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Roma
I FLAVI:
69--96 d.C.
69
Paolo A. Tuci
© 2010-2011 Nuova Secondaria - EDITRICE LA SCUOLA - Tutti i diritti riservati
I Flavi
1. Quando
Il periodo in esame si estende dal 68 al 96 d.C., cioè:
dall’assassinio di Nerone
a quello di Domiziano.
Si tratta di circa trent’anni nei quali, dopo il convulso periodo del 68-69 d.C.,
a capo di Roma furono tre imperatori di una nuova dinastia, quella dei Flavi,
che soppiantò la dinastia Giulio-claudia:
Vespasiano (69-79 d.C.);
Tito (79-81 d.C.);
Domiziano (81-96 d.C.).
69-79
79-81
81-96
Vespasiano
Tito
Domiziano
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I Flavi
Il
teatro
delle
vicende che saranno
in esame è la città
di Roma e l’impero
romano, che all’
epoca
occupava,
oltre alla penisola
italiana, anche:
la Britannia;
la penisola iberica;
la Gallia;
la Rezia e il Norico;
la Pannonia;
la Dalmazia;
la Grecia,
la Macedonia
e la Tracia;
l’Asia Minore;
la Siria e la Palestina;
l’Egitto;
l’Africa settentrionale.
2. Dove
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I Flavi
3. Fonti
SVETONIO.
Fonte principale per il periodo dei tre imperatori Flavi sono le Vite scritte da
Svetonio, di Vespasiano, di Tito e di Domiziano.
TACITO.
Amara è la perdita delle Historiae di Tacito, che erano dedicate alla storia flavia:
di esse conserviamo soltanto i primi cinque libri, che trattano gli anni 69-70.
GIUSEPPE FLAVIO.
Per i rapporti con gli ebrei, sono importanti le due opere di Giuseppe Flavio, un
ebreo naturalizzato romano: le Antichità giudaiche e soprattutto la Guerra giudaica
a proposito della rivolta contro Roma.
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I Flavi
4. L’anno dei quattro
imperatori (69-68 d.C.)
Dopo l’assassinio di Nerone, l’anziano senatore Galba fu acclamato
imperatore dalle truppe di stanza con lui nella penisola iberica.
Egli giunse a Roma nell’ottobre del 68, dove tuttavia non ebbe vita facile.
Poco dopo, infatti, i pretoriani acclamarono imperatore Otone, ex
governatore della Lusitania (attuale Portogallo).
Otone divenne imperatore nel gennaio del 69, quando Galba venne
eliminato.
Anche Otone, tuttavia, ebbe vita breve: le legioni della Germania
sostenevano il loro comandante Vitellio.
Questi scese in Italia e lo scontro tra le truppe dei due avvenne a Bedriaco,
presso Cremona: Vitellio vinse lo scontro e Otone si suicidò (aprile 69).
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4. L’anno dei quattro
imperatori (69-68 d.C.)
I Flavi
Le legioni di stanza in Oriente, invece,
sostenevano il loro generale T. Flavio
Vespasiano, che era impegnato dal 66 in
Palestina a reprimere una violenta rivolta dei
Giudei.
Nuovamente si assistette a un sanguinoso
scontro interno, tra i vitelliani e i generali che
sostenevano Vespasiano: esso si concluse con
la morte di Vitellio e l’acclamazione di
Vespasiano a imperatore (dicembre 69).
Vespasiano, tuttavia, tornò in Italia solo
parecchi mesi più tardi, nell’estate del 70.
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I Flavi
5. Vespasiano:
la legittimazione del potere
Il tormentato “anno dei quattro imperatori”, dall’estate del 68 alla fine del 69,
mostrava ai contemporanei almeno due elementi importanti:
con Nerone, si era esaurita la dinastia Giulio-claudia e quindi si era
interrotta la continuità dinastica nella successione imperiale;
un ruolo fondamentale nella designazione del nuovo imperatore
spettava alle legioni dislocate nelle varie parti dell’impero (e non certo
a Roma e al senato), grazie al vincolo sempre più forte che le univa al
loro comandante; spesso a lungo distanti da Roma, in territori lontani, i
soldati sviluppavano un particolare legame con il loro generale, tanto
da battersi per la sua nomina a imperatore.
