Riccardo Giannattasio 3 A
“La filosofia (…)che rappresenta l’aspirazione imperitura dell’umanità alla conoscenza pura e
assoluta (e, cosa inseparabilmente unita a questa, al puro e assoluto valutare e volere) è incapace di
darsi la forma di vera scienza. La maestra per vocazione dell’opera eterna dell’umanità non è in
genere in grado di insegnare in maniera oggettivamente valida. Kant amava dire che non si può
imparare la filosofia, ma solo a filosofare. Cos’è questa se non un’ammissione della non
scientificità della filosofia? Fin dove arriva la scienza, la vera scienza, si può insegnare ed imparare,
e ciò ovunque nello stesso senso. L’apprendistato scientifico non è mai l’accettazione passiva di una
materia estranea allo spirito, essa poggia sempre sulla spontaneità, su di una riproduzione interiore
delle evidenze razionali ottenute da spiriti creatori, secondo principi e conseguenze. La filosofia non
si può imparare poiché non vi sono tali evidenze oggettivamente comprese e fondate, vale a dire
poiché mancano ancora problemi, metodi e teorie concettualmente ben definiti e pienamente chiariti
nel loro senso.
Non voglio dire che la filosofia sia una scienza imperfetta, dico semplicemente che non è ancora
una scienza, che essa come scienza non ha ancora avuto inizio, e valga qui quale criterio un
frammento qualsiasi, sia pure piccolo, di un contenuto dottrinale teoretico oggettivamente fondato.
Tutte le scienze sono imperfette, persino le tanto ammirate scienze esatte”
(Husserl, La filosofia come scienza rigorosa)
L’indefinitezza della filosofia
Fornire una definizione di filosofia a chi non vi ha mai avuto a che fare è particolarmente difficile,
se non impossibile; pretendere una definizione di filosofia da chi è esperto, forse lo è ancora di più.
Un bambino molto piccolo chiede al genitore perché la penna si chiami così e perché i cavalli
abbiano le zampe e non le ruote. Domande alle quali anche il più edotto dei genitori non troverà
risposta, domande allo stesso tempo banali e complesse. Il bambino di certo non pone domande di
questo tipo consapevolmente, anzi, è la sua stessa ignoranza a indurlo a porle. Allo stesso modo,
una persona che, non avendone mai avuto l’esperienza, chiede cosa sia la filosofia, di certo non lo
fa con l’intento di mettere in difficoltà l’interlocutore. Il bambino che pone una miriade di perché
sulle questioni più ovvie della quotidiana esistenza e colui che pretende una definizione di filosofia
compiono lo stesso “peccato”. Essi pongono domande che non ci si deve porre.
Esistono questioni quotidiane riguardo alle quali non ha nessun senso porsi delle domande. Non si
tratta di un fatto di perdita di tempo o energie che non vale la pena di investire alla ricerca di una
risposta, ma si tratta di limiti. Il padre, alla domanda sul perché i cavalli abbiano le zampe e non le
ruote, sarà costretto a rispondere in modo più o meno simile a “perché sì”. Analogamente, cercare
una definizione esaustiva di filosofia è profondamente inutile. Tutti noi abbiamo a che fare nella
vita quotidiana con i limiti dell’essere umano, da quando sperimentiamo la stanchezza dopo una
giornata di lavoro, a quando siamo posti di fronte alla morte. Oltre a questi limiti “fisici” e
materiali, ne sono presenti altri, di natura diversa: i limiti della conoscenza e del sapere.
Secondo Husserl “La filosofia (…) rappresenta l’aspirazione imperitura dell’umanità alla
conoscenza pura e assoluta”, ed è questo il motivo per cui è lecito porre sullo stesso piano le
domande infantili e quelle riguardo alla filosofia: ambedue pretendono la definizione
dell’indefinibile. Dunque dobbiamo aggiungere ai limiti umani della conoscenza e del sapere anche
quelli della definizione.
Benedetto Croce, in un tempo specifico e riguardo a una particolare circostanza, disse che
“formulare un problema è definirne i termini”. Ecco perché non ci si può porre il problema della
definizione della filosofia: non possiamo definirne i termini! L’uomo non è in grado né di definire i
termini della domanda (“che cos’è la filosofia?” sottintende già che essa sia una cosa, una materia, e
in questo modo si va fuori strada), né quelli della risposta (spiegare la filosofia in termini di storia
del pensiero è inadeguato, spiegarla in termini di scienza, piuttosto forzato). Per riprendere le
analogie con l’esempio del bambino, è ormai evidente l’indefinitezza di termini della domanda.
