Eugenio Benvenuto

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Rendiconti
Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL
Memorie di Scienze Fisiche e Naturali
119° (2001), Vol. XXV, pp. 559-562
EUGENIO BENVENUTO *
Piante geneticamente modificate:
‘novel products’ al servizio della medicina? **
La produzione di piante resistenti ai patogeni realizzata utilizzando le tecniche
del DNA ricombinante è un obiettivo primario del miglioramento genetico «molecolare», in particolare quando caratteri di resistenza siano difficilmente individuabili in natura o quando il ‘breeding’ tradizionale non sia in grado di garantire l’ottenimento di una resistenza efficace e duratura.
L’impiego della biologia molecolare per ottenere il trasferimento mirato di
specifici geni di diversa origine sta portando alla comprensione dei meccanismi
naturali di difesa delle piante e dei complessi sistemi di interazione tra piante ed
agenti patogeni. Piante resistenti alle infezioni di microrganismi (virus, batteri,
funghi) sono state ottenute mediante il trasferimento di sequenze derivanti dal
patogeno (PDR, ‘Pathogen Derived Resistance’) [1] o di geni vegetali di resistenza [2] o che codificano per proteine ad azione anti-microbica [3].
Immunoterapia per la protezione delle piante
Con un approccio meno convenzionale, messo a punto dal nostro laboratorio,
piante «immuni» all’attacco degli agenti patogeni, in particolare virus vegetali,
sono state ottenute mediante il trasferimento e l’espressione di geni codificanti per
anticorpi diretti contro specifiche molecole bersaglio del virus di interesse [4].
La molecola anticorpale espressa con maggior successo in pianta, è un prodotto derivato da ingegneria proteica denominato anticorpo a singola catena (scFv,
‘single chain antibody’) in cui i domini VH e VL, che nelle immunoglobuline sono
* ENEA, Divisione Biotecnologie e Agricoltura, Sezione Biochimica, Biofisica e Biologia
Molecolare, Centro Ricerche Casaccia, Roma.
** Relazione presentata al Primo Convegno Nazionale della U.N.A.S.A. su «Biotecnologie
agroalimentari, industriali, ambientali: problemi e prospettive», Roma, 1-2 ottobre 2001.
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responsabili dell’interazione con l’antigene, sono congiunti da una breve sequenza
aminoacidica (‘linker-peptide’). La maggior facilità di espressione del scFv anche in
sistemi eterologhi è da attribuirsi al fatto che questo tipo di molecola non richiede
la sintesi coordinata, il corretto ‘folding’ e l’assemblaggio delle quattro catene (due
pesanti e due leggere) che costituiscono la struttura canonica delle immunoglobuline. Oltre alla maggior efficienza di espressione, un importante vantaggio derivante
dall’utilizzazione dei scFv, è rappresentato dalle ridotte dimensioni molecolari che
consentono di raggiungere bersagli che non sono accessibili dagli anticorpi convenzionali, a causa del loro ingombro sterico.
Anticorpi intracellulari
Poiché molti dei potenziali bersagli dei scFv sono antigeni espressi all’interno
delle cellule vegetali, gli sforzi del nostro laboratorio si sono concentrati non solo
nella selezione e nella costruzione delle molecole con l’affinità maggiore per l’antigene, ma anche di quelle chimicamente più stabili. Tra i compartimenti cellulari,
infatti, il citoplasma è caratterizzato da un potenziale marcatamente riducente, sfavorevole al corretto ‘folding’, quindi al corretto funzionamento di molte proteine,
compresi gli anticorpi. Tra i scFv messi a punto nel nostro laboratorio, uno in particolare (scFv F8) ha dimostrato di avere eccezionali caratteristiche di stabilità in
condizioni riducenti. Questa molecola, ottenuta a partire da un anticorpo monoclonale specifico per la proteina di rivestimento (‘Coat Protein’, CP) di un virus
vegetale (‘artichoke mottle crinkle virus’, AMCV), è stata infatti stabilmente
espressa nel citoplasma di cellule vegetali dove si è dimostrata efficace nell’interferire con la replicazione virale in vivo [5].
