prima coniugazione la vocale tematica sarà -a- (don-a-re), -e- nella
seconda (cred-e-re o tem-e-re), -i- nella terza (dorm-i-re, cap-i-re).
- La 'desinenza', l'elemento portatore dell'informazione grammaticale. Essa esplicita il modo, il
tempo, la persona e il numero del verbo.
Capire è un verbo regolare della terza coniugazione, né più né meno di dormire, con cui
condivide le desinenze. Ma appartiene a quel sottoinsieme di verbi in -ire che amplia il tema
dell'infinito mediante l'inserzione del suffisso -isc- fra la radice e la desinenza (ce ne sono più
di 400). Non per questo si può definire irregolare. Si dicono infatti 'irregolari' soltanto i verbi
che, nella loro flessione, o alterano la radice (andare, dare) o deviano dalla coniugazione di
appartenenza, presentando forme diverse da quelle prevedibili.
Per quanto riguarda l'impiego del suffisso -isc-, Luca Serianni ha scritto che "secondo molti
studiosi la grande vitalità del paradigma italiano del tipo -ìsco, -ìsci, -ìsce, -iàmo, -ìte, -ìscono
(che ha paralleli in altre lingue romanze) si spiega storicamente con l'imporsi di una tendenza
livellatrice dell'accento", che all'alternarsi di forme del latino volgare, ora accentate sulla
radice (rizotoniche) ora sulla desinenza (rizoatone), "avrebbe sostituito un'omogenea serie
accentata sulla desinenza [...]. La 4a e la 5a persona delle forme verbali interessate non
ricevono l'affisso -isc- portatore di accento, in quanto esse sono già di per sé accentate sulla
desinenza [...]" (Luca Serianni, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, p.
420).
Per analogia con i verbi latini uscenti in -sco (ad esempio AUG?SCO, ERUB?SCO, ecc.), i
verbi italiani che presentano l'ampliamento con l'affisso -isc- vengono definiti anche incoativi,
cioè verbi che presentano l'inizio, l'avvio di un'azione o condizione. Ma la presenza di tale
suffisso in italiano non implica necessariamente un vero e proprio aspetto incoativo. Sebbene
infatti lo si trovi impiegato in voci verbali che indicano la fase iniziale di un determinato
processo, come arrossire, fiorire, guarire o impallidire, il suffisso -isc è presente anche in
verbi (ormai) del tutto privi di tale aspetto, quali appunto capire o proibire o obbedire, o si
alterna con forme perfettamente concorrenti che ne sono prive (inghiottire, nutrire), ed è
assente da voci verbali che presentano invece questo valore aspettuale, come addormentarsi.
La terza coniugazione italiana è fatta da verbi provenienti dalla 4a latina (venire, udire), dalla
2a (pentire) e dalla 3a (fuggire, capire, offrire). Ha prodotto nuove forme verbali fino all'epoca
medioevale e poi ha perso vitalità: sono pochissimi i verbi recenti in -ire; quasi tutti quelli nuovi
escono in -are.
Per approfondimenti:
Gian Luigi Beccaria, Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, Torino,
Einaudi, 1994.
Federica Casadei, Breve dizionario di linguistica, Roma, Carocci, 2001.
Maurizio Dardano - Pietro Trifone, Nuova grammatica della lingua italiana, Bologna,
Zanichelli, 1997.
G. Battista Moretti - Giorgio R. Orvieto, Grammatica italiana, vol. III, Il verbo: morfologia
e note generali di sintassi, Perugia, Benussi, 1983.
Gherard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, 3 voll.,
Einaudi, Torino, 1966-1969.
Luca Serianni, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET,
1989.
Pavao Tekav?i?, Grammatica storica dell'italiano, 3 voll., Bologna, Il Mulino, 1980 (2a
ed.).
A cura di Manuela Cainelli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
11 July 2008
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