La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
INAUGURAZIONE DEL SETTORE DI APOSTOLATO
BIBLICO
PIEDIMONTE MATESE, 2 LUGLIO 2007 - H. 19,00
SALA MULTIMEDIALE DELL'ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE - SEMINARIO
VESCOVILE
Relatore: Prof. Don Rinaldo Fabris
docente di scrittura (NT) presso lo
Studio Teologico Interdiocesano di Gorizia, Trieste, Udine.
Presidente dell'Associazione biblica italiana
Prima tappa del cammino segnato da S. E. il Vescovo nell'Assemblea
Diocesana del 25 e 26 giugno: l'inaugurazione delle attività del Settore di
Apostolato Biblico nella nostra diocesi
Ci aiuterà nella riflessione e nella spinta apostolico, don Rinaldo Fabris, noto
biblista.
Per un primo approccio al pensiero di P. Rinaldo riproponiamo l'intervista
rilasciata al quotidiano AVVENIRE, in occasione della presentazione del lavoro
su Gesù di S. S. Benedetto XVI.
Tratto da AVVENIRE del 8 maggio 2007
di Giorgio Bernardelli
La ricerca storiografica può addentrarsi nel mistero di Cristo? Il biblista Rinaldo Fabris
parla del libro «Gesù di Nazaret» di Papa Benedetto XVI
«Se escludiamo le posizioni più radicali, quelle per cui il cristianesimo è solo ideologia,
oggi nessuno in campo esegetico mette in dubbio che i Vangeli si fondino sull’evento
storico di Gesù e sulla sua morte e risurrezione»
Uno sguardo sui Vangeli non appiattito su un unico registro. E con la convinzione che
chiudere gli occhi su ciò che agli occhi dei propri contemporanei ha reso la sua figura
unica, non è cercare davvero il Gesù della storia. È con questo sguardo che Rinaldo
Fabris, presidente dell'Associazione biblica italiana, invita ad affrontare le pagine di Gesù
di Nazaret, il libro di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Un volume che, da biblista, invita a
considerare all'interno di un dibattito che viene da lontano.
«Il rapporto tra il Gesù della storia e il Cristo della fede è un tema teologico centrale già da
due secoli - commenta -. Oggi, però, se escludiamo le posizioni più radicali (quelle per cui
il cristianesimo è solo ideologia o una mera ricostruzione storiografica), nessuno in campo
esegetico mette in dubbio che i Vangeli si fondino sull'evento storico di Gesù e sulla sua
morte e risurrezione. Ma il nodo che solleva Ratzinger è un altro: la ricerca storiografica chiede - si deve comunque fermare al dato minimale suffragato dalle diverse fonti o
attraverso i Vangeli può provare ad addentrarsi nel mistero di questa persona? Questa
seconda è la prospettiva che il libro propone».
Il Papa parla dei limiti del metodo storico-critico, che pure - riconosce - ha dato risultati
importanti.
«Il problema è l'impossibilità di arrivare con questo metodo preso da solo a un'immagine a
tutto tondo di Gesù, capace di fondare davvero la fede. Per lui invece leggere i Vangeli
con onestà porta a scoprire che il Gesù storico è proprio il Cristo della fede. Perché nelle
parole di Gesù si ritrova la consapevolezza di una relazione unica col Padre: si presenta
come il profeta definitivo, Colui che porta a compimento la Torah. Del resto lo stesso
Käsemann, allievo di Bultmann, parlava di un'autorità, di un'immediatezza nei rapporti con
Dio, presente nella figura di Gesù e che non può essere spiegata se non ammettendo
un'eccedenza che rimanda al mistero. In pratica ciò che Käsemann afferma per via
dogmatica, Ratzinger lo presenta come un dato storico offertoci dalla Scrittura».
Ratzinger invita a ritrovare il Gesù storico non solo nei sinottici, ma anche nel Vangelo di
Giovanni.
«Parecchi ricercatori oggi seguono questa linea: il quarto Vangelo, infatti, contiene alcune
informazioni riguardo alla geografia e alla storia, che lette nel contesto ebraico del tempo
si rivelano molto puntuali e precise. Del resto la tesi di Bultmann, che nel suo commento al
Vangelo di Giovanni nel 1941 attribuiva i discorsi di Gesù a una fonte gnostica, alla luce
delle successive scoperte non è più sostenibile. E dunque si riscopre l'attendibilità di
Giovanni. Anche se poi è interessante notare che il Papa, dopo la premessa sulla
dimensione storica, si concentra sui simboli giovannei: il pane, l'acqua, il pastore...
Presentato così il simbolo non contraddice la storia, ma coglie la sua dimensione profonda
e dunque anche contemporanea. Rivela l'attualità del messaggio di Gesù».
Il Papa rilancia anche il metodo dell'«esegesi canonica»: in che cosa consiste?
«Propone una lettura dei testi alla luce dell'intero canone biblico. È una reazione a un
certo frammentarismo del metodo storico-critico: al suo concentrarsi solo sui livelli, sulle
fonti...»
Che cosa si perde con questo frammentarismo?
«L'idea della Bibbia stessa come documento storico. Perché i suoi libri sono stati
conservati, trasmessi, letti e interpretati non isolatamente, ma come un corpus. E dunque
è necessaria questa lettura complessiva, che poi è quella del canone ebraico. A questo
proposito anche il tema dell'unità tra Antico e Nuovo Testamento è molto importante nel
libro. Non a caso il Papa inizia con una citazione del Deutoronomio e dei simboli giovannei
offre la radice biblica. Ci rende comprensibile Gesù dentro la storia ebraica, perché il suo
linguaggio, le sue immagini, sono quelle della Bibbia. Anche questo è un dato storico: non
è dai libri apocrifi, ma dall'Esodo, dai Profeti, dai Salmi soprattutto, che Gesù trae il suo
linguaggio sul Regno di Dio, sulla promessa riguardo alla vita futura, sul suo rapporto con
Dio creatore».
Questa impostazione del libro aiuterà anche il dialogo tra ebrei e cristiani?
«Già come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Ratzinger aveva firmato
il documento Il popolo ebraico e le sue sacre Scritture nella Bibbia cristiana, che
sottolineava espressamente questa continuità. Tenendo però conto anche della differenza:
non si può appiattire la figura Gesù dicendo che era solo un maestro ebreo illuminato o un
profeta malinteso dall'autorità. Ratzinger lo colloca nella sua specificità sullo sfondo delle
attese ebraiche. E ha l'abilità di introdurre anche le tesi di Jacob Neusner, questo rabbino
molto "simpatizzante" che non perde però la sua identità di ebreo. Questo è dialogo nel
senso vero».
C'è una pagina del libro che l'ha colpita particolarmente?
«Ho già citato la rilettura dei simboli giovannei. Perché nel libro sì, c'è l'attenzione ai
risultati, alla ricerca esegetica. Ma il Papa apre anche delle finestre che vanno al di là dei
dibattiti teologici o cristologici. Pone la domanda chiave: che cosa ha portato di nuovo
Gesù rispetto a ciò che era l'ebraismo o a ciò che avevano già detto le altre grandi
esperienze religiose dell'umanità? È la questione della differenza, della novità cristiana, a
lui tanto cara. Con Gesù - è la sua risposta - è cambiata l'immagine di Dio e l'immagine
dell'uomo. Ha portato l'immagine di Dio Padre dentro l'umanità. Questo, alla fine, è il cuore
dei Vangeli».
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