l`astrologia, storia di una scienza antica: dalle origini all`antico egitto

L’ASTROLOGIA, STORIA DI UNA SCIENZA
ANTICA: DALLE ORIGINI ALL’ANTICO EGITTO
di Massimiliano Gaetano
L’Astrologia (dal greco antico ἀστρολογία (astrologhía) = ἄστρον (ástron) + λόγος
(lógos), ossia “discorso sulle stelle“), è la scienza che studia la correlazione tra le posizioni
dei corpi celesti (pianeti e stelle fisse) nel cielo e gli effetti che queste producono nel mondo
sublunare. Attraverso essa, dunque, è possibile interpretare le posizioni e i movimenti dei
corpi celesti in relazione alla Terra descrivendone influssi su eventi particolari o su singoli
individui.
L’Astrologia ha un’origine antichissima
che, storicamente, risale sicuramente al II
millennio a.C. in Mesopotamia, la terra
posta fra i fiumi Tigri ed Eufrate. Infatti,
sebbene una serie di ritrovamenti
archeologici
che
presentano
una
simbologia astrale su siti ed oggetti
decorativi e d’uso comune (il “Carro del
Sole di Trundholm”, il sito di
“Stonehenge”, le “Rondelle in Baviera”, i
“Coni dorati” dell’età del bronzo e il
“Disco celeste di Nebra”) possa far
pensare che l’Europa del Neolitico e
Figura 1 - Carro del Sole di Trundholm
dell’età del bronzo sia stata caratterizzata
da determinati “culti solari” e da notevoli
interessi astronomici, tuttavia si è in presenza solo di un culto religioso connotato dagli
astri e non di vere e proprie competenze astronomiche che, in una cultura senza scrittura,
non avrebbero potuto sopravvivere attraverso tutto il primo millennio a.C.
Invece, in Mesopotamia, era stato raggiunto un livello più elevato. Nel IV millennio a.C.
essa era abitata a sud dai Sumeri che disponevano già di una cultura notevolmente
sviluppata con città-stato, canali, templi e un sistema
di scrittura proprio (quella cuneiforme).
A nord vivevano gli Accadi che, sotto il re Sargon I
(salito al trono nel 2276 a.C.), conquistarono le cittàstato sumere, adottandone contemporaneamente la
scrittura cuneiforme. Quando, intorno al 2000 a.C.
anche gli Amorrei vennero incorporati al grande regno
assiro, si sviluppò una cultura più o meno omogenea
che costituì il presupposto fondamentale per il grande
sviluppo che l’astrologia ebbe nel periodo babilonese.
Infatti, per gli antichi Romani, se l’Egitto era la terra
della magia, l’antica Babilonia era la terra culla
dell’astrologia e il termine “caldeo” divenne sinonimo
di babilonese.
Figura 2 - Disco celeste di Nebra
Il sistema religioso babilonese era politeistico
dinamico e dipendeva molto dalla comunicazione tra
esseri umani e divinità: gli esseri umani si rivolgevano alle divinità attraverso preghiere,
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rituali e sacrifici per ottenerne appoggio e protezioni; le divinità manifestavano agli uomini
il loro volere attraverso “segni” che potevano consistere sia in avvenimenti naturali (tuoni,
temporali, raccolti scarsi e simili), sia attraverso la lettura delle interiore di animali
sacrificati (aruspicina) che attraverso l’interpretazione del movimento degli astri
(astronomia-astrologia) da parte di specialisti religiosi (sacerdoti). Per poter interpretare il
movimento degli astri, i babilonesi elaborarono e svilupparono un sistema di calcolo
astronomico che gli consentiva di individuare e rilevare l’esatta posizione degli astri, al fine
di poterne interpretare il movimento. Ne consegue che l’astronomia, come disciplina
matematica, è nata come strumento ausiliario al servizio dell’Astrologia. I pianeti non
erano le divinità, ma i rappresentanti di queste divinità e, in tal senso, il Sole
rappresentava il dio Šamaš, la Luna il dio Sin, Mercurio il dio Nabû, Venere la dea Ištar,
Marte il dio Nergal, Giove il dio Marduk e Saturno il dio Ninurta.
