storia medioevale

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MATERIE UMANISTICHE
il sapere in una settimana
STORIA
MEDIOEVALE
DALLA CADUTA
ADUTA DELLIMPERO
DELL’IMPERO
ROMANOO ALLE SCOPERTE
FICHE
GEOGRAFICHE
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SIMONE
EDIZIONI
Gruppo Editoriale Simone
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:
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Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.it
ove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati
Testo a cura di Magda De Notariis
Finito di stampare nel mese di novembre 2008
dall’Officina Grafica Iride - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)
per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - (Na)
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
PREMESSA
Questo volumetto traccia un quadro sintetico ma esauriente della storia
medioevale attraverso un percorso che va dalla caduta dell’impero romano
d’Occidente alle scoperte geografiche di fine Quattrocento che segnano convenzionalmente il passaggio dal Medioevo all’epoca rinascimentale.
In linea con gli orientamenti più avanzati della ricerca storica, il testo
offre non soltanto un panorama evenenziale della storia, ma si sofferma
anche sugli aspetti legati alla cultura, alla vita sociale ed economica, all’evoluzione degli ordinamenti delle diverse realtà territoriali che caratterizzano l’Europa dell’Età di mezzo.
La trattazione, condotta con un linguaggio semplice e puntuale, si avvale di strumenti che consentono al lettore di fissare meglio le coordinate spazio-temporali degli avvenimenti narrati: oltre ad essere talvolta corredato di
cartine che illustrano l’assetto territoriale di riferimento, ciascun capitolo si
chiude con una tavola cronologica e un glossario dei termini specifici citati
nel testo.
Il volume si propone, dunque, come un valido sussidio per un apprendimento rapido ed efficace, e va incontro alle esigenze sia degli studenti universitari sia di quanti si accingono ad affrontare esami e concorsi in cui sia
prevista una prova di storia medioevale.
CAPITOLO PRIMO
IL DECLINO DELL’IMPERO D’OCCIDENTE
E I REGNI ROMANO-BARBARICI
Sommario: 1. Le cause della crisi dell’impero romano. - 2. La divisione dell’Impero.
- 3. Le migrazioni di popoli nel IV e V secolo d.C. - 4. I regni romano-barbarici.
1. LE CAUSE DELLA CRISI DELL’IMPERO ROMANO
La causa principale della caduta dell’impero romano, come ormai concordano tutti gli storici, non furono le invasioni barbariche, poiché la crisi
della potenza romana non può essere attribuita ad un’unica causa, ma a una
molteplicità di fattori: l’eccessiva burocrazia del sistema amministrativo, la
scomparsa dei ceti medi della società, la forza disgregante del cristianesimo, la crisi dell’economia schiavistica, l’estensione del latifondo a scapito
della piccola proprietà e altri ancora. Il crollo dell’impero romano, in realtà,
non fu un avvenimento circoscritto nel tempo, ma un processo che si svolse
nell’arco di trecento anni.
Una grande civiltà come quella di Roma non avrebbe potuto essere vinta dall’esterno, se
prima non avesse lentamente maturato all’interno le cause della propria debolezza. Le incursioni dei barbari e il secolare sfruttamento delle risorse minerarie rendevano difficile il rifornimento dei metalli preziosi; il disordine amministrativo, la cattiva manutenzione di strade e di
canali di irrigazione avevano impoverito l’agricoltura e i commerci. I fattori biologici furono
ancora più decisivi. Il declino demografico, avvertito già ai tempi di Adriano, lasciava dei vuoti
nelle legioni a cui gli imperatori cercavano di rimediare arruolando barbari, schiavi, gladiatori,
spesso anche criminali. Il calo demografico era dovuto in parte alla limitazione delle nascite,
praticata prima solo dalle classi elevate ed estesa poi ai ceti più poveri, in parte alle stragi
operate dalle epidemie, dalle guerre e dalle distruzioni.
Nel V secolo, dunque, le legioni di Roma non erano più eserciti romani,
ma erano composte in gran parte di barbari che combattevano non per difendere la patria, ma per il soldo e per il saccheggio e attaccavano e depredavano le città dell’impero con maggior entusiasmo di quello che dimostravano nell’affrontare il nemico.
Tra il III e il IV secolo il limes, il confine fortificato, non è più in grado
di garantire il territorio dell’impero dalle invasioni barbariche. Spesso, pe-
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Capitolo Primo
raltro, non si tratta di invasioni manu militari, ma di migrazioni di popoli
provenienti da nord e da est che gli stessi imperatori romani accolgono talvolta in qualità di foederati; cosicché intere tribù vengono a trovarsi politicamente soggette a un prefetto romano, a pagare le tasse e a fornire uomini
per le legioni (in quantità così massicce che si parla di «barbarizzazione
delle legioni»), ma per il resto sono libere di conservare i propri modi di
vita, in primis la lingua e la religione.
I tentativi degli imperatori Diocleziano (fine III secolo) e Costantino
(primi decenni del IV secolo) di ristabilire l’autorità dell’imperatore e arrestare la decadenza economica del regno, in realtà non fanno che accelerare il processo di separazione tra la parte occidentale e quella orientale. Quest’ultima, più solida e prospera, riuscirà a sopravvivere, tra vicende alterne, fino al 1453, quando la capitale Costantinopoli cadrà nelle
mani dei Turchi. Del resto, già nel 330 Costantino promuove Bisanzio
(che proprio da allora sarà chiamata in suo onore Costantinopoli) al rango
di capitale di un impero ancora «unitario», ma in cui già le regioni orientali hanno assunto un ruolo sempre più importante rispetto a Roma e all’Occidente. La divisione del potere rompe l’unità amministrativa e l’impero, diventato troppo vasto da governare per i suoi sovrani o da difendere
per i suoi eserciti, comincia a disgregarsi a partire dai confini: abbandonate a se stesse nella difesa contro i Germani e gli Scoti, la Gallia e la Britannia sono governate da generali praticamente indipendenti dal potere centrale, mentre la Spagna e l’Africa si arrendono senza quasi resistere ai
barbari invasori.
2. LA DIVISIONE DELL’IMPERO
Il processo di separazione tra Impero d’Oriente e Impero d’Occidente si
attua completamente alla morte di Teodosio (395): il figlio Arcadio diventa
imperatore d’Oriente e Onorio sovrano dell’impero d’Occidente.