Tuttavia, la nomina di un imperatore esterno alla dinastia Giulio-claudia richiedeva
qualche forma di legittimazione ufficiale e formale.
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I Flavi
5. Vespasiano:
la legittimazione del potere
Vespasiano, prima ancora di giungere
a Roma, fece approvare la cosiddetta
lex de imperio Vespasiani (legge
sull’impero di Vespasiano), con la
quale egli si garantiva una base
formale per il proprio principato.
Infatti, la lex assegnava a Vespasiano
le medesime prerogative che
avevano avuto Augusto e i Giulioclaudi.
Vespasiano poté così giungere a
Roma con una base solida per il
proprio dominio.
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La lex de imperio Vespasiani
I Flavi
6. Vespasiano:
la sua provenienza sociale
Vespasiano proveniva da una famiglia di ceto equestre (cioè appartenente alla
classe dei cavalieri).
Egli era un homo novus, vale a dire il primo della sua famiglia ad accedere alla
vita politica, eccezion fatta per un fratello, che era membro del senato.
Vespasiano può essere considerato il simbolo dell’ascesa sociale delle élites locali
italiche, fino a quel momento per lo più marginali nella vita politica dello Stato.
Aureo celebrante sul recto Vespasiano Augusto Imperatore Cesare e sul verso la Fortuna augusta.
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I Flavi
7. Vespasiano:
la nuova classe dirigente
Nel 73, cioè pochi anni dopo esser diventato imperatore, Vespasiano rivestì la
carica della censura, che gli consentiva di por mano all’albo dei senatori,
escludendo gli individui a lui non graditi e ammettendone di nuovi.
Egli approfittò della situazione per ammettere in senato individui, come lui, di
rango equestre e provenienti dalle élites locali italiche e talvolta anche
provinciali.
In questo modo, Vespasiano rimodellò la classe dirigente, escludendo gli
individui a lui sgraditi, che conducevano una vita spesso corrotta e adagiata nelle
mollezze del lusso, per immettere uomini “nuovi” più morigerati nei costumi: egli
si poneva dunque come restauratore del più autentico mos maiorum.
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8. Vespasiano:
la politica finanziaria
I Flavi
Di pari passo con l’epurazione del senato dagli individui più corrotti dal lusso,
vanno le misure adottate da Vespasiano per un risanamento finanziario delle
casse imperiali.
La gestione tutt’altro che parsimoniosa di Nerone aveva dato fondo alle finanze
statali, lasciando in eredità una condizione disastrosa.
Per far fronte a tale problema, Vespasiano:
inasprì i tributi provinciali;
introdusse nuove imposte, talora assai curiose (famoso
il vectigal urinae, cioè la tassa sulle latrine pubbliche);
operò una revisione fondiaria, al fine di riassegnare allo
Stato quei terreni, che, sia in Italia, sia nelle province,
erano stati abusivamente occupati dai privati.
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8. Vespasiano:
la politica finanziaria
I Flavi
Così facendo, Vespasiano poté progressivamente risanare le casse dello Stato.
Con le entrate ottenute, egli poté anche avviare una politica di costruzione di opere
pubbliche, volta, oltretutto, a rimettere in circolo la ricchezza guadagnata dallo Stato.
E’ in questo contesto
che si situa la costruzione
dell’Anfiteatro flavio
(cioè della dinastia flavia),
oggi comunemente
chiamato “colosseo”.
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9. Vespasiano:
la politica militare
I Flavi
La strategia difensiva attuata da Vespasiano prevedeva la costituzione di un limes (letteralmente
“confine”) che delimitasse le province dell’impero, caratterizzato da strutture difensive.
Il limes era costituito da una strada fortificata che correva parallelamente ai confini provinciali:
essa in primo luogo facilitava lo spostamento rapido e sicuro delle truppe, in caso di bisogno.
Inoltre, tale strada era in qualche modo fortificata sfruttando
elementi difensivi naturali, come fiumi o monti, o mediante
opere artificiali, come fossati e palizzate.