A partire dal III millennio a.C. tra i sumeri
possono essere rinvenute tracce di una
determinazione qualitativa di giorni e mesi
(e, quindi, del tempo). Al 1500 a.C. circa
risale il c.d. “almanacco babilonese” che
suddivide l’anno solare in dodici mesi di
trenta giorni ciascuno dei quali viene data
una valutazione generica (come “fasto”
oppure “nefasto”) fino ad indicazioni concrete
di tipo pratico riguardanti tutti gli ambiti
Figura 3 - Recto della tavoletta elamica dei
della vita pubblica e privata e serviva
presagi
all’organizzazione della vita quotidiana.
L’”almanacco babilonese” conobbe una
grande diffusione e venne trascritto, ampliato e applicato anche ad altre questioni,
soprattutto in ambito religioso (ad esempio, l’”emerologia di Assur” contiene indicazioni
sull’esecuzione di azioni culturali, preghiere e riti, osservanza dei tabù e indicazione dei
giorni e delle divinità a cui presentare
un’offerta di pane). Si svilupparono le c.d.
“emerologie” consistenti in almanacchi
che concernevano un contesto pubblico e
che,
pur
non
rappresentando
un’Astrologia in senso vero e proprio,
condividono
con
questa
una
determinazione qualitativa del tempo.
Successivamente, vennero redatte grandi
raccolte che accostavano fenomeni celesti
e presagi. Tra queste raccolte la più
importante indubbiamente è l’”Enuma
Figura 4 - Enuma Anu Enlil (Frammento)
Anu-Enlil” (“Quando Anu [e] Enlil”),
costituita da 70 tavolette d’argilla (ossia:
libri), scoperta a Ninive nell’enorme biblioteca di Assurbanipal, scritta in caratteri
cuneiforme e contenente migliaia di presagi annotati che danno informazioni su quali
avvenimenti terrestri si possono verificare in corrispondenza del verificarsi di determinati
fenomeni celesti. Importante è anche la “Tavola di Venere di Ammisaduqa”, risalente al
regno di Ammisaduqa (XVII a.C.) e contenente una lista completa di tutte le levate e i
tramonti eliaci di Venere nell’arco di 21 anni. La necessità di calcolare in anticipo levate e
tramonti, punti solstiziali e simili portò alla nascita in questo periodo dell’”astrolabio”,
sotto forma di raffigurazione circolare delle stelle che durante l’anno avevano una levata
eliaca (il cerchio era diviso in dodici settori, ulteriormente suddivisi in tre parti delimitate
da cerchi concentrici; in questo modo si ottenevano trentasei settori caratterizzati con il
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nome di una stella e un numero differenziando tre gruppi:
le stelle di Ea nell’anello esterno, quelle di Anu nell’anello
centrale e quelle di Enlil in quello esterno) oppure sotto
forma di testo contenente non solo il sorgere eliaco, ma
anche le basi di calcolo dell’apparizione dei pianeti, della
durata del giorno e della notte, la levata e il tramonto della
Luna. Importanti sono le “Tavole Mul-apin” ritrovate ad
Assur e consistenti in due tavole, la prima contenente le
stelle fisse ordinate in cielo in tre sentieri e le costellazioni
attraversate dall’orbita della Luna; e la seconda
contenente informazioni sui pianeti (Sole, Luna, equinozi,
solstizi, levate e tramonti dei pianeti, Sirio, le stagioni
astronomiche, i quattro punti angolari del cielo, le tavole
gnomoniche) e presagi su stelle fisse e comete. Queste
tavole sono importanti perchè nominano le stagioni
astronomiche, suddividendo l’anno solare in dodici parti
Figura 5 - Tavola di Venere di
Ammisaduqa
di eguale lunghezza (ossia: i mesi), e per la corrispondenza
tra orbita solare e le relative costellazioni (ossia: ponendo
l’orbita solare nelle zone di Ea, Anu ed Enlil, il Sole
descrive un cerchio inclinato attraverso le costellazioni
zodiacali). Pertanto, si può affermare che già nell’VIII
(le “Tavole Mul-apin” risalgono tra l’800 ed il 686
a.C.), i Babilonesi conoscevano l’inclinazione
dell’eclittica e ne fecero derivare lo schema zodicale.