Le due partis non saranno più riunite sotto un’unica persona, e in quella
orientale si accentuerà il carattere ellenico, tanto che, dopo il 476, all’Impero romano d’Oriente di «romano» non resterà neanche il nome: la sua nuova denominazione, Impero bizantino, richiama il nome «preromano» della
capitale Costantinopoli (Bisanzio).
Intanto, mentre a Bisanzio-Costantinopoli si torna a parlare greco, in
Occidente la calata degli Unni provenienti dall’Asia spinge le popolazioni
Il declino dell’impero d’Occidente e i regni romano-barbarici
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germaniche stanziate ai confini settentrionali a riversarsi nel territorio dell’Impero, non più in maniera pacifica e ordinata, come stava avvenendo dal
IV secolo, ma in modo incontrollato e soprattutto con la forza delle armi. La
frantumazione dell’istituzione imperiale che ne consegue dà vita ai regni
romano-barbarici. La graduale ma efficace integrazione dei barbari (si pensi che esponenti di origine barbarica avevano raggiunto i vertici delle gerarchie militari e politiche dell’Impero: lo stesso Odoacre, il capo germanico
che depone l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augusto, aveva combattuto come ufficiale «romano») subisce, così, una brusca frenata. Ma, come
era accaduto ai Romani dopo la conquista della Grecia, i nuovi dominatori,
riconoscendo ai vinti una civiltà superiore alla loro, ne acquisiranno presto
o tardi gli elementi, fondendoli con quelli aviti.
3. LE MIGRAZIONI DI POPOLI NEL IV E V SECOLO D.C.
I Germani sono un insieme di popolazioni di origine indoeuropea, provenienti dalle foreste dell’Europa nordorientale e della Scandinavia, un’area
geografica ostile e poco ospitale. Prive di unità politica, queste popolazioni
sono tendenzialmente nomadi, praticano un’agricoltura itinerante e, spinti
dalla ricerca di terre più fertili, si spostano in due direzioni: alcune tribù
verso i territori dei fiumi Reno, Danubio e Vistola e altre verso le regioni
ucraine a nord del mar Nero. Questa differente espansione comporta un’evoluzione sociale e culturale diversa. Infatti, le tribù che si spingono nell’area
a nord del mar Nero sono assimilate dai popoli nomadi di lingua ariana;
quelle che si dirigono verso le terre dell’Europa centrale si stabilizzano sul
territorio più velocemente e passano da un’economia primitiva a forme più
evolute di agricoltura e di commercio.
I primi contatti tra Romani e Germani risalgono alla conquista della
Gallia, nel I secolo a.C., e alle vittorie Mario sui Cimbri e i Teutoni nel 102
e nel 101 a.C. Dopo la sconfitta subita dalle legioni romane nella selva di
Teutoburgo, nel 9 d.C., il confine dell’impero romano è fissato a nord del
Danubio e ad est del Reno.
Rispetto ai loro antenati, le popolazioni germaniche che vivono a ridosso dell’impero romano raggiungono un certo grado di evoluzione. Tuttavia, le strutture della società barbarica non possono essere equiparate a
quelle romane o greche. Infatti la stessa denominazione di barbari con cui
i Romani (e i popoli romanizzati) definiscono le popolazioni germaniche
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Capitolo Primo
indica il basso livello di considerazione di cui gode la loro cultura e la loro
civiltà: allo stesso modo, prima dei Romani, i Greci chiamavano barbari i
non greci.
Il nucleo fondamentale della società germanica è la sippe, corrispondente alla gens latina, cioè un insieme di famiglie consanguinee, la cui vita
si sviluppa intorno a terre di proprietà comune. Presso i popoli germanici,
infatti, non esiste la proprietà privata, ma i campi coltivati, le foreste e i
pascoli appartengono alla collettività. L’economia è improntata al baratto e
all’autarchia: ogni sippe è autosufficiente e produce il necessario per la
sopravvivenza. Un insieme di sippe forma una tribù (gau), che, unita ad
altre tribù, costituisce un embrione di popolo, accomunato da un primitivo
sentimento nazionale, dal culto delle stesse divinità e dalla solidarietà in
caso di aggressione da parte di un nemico esterno.
Privi di ogni concetto di Stato, i Germani, non hanno leggi scritte né
tribunali per amministrare la giustizia, considerata inizialmente un affare
privato da regolarsi fra le persone direttamente interessate, che sono autorizzate a esercitare la faida. Successivamente, è introdotto l’uso dell’indennità pecuniaria, il guidrigildo.
A sostegno delle loro ragioni i litiganti possono portare delle prove o
sottoporsi al giudizio di Dio (ordalia). Restare incolumi dopo aver superato
una barriera di fuoco o aver immerso un arto nell’acqua bollente è l’unica
prova inconfutabile a favore di chi a essa si sottopone.
Le loro divinità rappresentano la personificazione di forze naturali ed
esaltano i valori guerreschi. A capo di tutte le divinità c’è Wotan (Odino), il
dio dei combattenti, il quale accoglie gli eroi morti in battaglia nel suo regno, il Walhalla, nel quale vengono guidati dalle valchirie (vergini guerriere di straordinaria bellezza).
In realtà, quando i Germani vengono a contatto con il mondo romano, si
sono già convertiti all’arianesimo, l’eresia sostenuta da Ario, un prete alessandrino.
All’interno della società barbarica solo i guerrieri, gli arimanni, sono
uomini liberi; gli altri sono semiliberi, aldii, o schiavi. In caso di guerra, i
combattenti si riuniscono per eleggere un capo, il koenig. In seguito, il capo
militare diventa anche capo politico, sempre eletto (dai «liberi» prima, dai
«grandi» poi). Il principio di successione ereditaria al trono si affermerà
solo più tardi. Gli arimanni e il koenig hanno un seguito di armati, gli adalingi, legati al loro capo da un giuramento di fedeltà personale.
Il declino dell’impero d’Occidente e i regni romano-barbarici
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A partire dal 341, gli imperatori si preoccupano di convertire i Goti e
assegnano al vescovo Ulfila questa missione religiosa e politica.