Due
ricostruzioni
moderne:
una torre di
avvistamento
e un fossato
con palizzata
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9. Vespasiano:
la politica militare
I Flavi
Il limes era disseminato di fortilizi, nei quali erano di stanza truppe legionarie,
incaricate di controllare il buon ordine del confine.
La ricostruzione del forte romano di Saalburg,
oggi nella Germania centrale, risalente al I sec. d.C.
Nelle prime due foto, le mura con gli ingressi e il
doppio fossato; nell’ultima foto, il cortile interno.
Naturalmente, tale organizzazione presentava lo svantaggio di disperdere le truppe in
piccoli gruppi lungo il confine; tuttavia, la stessa diffusa presenza dei legionari
costituiva un deterrente per invasioni o ribellioni.
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10. Vespasiano:
la rivolta giudaica
I Flavi
La principale ribellione che Vespasiano
dovette fronteggiare fu quella giudaica.
La rivolta, che ebbe come epicentro
Gerusalemme, era scoppiata nel 66 e
Vespasiano stesso si trovava in Giudea quando
fu proclamato imperatore.
Alla repressione
della rivolta
l’imperatore destinò
il figlio maggiore, Tito,
nel 69 trentenne.
.Gerusalemme
Tito
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10. Vespasiano:
la rivolta giudaica
I Flavi
L’azione di Tito fu diretta e incisiva:
nel 70 egli conquistò Gerusalemme e
distrusse il tempio, centro sacro di
importanza insostituibile per gli Ebrei.
Negli anni successivi, Tito ebbe
ragione delle ultime sacche di
resistenza ebraiche, sul Mar Morto.
Ricostruzione del tempio di Gerusalemme distrutto da Tito
I successi di Tito, ai quali naturalmente si associò il padre
Vespasiano, vennero celebrati sia con ampio ricorso alla
monetazione propagandistica, sia con un solenne trionfo a
Roma, del quale rimane ancora oggi il ricordo nel cosiddetto
arco trionfale di Tito, eretto, dopo la sua morte, dal fratello
Domiziano.
Roma, arco di Tito
In seguito alla dura repressione della rivolta giudaica, molti degli Ebrei di Giudea si dispersero
in varie parti delle province romane, fenomeno che va sotto il nome di diaspora.
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I Flavi
11. Tito (79-81)
Tito era stato associato all’impero dal padre, il
quale gli aveva concesso fin dal 71 la tribunicia
potestas, ossia il rango e le prerogative di
tribuno della plebe, elemento fondamentale su
cui Augusto aveva fondato il potere imperiale.
Due sono le caratteristiche per cui i tre anni di
impero di Tito sono ricordati.
In primo luogo, il rapporto positivo che ebbe
con il senato, che influì fortemente sul giudizio
positivo delle fonti nei suoi confronti.
In secondo luogo, la grande umanità che
dimostrò in occasione di gravi calamità che
colpirono l’Italia.
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I Flavi
11. Tito (79-81)
In particolare, tre calamità che colpirono l’Italia:
un nuovo incendio (una quindicina d’anni
dopo quello neroniano del 64) che devastò
alcune parti della capitale;
una grave pestilenza che colpì l’Italia;
la notissima eruzione del Vesuvio nel 79, che
distrusse le città di Pompei, Ercolano e Sabia.
Il Vesuvio visto da Pompei
Tito si guadagnò persino l’appellativo di “amor ac deliciae generis humani” (amore
e delizia del genere umano), attribuitogli dalla biografia di Svetonio (Titus I, 1).
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I Flavi
11. Tito (79-81)
L’estensione dell’impero sotto Tito
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12. Domiziano (81-96):
il ritratto negativo
I Flavi
Alla morte di Tito, gli successe il fratello minore Domiziano, figlio anch’egli di Vespasiano.
Tanto positivo è il ritratto di Tito fornito dalle fonti,
quanto negativo quello di Domiziano.
Diversi comportamenti concorsero a formare questa
per molti aspetti giustificata immagine negativa.
Un forte accentramento nelle sue mani
del potere, a discapito dell’autonomia e
delle prerogative del senato.
L’assunzione della censura a vita, che
gli consentiva di por mano alla revisione
delle liste dei senatori, permettendogli
così di cacciare quelli a lui sgraditi.
