1-LA FISICA DEI CAMPI ELETTRICI E MAGNETICI. Tutti i fenomeni elettrici e magnetici hanno origine da cariche elettriche. Per comprendere a fondo la definizione di carica elettrica occorre risalire alla struttura degli atomi. L’atomo più semplice che conosciamo è quello di idrogeno, costituito da un protone ed un elettrone che vi gravita attorno. Questo può succedere solo perché protone ed elettrone sono vicendevolmente attratti fra loro da una proprietà denominata carica elettrica. Corpi contraddistinti da cariche di segno concordante si respingono, mentre corpi con segno opposto si attraggono, proprio come nell’esempio appena citato dove protone ed elettrone hanno valore assoluto uguale 1 ma segno contrario. Normalmente in un atomo si hanno elettroni e protoni in numero uguale e di conseguenza l’atomo stesso risulta neutro. Quando un atomo acquista o perde elettroni diventa una particella carica elettricamente chiamata ione, nel primo caso si parla di ione negativo nel secondo di ione positivo. 1 Valore corrispondente a 1,6*10 esp-19 coulomb. 9 Figura 1.1- struttura di un atomo. Oltre a tenere uniti gli atomi, le cariche elettriche sono responsabili anche delle interazioni fra atomi e fra molecole nonché delle reazioni chimiche. L’intensità della forza con cui due cariche si attraggono o si respingono risulta direttamente proporzionale al prodotto delle cariche ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra le stesse cariche. La legge di Coulomb esprime analiticamente quanto appena descritto: F= Q1Q2 4πε r 2 1 ⋅ [1.1] dove la forza F è espressa in Newton (N), Q1 e Q2 sono le cariche misurate in Coulomb (C), r la distanza fra le cariche espressa in metri ed ε è una costante che dipende dal mezzo in cui si trovano le cariche (nel caso di cariche poste in aria si approssima ε a ε 0 costante dielettrica nel vuoto pari a 8,85·10¹² C² /N·m²) 10 1.1-Il campo elettrico. Errore. Il segnalibro non è definito. Si definisce campo elettrico (E) una regione di spazio estesa intorno ad un oggetto dotato di carica elettrica, detto sorgente di campo, nella quale si manifestano -per effetto della distribuzione di cariche elettriche- delle forze di natura elettrica che agiscono sui corpi elettrizzati posti all’interno del campo. Analiticamente il campo elettrico generato dalla carica Q è definito come: E= F q [1.2] Errore. Il segnalibro non è definito.dove q è una piccola carica di prova positiva e F la forza di Coulomb. Posso ora ricavare il valore di campo generato dalla carica Q in ogni punto al suo intorno, partendo dalla formula appena scritta e dalla legge di Coulomb: E= 1 4πε 0 ⋅ Q r2 [1.3] La direzione del campo elettrico è la stessa della forza di Coulomb, per cui, avendo posto la carica di prova positiva, il campo risulterà attrattivo per Q negativa, repulsivo per Q positiva. L’andamento del campo elettrico nello spazio è generalmente rappresentato mediante linee di campo. Tale rappresentazione consente di esprimere la distribuzione nello spazio del modulo, della direzione e del verso del campo vettoriale. Le convenzioni adottate nella rappresentazione di E tramite linee di forza sono le seguenti: 11 • la tangente a una linea di forza, in ogni punto, da la direzione di E nel punto; • il numero delle linee che attraversano una superficie normale alle linee stesse, è direttamente proporzionale all’intensità del campo in quell’area. Dove le linee si addensano il campo elettrico è più intenso. Figura 1.2 – Linee di forza del campo elettrico generate da: a) una carica q+ puntiforme; b) un dipolo (cariche uguali ma di segno opposto q+ q-). Il campo elettrico non ha un valore costante nello spazio, esso decresce mano a mano che ci si allontana della carica Q. Questo risulta evidente anche solo osservando le linee di forza che si diradano allontanandosi dalla carica. E’ possibile descrivere il campo elettrico anche tramite una grandezza scalare: il potenziale elettrico V. Ipotizzando di spostare una carica di prova q 0 da un punto A a un punto B dello spazio, si compirebbe un lavoro W AB . La differenza di potenziale elettrico, spesso indicata con la sigla d.d.p., è definita come: V A − VB = W AB q0 [1.4] 12 L’unità di misura maggiormente usata per la d.d.p. è il volt (V). Per approssimazione, ponendo il punto A ad una distanza infinita da tutte le cariche, si può attribuire arbitrariamente a V A valore 0. Si può così definire il potenziale elettrico in un punto P come: V = W q0 [1.5] Il potenziale elettrico vicino ad una carica positiva isolata risulta dunque positivo, infatti deve essere compiuto un lavoro positivo da un agente esterno per spingervi una carica elettrica positiva da un punto infinitamente lontano. 1.2-Il campo magnetico. Il campo magnetico H è, come il campo elettrico, una grandezza vettoriale. La sua unità di misura è l’ampere/ metro (A/m) nel sistema MKS oppure l’Oersted (Or) nel sistema CGS. Il campo magnetico è generato da cariche elettriche in movimento, ossia in presenza di correnti. Quando un elettrone si muove attraverso un materiale conduttore, ad esempio attraverso un oggetto metallico, una certa quantità di carica viene trasportata da un’estremità all’altra. E’ definita intensità di corrente la quantità di carica che attraversa la sezione del conduttore nell’unità di tempo: I= Q t [1.6] Se si considerano due fili rettilinei attraversati da correnti I 1 e I 2 e separati da una distanza r molto piccola rispetto alla loro lunghezza, si osserva che sui 13 conduttori agisce una forza attrattiva se le due correnti hanno lo stesso verso, repulsiva