Ulfila traduce in lingua gotica, con un alfabeto da lui stesso creato, la
Bibbia, secondo l’interpretazione ariana che trova consensi anche presso gli
imperatori orientali. Così i goti sono i primi a convertirsi; dopo di loro tutti
gli altri popoli germanici abbracciano il cristianesimo ariano.
I contatti tra i Romani e i barbari attraversano tre fasi:
— nel III secolo si verificano le prime invasioni, dirette contro le città e
caratterizzate da razzie e saccheggi;
— nel IV secolo, invece, la penetrazione dei barbari è pacifica per cui, più
che di invasioni, si deve parlare di popoli che si spostano dai paesi del
nord verso le ricche regioni mediterranee;
— nel V secolo, infine, si rompe l’equilibrio creatosi all’interno del limes
dell’impero, perché le popolazioni stanziate tra il Reno e il Danubio
sono sospinte verso occidente e verso sud da una nuova ondata di invasori provenienti dall’Asia, gli Unni.
La caduta dell’impero romano viene affrettata dall’espansione degli
Hsiung-nu (Unni) nell’Asia nord-occidentale. Sconfitti nella loro avanzata verso oriente dagli eserciti cinesi e dalla Grande Muraglia, gli Unni
si volgono a ovest e verso il 355 raggiungono il Volga. La loro pressione
costringe i Sarmati della Russia a muovere verso i Balcani. I Goti che
occupano queste terre si spostano a loro volta verso le frontiere romane
e alla fine del IV secolo si stanziano in Scizia, sulle rive del mar Nero.
Angariati qui dai generali romani, si ribellano e nel 378 sconfiggono un
grande esercito romano ad Adrianopoli, arrivando a minacciare Costantinopoli.
4. I REGNI ROMANO-BARBARICI
Tra i popoli barbarici che nel corso del V secolo si stanziano nell’Europa occidentale bisogna distinguere due gruppi che daranno vita a un differente processo di fusione con le popolazioni residenti.
Il primo gruppo, composto da Franchi, Sassoni, Alamanni, Bavari, si
stanzia nella Gallia centro-settentrionale, in Britannia e nell’area compresa
tra il Reno e le Alpi. Questi popoli, che travolgono città e villaggi costringendo i ricchi proprietari terrieri romani a rifugiarsi nella Gallia meridiona-
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Capitolo Primo
le o nella penisola italica, sono meno civilizzati rispetto agli altri popoli
barbarici, e sono essenzialmente agricoltori di religione pagana.
L’altro gruppo, composto da Visigoti, Vandali, Burgundi, Ostrogoti,
occupa la Gallia meridionale, l’Italia, la Spagna e l’Africa settentrionale,
con modalità in parte diverse rispetto al primo nucleo germanico. Infatti
queste popolazioni, pur portando distruzione e morte, non si pongono in
aperto conflitto con la civiltà romano-latina preesistente. A differenza dei
barbari del nord, questi sono già da tempo cristianizzati e conoscono e apprezzano la civiltà romana.
La differenziazione fin qui descritta è necessaria per comprendere la struttura politico-amministrativa dei regni romano-barbarici sorti sui territori dell’antico impero romano d’Occidente. I regni germanici occidentali, quelli anglosassoni e il regno franco avranno, infatti, una vita più lunga rispetto ai regni germanici costituiti in prossimità del Mediterraneo. Nei primi l’elemento germanico
avrà un’incidenza molto più profonda, perché più debole è stato il processo di
romanizzazione. Nei secondi, invece, prevarrà una latente instabilità politica,
dovuta in parte al laborioso processo di fusione tra barbari e romani.
Nonostante le differenti vicende storiche vissute dalle singole entità politico-territoriali, si possono enucleare alcune caratteristiche comuni ai regni romano-barbarici.
Già nella stessa definizione di regni romano-barbarici è insita una contraddizione caratterizzante tutti questi nuovi Stati. Infatti, romane sono le
leggi, le istituzioni, l’organizzazione statale; barbari restano i costumi dei
dominatori, che sono soprattutto guerrieri.
Anche la duplice funzione dei sovrani appare contraddittoria: sono re
dei loro popoli e reggenti di quella parte di territorio romano conquistato e
abitato da popolazioni indigene. Per questo motivo, una volta esauritasi l’ondata offensiva, i sovrani germanici cercano di ottenere dall’imperatore
d’Oriente il riconoscimento giuridico della loro presenza, che l’imperatore
concede con una certa facilità, anche in vista di una proficua alleanza politica e militare. Tale riconoscimento ha un’implicazione fondamentale: i proprietari terrieri romani devono cedere parte delle loro terre ai nuovi venuti.
La fusione tra l’elemento romano e l’elemento germanico è alquanto
lenta per la persistenza di motivi di differenziazione:
— campo religioso si scontrano il cristianesimo ariano (in alcuni casi, addirittura il paganesimo) e il cattolicesimo;
Il declino dell’impero d’Occidente e i regni romano-barbarici
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— in campo giuridico, alla visione morale e politica del diritto romano si
contrappone una concezione privata, legata alla vendetta personale;
— in campo economico, si oppongono un sistema incentrato sulla proprietà privata e sul commercio e un’economia di tipo collettivistico, prevalentemente agricola e di sussistenza.
Tuttavia, i barbari si accostano al mondo latino con una certa deferenza,
dovuta al riconoscimento della superiorità culturale dei Romani. Benché richieda tempo, dunque, la fusione tra romani e barbari è un processo ineluttabile.
All’inizio l’avvicinamento dei germani alla «romanità» è meramente formale: i
nuovi governanti si adornano dei vecchi abiti dell’impero, ma con il tempo Roma
dimostra di essere ancora culturalmente viva, e i barbari si «romanizzano» non
più solo esteriormente, bensì acquisendo gli elementi e la pratica del diritto romano. Un importante mezzo di fusione tra le due civiltà è costituito dalla conversione religiosa dei sovrani barbari, e quindi dei loro popoli. La progressiva
cristianizzazione comporta anche la crescente influenza della Chiesa di Roma,
che tende sempre più a estendere la propria autorità oltre i confini «spirituali».
Alla fine del V secolo, nell’Europa occidentale si sono costituiti vari regni
romano- barbarici che avranno, a seconda dei casi, una vita più o meno lunga.
