Cenni sulla vita di una stella di Fabrizio Clarelli Lo studio delle stelle di neutroni, o più generalmente di sistemi autogravitanti, è stato oggetto di numerosissimi studi sin dall‘inizio del secolo. Infatti già nel 1926 Sir Arthur Eddington, riferendosi a Sirio B, concluse il suo libro ”The Internal Costitution of the Star” con la frase: ”Abbiamo una stella di massa circa uguale a quella del sole, ma di raggio molto più piccolo di quello di Urano”, inoltre argomentò che, sebbene a quel tempo ne fossero conosciute solo 3, le nane bianche fossero molto abbondanti nell’universo. Tuttavia per avere un’idea di come potessero non collassare, fu necessario aspettare l’Agosto dello stesso anno in cui fu formulata la statistica di Fermi Dirac. Nel Dicembre dello stesso anno R. H. Fowler in un pioneristico lavoro sulle stelle compatte applicò la statistica di Fermi-Dirac per spiegare la natura delle nane bianche: identificò la pressione che sostiene le stelle, evitando il collasso gravitazionale, con la pressione di degenerazione elettronica. Nel 1930, Chandrasekhar costruı̀ un modello tenendo conto degli effetti della relatività ristretta, e in questa analisi trovò una massa massima di circa 1.4 M . Tale massa massima fu chiamata appunto limite di Chandrasekhar, il quale scrisse, nel 1934, che la storia della vita di una stella di piccola massa deve essere essenzialmente diversa da quella di una stella di grande massa. Nel 1932 L. D. Landau presentò una spiegazione elementare del limite di Chandrasekhar finché, dopo la scoperta del neutrone, fu teorizzata l‘esistenza di stelle di neutroni. Dopo la scoperta dei neutroni, si trovò che a densità molto alte gli elettroni dovrebbero reagire con i protoni producendo neutroni per decadimento beta inverso. Nel 1934 Baade e Zwicky proposero l’idea di stelle di neutroni, evidenziandone la densità molto alta, il raggio piccolo e il legame gravitazionale molto più intanso delle stelle ordinarie. Inoltre ritennero che le stelle di neutroni si fossero formate da esplosioni di supernove. I primi calcoli su modelli di stelle di neutroni furono fatti da Oppenheimer e Volkoff (1939), i quali assunsero la materia essere composta da un gas ideale di neutroni liberi ad alta densità in relatività generale. Tali calcoli si basavano sulla risoluzione delle equazioni di equilibrio idrostatico in relatività generale, che poi hanno preso proprio il nome di Oppenheimer-Volkoff, per una data equazione di stato p = p(ρ). (1) Si può costruire una sequenza di modelli parametrizzati da ρc . Le possibili configurazioni d’equilibrio che possono esistere quando una stella collassa sono: Nane Bianche, Stelle di Neutroni, Buchi Neri. Sebbene appaia probabile che queste siano gli stadi terminali dell’evoluzione stellare, abbiamo molte meno conoscenze sui processi dai quali queste si sono formate. Il problema può essere affrontato considerando la variazione della massa delle stelle, che le stesse stelle possono subire prima della loro fine. Le nane bianche sono mantenute dalla pressione di degenerazione degli elettroni, analogamente si può pensare che le stelle di neutroni siano mantenute dalla pressione di degenerazione dei neutroni. Nel caso di nane bianche e stelle di neutroni la combinazione del principio d’incertezza di Heisenberg e del principio di esclusione applicato ai fermioni 1 assicura che a densità molto alte le particelle del gas devono possedere grandi momenti e non possono occupare lo stesso stato quantistico; questi valori dei momenti meccanici provvedono alla pressione di degenerazione. Evoluzione stellare Le nubi di gas interstellare, costituite per la maggior parte da idrogeno molecolare, sono le incubatrici delle stelle. Possono raggiungere temperature elevatissime, ma gran parte di esse sono fredde, a circa 10 K, mentre alcune regioni possono arrivare a 2000 K. La loro misura varia da meno di un anno luce fino a migliaia di anni luce, e la loro massa da 10M fino a 107 M . Importanti fattori nella formazione stellare sono la gravità, la pressione del gas, la rotazione, i campi magnetici e l’influenza di stelle vicine. Tuttavia le nostre conoscenze su come tutti questi fattori possano contribuire a far collassare gravitazionalmente regioni relativamente piccole, sono ancora ad uno stadio primitivo. Molte proprietà osservative delle stelle dipendono dalla storia