Il Circolo di Bayreuth e H. S. Chamberlain1 Le idee di Wagner hanno un’importanza particolare data l’influenza esercitata da Bayreuth non solo durante la vita del compositore, ma anche molto tempo dopo la sua morte, e dato che il circolo wagneriano, presieduto dapprima dalla moglie Cosima e poi dalla nuora Winifred, diventò per molta parte della destra tedesca simbolo di cultura. Le rappresentazioni di opere eseguite annualmente sin dal 1876 erano «festival» che davano concretezza alle sue idee astratte. L’iniziativa era sostenuta da una martellante campagna propagandistica condotta dal « Bayreuther Blatter » e anche mediante libri e opuscoli. Contemporaneamente Bayreuth proprio in quanto centro culturale divenne anche centro di idee razziste, dove i neofiti facevano atto di venerazione all’altare del sangue germanico e del mito teutonico (benché Cosima fosse per metà francese e Winifred di nascita inglese). Da giovane Richard Wagner aveva partecipato alla rivoluzione del 1848, ma col tempo si era convertito al razzismo, amareggiato verso un mondo che rifiutava di piegarsi ai suoi desideri. Richard e Cosima esaltavano la vita tranquilla e ben radicata contro quella della grande città, un contrasto che secondo loro riproduceva quello esistente tra la profondità del sentimento germanico e la minaccia dell’industrialismo. Gli ebrei rappresentavano per essi tutto ciò che si oppone al buono e al bello, e anzi una volta Richard Wagner sognò di essere ucciso da un ebreo berlinese 9. Talvolta tra coloro che simboleggiavano la razza ostile venivano inclusi anche i gesuiti, i francesi, i socialisti. Ma l’atteggiamento di Wagner verso gli ebrei fu tutt’altro che coerente: giovani musicisti ebrei come Anton Rubinstein o Karl Tausig furono accolti con favore tra i più intimi amici del circolo, Hermann Levi fu uno dei direttori d’orchestra da lui preferiti, e mecenati di Bayreuth, come l’ebreo Alfred Pringsheim, furono portati alle stelle. L’atteggiamento di Wagner era quindi dettato dall’utilità che singoli ebrei rivestivano per la sua causa, ma anche in questi casi, qualsiasi diversità di opinione, qualsiasi supposta mancanza di riguardo da parte dei suoi favoriti erano immediatamente imputate a deficienze razziali, e cioè all’irrequietezza e alla mancanza di rispetto o di cuore innate negli ebrei 10 Certo, tale ambiguità è assente negli scritti di Wagner e, per esempio, in L’ebraismo nella musica (Judentum in der Musik, 1850) egli estende il suo odio geloso nei riguardi di Jacob Meyerbeer a tutti gli ebrei — incapaci, a suo dire, di comporre musica perché privi di passione, sedotti dalle lusinghe del denaro e senza una propria vita interiore. Il sangue ebreo era considerato congenitamente incapace di scandagliare le profondità dell’anima ariana. Questi stereotipi ricomparvero ancora una volta negli scritti di Wagner quando egli entrò in rapporto con un altro supposto rivale, Felix Mendelssohn: Meyerbeer e Mendelssohn furono gli elementi catalizzatori del razzismo di Richard Wagner, che non era altro che una forma di sfogo del suo rancore verso il mondo. Dato che Cosima fu solo l’ombra del marito e Winifred la sua copia fedele, Bayreuth continuò a diffondere il mito ariano sino a dopo la seconda guerra mondiale. Tuttavia le opere di Wagner non si risolvevano tutte in rancore misto a odio nei riguardi della razza ebraica; esse cercavano anzi di prospettare quella che Wagner considerava una concezione positiva e tedesca del mondo. Egli desiderava restituire le cosiddette verità germaniche al suo popolo, che sembrava ignorarle, rifiutando così il patrimonio ereditario del proprio sangue. I tedeschi, sosteneva, sono caratterizzati da un substrato interiore mai mutato lungo i secoli, per cui antiche saghe sono espressione anche del presente. Sin dal 1848, allorché fu concepito, l’Anello del Nibelungo mise l’accento sulle libertà del Volk germanico in contrasto con l’oppressione feudale. Ogni anima individuale deve essere liberata in modo che possa ricongiungersi al Volk ed essere veramente creativa. Wagner credeva che la libera coscienza morale dell’uomo fosse guidata da divinità germaniche “, ma questa identificazione della coscienza con divinità pagane non era destinata a durare; ben presto cominciarono ad imporsi temi