A) Regno dei Vandali
Il primo a costituirsi è il regno dei Vandali, passati dalla penisola iberica
sulle sponde dell’Africa settentrionale, nel territorio compreso tra il Marocco e
la Tripolitania. Il loro re, Genserico, autore del sacco di Roma del 455, stabilisce che la successione al trono spetti al più anziano della famiglia regnante.
I Vandali si dedicano alla pirateria e per circa un secolo riescono a controllare il bacino occidentale del Mediterraneo. Non instaurano mai rapporti
di collaborazione con i romani, anche perché non rinunciano all’arianesimo. Nel 533 sono sopraffatti da una controffensiva dell’impero d’Oriente
condotta per volontà dell’imperatore Giustiniano e, deportati come soldati e
schiavi nelle province orientali, finiscono per fondersi con i Bizantini.
B) Regno dei Visigoti
I Visigoti, dopo aver invano attaccato l’Italia, si stanziano nella Gallia
meridionale e in Spagna.
Nel 507 vengono sconfitti dai Franchi e costretti a cedere l’Aquitania.
Circa quarant’anni dopo, tra il 550 e il 554, consegnano ai Bizantini la parte
meridionale della Spagna.
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Capitolo Primo
Una svolta decisiva nei rapporti tra l’elemento romano-ispanico e quello
germanico-visigoto è la conversione al cattolicesimo decisa dal re Recaredo tra il 587 e il 589
I Visigoti diventano il braccio destro della Chiesa cattolica partecipando
anche ad una serie di persecuzioni contro gli Ebrei, che costituiscono una
forte minoranza etnica e religiosa in Spagna. La loro potenza decade agli
inizi dell’VIII secolo, in seguito all’invasione araba.
La lex wisighothorum (ca. 654) introduce i primi elementi del principio
di territorialità della legge.
C) Regno dei Burgundi
Esteso tra la Savoia e la Valle del Rodano e al confine con il regno dei
Visigoti, il regno ha vita molto breve, in quanto i Burgundi vengono assorbiti nel 533 dal più potente regno dei Franchi. La popolazione perde subito
la sua individualità, romanizzandosi e convertendosi al cattolicesimo.
D) Regno degli Anglosassoni
Si è sovrapposto in Britannia, alla precedente civiltà celtica, annullandola quasi del tutto. Unici tra i popoli germanici, gli Anglosassoni non cercano la legittimazione presso l’imperatore di Bisanzio, né adottano il latino
nei loro atti ufficiali. Solo alla fine del VI secolo la Chiesa riuscirà a riallacciare i rapporti tra l’Europa continentale e la Britannia.
E) Regno dei Franchi
Più complessa è la storia del regno dei Franchi, che occupano nel V
secolo la Gallia nordorientale. I Franchi compaiono nella storia intorno al
240, quando l’imperatore Aurelio li sconfigge presso Magonza. Nel V secolo si stanziano nella valle del Reno dove estendono il loro dominio da Aquisgrana a Metz. Il primo re franco di cui si conosce il nome è Clodio, che
viene sconfitto da Ezio ma riesce a occupare la Gallia occidentale. Il suo
successore, Meroveo, dà il nome alla dinastia merovingia che governerà i
Franchi fino al 751. Il nipote Clodoveo eredita il regno, sconfigge i Visigoti
che occupano la Gallia e trasferisce la capitale a Parigi. Sposa una cristiana,
Clotilde, e si converte al cristianesimo. Clodoveo muore a quarantacinque
anni lasciando il regno è diviso tra i suoi quattro figli, com’è usanza presso
tutti i sovrani barbarici, i quali considerano lo Stato una proprietà privata da
dividere tra i figli maschi. I domini territoriali dei Franchi vengono così
divisi nei regni di Austrasia e Neustria e nei ducati di Borgogna e Aquitania.
Il declino dell’impero d’Occidente e i regni romano-barbarici
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I re merovingi non esercitano un potere assoluto, per cui il loro prestigio
è offuscato dai maggiordomi o maestri di palazzo, amministratori delle
proprietà terriere reali.
Verso la metà del VII secolo l’unità territoriale è riconquistata grazie ai
maggiordomi di Austrasia, Pipino il Vecchio prima e Pipino di Héristal dopo,
che sconfiggono gli avversari della Neustria.
F) Regno degli Ostrogoti
Quando, alla morte di Attila, il suo impero crolla, gli Ostrogoti riconquistano l’indipendenza e diventano alleati degli imperatori bizantini che danno loro forti somme perché respingano altri barbari verso occidente. Li ricompensano inoltre con il territorio della Pannonia e, come garanzia della
fedeltà degli Ostrogoti, trattengono a Bisanzio Teodorico, il figlio del re.
Teodorico trascorre undici anni alla corte bizantina, dove apprende l’arte
della guerra e del governo. L’imperatore Zenone, temendo che gli Ostrogoti
possano a lungo andare diventare una minaccia, nomina Teodorico patricius dell’impero e gli propone la conquista dell’Italia.
Tra il 476 e il 489 l’Italia è governata da Odoacre, che pur servendosi di
personale amministrativo romano e collaborando con la Chiesa di Roma,
non riesce a creare una forma stabile di monarchia. È facile, allora, per
Teodorico sconfiggere e uccidere Odoacre. Dal 493 al 534 l’Italia diventa
un regno romano-barbarico con capitale Ravenna.
In politica interna, Teodorico collabora strettamente con la classe dirigente romano-latina e sceglie uomini di cultura e di prestigio per amministrare lo Stato: lo storico Cassiodoro cura la corrispondenza ufficiale in qualità
di segretario del re e i filosofi Simmaco e Severino Boezio sono investiti
della carica di consoli.
Teodorico cerca di instaurare una convivenza pacifica all’interno della
penisola, garantendo lo stesso grado di libertà a Romani e Goti. Tuttavia
proibisce i matrimoni misti, si oppone al fatto che i Goti imparino il latino e
frequentino le scuole romane, difende l’arianesimo. Contemporaneamente
tollera il cattolicesimo professato dai romani, tratta con rispetto l’aristocrazia fondiaria e consente che il diritto romano regoli i rapporti tra i latini. A
tal proposito va notato che l’Editto di Teodorico (che però gli storici propendono ad attribuire a Teodorico II re dei Visigoti anziché al re ostrogoto)
insiste sul principio dell’uguaglianza dei sudditi sia Goti che Romani di
fronte alla legge (principio di territorialità della legge).