Nella Mesopotamia del I millennio a.C. gli “astrologi” o
“scribi” appartenevano alla più alta classe intellettuale
e religiosa e il loro compito era quello di interpretare i
segni celesti e terrestri. Concretamente il loro lavoro
consisteva nell’osservare attentamente il cielo ogni
notte e nell’interpretare eventuali segni attraverso la
consultazione delle copie presenti negli archivi della
grande serie di presagi contenuti nell’”Enuma AnuEnlil”, da cui si deduceva cosa fare. Rappresentando i
fenomeni celesti la volontà degli dei, in molti casi era
possibile influire sui presagi negativi con l’ausilio di
rituali adeguati. Ne consegue che non di rado gli
Figura 6 - Tavole Mul-apin
“astrologi” ricoprivano anche incarichi di tipo
sacerdotale e, quindi, erano sia scienziati che specialisti religiosi e dovevano sempre
considerare le conseguenze delle loro predizioni. Nel II millennio a.C. i loro presagi aveano
ad oggetto, principalmente, il benessere di tutto il Paese e, secondariamente, del sovrano.
Nel periodo assiro-babilonese, tale oggetto divenne il sovrano che divenne il destinatario
principale dei segni divini. Inoltre, sempre nel I millennio a.C., l’astrologia si trasformò da
pura e semplice interpretazione di presagi a disciplina di tipo matematico-predittivo;
cosicché la c.d. “astrologia classica” ebbe indubbiamente origine solo tra il periodo assirobabilonese e quello seleucide.
Molto importanti furono in Mesopotamia gli “almanacchi astronomici“, in quanto
consentono una visione verticale che cerca di cogliere sincronicità nascoste. I testi di questi
almanacchi venivano conservati negli archivi e successivamente, in occasione del
verificarsi dei segni in essi descritti, consultati da parte degli esperti con metodo empirico.
I dati astronomici contenuti in questi almanacchi erano di una precisione sbalorditiva se è
vero che lo stesso Claudio Tolomeo, il noto astronomo e astrologo vissuto nel II secolo d.C.,
utilizzò come punto di partenza per i suoi studi sui movimenti planetari l’anno 748 a.C.
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poiché “a partire da quest’epoca è arrivata fino ai nostri giorni buona parte delle antiche
osservazioni” (Syntaxis matematica, III-7).
Sempre in Mesopotamia s’incominciò ad elaborare regole di computo dei periodi dei cicli
planetari [Ad esempio: nel documento SH 135 viene spiegato che per Venere dopo otto
anni bisogna sottrarre quattro giorni alla data in cui si prevede il ritorno del pianeta; nel
documento Sp. II 985 viene attribuito a Saturno un periodo di 589 anni, a Giove uno di
344 anni, a Marte uno di 284 anni, a Venere uno di 6.400 anni ed alla Luna uno di 684
anni, calcolando il tempo di rivoluzione di ciascun pianeta e poi verificando dopo quanti
anni tale pianeta ritorna esattamente al suo punto di partenza]. Mediante il calcolo dei cicli
planetari è possibile determinare l’attuale posizione sull’asse del tempo della storia
universale ponendo l’epoca presente all’interno di un contesto più ampio.
Inoltre, al fine di dare una soluzione al problema dell’esatta collocazione dei pianeti in
cielo, nel V secolo a.C. si passò dalle costellazioni (ossia: un sistema che definiva la
posizioni dei pianeti in base alla distanza di questi rispetto le stelle fisse note) ai segni
(ossia: un sistema che suddivideva l’eclittica in dodici parti di eguale ampiezza, ciascuna di
30 gradi), con la conseguenza che a partire da questo periodo l’astrologia non utilizzò più
le costellazioni bensì i segni [Ad esempio: nella tavoletta cuneiforme BM 36746 vengono
espressamente utilizzati i nomi dei dodici segni zodiacali suddivisi schematicamente in
quattro gruppi, ciascuno di tre segni; e tale suddivisione costituì il punto di partenza per lo
sviluppo di un’elementare dottrina degli aspetti, la cui più antica testimonianza non è
costituita dall’”Isagoge” del greco Gemino, bensì ha origini mesopotamiche].
