Il prezzo da pagare per la tragedia greca

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EUROPA
FINANZA
Il prezzo da pagare per la tragedia greca
07.07.15
Salvatore Perri
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L’austerità ha fallito, lo dice anche l’Fmi. E la dimostrazione è la Grecia. Ma se si arrivasse al default, i paesi europei sarebbero direttamente
coinvolti. La scelta è ora fra piccoli sacrifici distribuiti fra tutti gli europei o un prezzo molto alto per il popolo greco oggi e per noi domani.
Tra austerità e default
Il referendum greco sull’accordo di salvataggio è solo l’ultimo di una serie di tentativi del governo Tsipras di evitare ulteriori misure di
austerità al suo popolo. Se è una strada giusta o sbagliata, nessuno può saperlo. Alcune cose però si sanno ed è meglio dirle, prima che sia
troppo tardi.
L’austerità ha fallito. Finché a dirlo era solo una parte dell’accademia considerata a torto o ragione “eterodossa”, il tema poteva essere fonte
di discussione, ma quando uno studio in tal senso arriva direttamente dal Fondo monetario internazionale a firma Olivier Blanchard e Daniel
Leigh, si può tranquillamente prenderla come una considerazione definitiva. Le “riforme” chieste alla Grecia hanno accentuato gli effetti della
crisi, poiché una politica fatta di tagli alla spesa, senza un programma di riforme favorevoli alla ripresa, finisce per ridurre i consumi interni
proprio delle fasce sociali che consumano una porzione maggiore del proprio reddito. Di conseguenza, la riduzione del prodotto interno
lordo greco ha fatto aumentare il peso del debito in termini relativi, dinamica illustrata da Marianna Mazzucato e in atto anche per l’Italia,
che nonostante la riforma pensionistica ha visto crescere costantemente il rapporto debito/Pil negli anni seguenti l’inizio della crisi.
Il default è un’opzione? In queste ore in Grecia si avvertono i primi segni dell’eventuale insolvenza. Dalle file agli sportelli bancari, alla
carenza di farmaci nonché di tutti i beni importati in genere. Le conseguenze di diventare un debitore insolvente sono gravi e immediate, a
cominciare dall’impossibilità di avere nuove linee di credito, il che comporta immediatamente la difficoltà di approvvigionamento delle merci
importate (tra le quali le materie prime, petrolio e gas). Successivamente, vista la crisi di liquidità, senza accordo, la Grecia dovrebbe
necessariamente ricorrere a forme alternative di emissione valutaria creando, di fatto, un sistema a doppia circolazione, in cui la nuova
dracma verrebbe usata solo all’interno, mentre gli euro sarebbero usati come bene rifugio (nella più classica applicazione della legge di
Gresham, secondo cui la moneta “cattiva scaccia quella buona”).
Le conseguenze di un tale caos si estenderebbero a tutta l’Europa, attraverso i mancati pagamenti della Grecia ai paesi creditori, ma
colpirebbero prioritariamente proprio le classi meno abbienti del popolo greco. Inoltre, ogni forma di evento “destabilizzante”
provocherebbe una crisi di fiducia e minerebbe la stabilità dell’intera area, dando fiato agli attacchi dei fondi finanziari speculativi.
Chi sono i creditori della Grecia
Chi detiene il debito greco? La sua distribuzione, come ricostruita da Paolo Cardenà, vede come maggiori creditori le istituzioni
internazionali: addirittura il 60 per cento è in mano proprio all’UE (attraverso i fondi Efsf di stabilità e del fondo “salva stati” Esm), mentre
solo il 12 per cento sarebbe nelle mani dell’Fmi, in questo momento il più intransigente nei confronti della Grecia. Nell’articolo, si evidenzia
come i paesi europei siano “realmente” coinvolti nell’eventuale default (Germania, Francia e Italia con 146 miliardi al gennaio 2015) e come
questo trasferimento di proprietà del debito abbia avuto una dinamica veramente singolare: in pratica le banche private dei paesi europei
hanno scaricato sugli stati, e sulla Bce, il peso del debito greco dal 2009 a oggi.
In altre parole, il salvataggio della Grecia, anziché salvare il paese, ha legato a filo doppio il destino dei greci a quello degli altri europei.
Fosse fallita nel 2009, la Grecia avrebbe fatto fallire le banche europee, trasmettendo lo shock alle economie reali; oggi, un default di Atene
costringerebbe Italia, Francia e Germania direttamente a manovre correttive di bilancio.
Scenari inquietanti
Cosa si può fare ora? Lo scenario è inquietante, le conseguenze a breve termine di un default greco potrebbero essere pesantissime e per
questo un accordo deve essere trovato. Ma quale accordo? È impossibile prendere in considerazione l’ipotesi che siano gli stati europei a
pagare, visto che per esempio l’equilibrio dei conti pubblici italiani già così è a rischio. Dunque, un piano di salvataggio dovrebbe partire da
alcuni presupposti ineludibili:
1) La riduzione del debito, attraverso uno storno della quota degli interessi dovuti agli investitori internazionali, proprio quella che ha
autoalimentato il debito negli ultimi anni (attraverso un accordo che veda come interlocutore l’Unione Europea e non la sola Grecia);
2) La Bce dovrebbe rilevare la quota detenuta dall’Fmi, anche questo con un accordo “al ribasso” dato che, per ammissione stessa dell’Fmi,
le “riforme” imposte alla Grecia, in cambio dei prestiti, erano errate.
3) Un piano d’investimenti straordinari in Grecia, ma anche una riformulazione delle richieste, che consideri la necessità di protezione
sociale per le classi meno abbienti (andando verso una convergenza dei parametri economici anziché esclusivamente dei vincoli finanziari) in
cambio, ad esempio, delle riforme pensionistiche. Si ricordi che sono proprio Grecia e Italia i due paesi più carenti in questo senso.
È evidente che queste misure avrebbero un costo, anche in termini d’inflazione, visto che la Bce dovrebbe rompere il dogma del divieto di
politiche espansive. Allo stesso tempo si dovrebbe archiviare definitivamente il mito dell’austerità espansiva, che si è rivelata inutile e
dannosa come sottolineato più volte anche da Paul Krugman.
In conclusione, la scelta dell’Europa e della Grecia non è quella fra euro e dracma, tra Alexis Tsipras e Angela Merkel, tra democrazia e
autocrazia, quanto fra piccoli sacrifici distribuiti fra tutti i paesi europei ed enormi sacrifici per il popolo greco oggi (e per noi domani).
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In questo articolo si parla di: austerity, crisi, debito, default, euro, eurozona, Fmi, grecia
BIO DELL'AUTORE
SALVATORE PERRI
Ha un PhD in Economia Applicata (Unical) ed un MSc in Economics conseguito presso l’University of Southampton.
Le sue pubblicazioni principali riguardano il rapporto tra Finanza, Crescita e Stabilità Macroeconomica. Dal 2011
cura il suo blog “Impunito” e scrive articoli su testate nazionali ed Estere (tra cui il blog della London School of
Economics). Si occupa anche di Analisi delle Politiche economiche e Teorie Macroeconomiche. Collabora con vari
centri di ricerca in Italia ed all’estero, tra cui Basic Income Network e Idea. E' Referee per alcune giovani riviste
internazionali di Economia.
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