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Capitolo Primo
In politica estera Teodorico, temendo un attacco da parte dei Bizantini,
che pure gli avevano consentito di occupare l’Italia, cerca la solidarietà e
l’alleanza degli altri regni romano-barbarici. A tal fine sposa la sorella del
re franco Clodoveo ed è l’ispiratore di una federazione germanica in grado
di opporsi all’espansionismo bizantino.
Negli ultimi anni di vita, Teodorico deve constatare il fallimento dei
suoi piani; ciò determina un mutamento politico nei confronti dell’elemento romano. Preoccupato dalla politica aggressiva dell’imperatore d’Oriente,
che ambisce a riconquistare l’Occidente avvalendosi dell’alleanza con il
papa, Teodorico inizia a perseguitare i suoi stessi collaboratori, facendoli
giustiziare e arrivando a imprigionare perfino il papa, Giovanni I.
Il re ostrogoto muore nel 526, raccomandando alla figlia Amalasunta
reggente per il nipote Atolorico, di riprendere l’antico programma di pacificazione tra il suo popolo e i Romani.
I regni romano-barbarici
Il declino dell’impero d’Occidente e i regni romano-barbarici
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Glossario
Romanizzazione: il processo di integrazione subito dalle popolazioni soggiogate ai Romani, dai quali ricevevano nuove leggi, riti e costumi che, spesso, non cancellavano le
antiche usanze e tradizioni religiose locali, ma semplicemente vi si sovrapponevano adattandosi a ciò che era in contrasto con le leggi e gli usi di Roma.
Arianesimo: dottrina cristologica elaborata da Ario e condannata al primo concilio di Nicea. Sostenendo l’inferiorità della natura divina del Logos rispetto a quella di Dio, riteneva
che il Verbo di Dio fosse stato creato in seguito, contraddicendo l’idea della Trinità maturata attorno agli scritti di Tertulliano. Ario non negava la Trinità ma subordinava il Figlio al
Padre, negandone la consustanzialità che sarà poi formulata nel concilio di Nicea (325) nel
famoso credo niceno-costantinopolitano. Per Ario, quindi, Cristo non era identificabile con
Dio stesso, ma era una specie di semidio. Fino al VII secolo i Germani cristianizzati furono
i maggiori seguaci dell’arianesimo. In seguito aderirono diffusamente all’arianesimo Visigoti, Ostrogoti e Longobardi.
Tavola cronologica
455:
476:
476-489:
478:
482-511:
488:
493:
493-534:
507:
526:
527-565:
533:
535-553:
587-589:
Sacco di Roma ad opera dei Vandali.
Fine dell’Impero Romano d’Occidente.
L’Italia è governata da Odoacre.
I Goti si stanziano in Scizia, sulle rive del mar Nero.
Regno di Clodoveo.
Inizia la marcia dei Goti verso Occidente.
Teodorico conquista Ravenna.
L’Italia diventa un regno romano-barbarico con capitale Ravenna.
I Franchi sconfiggono i Visigoti.
Morte di Teodorico.
Impero di Giustiniano.
I bizantini sconfiggono i Vandali.
Guerra greco-gotica.
Conversione al cattolicesimo dei Visigoti.
CAPITOLO SECONDO
L’IMPERO D’ORIENTE
Sommario: 1. I motivi della sopravvivenza dell’impero d’Oriente. - 2. I conflitti nell’impero d’Oriente. - 3. Giustiniano e la restaurazione dell’Impero. - 4. L’Italia bizantina. - 5. La Chiesa e le eresie.
1. I MOTIVI DELLA SOPRAVVIVENZA DELL’IMPERO
D’ORIENTE
Dopo il 476, mentre l’impero d’Occidente crolla definitivamente, la parte
orientale dell’impero romano conserva una sua autonomia e una vitalità che
le consentiranno di sopravvivere fino al 1453, anno dell’occupazione turca
di Costantinopoli.
All’inizio del III secolo anche l’area orientale è sconvolta dagli stessi
problemi che attanagliano l’Occidente: guerre civili, incursioni barbariche,
crisi economico-sociale, epidemie. Nel corso del IV e del V secolo, in Oriente
si riesce a scongiurare il pericolo delle invasioni e si gettano le basi per una
rinascita duratura.
Vari fattori contribuiscono alla sopravvivenza dell’impero d’Oriente.
A) La stabilità economica
L’impero d’Oriente comprende alcune tra le province romane più ricche,
come l’Egitto, la Siria, l’Asia Minore. Tramite queste regioni, Costantinopoli
instaura frequenti scambi commerciali con la Mesopotamia, l’India e la Cina
che incrementano la lavorazione dei metalli, dell’avorio, della ceramica e l’industria serica. Dall’Estremo Oriente, invece, le carovane trasportano spezie,
pietre preziose, derrate alimentari, schiavi, pellicce. La presenza di numerosi
porti, come quelli di Costantinopoli, Smirne, Antiochia, Alessandria d’Egitto,
e di una fitta rete stradale e fluviale favorisce il traffico commerciale.
Allo sviluppo commerciale è legata la diffusione della moneta aurea, il
solidus aureus, di circa 4,5 grammi. A differenza della parte occidentale
dell’Europa, coinvolta in un’irreversibile crisi monetaria, l’impero bizantino riesce a controllare ogni processo di degrado e di svalutazione della
L’Impero d’Oriente
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moneta, anche dopo la crisi provocata dall’espansione dell’Islam tra il VII e
l’VIII secolo.
Anche l’agricoltura è fiorente nei territori dell’impero. Oltre che delle
risorse naturali, si avvale infatti di ritrovati tecnici che migliorano la qualità
del lavoro: l’aratro dal vomere di ferro, il mulino ad acqua e il collare pettorale rigido per gli animali del lavoro.
