I Simulazione – Seconda prova – Fisica - Campus

Marco Bolzon
I Simulazione – Seconda
prova – Fisica
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I Simulazione – Seconda prova
Fisica
In laboratorio di fisica, con il tuo gruppo, devi realizzare alcuni esperimenti per la verifica del fenomeno dell’induzione magnetica, utilizzando l’onda triangolare fornita da un generatore di funzioni.
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Problema n. 1
V
V0
0
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06 t(s)
–V0
Figura 1
Collegate al generatore un solenoide avente 3600 spire/m e inserite al suo interno, al centro,
una bobina compatta costituita da 80 spire avente un diametro di 4,0 cm, in modo tale che il campo
magnetico →
B al centro del solenoide sia parallelo all’asse della bobina. Il solenoide può essere attraversato da una intensità di corrente massima pari a 0,30 A.
L’andamento della corrente nel solenoide in funzione del tempo è rappresentato in figura (si
considera l’induttanza trascurabile).
2
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i
Function generator
i0
ΔV
0
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06 t(s)
A
B
Figura 2
–i0
Figura 3
Pensate anche di collegare una resistenza R = 2 kΩ ai capi della bobina.
d) Calcola il valore dell’energia dissipata su R in un tempo pari a 10 minuti, ed esponi il metodo
utilizzato (induttanza e resistenza della bobina sono trascurabili).
Il tuo amico Michele propone poi di collegare un multimetro digitale direttamente al generatore
di funzioni per misurare la tensione efficace Veff, dalla quale ottenere il valore massimo V0 della
tensione del generatore: V0 = 2 Veff. Tu proponi una relazione diversa per il calcolo di V0 e le misure sperimentali ti danno ragione: dal voltmetro ottieni Veff = 2,44 V; con l’oscilloscopio misuri
V0 = 4,2 V.
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a) Determina l’intensità massima del campo magnetico che il solenoide può produrre al suo interno.
b) Descrivi qualitativamente e quantitativamente la f.e.m. presente ai capi A e B della bobina, e
fai un grafico dell’andamento di questa f.e.m. in funzione del tempo.
c) Analizza il campo magnetico generato dalla bobina, e fai un confronto con quello generato dal
solenoide.
e) Spiega queste misure con un procedimento fisico-matematico.
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Problema n. 2
Fai parte dell’equipaggio di una missione spaziale e stai esaminando lo spettro di emissione di una
stella: la riga più intensa è quella relativa all’idrogeno, chiamata H-a e lo strumento di misura ti
fornisce una lunghezza d’onda di 656,3 nm.
6750
Hα
6563 A
Hβ
4861 A
4500
2250
4800
5300
5800
wavelenght (A)
6300
6800
7300
7800
8300
La documentazione in dotazione con lo spettroscopio riporta la formula di Balmer, scoperta
dall’omonimo fisico svizzero nel 1885:
m = a m 2 / ^m 2 - n 2 h n = 2, m > n, a = 3,645610 - 7 m
a) Descrivi il significato fisico della misura ottenuta, calcolando il valore m e l’energia dei fotoni
emessi.
Lo spettro registrato contiene anche altre righe le cui lunghezze d’onda non sono calcolabili
mediante la formula di Balmer. Purtroppo nella documentazione non c’è nulla che possa aiutarti,
quindi devi ricavarti una relazione adatta allo scopo. Giacomo, tuo compagno di viaggio, afferma
che non è possibile: la legge di Balmer e le leggi della spettroscopia in genere sono leggi empiriche.
Tu, invece, ricordi bene il legame tra la spettroscopia e la teoria quantistica applicata ai modelli
atomici.
b) Riporta i passaggi principali del modello atomico di Bohr, calcola il cosiddetto “raggio di Bohr”,
evidenziando il significato fisico delle ipotesi effettuate.