La sua pretesa di essere venerato come
dominus et deus (signore e dio), cercando
così un’investitura religiosa per il proprio
potere.
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I Flavi
12. Domiziano (81-96):
il ritratto negativo
Tutti questi elementi determinarono lo sviluppo di una forte ostilità attorno all’imperatore,
che si tradusse in una serie di congiure, dalle quali tuttavia uscì sempre incolume.
Solo la cospirazione del 96 gli risultò fatale,
quando fu ucciso da una congiura organizzata dalla nobiltà senatoria.
Resti del palazzo di Domiziano sul colle Palatino, tra il Colosseo e il Circo Massimo
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13. Domiziano (81-96):
la persecuzione anticristiana
I Flavi
Domiziano diede vita alla prima vera e propria persecuzione anticristiana della storia.
Bisogna infatti ricordare che la
persecuzione di Nerone non colpiva i
cristiani in quanto tali, bensì in quanto
presunti responsabili dell’incendio di
Roma: Nerone, per distrarre la
popolazione urbana dalla diceria
(fondata) secondo cui era stato lui
stesso ad alimentare l’incendio
dell’urbe, aveva deciso di individuare
facili
colpevoli
nei
cristiani,
convogliando contro di loro, innocenti,
tutte le responsabilità.
Domiziano, invece, perseguitò per la
prima volta i cristiani soltanto in
quanto seguaci di tale nuova religione,
senza alcuna accusa particolare.
Immagine di Cristo buon pastore nelle catacombe
di Santa Priscilla a Roma, III sec.
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I Flavi
13. Domiziano (81-96):
la persecuzione anticristiana
E’ degno di nota il fatto che, lungi dall’essere,
come comunemente si ritiene, una religione dei ceti
più umili, dei poveri e dei diseredati, il
cristianesimo al tempo di Domiziano era penetrato
anche negli strati più elevati della società.
Infatti, tra i caduti per mano dei persecutori ci fu
persino un console, Flavio Clemente, cugino
dell’imperatore e marito di Flavia Domitilla, i cui
figli erano stati individuati dallo stesso Domiziano
quali suoi successori all’impero.
La Chiesa Cattolica venera come Santi Flavio
Clemente e Flavia Domitilla, ricordandone come
dies natalias (cioè, giorno della morte)
rispettivamente il 22 giugno e il 7 maggio.
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Pomarancio: Santa Domitilla
e i santi Nereo e Achilleo (1598 ca.);
Roma, Chiesa dei SS. MM. Nereo e Achilleo
I Flavi
14. Domiziano (81-96):
la politica interna
Per altri aspetti, Domiziano si dimostrò un imperatore efficiente.
Consolidò e riorganizzò la burocrazia imperiale, strumento
indispensabile per governare un impero tanto vasto e
complesso.
Incrementò lo stipendium delle truppe, per conciliarsi il favore dei soldati.
Fu iniziatore di importanti opere pubbliche, con le quali contemporaneamente
abbellì Roma e diede lavoro ad ampie schiere di artigiani, facendo così
circolare la ricchezza.
Prese anche iniziative di stampo moralistico, come ad esempio ridurre
drasticamente la percentuale di appezzamenti di terreno coltivabili a vite,
limitando così la produzione di vino: ciò gli permetteva di presentarsi come
imperatore “tradizionalista”, sulla scia del “restauratore” per eccellenza dei
costumi romani, Augusto.
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15. Domiziano (81-96):
la politica estera
I Flavi
D’altro canto, Domiziano condusse anche alcune campagne militari,
guidando l’esercito in prima persona.
Fortunate le campagne:
in Germania, nella zona
tra il Reno e il Danubio;
e in Britannia, con le
imprese compiute da suo
suocero Agricola, magnificate nella biografia a
questi
dedicata
dallo
storico romano Tacito.
Non fortunata, invece, la
campagna contro i Daci, gli
abitanti dell’attuale Romania,
che saranno sottomessi soltanto
in seguito, da Traiano nel 106.
Domiziano morì nel 96, ucciso da una congiura. Con lui si estinse la dinastia Flavia.
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Roma
LA FINE DELLA
REPUBBLICA: 4444-23 a.C.