Chiedere “perché il cavallo ha le zampe?” non è la formulazione di un problema, perché, al posto
che definire – nel senso di limitare la questione – la amplia ancor di più. Dunque, porsi il problema
della definizione di filosofia è inutile, poiché l’uomo non è in grado né di chiarire i termini della
domanda, né quelli di un’ipotetica risposta.
Se porsi il problema della definizione di filosofia è inutile, non è detto che lo sia domandarsi la
natura della filosofia. La sua essenza è certamente indefinibile, secondo quanto esposto fino a ora,
e per Husserl è imperitura nonché impossibile da insegnare. Per avvalorare quest’ultima tesi,
Husserl dice che “la filosofia non si può imparare poiché non vi sono tali evidenze oggettivamente
comprese e fondate, vale a dire poiché mancano ancora problemi, metodi e teorie concettualmente
ben definiti e pienamente chiariti nel loro senso”. Ciò è un passo avanti dal punto al quale eravamo
giunti dicendo che la definizione della filosofia è inutile: si può imparare una materia, nel senso di
argomento, solo se essa si basa su evidenze oggettivamente comprese e fondate, cioè se sono
presenti problemi concettualmente ben definiti e pienamente chiariti nel loro senso. La filosofia non
si può imparare non solo perché non è definibile essa stessa (e qui eravamo giunti poco sopra), ma
anche perché i problemi e le questioni che prende in esame non sono completamenti chiariti nella
loro intrinseca natura. In questo senso, l’autore pone una cesura fra le altre scienze e la filosofia. A
questo punto risulta ovvio, poiché si tratta di una diretta conseguenza, che la filosofia non è una
scienza: le scienze affrontano problemi ben definiti (si pensi alla chimica o alla fisica) o definibili,
nel senso che una definizione sarà trovata in futuro (i problemi dello spazio tempo e delle onde
gravitazionali furono intuiti da Albert Einstein nel primo decennio del XX secolo, ma la loro natura
non fu mai definita fino a qualche settimana fa, cent’anni dopo).
L’altro aggettivo che Husserl fornisce riguardo alla natura della filosofia è “imperitura”. Per
l’autore, “la filosofia rappresenta l’aspirazione imperitura dell’umanità alla conoscenza pura e
assoluta”. Questo passo rappresenta un’ulteriore distinzione fra scienza e filosofia. I temi affrontati
dalle scienze sono di natura limitata, quelli affrontati dalla filosofia non lo sono. L’uso stesso che
Husserl fa delle parole ci aiuta. Per prima cosa, egli non usa il verbo essere, ma rappresentare, poi
l’oggetto che essa rappresenta è l’aspirazione, concetto tutt’altro che materiale. Per non parlare poi
di quanto segue, “l’aspirazione (…) alla conoscenza pura e assoluta”: la materia di cui si occupa
dunque è essa stessa indefinibile – come possiamo pretendere di definire, cioè limitare, la
conoscenza pura e assoluta? Se dovessimo dare una nostra definizione di una qualsiasi delle
scienze, usando la stessa struttura di Husserl, ci troveremmo in condizioni ben diverse. A titolo di
esempio, potremmo dire. La chimica è (e non rappresenta, quindi siamo in grado di definire fin da
subito) lo studio (poniamo un oggetto limitato) dei composti organici e inorganici (specifichiamo
l’àmbito circoscritto in cui agisce). E’ ben chiara, anche dall’impostazione del ragionamento di
Husserl, l’impossibilità di parlare di filosofia come se parlassimo di una scienza.
La tesi dell’impossibilità di definire la filosofia a causa dell’indefinitezza dei termini del problema e
la tesi riguardo alla natura della filosofia sono parti costitutive del pensiero esposto da Husserl in
questo passo: la filosofia non è scienza, ma è bene che sia così. Sono la sua intrinseca indefinitezza
e i suoi metodi “imprecisi” a renderla la madre di tutti i saperi.