B) Il dirigismo teocratico
L’imperatore, secondo una tradizione orientale, esercita un’autorità assoluta e accentra nelle sue mani tutti i poteri civili e militari. Oltre a essere
un capo politico, è anche il capo religioso dello Stato, nella veste di rappresentante di Dio sulla terra. Egli è un basileus e per questo motivo ha la
parola definitiva sull’elezione del patriarca di Costantinopoli, interviene nella
definizione dei dogmi e si adopera per imporli ai sudditi. Questa osmosi di
potere politico e potere religioso dà inizio al cesaropapismo cioè quella
concezione secondo cui l’autorità statale è superiore a quella religiosa, in
base alla quale l’imperatore può intervenire nella vita interna della Chiesa.
C) La centralizzazione del potere
La forza dell’imperatore non consiste solo nella sacralizzazione della
sua funzione, ma anche nella centralizzazione amministrativa. A lui fa capo
una folta schiera di funzionari, ministri, dignitari del palazzo reale, amministratori, esattori delle imposte, corrieri e ispettori provinciali. Tutti insieme
formano la burocrazia, che consente all’imperatore, tramite i funzionari, di
esercitare il controllo diretto dei territori posti sotto la sua giurisdizione.
D) La solidità difensiva
La difesa dell’impero bizantino è affidata a una flotta e a un esercito
molto efficienti. La flotta consente a Bisanzio di mantenere il controllo sul
mar Mediterraneo e sul mar Rosso; l’esercito si avvale delle moderne innovazioni nell’arte della guerra e sfrutta un nuovo corpo, la cavalleria pesante
corazzata, già in uso presso i Persiani.
2. I CONFLITTI NELL’IMPERO D’ORIENTE
A) Le eresie
Tuttavia, non mancano, all’interno dell’impero bizantino, motivi di debolezza che avranno peso nella storia successiva, come le eresie monofisita
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Capitolo Secondo
e nestoriana che minano l’unità religiosa e politica dell’impero. Proprio la
presenza di queste forze disgreganti costituisce un costante pericolo per la
stabilità della compagine statale. Infatti, la diffusione in Siria e in Egitto
dell’eresia monofisita accentua la tendenza separatista di queste due province. Ciò spiega l’atteggiamento conciliante, assunto soprattutto da Giustiniano, nei confronti di questo movimento ereticale: la Siria e l’Egitto costituiscono infatti un serbatoio economico di rilevante importanza nell’ambito dell’impero, per cui non possono essere perseguitate aspramente.
B) La guerra contro i Persiani
Scongiurata la minaccia delle invasioni dei popoli germanici che, dopo
la battaglia di Adrianopoli (378), dirottano i loro interessi verso l’Europa
occidentale, l’impero bizantino deve arginare la pressione dei Persiani. A
una prima fase di acuta bellicosità, tra il 360 e il 380, segue un periodo di
tregua che termina nel VII secolo, quando scoppia il conflitto tra l’imperatore bizantino Eraclio e Cosroe II, appartenente alla dinastia persiana dei
Sasanidi.
La guerra bizantino-persiana (611-630) assume i connotati di un vero e
proprio «conflitto mondiale» che vede contrapposti i due più grandi imperi
esistenti in quel tempo. Bisanzio deve difendersi contemporaneamente da
tre nemici: i Persiani di Cosroe II, che hanno invaso la Siria e l’Egitto; gli
Avari, una popolazione nomade che dalle lontane steppe dell’Asia si è stanziata in Pannonia nella metà del VI secolo ed effettua scorribande all’interno dell’impero; gli Slavi, gruppi di popoli che, per sfuggire alla pressione
degli Avari, si spostano dall’Europa orientale verso l’area danubiano-balcanica. L’alleanza di questi tre nemici dell’impero porta all’assedio di Bisanzio del 626, ma la capitale riesce a resistere grazie anche agli effetti positivi
della riforma politico-militare attuata da Eraclio. Per risolvere il problema del latifondismo che sta soffocando la piccola proprietà terriera, incapace di sopportare il peso dell’esasperato fiscalismo bizantino, il territorio
dell’impero è stato infatti diviso in distretti militari (temi), presieduti da
soldati ricompensati con una piccola proprietà terriera. Tale riforma assolve
a un’importante funzione economica perché ripristina la piccola proprietà e
risolve il problema relativo ai costi dell’esercito. Dopo due anni di assedio
Bisanzio riesce a liberarsi dai Persiani, mentre i contadini-soldati sconfiggono l’esercito di Cosroe II e anche gli Avari sono respinti verso le steppe
pannoniche.
L’Impero d’Oriente
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Nel VII secolo i bizantini subiscono anche l’offensiva dei bulgari (750869), un popolo di stirpe turca, che oltrepassano il Danubio e si stanziano
nella Mesia, l’attuale Bulgaria.
A questo punto la storia dell’impero d’Oriente si intreccia con quella di
un nuovo popolo che dall’Arabia si va espandendo lungo le coste del Mediterraneo, in nome di una profonda convinzione religiosa: l’Islam.
C) I conflitti con la Chiesa di Roma
Intanto i rapporti tra l’Impero bizantino e la Chiesa si fanno sempre più
tesi.
Già dai tempi dell’imperatore Teodosio i vescovi orientali non accettavano che malvolentieri l’autorità del pontefice romano. Il cesaropapismo
dell’Impero d’Oriente, a sua volta, è osteggiato dalla Chiesa di Roma: così
come i vescovi bizantini si oppongono al primato teologico del loro omologo romano, allo stesso modo il papa cerca di sottrarsi al controllo dell’imperatore.
Un avvenimento di fondamentale importanza, a tale proposito, è la convocazione da parte di papa Martino I, del concilio ecumenico a Roma nel
649: prima di allora, infatti, i concili ecumenici erano stati convocati o direttamente dall’imperatore (il primo è convocato da Costantino a Nicea nel
325), o dal pontefice, ma con l’autorizzazione dell’imperatore.