Giacomo si mostra ancora scettico riguardo alle tue considerazioni, così gli spieghi che potete
usare i dati sperimentali ottenuti per verificare il modello di Bohr, che è valido per tutti gli atomi
idrogenoidi (atomi ionizzati aventi un nucleo di carica Ze con Z numero atomico e un unico elettrone,
come He+, Li++, … )
c) Ricava l’espressione che esprime l’energia dell’elettrone di un atomo idrogenoide nei diversi
livelli energetici En = –Z2 me e4 / n2 8h2 ε02 e applicala per verificare la misura sperimentale.
A questo punto Giacomo vuole verificare se le informazioni riportate nella documentazione dello
strumento di misura si possono ottenere a partire da quanto gli hai spiegato.
d) Verifica la formula di Balmer e il valore della costante.
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Figura 4
4
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Quesiti
1. Andrea ti racconta di aver assistito all’esperimento del cosiddetto “disco di Barlow”: un disco
conduttore ruota attorno a un asse fisso, in presenza di un campo magnetico. Un galvanometro
è collegato, da un lato con l’albero di rotazione e, dall’altro, mediante un contatto strisciante,
con l’orlo del disco.
MAGNETE
A
N
S
B
DISCO
CONDUTTORE
GALVANOMETRO
Mentre il disco è in rotazione l’amperometro rileva la presenza di corrente indotta, nonostante il
flusso attraverso il circuito rimanga costante. Rassicuri Andrea mostrandogli quanto scritto dal celebre fisico Richard P.Feynman (premio Nobel per la fisica nel 1965): “La regola del flusso in questo caso
non funziona. Deve essere applicata a circuiti nei quali il materiale del circuito resta lo stesso: quando il materiale del circuito cambia occorre ritornare alle leggi fondamentali” [The Feynman Lectures
on Physics, vol. II, Parte 1, pag. 17-5, Addison-Wesley]. Considera la forza applicata agli elettroni di
conduzione in movimento, quelli che si trovano nel tratto del disco AB appartenente al circuito collegato con il galvanometro, e spiega come si origina la corrente misurata dall’amperometro.
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Figura 5
2. Hai a disposizione un magnete permanente cilindrico di sezione 3 cm2, lunghezza l = 50 cm,
e una bobina della stessa lunghezza avente 4000 spire che può contenere, al suo interno, il
magnete. Considera costante il campo magnetico all’interno del magnete, B = 8,3 . 10-2 T, e trascurabile all’esterno. Spiega come puoi ottenere, ai capi della bobina, la forza elettromotrice del
seguente grafico:
fem (mV)
12
0
bobina
t0
2t0
t
–12
Figura 6
5
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Figura 7
4. La foto seguente mostra una bobina collegata a un generatore in c.a. (frequenza 50 Hz). Il multimetro digitale a destra misura la tensione efficace ai capi della bobina, mentre quello di sinistra
la corrente efficace. Spiega dal punto di vista fisico, anche solo qualitativamente, come mai il
valore della corrente misurata non è uguale al rapporto tra la tensione e il valore della resistenza
della bobina. Effettuando la misura in c.c. pensi di ottenere gli stessi valori?
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3. Nelle seguenti foto puoi osservare l’interno di due diversi carica-cellulare, aventi una struttura
molto simile. Spiega qualitativamente il ruolo degli elementi che riesci a riconoscere, e le leggi
fisiche alla base del funzionamento del dispositivo. In particolare soffermati sul ruolo del nucleo
ferromagnetico.
Figura 8
6
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5. Un laser di intensità 1mW e lunghezza d’onda 632,8 nm emette un fascio luminoso cilindrico di
2 mm di diametro: determina l’intensità media dell’onda elettromagnetica. Il fascio laser colpisce una superficie perfettamente assorbente: calcola l’energia trasmessa in 30 secondi e la
pressione di radiazione. Cosa cambia se la superficie è perfettamente riflettente? Determina
inoltre l’energia di ciascun fotone emesso.