Al periodo seleucide risalgono le c.d. “effemeridi” consistenti in dettagliate registrazioni
del movimento giornaliero del Sole, della Luna e dei pianeti. Lo scopo delle “effemeridi”
era innanzitutto quello di consentire la predizione di noviluni, eclissi e congiunzioni e, più
in generale, di calcolare la posizione dei pianeti per un dato momento concreto. Ciò
consentiva la stesura di oroscopi e di fare predizioni rispetto ad avvenimenti individuali o
mondani. E, infatti, gli oroscopi babilonesi sono cronologicamente precedenti a quelli greci
ed egizi. Il più antico pervenutoci risale al 410 a.C. e l’ultimo cuneiforme è del 69 a.C.
(mentre i primi oroscopi greci risalgono al I secolo a.C.).
L’”oroscopo” [dal gr. horoskópos e dal lat. horoscopus che significa “osservare l’ora”] è un
termine che viene utilizzato per indicare le configurazioni astrali in un determinato
momento (innanzitutto, quello della nascita). Gli oroscopi babilonesi si limitavano
generalmente a nominare le posizioni dei pianeti o a interpretare in modo molto scarno le
costellazioni corrispondenti.
Nell’antico Egitto, considerato sia dai Greci che dai
Romani terra della magia e delle scienze occulte, salvo
alcune eccezioni [ad esempio: la “tomba astronomica
di Senenmut”, uomo di fiducia della regina Hatsheput,
sul cui soffitto erano riportati i mesi e le stelle più
importanti: e il “Ramesseum”, sul cui soffitto è
raffigurato Thoth come signore del calendario e della
misurazione del tempo] le testimonianze astrologiche
furono effettivamente molto esigue e risalenti al
periodo successivo al III secolo a.C., in quanto manca
la fede nell’influsso dei pianeti e delle costellazioni.
Molta importanza invece ebbe il calendario che
considerava l’anno solare costituito da 360 giorni e 5
giorni
supplementari
definiti
“epagomenali”
(particolarmente pericolosi). Secondo gli antichi Egizi,
l’anno iniziava con il sorgere eliaco della stella Sirio
Figura 7 - Tomba astronomica di
(Sothis, portatore dell’anno nuovo e dell’inondazione),
Senenmut
il quale preannunciava la piena del fiume Nilo.
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Importanti erano anche i c.d. “calendari diagonali” applicati nella parte interna dei
coperchi dei sarcofagi e che constavano di 36 colonne, a ciascuna delle quali erano aggiunti
un appellativo e i nomi di 12 stelle che corrispondono al sorgere dei relativi decani. Ogni
dieci giorni, i decani si spostano verso l’alto e in basso appare un nuovo decano conferendo
ai calendari la caratteristica rappresentazione diagonale. Nell’antico Egitto, i “decani”
erano non solo stelle o costellazioni poste vicino all’eclittica, ma anche potenze divine
(inizialmente considerate come pericolose contro le quali ci si poteva difendere con
l’ausilio di amuleti; e successivamente anche come protettrici) e, quindi, legati al concetto
di “destino” (shai). Inizialmente, essi venivano definiti “signori” o “elementi del mondo” o
esseri divini aventi anche il ruolo di “osservatori dell’ora”; successivamente, assunsero il
termine di “decani” [sulle navi del Nilo il "decano" era il soldato posto a capo di dieci
uomini] che indicavano tecnicamente una suddivisione in parti di 10 gradi della sezione
zodicale di 30 gradi in tre parti eguali. Sui “decani” si fonda anche la dottrina greca della
melotesia zodicale (ossia: della corrispondenza tra segni, pianeti e parti del corpo umano).
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