Anticorpi sintetici
Dopo aver analizzato a fondo le caratteristiche biochimiche dell’anticorpo
usato per l’immunoterapia delle piante [6] e considerando che la stabilità di un
anticorpo ricombinante è basilare per effettuare studi di interferenza molecolare, è
stato realizzato un progetto di ingegneria proteica in cui la struttura fondamentale
del scFv F8 è servita come punto di partenza per la costruzione di molecole anticorpali specifiche per antigeni diversi ma intrinsecamente stabili. Utilizzando lo
«scheletro» del scFv F8 e inducendo mutazioni casuali nella sequenza codificante
per quattro residui aminoacidici delle due CDR3 (‘Complementarity Determining
Region 3’, una delle tre regioni che nell’ambito di ciascun dominio V è responsabile dell’interazione diretta con l’antigene), è stato costruito un repertorio anticorpale sintetico, espresso su fago, con una complessità di 5 x 107 molecole con
diversa specificità. Il repertorio è stato utilizzato per ottenere molecole scFv specifiche per antigeni diversi e, ad oggi, tutte le molecole selezionate dal repertorio
hanno dimostrato di conservare le caratteristiche di stabilità dell’anticorpo scFv F8
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di origine [7]. Questi risultati aprono incoraggianti prospettive per un uso del
repertorio come sorgente di reagenti da utilizzare in immunoterapia intracellulare
(animale e/o vegetale) o immunochimica.
«Biofabbriche» vegetali
Parallelamente agli studi sull’espressione degli anticorpi in pianta, è stata
avviata una nuova linea di ricerca finalizzata alla realizzazione di piante geneticamente modificate per la produzione di molecole biologiche destinate ad applicazioni
biomediche, in particolare vaccini. La costruzione e l’impiego di piante come «biofabbriche» di molecole di interesse farmacologico, è infatti una strategia che presenta numerosi vantaggi non solo tecnologici (realizzazione in tempi brevi di piante
geneticamente modificate, stabilità del prodotto alle variazioni di temperatura, relativa facilità di estrazione/purificazione delle molecole espresse) ed economici (basso
costo delle tecnologie di produzione ed elevata efficienza del sistema di produzione)
ma anche di «sicurezza intrinseca», perché riduce il rischio di contaminazione con
patogeni o tossine di origine animale, potenzialmente nocive per l’uomo. In pianta
sono state espresse numerose molecole biologiche come anticorpi (scFv, IgG, IgA),
emoglobina, alfa-1 anti-tripsina, enzimi digestivi [8]. In particolare, suscita notevole
interesse la possibilità di sfruttare sistemi vegetali per esprimere molecole immunogeniche per l’uomo, da utilizzare nella formulazione di nuovi vaccini. Le piante
potrebbero in questo caso rappresentare non solo un sistema per la produzione del
vaccino ma anche per la sua somministrazione, qualora per l’espressione venissero
scelte piante commestibili. Nel nostro laboratorio stiamo mettendo a punto un
sistema per l’espressione transiente in pianta di epitopi immunogenici del virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1), da utilizzare nella formulazione di un
vaccino, sfruttando come ‘carrier’ il virus vegetale PVX (potato virus X). Le proteine di rivestimento dei virus vegetali possono essere infatti degli ottimi ‘carrier’ per
la presentazione di peptidi immunogenici al sistema immunitario animale e per
questo motivo abbiamo inserito un epitopo lineare, altamente conservato ed immunogenico, della proteina gp41 del virus HIV-1 nella ‘Coat Protein’ del PVX. La
sequenza codificante per l’epitopo di HIV-1 è stata inserita all’estremità N-terminale
della ‘Coat Protein’ del PVX, che è esposta sulla superficie esterna del rivestimento
virale. I risultati fin qui ottenuti dalle prove di immunizzazione su modelli animali e
dai saggi di neutralizzazione in vitro di HIV-1 sono molto incoraggianti [9] ed
aprono nuove promettenti prospettive sulla possibilità di sviluppare piante geneticamente modificate come «biofabbriche» per la produzione di vaccini innovativi e,
più in generale, piante geneticamente modificate al servizio della medicina. Questo
nuovo modo di intendere la «transgenosi» applicata ai sistemi vegetali, non più al
servizio esclusivo del produttore ma con evidenti vantaggi per il consumatore
soprattutto per quanto riguarda la sicurezza del prodotto, potrebbe aiutare a ridimensionare le polemiche suscitate dall’utilizzazione «in campo» delle piante geneticamente modificate e dalla commercializzazione di prodotti da loro derivati.
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