6. Dall’interno della tua astronave Morpheus, che ha i motori spenti e che non risente in modo apprezzabile di alcun campo gravitazionale, osservi l’astronave Neo che si muove di moto rettilineo
uniforme rispetto a te. Dall’osservazione misuri che l’orologio a bordo di Neo rallenta di 8 s per
ogni minuto segnato dal tuo orologio di bordo: determina la velocità dell’astronave Neo nel tuo
sistema di riferimento. Se un membro dell’equipaggio della Neo effettua la stessa misura, ottiene
i tuoi stessi risultati? A un certo punto la tua astronave si mette in moto con velocità 0,65c nella
stessa direzione ma con verso opposto rispetto all’altra astronave: determina la velocità della
Neo misurata nel tuo sistema di riferimento.
7. In una pubblicazione leggi quanto segue: ITER is a large-scale scientific experiment that aims to
demonstrate the technological and scientific feasibility of fusion energy. Twentieth-century fusion science has identified the most efficient fusion reaction to reproduce in the laboratory setting: the reaction
between two hydrogen (H) isotopes, deuterium (D) and tritium (T):
H + 3H à 4He + n
Le masse sono, nell’ordine: 2,014102u; 3,016049u; 4,002603u e 1,008665u, dove u è l’unità di
massa atomica u = 1,66 . 10 –27 kg. Determina l’energia liberata dalla reazione, esprimendola in
MeV.
Supponendo di ricavare il deuterio dall’acqua e ipotizzando che la sua presenza sia dello 0,01%
rispetto agli atomi di idrogeno totali presenti (1 atomo di deuterio ogni 10.000 atomi di idrogeno), calcola la massa di deuterio e la massa minima d’acqua necessaria per il funzionamento di
una centrale elettrica da 1 GW, per un anno.
Trova l’abbassamento del livello del lago di Garda, corrispondente al prelievo della quantità d’acqua calcolata, sapendo che la sua superficie è di 370 km2.
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2
8. Una sorgente di onde elettromagnetiche emette radiazioni che possiamo considerare monocromatiche a una lunghezza d’onda di 45 nm. Discuti l’efficacia del suo utilizzo negli esperimenti
per lo studio dell’effetto fotoelettrico e per lo studio degli spettri atomici, effettuando una comparazione dal punto di vista fisico.
e–
v'
nf
e
e–
v'
–
RIVELATORE
9. Prendiamo in esame l’esperimento mentale (gedankenexperiment) illustrato in figura, nel quale si vuole determinare la traiettoria di una
particella. Un dispositivo lancia un elettrone con una velocità orizzontale v all’interno di una camera dove è stato fatto il vuoto. Per
“vedere” (misurare) la traiettoria, viene accesa una lampadina che
emette fotoni aventi frequenza f come indicato in figura. Il fotone
che colpisce l’elettrone viene rilevato tramite un sensore. Discuti
l’esperimento e, in particolare, spiega l’evoluzione del concetto di
traiettoria in meccanica quantistica.
Figura 9
10.Spiega che cosa s’intende in meccanica quantistica per “collasso della funzione d’onda” e proponi un esempio.
7
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Soluzioni
Problema 1
a) L’intensità massima del campo magnetico all’interno del solenoide è:
B 0 = n0 ni 0 = ^4r $ 10 - 7 TmA - 1 h $ ^3600m - 1 h $ ^0, 30A h . 1, 3mT
b) L’andamento del campo magnetico del solenoide in funzione del tempo è lo stesso della corrente, già rappresentato nel grafico del testo (onda triangolare):
B (t) = n0 $ n $ i (t)
L’andamento è periodico, con periodo T = 0,02 s (quindi f = 1/T = 50 Hz). Nel primo semiperiodo
(da 0 s a 0,01 s) il campo magnetico aumenta linearmente nel tempo, da –B0 a +B0. Per essere
più precisi, il modulo del campo magnetico diminuisce fino a 0,005 s, istante in cui si annulla,
e poi aumenta fino a raggiungere il valore +B0. Ai capi della bobina è presente quindi una f.e.m.