cristiani, legati a loro volta con il passato germanico. La progressiva conversione di Wagner al razzismo fu accompagnata da un certo fervore 1 Da George L. Mosse, Il razzismo in Europa, dalle origini all’olocausto, Mondadori, Milano, 1992. protestante, e il protestantesimo non solo lo portò a considerare di tanto in tanto i gesuiti in particolare come partecipanti alla cospirazione contro la Germania, ma gli offrì anche la possibilità di separare Cristo dalle sue origini ebraiche. Come vedremo più avanti la strada era già stata preparata dalla cosiddetta più alta esegesi biblica e molti protestanti in Germania avrebbero concordato con l’affermazione di Cosima Wagner che Cristo non era legato da alcuna parentela con il Dio ebraico, ma era un messia personale di coloro che conoscevano e donavano l’amore, cosa che l’ebreo non era in grado di fare perché privo dell’animo e del sangue adatti 12. Un cristianesimo concepito come avulso dalle sue storiche radici ebraiche e visto invece come parte integrante della missione germanica pervade numerose opere wagneriane: il peccato, il pentimento e la salvezza sono i concetti chiave sia del Lobengrin (1850) che del Parsifal. Il Lobengrin è ambientato nel Medioevo, l’« età della fede » e non, come i Nibelungbi, tra gli antichi dei; il Parsifal porta sulla scena il mito della Pasqua. Il perenne sogno della sacra rivelazione volkiscb, che Wagner ambiva a rappresentare, aveva sottomesso le antiche leggende, emendate della loro libertà pagana, a un’accettabile moralità cristiana. Lobengrin e Parsifal sono entrambi basati sul mito del Sacro Graal — il vaso in cui furono raccolte le gocce del sangue di Cristo morto sulla croce. Il « santo sangue » di Cristo, che costituisce l’elemento centrale del mito della Pasqua, è affidato alla custodia dei cavalieri germanici, ed essi lo difendono con le loro spade e la loro purezza morale. Il mito del sangue era antico, e, come vedremo, era stato utilizzato contro gli ebrei nelle accuse di omicidio rituale 13. In questo caso esso fu usato in senso positivo, per dimostrare che i germanici avevano ereditato il manto di Cristo. In effetti il Salvatore fu sradicato dalle sue storiche origini ebraiche ed affidato alla custodia della razza superiore. La mitologia della razza era stata fusa con il cristianesimo allo scopo di definire l’eterno patrimonio della nazione tedesca, la sua purezza di sangue. La salvezza della razza germanica avverrà, ci assicura Wagner, quando essa sarà diventata degna del proprio sangue, con il pentimento per i suoi peccati e la purezza morale. Ancora, il pentimento e la morte di Tannhàuser (l’opera fu eseguita per la prima volta nel 1845) erano concepiti come espiazione per i piaceri sensuali cui si era abbandonato sul Monte di Venere e la sua salvezza finale era il frutto della pia morte della casta Elisabetta. Anche Parsifal resisteva alle tentazioni della carne quando difendeva il Sacro Graal e le eroiche lotte di Sigfrido e Brunilde erano collegate con il cristianesimo sentimentale di Lohengrin, Parsifal e Tannhàuser: la moralità delle classi medie entra in scena ancora una volta a rendere i tedeschi i degni custodi del Sacro Graal. La purezza del sangue era diventata un simbolo della purezza della razza e del suo vigore e questa simbologia si diffuse ovunque: per esempio, poco tempo dopo, Martin Buber si servì della metafora del sangue per rafforzare il sentimento nazionale degli ebrei. Parlando nel 1911 a Praga a un gruppo di studenti sionisti, egli diede un’eccellente esposizione dei concetti che erano a fondamento del mito del sangue: « egli [in questo caso l’ebreo] sente la comunanza di sangue di cui è partecipe attraverso l’immortalità delle generazioni passate, la sente come sua vita precedente, come l’eterna natura della sua personalità, nell’ambito di un passato infinito... ». Il sangue è la radice e il nutrimento di ogni individuo 14. Ma in Buber questi concetti rappresentavano delle metafore che definivano la nazionalità piuttosto che la razza. Quasi nello stesso tempo in cui Buber teneva i suoi discorsi a Praga, il poeta Stefan George parlava di « luminosità del sangue » (Blutleuchte) che doveva dimostrare l’esistenza nello spirito di primordiali residui pagani 15. Ma fu Wagner che fuse tra loro con