Si può fare (film) Si può fare Durata 111 min Regia Giulio Manfredonia Interpreti e personaggi Claudio Bisio: Nello Anita Caprioli: Sara Andrea Bosca: Gigio Giovanni Calcagno: Luca Michele De Virgilio: Nicky Carlo Giuseppe Gabardini: Goffredo Premi David di Donatello 2009: Nastri d'argento 2009: Trama Milano 1983: Nello (Claudio Bisio) è un sindacalista che dopo aver scritto un libro sul mondo del mercato viene attaccato duramente dai "compagni", viene quindi trasferito alla Cooperativa 180, una delle tante sorte dopo la legge 180 per accogliere i pazienti dimessi dai manicomi. Dopo alcuni attriti iniziali con i pazienti, Nello decide di far capire loro il vero spirito di una cooperativa coinvolgendoli maggiormente. Ascoltando le idee di tutti, in un'assemblea viene presa la decisione di abbandonare il lavoro assistenziale e di entrare nel mercato diventando posatori di parquet, ogni paziente ricoprirà un ruolo all'interno della cooperativa secondo le proprie caratteristiche. Dopo il primo lavoro, fallito per inesperienza, riescono ad ottenere un appalto in un atelier d'alta moda, il giorno della scadenza della consegna finisce il legno, Luca e Gigio (Giovanni Calcagno e Andrea Bosca) decidono così, vista anche la loro abilità artistica, di usare gli scarti per realizzare un pannello raffigurante una stella e coprire così l'intero pavimento. L'idea, oltre a venire molto apprezzata, si fa strada e la cooperativa ottiene sempre più appalti. Nello si rende conto che c'è bisogno di ridurre il dosaggio dei farmaci, ma a questo il Dott. Del Vecchio (Giorgio Colangeli) si oppone fortemente, a questo punto Nello si affida al Dott. Furlan (Giuseppe Battiston) e con i fondi ricevuti dall'Unione europea i soci si trasferiscono in una nuova sede. Quando tutto sembra andare per il meglio avviene una tragedia: Gigio si innamora di Caterina (Maria Rosaria Russo), una ragazza per la quale ha lavorato, che poi invita lui e Luca ad una festa in casa sua, quella sera però vengono derisi dagli amici di Caterina, Luca perde il controllo e scatta una piccola rissa. In questura Gigio sente Caterina che, mentre cerca di far ritirare la denuncia, li definisce "poveracci" e che al bacio che aveva dato a Gigio non aveva dato molta importanza, a seguito di ciò si suicida e il fatto viene imputato anche alla riduzione elevata dei farmaci. Sembra la fine di un sogno, i pazienti vengono riportati nella vecchia sede sotto l'assistenza del Dott. Del Vecchio, che però ammette di aver riscontrato dei miglioramenti del loro stato psichico dovuto all'attività lavorativa. La cooperativa ottiene un grosso appalto a Parigi per decorare le fermate della nuova linea metropolitana. Il film si chiude mostrando i numerosi pannelli già pronti e l'arrivo di nuovi soci da altri manicomi. Si può fare Ambientata negli anni ’80, riecheggia nel titolo espressioni che sono diventate molto usate e sentite di recente: penso agli slogan alla Veltroni o al recentissimo “Yes, we can” di Barack Obama. Come linguaggio figurativo il film non è brillante, ancorato come è a una onesta fiction tv (comunque di qualità superiore rispetto a quelle in circolazione). Altro discorso invece se guardiamo al soggetto, alla professionalità degli attori, alla sceneggiatura, tutti elementi di ottimo livello. Il racconto impostato in modo diretto e sincero evita i toni estremi e si mantiene rigorosamente sobrio, cosa molto difficile dato il tema. Si tratta infatti di un’esperienza di cooperativa sociale che si svolge subito dopo la chiusura dei manicomi in seguito alla legge Basaglia o 180. Protagonista di questa terapia basata sul lavoro che deve confrontarsi anche col mercato, è un composito gruppo di ex-malati di mente. Affidati alla tutela di un medico molto tradizionale (Giorgio Colangeli) hanno lasciato il manicomio ma trascinano squallidamente le loro esistenze, imbottiti di farmaci. Tanto, si sa, sono bacati dentro e con i dolori che si portano dietro nessuna normalità è possibile. Arriva invece da loro Nello (Claudio Bisio misurato e a suo agio nella parte) ex-sindacalista un po’ sognatore, un po’ dotato di concretezza. Egli è deciso a tentare l’avventura con il gruppetto sulle prime scalcagnato e riottoso, preda di ataviche insicurezze e violenze, poi sempre più unito. E di che avventura si tratta? Semplicemente di renderli corresponsabili e soci di un’attività vera. Gli ex-matti diventano così una cooperativa che fa affari e trasforma l’inesperienza in originalità, creando fantasiosi parquet che rompono la simmetria della tecnica tradizionale. Tra passi indietro, passi avanti, momenti da ridere e momenti da piangere la storia va avanti incrociando la vita di un altro medico, questa volta giovane e basagliano (Giuseppe Battiston) e la relazione sentimentale tra Nello e una dolce fidanzata (Anita Caprioli), impegnata in modo contraddittorio nel mondo della moda. Leit-motiv è comunque la difficoltà di camminare sui quel filo sottile che separa normalità e malattia con sconfinamenti da una parte e dall’altra che rendono difficile la differenza. Sembrerebbe che la favola di buoni sentimenti, anche se realizzata con verosimiglianza da attori veri, faccia comunque parte del mondo dei sogni. Invece dal testo in sovrimpressione a film concluso apprendiamo che la storia s’ispira a un’esperienza vera e che le cooperative sociali in atto in Italia sono tante. Scopriamo così con noi stessi che avevamo un po’ dimenticato il problema e l’utopia realizzata da pochi che ci credono a cui seguono i molti; perciò amiamo ancora di più questo lavoro che ce lo ha ricordato. Olga di Comite La frase: "Sei uscito da Tuttocittà, queste strade non esistono, devi rientrare nel Tuttocittà!".