Nel 648, l’imperatore Costante II, succeduto a Eraclio, dà il suo sostegno al monotelismo (un’eresia secondo cui solo la volontà divina è presente
in Cristo, e non anche quella umana), e soprattutto emana un divieto in base
al quale non si possono trattare questioni teologiche. È a questo punto che il
papa Martino I indice, con atto unilaterale, per l’anno seguente, il concilio
ecumenico di Roma, in cui viene adottata la dottrina delle due volontà, umana
e divina, in Cristo. Ma più importante dell’aspetto teologico è il precedente
creato dal papa, che si pone in aperto contrasto con l’imperatore, ordinando
ai cattolici di sottrarsi alla sua autorità. Anche se paga con la vita la sua
ribellione (viene fatto arrestare da Costante II e muore nel 655), Martino I
contribuisce così al distacco sempre più netto della Chiesa dall’Impero
d’Oriente: il processo di separazione tra la Chiesa di Roma e quella orientale (abbiamo già parlato dello stretto legame tra potere politico e spirituale
alla corte di Costantinopoli) andrà di pari passo e si completerà solo nell’XI
secolo con lo scisma d’Oriente, dopo molte altre discordie teologiche, che
in realtà celano profonde divergenze politiche.
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Capitolo Secondo
3. GIUSTINIANO E LA RESTAURAZIONE DELL’IMPERO
La storia dei regni romano-barbarici si intreccia con le vicende dell’impero d’Oriente e in particolare con la politica di Giustiniano, il cui regno
(527-565) coincide con la definitiva stabilizzazione dei popoli germanici.
Gli imperatori Zenone e Anastasio, predecessori di Giustiniano, pur fedeli al principio dell’unità dell’impero, avevano acconsentito alla formazione dei regni romano-barbarici, i cui sovrani erano dei rappresentanti dell’imperatore d’Oriente nella parte occidentale dell’impero.
Viceversa, Giustiniano è convinto che tali regni costituiscano un’usurpazione ai danni dell’unica autorità e come tali vadano eliminati, nonostante il parere contrario della moglie, Teodora, secondo la quale l’imperatore
avrebbe dovuto guardare a Oriente e lasciare al suo destino l’Occidente.
Sia la politica estera che quella interna sono ispirate da alcuni principi,
perseguiti con determinazione da Giustiniano: l’imprescrittibilità del dominio imperiale romano e dell’assoluto potere dell’imperatore e il diritto
del monarca a dirigere la Chiesa (cesaropapismo).
Tra il 533 e il 553 due generali, Belisario e Narsete, realizzano la politica imperiale della «riconquista» dei regni romano-barbarici. Obiettivo delle
campagne militari sono i tre regni dei Vandali, degli Ostrogoti e dei Visigoti, che nella prima metà del VI secolo sono investiti da una profonda crisi. Il
primo a cadere, nel 534, è il regno dei Vandali, dilaniato da contrasti interni
e sottoposto ai ripetuti attacchi esterni delle tribù berbere. Forte dell’aiuto
della regina ostrogota Amalasunta e della collaborazione della popolazione
romana, l’esercito bizantino, guidato da Belisario, sottomette parzialmente
i barbari e si impadronisce della Sardegna, della Corsica e delle Baleari.
A) La guerra greco-gotica
Più lunga e travagliata è la riconquista dell’Italia, che vede impegnati i
bizantini per circa vent’anni (535-553) nella guerra greco-gotica. L’occasione è fornita dalla regina Amalasunta, in urto con il suo popolo che non
tollera la politica accomodante nei confronti dei Romani. Imprigionata dal
marito Teodato, Amalasunta chiede l’intervento di Giustiniano, che invia in
Italia un esercito guidato da Belisario, con il pretesto di estirpare l’eresia
ariana. Inizialmente, la guerra prende un’altra piega: Giustiniano, preoccupato del prestigio conquistato sul campo da Belisario e pressato lungo il
confine orientale da un nuovo attacco persiano, richiama il valoroso genera-
L’Impero d’Oriente
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le a Bisanzio. L’Italia, abbandonata a se stessa, subisce gli effetti dell’amministrazione bizantina, improntata a un esasperato fiscalismo, cosicché,
quando il re degli ostrogoti, Totila, affranca gli schiavi dal legame che li
tiene uniti alla terra, la popolazione si schiera dalla parte dei barbari. Ma nel
552 Totila è sconfitto e ucciso in battaglia nei pressi di Gualdo Tadino dal
generale bizantino Narsete, che ha sostituito Belisario. La guerra si protrae
tra devastazioni, stragi e carestie fino al 553, anno in cui l’ultimo re dei
Goti, Teia, è sconfitto da Narsete e muore in battaglia a Lettere, nei pressi di
Napoli. Il regno degli Ostrogoti viene così cancellato e l’Italia è riannessa
all’impero bizantino.
Terza e ultima conquista bizantina è la Spagna meridionale, strappata ai
Visigoti tra il 553 e il 554.
Giustiniano si preoccupa anche di fortificare il confine orientale, contenendo l’espansionismo persiano. Nel 561 è stipulato un accordo cinquantennale che garantisce la frontiera tra i due imperi e regola i loro rapporti
commerciali.
B) Il Corpus iuris civilis
L’imperatore si propone pure di attuare una riorganizzazione generale
dell’impero e affida al giurista Triboniano il compito di revisionare e risistemare tutta la materia giuridica prodotta a Roma in età repubblicana e imperiale.
Triboniano e i suoi collaboratori lavorano a questo progetto dal 528 al
534, dando vita al grande Corpus iuris civilis, composto da quattro collezioni giuridiche:
— un trattato con i principi giuridici dello Stato, destinato all’insegnamento del diritto nelle scuole (Institutiones);
— una sintesi estremamente chiara ed esaustiva di tutta la giurisprudenza
imperiale (Pandectae);
— una raccolta delle leggi emanate dall’imperatore Adriano fino al 533
(Codice);
— un complesso di leggi emanate dallo stesso Giustiniano (Novellae).
Accanto a questa poderosa opera giuridica, che costituirà la base della
nuova organizzazione statale medioevale, Giustiniano si preoccupa di creare un’efficiente burocrazia. Innanzitutto a tal fine concentra il potere militare e civile nelle mani di un solo funzionario, nelle regioni di confine, e
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Capitolo Secondo
affida ai vescovi la sorveglianza dei burocrati. Con questa rete di funzionari
statali, l’imperatore si propone di porre un freno alle prevaricazioni dei grandi
proprietari terrieri che, nelle province asiatiche e in Egitto, sfuggono al controllo pubblico.