evolutiva dei singoli oggetti, soprattutto a causa delle variazioni nel tempo sulla struttura delle regioni centrali. Poiché le osservazioni dirette sono possibili solo sugli strati stellari superficiali, ed i tempi evolutivi sono estremamente lunghi, lo studio della struttura e dell’evoluzione delle stelle ha carattere prevalentemente teorico. Le teorie vanno poi verificate a posteriori con le osservazioni. Possiamo studiare le proprietà strutturali delle stelle basandoci su modelli generalmente costituiti da un’atmosfera, da una fotosfera, e da una regione interna. L’atmosfera costituisce una frazione trascurabile della massa stellare, e non produce energia, mentre per descrivere le proprietà della struttura interna ci serviamo di un sistema di equazioni differenziali ottenute dalle condizioni di equilibrio idrostatico, dal bilancio energetico, dal trasporto energetico e fornendo un’adeguata equazione di stato. Inizialmente, per effetto dell’autogravitazione, abbiamo una trasformazione dell’energia potenziale gravitazionale in energia cinetica (calore) e energia irradiata nello spazio. La stella, infatti, contraendosi, si riscalda e allo stesso tempo irradia energia. Di conseguenza, il riscaldamento progressivo del gas stellare permette, nelle regioni centrali delle stelle, di raggiungere temperature alle quali si innescano reazioni nucleari tra gli elementi presenti. Possiamo osservare che la materia nelle stelle si trova nello stato di plasma, e dato che la maggior parte della materia visibile nell’universo è contenuta nelle stelle, lo stato di plasma è il più diffuso, almeno per le attuali conoscenze. L’idrogeno è il costituente di gran lunga più abbondante in una stella, costituendone circa il 70%; il 28% è costituito da elio, ed il restante 2% da altri elementi. L’evoluzione di una stella si svolge, in genere, attraverso fasi contraddistinte dall’alternarsi della contrazione gravitazionale e della combustione nucleare nella regione centrale. Durante la contrazione, se la stella è sufficientemente massiccia, si può arrivare ad una temperatura tale da innescare la reazione termonucleare. Durante la combustione, che si protrae più a lungo della contrazione, le temperature interne si stabilizzano. La combustione dell’idrogeno ha luogo a temperature di una decina di milioni di gradi, e avviene attraverso cicli di reazione che determinano la trasformazione esoenergetica di idrogeno in elio. L’esistenza di una stella si svolge prevalentemente in questo processo di combustione dell’idrogeno in elio, che segue fasi 2 di innesco termonucleare molto brevi, di durata è trascurabile nell’arco di vita di una stella. L’elio è a sua volta trasformato in carbonio e ossigeno attraverso reazioni che vengono innescate a temperature di qualche centinaio di milioni di gradi. A temperature sempre più alte si attivano reazioni che interessano elementi sempre più pesanti, prodotti dalle combustioni precedenti; l’ultimo elemento di tale processo è il ferro. Si ritiene che le stelle si formino dalla frammentazione di nubi di materia interstellare per instabilità gravitazionale indotta da processi esterni e dalla successiva contrazione gravitazionale di questi frammenti. Solo se la massa del frammento è sufficientemente grande > 0.1M , le temperature centrali raggiungono valori tali da innescare la termofusione nucleare dell’idrogeno. In sintesi, la storia evolutiva della struttura interna di una stella è caratterizzata dalla progressiva condensazione della materia verso il centro, e dalla lenta trasformazione nucleare di parte del plasma stellare. Le modifiche strutturali avvengono a causa del campo gravitazionale, e, a loro volta provocano la variazione delle proprietà stellari globali. I vari tipi di stelle cosı̀ ottenuti possono essere ordinati lungo una sequenza temporale. Una protostella, se di massa sufficiente, evolve in una stella di sequenza principale, contraddistinta dalla combustione centrale dell’idrogeno, passando attraverso gli stadi di subgigante, caratterizzati dalla combustione dell’idrogeno in uno strato intermedio, gigante e supergigante, caratterizzati dalla combustione centrale dell’elio, fino a divenire una nana bianca, o ad esplodere come supernova lasciando come resto una stella di neutroni o un buco nero.[1] References [1] Giannone P., Elementi di Astronomia, Pitagora Editrice, 1996. 3