maggiore efficacia la mistica razziale e il concetto di salvezza cristiana. L’ideale razzista di Wagner (che lo portò a solidarizzare con Gobineau) 16 è esposto anche nei suoi scritti in prosa, ma erano le sue opere, secondo le sue parole, le sue « gesta » a favore della Germania; esse erano veri e propri festival, miranti a iniziare i tedeschi al sogno ariano; e una volta che avessero sognato, essi avrebbero potuto tradurre il sogno in realtà t7. Era questo un misticismo atto a procurare gioia e commozione a gente rispettabile. I festival dovevano servire per le folle, non già per i pochi che leggevano la prosa di Wagner. Le opere erano ascoltate con commozione e soprattutto attraverso la loro trama Wagner comunicava la concezione teoretica su cui esse si basavano. La giustificazione filosofica sarebbe seguita in un secondo momento e fu Houston Stewart Chamberlain a fornirla, benché anche altri, meno famosi, diedero il loro contributo. Chamberlain era un ammiratore di Wagner, pur non avendolo mai conosciuto personalmente; egli fu introdotto nel circolo wagneriano a Bayreuth per interessamento di Cosima, dopo la morte di Richard. Ciò rientrava nel costante sforzo di Cosima Wagner di attirare a Bayreuth persone di spirito e intelletto affini per rafforzare il proprio circolo: Leopold Schròder, esperto dell’India, ha descritto l’ideale non solo dei festival, ma di Bayreuth in generale scrivendo: « per la prima volta dalla loro dispersione i popoli ariani possono di nuovo riunirsi in un luogo prestabilito [cioè Bayreuth]... per essere testimoni dei loro misteri primordiali » 18. Chamberlain divenne uno di questi testimoni (come molto tempo dopo Hitler) e alla fine sposò una figlia di Wagner. Il suo famoso libro I fondamenti del XIX secolo (Die Grundlagen des XIX Jahrhunderts, 1899) è stato considerato espressione della filosofia ufficiale di Bayreuth. In realtà in nessun’altra nazione è esistito alcunché di simile al circolo wagneriano e il suo ruolo nel radicare in Germania il mistero della razza non può essere sottovalutato. Per molti tedeschi i festival di Bayreuth, la personalità di Cosima e i due volumi di Chamberlain rappresentarono l’intera cultura tedesca. Secondo Chamberlain i germani erano tenuti insieme dal loro sangue comune, ma egli credeva anche in un cristianesimo germanico in tutto simile a quello di Wagner. Tanto per cominciare, Chamberlain fondava la sua teoria su Kant che, secondo la sua interpretazione, postulava un’essenza delle cose situata al di là della ragione e dell’esperienza. Questa essenza era la « religione germanica », la quale permetteva infinite panoramiche sull’anima e serviva a tenere la scienza entro ristretti limiti ben definiti. Tale religione era secondo lui un monopolio dell’« anima razziale » ariana, un’anima che rendeva i tedeschi onesti, leali e industriosi: qui di nuovo la moralità della classe media diventa una qualità della razza germanica. Inoltre Chamberlain credeva nello stereotipo ariano e a questo riguardo accettava le misurazioni antropologiche e craniche. Ma siccome non tutti i tedeschi possedevano l’aspetto esteriore proprio degli ariani, gli sembrò più opportuno limitarsi all’anima razziale di cui essi erano effettivamente partecipi. Alla luce del tipo-ideale ariano e della sua anima razziale, Chamberlain trasformò Cristo in un profeta ariano; il suo temperamento, a suo parere, rivelava un’anima ariana dato che in lui si incarnavano l’amore, la pietà e l’onore e la sua anima era immune da ogni materialismo. Veniva anche addotto un altro argomento che si pretendeva trovasse rispondenza nei fatti, e cioè che gli ebrei non avessero mai dimorato in Galilea e che in realtà un popolo ariano vivesse nei luoghi dove era nato Cristo. Questa affermazione però ebbe un’importanza secondaria a paragone di quella relativa all’« anima razziale ariana » di Cristo. Secondo Chamberlain la razza germanica era entrata nella storia come la salvatrice dell’umanità e l’erede dei greci e dei romani. Gli ariani germanici avevano dovuto sostenere una dura lotta contro i loro nemici per realizzare la loro missione civilizzatrice, e uno di questi nemici era, a parere di Chamberlain, il cristianesimo cattolico, che aveva cercato di asservire l’anima razziale a leggi straniere inventate per