Di non minore rilevanza è l’intervento dell’imperatore in materia religiosa. Egli si erge a paladino dell’ortodossia cattolica, in pieno accordo con
la Chiesa di Roma, ma non condanna del tutto le eresie, e ribadisce la propria autorità sul pontefice.
4. L’ITALIA BIZANTINA
La riconquista bizantina dell’Italia riduce la penisola al rango di provincia dell’impero: con la Prammatica Sanzione del 554, emanata da Giustiniano su richiesta di papa Vigilio, la legislazione giustinianea è estesa all’Italia che viene divisa in circoscrizioni territoriali. La Prammatica sanzione intende così ristabilire l’ordine interno sconvolto dal re ostrogoto Totila
durante la guerra greco-gotica.
La politica bizantina si caratterizza per l’esasperato fiscalismo che mette
in ginocchio le popolazioni rurali e cittadine, senza tenere in alcun conto le
difficoltà economiche provocate da carestie e pestilenze. Inoltre, da Bisanzio
l’imperatore controlla la vita interna della Chiesa e dà direttive alla gerarchia
ecclesiastica romana, secondo i principi ispiratori del cesaropapismo.
Dopo la morte di Giustiniano, nel 565, i territori italiani che, pur tra
alterne vicende, rimangono legati all’Impero d’Oriente sono la Calabria, la
Puglia, la Sicilia, la Sardegna, il Ducato di Napoli, l’Esarcato, la Pentapoli e
la laguna veneta. Ravenna, capoluogo dell’Esarcato, è sede di un’amministrazione centrale e il suo governatore, l’esarca, viene scelto dall’imperatore d’Oriente tra i suoi più stretti collaboratori e inviato in Italia quale amministratore degli interessi di Bisanzio. Oltre all’esarca, a Ravenna ha sede il
prefetto d’Italia, un magistrato competente in materia finanziaria e fiscale.
Tuttavia, mentre le regioni del sud subiscono più a lungo l’influenza
bizantina, le altre finiscono per allontanarsi gradatamente dall’Impero
d’Oriente, pur continuando a riconoscere l’autorità dell’imperatore.
Venezia, sotto la guida dei suoi duchi (i dogi), crea un’organizzazione
politica di stampo aristocratico; la Sardegna si divide in giudicati (Cagliari,
Arboréa, Logoduro e Gallura); la Pentapoli e il territorio di Napoli e di
Gaeta si costituiscono in ducati sul modello bizantino.
L’Impero d’Oriente
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Roma, pur essendo un ducato come gli altri, gode di una posizione di
privilegio, poiché il suo vescovo è il pontefice di tutto l’Occidente. Tra il IV
e il VI secolo la Chiesa cattolica assume così un ruolo preminente non solo
in campo spirituale, ma anche in campo sociale e politico.
L’impero d’Oriente al tempo di Giustiniano
5. LA CHIESA E LE ERESIE
Le prime comunità cristiane erano ecclesiae, cioè assemblee di fedeli
che si riunivano clandestinamente per celebrare i loro riti. A capo di ognuno
di questi gruppi c’era un presbitero, che veniva eletto dall’assemblea, e ad
assisterlo veniva nominato un diacono. Entrambi svolgevano la loro opera
gratuitamente e rispondevano del loro operato soltanto all’assemblea dei
fedeli. Non esisteva, in questa fase del cristianesimo, alcuna gerarchia ecclesiastica.
Quando il cristianesimo si diffonde, invece, si comincia ad avvertire la
necessità di un’organizzazione che coordini l’attività delle varie comunità
presenti sul territorio dell’impero romano. Nelle città i presbiteri finiscono
per eleggere un episcopo, un vescovo che presieda alle comunità di tutto il
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Capitolo Secondo
circondario per controllarne l’azione. Nel IV secolo si formano già le alte
gerarchie ecclesiastiche: al di sopra dei vescovi vengono istituiti gli arcivescovi e quelli di cinque tra le più importanti città dell’impero vengono
chiamati patriarchi: sono gli arcivescovi di Roma, Gerusalemme, Antiochia, Costantinopoli, Alessandria. Quello di Roma, in seguito, prende il nome
di papa. Il Concilio di Costantinopoli del 381 riconosce al papa la supremazia, di fatto già esercitata, sui vescovi dell’Occidente, e lo nomina pontefice, un titolo che sta a significare successore di Pietro, vicario di Cristo e
capo ecumenico della Chiesa.
A) Le dispute teologiche
Con l’affermazione del papato la Chiesa è ormai un’organizzazione gerarchica e centralizzata che deve difendere la propria unità continuamente
minacciata, come accade allo Stato, da tendenze centrifughe.
Le eresie sono il primo sintomo della presenza di forze disgregatrici
all’interno della Chiesa cattolica. Esse nascono sulla base delle dispute
teologiche intorno alla natura di Dio e al modo di interpretare le Sacre Scritture, ma assumono presto un significato politico perché sono spesso l’espressione di spinte nazionalistiche. Quando il cristianesimo si consolida come
religione ufficiale dell’impero, la Chiesa, come lo Stato, rappresenta il potere costituito da abbattere in nome di un cristianesimo più vicino a quello
delle origini.
Le eresie sono frequenti soprattutto nell’impero bizantino, dove la Chiesa è un potente strumento dello Stato e l’imperatore ne è il capo supremo. A
Bisanzio la cultura ellenistica offre un fertile terreno alle questioni dogmatiche e alle dispute teologiche e filosofiche; le diverse dottrine si combattono con ardore vivissimo e trovano proseliti fino a diventare una minaccia
per la stabilità del sistema.
I conflitti ideologici nascondono anche questioni etniche, causate dalla
gestione centralistica dell’impero: la dottrina di Ario (arianesimo), che nega
l’identità di Cristo con Dio, trova seguaci soprattutto nelle province della
Siria e dell’Egitto, che insorgono non solo per sostenere la veridicità della
Chiesa ufficiale, ma per ribellarsi contro le vessazioni del fisco imperiale
sulle loro terre.
All’arianesimo seguono altre eresie: il donatismo, sorto in Africa, proclama che i sacramenti
amministrati dai preti che si sono macchiati di qualche peccato non sono validi; il nestorianesimo, di origine orientale, sostiene che Maria non ha generato un Dio, ma un essere umano. In
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