indotta generata dalla variazione del flusso del campo magnetico concatenato con la bobina:
L’andamento lineare di B crea una f.e.m. costante in tutto l’intervallo da 0 s a 0,01 s (infatti il
valore della derivata in un punto coincide con il coefficiente angolare della tangente alla “curva”
nel punto stesso e quindi, nel caso di una retta, il coefficiente angolare è lo stesso in tutti i punti). Si ottiene la f.e.m. dividendo la variazione del flusso totale nel tratto considerato per il valore
dell’intervallo di tempo:
fem =- DUB =- 2B 0 $ N $ S & fem =Dt
Dt
Nel successivo semiperiodo, da
0,01 s e 0,02 secondi, la variazione
del flusso ha lo stesso valore, ma di
segno opposto, quindi la f.e.m. indotta sarà +27,3 mV.
Il grafico sotto rappresenta l’andamento della f.e.m. indotta ai capi AB
della bobina, e può essere confrontato con l’andamento della corrente
nel solenoide riportata nel secondo
grafico.
2 $ ^1, 3 $ 10 - 3 T h $ 80 $ ^r $ 2 2 $ 10 - 4 m 2 h
. - 27, 3 mV
0, 01 s
femAB
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UB (t) = N (t) $ N $ S & fem =- dUB
dt
Bobina
f0
0
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06 t(s)
0,04
0,05
0,06 t(s)
–f0
Solenoide
i
i0
0
Figura 10
0,01
0,02
0,03
–i0
8
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c) L’andamento del campo magnetico è
descritto in figura.
Assimilando la bobina a un solenoide
ideale l’intensità del campo magnetico
→
Bb al suo interno è costante, mentre il
verso cambia ogni semiperiodo: infatti il
verso della corrente indotta nella bobina è tale da opporsi, tramite il flusso del
campo magnetico da essa stessa prodotto, alla variazione che l’ha generata.
Quindi il vettore campo magnetico della
Bb è sempre opposto al vettore
bobina →
variazione campo magnetico →
B del solenoide e si inverte ogni semiperiodo.
i(t)
i0
Generatore
0,01
0,02
t(s)
–i0
Solenoide
BS (t)
d)Sulla resistenza R viene dissipata energia per effetto Joule. La differenza di
BB (t)
potenziale applicata alla resistenza è,
in valore assoluto, costante, quindi la
dissipazione avviene con una potenza Figura 11
costante pari a: P = V2/R.
L’energia dissipata in 10 minuti è:
^27, 3 $ 10 - 3 V h2
f 2em
^10 $ 60s h . 2, 2 $ 10 - 4 J
Dt =
R
2, 0 $ 10 3 X
Il generatore di funzioni applica il segnale in tensione riportato nel
testo.
Si tratta di un segnale alternato e variabile nel tempo, quindi la potenza
istantanea disponibile continua a variare, anche se in modo periodico.
Il voltmetro fornisce la misura del valore efficace della tensione, che
permette di calcolare la potenza media su intervalli di tempo “grandi”
(almeno 2 ordini di grandezza) rispetto al periodo del segnale e, di conseguenza, l’energia fornita dal generatore nell’intervallo di tempo Dt è
calcolabile nel seguente modo:
E = Pm Dt =
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E = PDt =
Bobina
V
V0
0
2
eff
V
Dt
R
0,005
t(s)
Figura 12
e) Si deve calcolare il valore medio del quadrato del segnale V(t) del generatore. Sfruttando le
proprietà di simmetria e periodicità del segnale possiamo effettuare il calcolo in un intervallo di
tempo pari a T/4 e dedurre dal grafico in figura la forma analitica del segnale (T = 0,02 s):
2
V (t) = 4V0 t & V 2 (t) = 16V2 0 t 2
T
T
Dovendo calcolare la media di una funzione continua ricorriamo al teorema della media integrale:
T
4
#
V 2eff =
V 2 (t) dt
0
T/4
&
9
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T
4
#
V 2eff =
0
4 2 V 20 t 2 dt
T
4
T
3
2
T2
4
4 3 V 20 t 3 4 = 4 3 V 20 $ T 3 = V 20
V
2
0
t
dt
=
=
; E
#
3
T/4
T3 3 $ 43
T3 0
T3 3 0
Quindi la relazione esatta tra Veff e V0 è:
Veff = V0 + V0 = 3 $ Veff
3
Applicandola alla misura ottenuta con il voltmetro si ottiene:
V0 = 3 $ ^2, 44V h . 4, 2V
L’errore di Michele consiste quindi nel voler applicare la relazione valida per le tensione alternata sinusoidale, presente nella rete elettrica delle nostre case, a questo segnale che, pur essendo
alternato, ha un andamento temporale diverso e quindi fornisce una potenza media diversa.