primo dall’ebreo san Paolo. La riforma protestante aveva posto fine a tutto ciò e aveva liberato l’anima razziale. Il razzismo tedesco doveva sempre rifarsi a Lutero come al grande liberatore dall’oppressione straniera 19. Il vero nemico dell’ariano tuttavia era sempre considerato l’ebreo: Chamberlain vedeva negli ebrei un popolo asiatico che era entrato nella storia europea contemporaneamente ai germani e che al pari di loro era riuscito a preservare la sua purezza razziale: egli sosteneva che lo spirito ebraico era materialistico, legalistico e privo di tolleranza e moralità e ne trovava la conferma nel Vecchio Testamento. A parere di Chamberlain gli ebrei erano il diavolo e i tedeschi il popolo eletto; al di fuori di essi esisteva una mescolanza caotica di popoli, spettatori passivi della battaglia decisiva della storia; l’esito della lotta tra ariani ed ebrei avrebbe deciso se il vile spirito ebraico avrebbe trionfato sull’anima ariana, trascinando alla rovina, insieme con questa, il mondo intero. Chamberlain ha scritto che i tedeschi non hanno mai molto deviato dal loro ceppo originario, mentre gli ebrei, pur essendosi tenuti separati per secoli dai gentili, sono un miscuglio di popoli i più diversi possibili (siriani, amoriti, ittiti) e perciò un popolo bastardo. Gli ariani devono lottare contro questa razza bastarda, vero compendio di tutti i mali. La sconfitta degli ebrei non avrebbe prodotto un mutamento sociale o economico, ma una rivoluzione spirituale, in conseguenza della quale l’anima razziale ariana avrebbe dominato il mondo. Sarebbe nata una nuova cultura che avrebbe posto fine alla degenerazione presente. Lo spirito germanico avrebbe ravvivato la grande tradizione dell’arte e delle lettere che Chamberlain andava rintracciando nei secoli passati e l’esempio di uomini come Shakespeare, Michelangelo e Beethoven avrebbe dato il volto al futuro della razza. Secondo Chamberlain il trionfo dell’anima razziale apriva una prospettiva di salvezza attraverso la cultura. Chamberlain parlava di stato, ma anche in questo caso occupandosi piuttosto della sua indole razziale che non dei dettagli del suo governo. Il vero stato è per lui basato sulle libertà germaniche, alla cui origine sarebbe la Magna Charta e non il comitatus (di cui abbiamo analizzato il ruolo nelle pagine precedenti); ma l’idea basilare è sempre la stessa: i tedeschi devono vivere una vita creativa, non repressa da idee e leggi straniere. Ai problemi economici è riservato, nell’opera di Chamberlain, ben poco spazio, eccettuato un vago accenno a favore di uno stato corporativo. La parte dedicata a fatti concreti come questi è ben poca cosa se messa a confronto con quella dedicata alla religione e all’arte; risulta cioè ben chiaro che nel pensiero di Chamberlain riveste maggiore importanza il mistero della razza. Il misticismo razziale culminava in una vasta critica della cultura, in contrasto con i biologi razziali che proponevano progetti pratici di eugenetica e miglioramento della razza. Mentre gli scienziati della razza avevano concentrato il loro interesse esclusivamente sulla sterilizzazione come aspetto dell’eugenetica, in Chamberlain la lotta tra ariani ed ebrei è vista come una lotta all’ultimo sangue tra razza creativa e razza non creativa. Arte e religione sono viste come rimedio contro il pervertimento del mito in materia. Il misticismo razziale postulava una guerra razziale, un combattimento sino in fondo tra due principi di vita. Esso era una religione che non ammetteva alcun compromesso, perché credeva che la fede, che avrebbe portato alla salvezza, dovesse ardere luminosa e pura. Se da una parte il pensiero di Chamberlain esercitò una vasta influenza su tutta la destra tedesca, Hitler invece non ne fu personalmente molto influenzato; egli anzi criticava l’opinione di Chamberlain che il cristianesimo potesse avere una qualche realtà spirituale, proprio come religione ariana. Ma quando Chamberlain incontrò Hitler a Bayreuth nel 1923, ne rimase molto colpito e scrisse che ci si trovava di fronte a un uomo animato da un coraggio analogo a quello di Martin Lutero. L’anziano scrittore mori nel 1927, con la sicura convinzione di aver trovato il profeta che avrebbe guidato gli ariani alla vittoria 20. * le note sono state soppresse