qualora il verso sia opposto. L’intensità della forza agente su un tratto l del filo 2 è: F= μ I1 I 2 l ⋅ 2π r [1.7] Dove μ è una costante detta permeabilità magnetica che dipende dal mezzo materiale interposto. Nel caso il mezzo sia il vuoto, μ assume il valore μ 0 = 4π ⋅ 10 −7 N A 2 , valore che si può utilizzare, approssimando, anche per l’aria. F nella formula precedente è identificabile come forza magnetica. Analogamente a quanto detto per il campo elettrico, si può pensare ad un campo magnetico generato da una corrente che modifica lo spazio circostante. Nel caso sovracitato di due fili, la corrente I1 genera un campo capace di interagire con spazio circostante e quindi con il filo 2. Per descrivere la componente magnetica è possibile far riferimento all’intensità del campo magnetico (H) ma anche all’induzione magnetica (B). Le due grandezze sono direttamente proporzionali e sono legate fra loro dalla relazione: B = μH [1.8] μ nota come permeabilità magnetica, dipende dalla proprietà del mezzo in cui si effettuano le misure. Nel caso del filo rettilineo percorso da corrente I, l’intensità del vettore induzione magnetica nel vuoto è: B= μ0 I ⋅ 2π r [1.9] dove μ 0 è la permeabilità magnetica nel vuoto. Per rappresentare il campo magnetico si usano, come nel caso del campo elettrico, linee di campo. 14 Figura 1.3 – Campo di induzione magnetica prodotto da un conduttore percorso da corrente I. Nel caso di un conduttore rettilineo le linee di campo sono raffigurabili con circonferenze concentriche attorno al filo. Per definizione il campo magnetico in un punto è diretto come la tangente alla linea di campo in quel punto. A differenza del campo elettrico, la forza magnetica non ha direzione concorde al campo. Come si nota nella figura 1.3 la forza magnetica fra i due conduttori è perpendicolare alle direzioni del campo e delle correnti. Una situazione particolare si ha quando si considera il campo generato da una corrente circolare. In questo caso le linee di campo conseguenti risultano del tutto simili a quelle ben note generate da un magnete. 15 Figura 1.4 – Linee di forza del campo magnetico generate dalla corrente circolare I. Un magnete è costituito da un polo Nord, da cui fuoriescono le linee di campo, e da un polo Sud in cui le linee entrano 2 . Si potrebbe pensare ad un’ analogia con le cariche elettriche positive e negative, tuttavia nel caso di un magnete i due poli risultano essere non isolabili. Procedendo infatti a successive suddivisioni del magnete originario, si ripresentano sempre comunque un polo nord e uno sud nella forma di dipolo magnetico. Ciò nonostante, l’analogia fra campo magnetico di una spira e quello di una calamita, ha portato Ampére all’ipotesi, poi confermata, che i campi magnetici siano sempre dovuti a correnti elettriche. 1.3-Le onde elettromagnetiche. Sino ad ora si sono trattate situazioni che contemplano cariche elettriche ferme o correnti costanti. Se si considerano campi elettrici e magnetici variabili 2 Questo per convenzione. 16 nel tempo, si nota che una variazione di campo elettrico da origine ad un campo magnetico e che, viceversa, ad una variazione di quest’ultimo corrisponde la comparsa di un campo elettrico. Considerate queste proprietà, Maxwell fu in grado di predire l’esistenza di onde elettromagnetiche. Esse sono costituite da una catena di campi elettrici e magnetici capaci di generarsi reciprocamente e di propagarsi nello spazio, indipendentemente dalle cariche e correnti che le hanno generate. Le oscillazioni dei campi elettrici e magnetici che costituiscono un’onda elettromagnetica sono, ad elevate distanze dalla sorgente (ovvero in campo lontano), sinusoidali, in fase fra loro e ortogonali alla direzione di propagazione e costituiscono quella che è chiamata onda piana. Figura 1.5 – Rappresentazione del campo elettromagnetico. Si definisce intensità o densità di potenza (I), l’energia trasportata da un’onda elettromagnetica nell’unità di tempo e di superficie perpendicolare alla direzione di propagazione. Analiticamente si definisce I con l’equazione: I= ε μ E 2 eff [1.10] 17 dove E eff è il valore efficace dell’intensità del campo elettrico E, che per un’onda sinusoidale è: E eff = E max [1.11] 2 Così se si esprime I in W/ m², E in V/m e H in A/m, si ha che nel vuoto 3 I = E 2 eff 377 . 1.4-Caratteristiche delle onde elettromagnetiche e spettro d’onda. Gli elementi distintivi delle onde elettromagnetiche sono la lunghezza d’onda (λ), la frequenza (ν) e la velocità di propagazione (c) collegate fra loro dalla relazione: c = λ ⋅ν [1.12] Si definisce lunghezza d’onda la distanza fra due massimi (o minimi) della curva; si dice periodo (T) il tempo necessario per compiere un’oscillazione completa. Ne consegue la relazione c = λ T considerando che la velocità per definizione è data da spazio/tempo. Comparando quest’ultima relazione alla [1.12] si comprende facilmente che la frequenza è pari all’inverso del periodo. Sapendo che la velocità di propagazione è una costante universale, pari nel vuoto a circa 300.000 Km/s, le onde si differenziano sostanzialmente per lunghezza d’onda ovvero per la frequenza. Una classificazione dello spettro elettromagnetico è riportata di seguito. 3 Per approssimazione anche nell’aria. 18 Figura 1.6 – Spettro d’onda elettromagnetica. Una parte di queste frequenze risulta particolarmente importante nel lavoro in corso, si tratta delle frequenze generate da conduttori della rete elettrica e da sistemi di telecomunicazione, frequenze che vanno da quelle delle onde radio a quelle denominate ELF. 19