FINE
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Paolo A. Tuci
I “vespasiani”
Approfondimenti: I Flavi
Vespasiani è il nome comunemente attribuito
ai bagni pubblici. L’omonimo imperatore
non solo ne favorì la diffusione, ma li
sottopose anche a tassazione, il cosiddetto
vectigal urinae (tassa sulle latrine
pubbliche).
E’ nota anche la frase “pecunia non olet” (i
soldi non puzzano), con cui Vespasiano
rispose al figlio Tito a proposito della
istituzione della nuova tassa (così racconta
Svetonio, Vesp. XXIII).
Le latrine pubbliche di Ostia antica
(foto S. Bolognini)
La follonica (tintoria) di Pompei
in una cartolina d’epoca
L’urina raccolta era poi acquistata dai
fullones, ossia dai “tintori”, coloro che si
occupavano del lavaggio delle vesti: essi,
infatti, dai residui dell’urina ricavano
ammoniaca, necessaria per la concia delle
pelli e per il lavaggio degli indumenti.
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Il “colosseo”
Approfondimenti: I Flavi
Il cosiddetto “colosseo”, in realtà denominato “anfiteatro flavio”, fu costruito da Vespasiano
e poi inaugurato dal figlio Tito.
Il nome oggi comunemente
impiegato deriva dal fatto che
vicino all’anfiteatro si trovava
una statua colossale di
Nerone, alla quale poi
Vespasiano, dopo l’assassinio
del predecessore, aveva fatto
apportare alcune modifiche
per dedicarla al dio Sole.
Oggi nulla rimane di questa
statua; tuttavia, da tale
“colosso” che sorgeva nelle
immediate vicinanze, l’anfiteatro flavio ha acquisito nel
tempo il nome di “colosseo”.
L’anfiteatro flavio oggi; sopra, una moneta da 5 centesimi di euro
Com’è noto, l’anfiteatro flavio era impiegato per spettacoli
di gladiatori e di caccia, per la rievocazione di importanti
battaglie e forse anche per il martirio dei primi cristiani.
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Approfondimenti: I Flavi
Sesterzio di Vespasiano, coniato nel 71
Monetazione sulla
conquista della Giudea
Recto: testa laureata. Le prime parole
della legenda sono: IMP CAES
VESPASIAN AVG = Vespasiano
Cesare Augusto imperatore.
Verso: giudeo in atteggiamento
afflitto e giudeo prigioniero con le
mani legate dietro la schiena separati
da una palma. Legenda: IVDAEA
CAPTA, “Giudea conquistata”.
Denario di Tito coniato nel 79
Recto: testa laureata. Legenda: IMP
T CAES VESP AVG = imperatore
Tito Cesare Vespasiano Augusto.
Verso: un giudeo in ginocchio e
sopra di lui armi in trionfo.
Legenda: TR POT VIII COS VII =
nell’anno dell’ottava tribunicia
potestas e del settimo consolato.
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L’arco di Tito
Approfondimenti: I Flavi
L’arco di trionfo di Tito edificato
per la vittoria riportata sulla rivolta giudaica.
I rilievi interni dell’arco di Tito
L’arco di Tito con sullo sfondo
l’anfiteatro flavio
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Approfondimenti: I Flavi
Un particolare dell’arco di Tito
Un rilievo in una delle pareti interne
dell’arco raffigura il saccheggio di
Gerusalemme e del tempio: è
mostrata anche la trafugazione della
Menorah, il candelabro ebraico a
sette braccia.
Il rilievo sull’arco
Una ricostruzione
del medesimo rilievo
Lo stemma attuale
dello Stato di Israele:
la Menorah,
due rami d’olivo
e la scritta “Israele”.
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Approfondimenti: I Flavi
L’iscrizione dedicatoria
dell’arco di Tito
SENATVS
POPVLVSQVE·ROMANVS
DIVO·TITO·DIVI·VESPASIANI·F[ILIO]
VESPASIANO·AVGVSTO
Il senato
e il popolo romano
a Tito Vespasiano Augusto
figlio del divo Vespasiano
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Approfondimenti: I Flavi
Pompei 79 d.C.:
triumphus mortis
Il Vesuvio dal foro di Pompei
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