a) Sussiste una relazione tra la frequenza f rilevata sperimentalmente dallo spettroscopio e l’energia dell’elettrone nei livelli atomici: se un elettrone passa da un’orbita a energia maggiore E2 a
un’orbita a energia minore E1 si ha: (E2 – E1) = h f , dove h è la costante di Planck.
Ricaviamo il valore di m dalla formula di Balmer:
2
4 $ ^6, 563 $ 10 - 7 m h
4m =
2
2
2
2
^
h
&
&
&
4
4
m=a m
m
m
=
m
=
m
=
=9
m
am
a
m
m
^ m-a h ^ 6,563 $ 10 - 7 m h - ^ 3,6456 $ 10 - 7 m h
m 2-4
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Problema 2
Da cui si ottiene m = 3.
L’energia di ciascun fotone emesso è:
^ 6, 626 $ 10 - 34 Js h^ 3, 0 $ 10 8 m/s h
E = hf = hc =
= 3, 0 $ 10 - 19 J
^ 656, 3 $ 10 - 9 m h
m
b)Il calcolo può essere effettuato utilizzando la fisica classica; la novità introdotta da Bohr riguarda
la quantizzazione del momento angolare:
L = n h , con 1, 2, 3, ...
2r
Nel modello di Bohr l’atomo di idrogeno è costituito da una carica positiva ferma e da un’uguale
carica di segno opposto in orbita circolare attorno a essa, a distanza r. Infatti, poiché la massa
della carica positiva è quasi 2000 volte più grande di quella negativa, si fa coincidere il centro
di massa del sistema a due corpi con il centro della carica positiva. Applicando la seconda legge
della dinamica F = ma e scrivendo per F l’espressione della forza coulombiana tra le due cariche
e per a l’accelerazione centripeta:
e2 = me v2 r
4rf0 r 2
(1)
Uguagliando il momento angolare dell’elettrone in orbita circolare L = mvr con il momento angolare quantizzato si ottiene:
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m e vr = n h & v = nh
2r
2rrm e
Sostituendo quest’ultima espressione nella (1) ed esplicitando rispetto a r si ottiene:
2
rn = n 2 h f0 2 rm e e
(2)
Per n = 1 dal calcolo si ottiene il raggio di Bohr: r1 = 5,29•10-11 m.
c) Per un atomo idrogenoide bisogna sostituire nella (1) e nella (2) alla carica del protone +e la
carica +Ze del nucleo composto da Z protoni. La (1) diventa:
Ze 2 = m v 2 e
4rf0 r
(3)
h 2 f0 Zr m 2 e 2
(4)
Mentre la (2) si scrive:
rn = n 2
Per ricavare l’energia dei diversi livelli bisogna sommare l’energia cinetica e l’energia potenziale
dell’elettrone:
2
E = K + U = 1 m e v 2 - Ze 2 2
4rf0 r
(5)
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Utilizzando la (3) per l’energia cinetica si ottiene:
2
2
2
E = 1 Ze 2 - Ze 2 =- Ze 2
2 4rf0 r
4rf0 r
8rf0 r
Ora possiamo sostituire la relazione (4) che contiene la quantizzazione delle orbite:
2
2
E n =- Ze $ Zr2 m2 e e
8rf0 n h f0
Semplificando si ricava l’espressione dell’energia di ciascun livello energetico:
2
4
E n =- 12 Z m2 e e2 n 8h f0
(6)
d)Per ricavare la formula di Balmer analizziamo la transizione di un elettrone dell’atomo di idrogeno (Z = 1) da un livello eccitato con numero quantico m>2 al livello n=2: la frequenza f della
radiazione emessa soddisfa la seguente relazione:
hf = E m - E n
Sostituendo f = c/l e usando l’espressione (6) per le energie dei livelli:
4
4
h c =- 12 m e2e 2 + 12 m e2e 2
m
m 8h f0 n 8h f0
Esplicitando l e raccogliendo i termini simili:
1 = me e4 1 - 1
c
m
m
8h 3 f20 c n 2 m 2
11
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Questa relazione è nota come formula di Rydberg. Per ottenere la formula di Balmer dobbiamo
farne il reciproco ricavando l:
3 2
3 2
2
2 -1
m2
m = 8h f04 c c m 2- n2 m = 8h f04 c 4
2
me e
n m
me e m - n2
Si ottiene quindi:
3 2
2
m = 32h f40 c 2m 2
me e m - n
L’ultima cosa che resta da verificare è il valore della costante:
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3 2
32 $ ^6, 63 $ 10 - 34 Js h3 $ ^8, 85 $ 10 - 34 F/m h $ ^3, 00 $ 10 8 m/s h
= 3, 6 $ 10 - 7
a = 32h f40 c =
^9, 11 $ 10 - 31 h $ ^1, 60 $ 10 - 19 h4
me e
12
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Soluzione dei quesiti
1) Nel disco di Barlow gli elettroni di conduzione che si trovano nel tratto AB ruotano con velocità
istantanea →
v perpendicolare al tratto AB e, quindi, su di essi agisce la forza di Lorentz dovuta
alla presenza del campo magnetico, anch’esso perpendicolare a →
v:→
F=q→
vx→
B. La forza è
diretta verso l’asse di rotazione del disco (verso il punto B). Si origina quindi una differenza di
potenziale fra i due punti A e B, causata proprio dal moto degli elettroni. Collegando i punti A
e B a un amperometro si chiude il circuito costituito dal tratto AB del disco, dai fili di collegamento con il galvanometro e dalla parte di disco tra il contatto strisciante e B. La d.d.p. tra A e
B è responsabile della corrente rilevata dall’amperometro. Questo caso è stato analizzato anche
dallo stesso Faraday e costituisce una violazione alla “regola del flusso” (o legge di Faraday Neumann Lenz): si ha una corrente indotta in assenza di variazione del flusso del campo magnetico.
La forza di Lorentz, che permette di spiegare il fenomeno, è invece una “legge fondamentale”,
sempre valida.
f =- dU =- B S N ` dx j
dt
l
dt
Il termine dx/dt rappresenta la derivata della posizione x occupata dal magnete rispetto al tempo e rappresenta quindi la velocità v del magnete. Si ottiene la relazione:
f =- B S N
l (v)
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2)Posizioniamo il magnete fermo all’esterno della spira. All’istante t = 0 lo mettiamo in moto con
velocità costante v facendolo entrare all’interno della bobina: il flusso del campo magnetico
concatenato con la bobina cresce linearmente con la posizione x del magnete rispetto a un
estremo della bobina.
Si ha quindi U = B S N ` x j
l
Per la legge di Faraday-Neumann e Lenz la forza elettromotrice f ai capi della bobina è:
da cui ricaviamo, in modulo, la velocità:
v=
^12 $ 10 - 3 V h^0, 5m h
fl
=
= 0, 060 m/s = 6, 0 cm/s
BS N
6^0, 083 T h^3 $ 10 - 4 m 2 h 4000@
Se v è costante, lo è anche f. Se il magnete, dopo un tempo t0 = l / v = 8,3 s inizia a uscire dalla
bobina il flusso diminuisce con la stessa legge. Il valore delle f.e.m. è lo stesso, ma con segno
opposto, fino al tempo 2t0 = 16 s.
3) Il dispositivo che viene comunemente chiamato carica-cellulare, con chiaro riferimento alla sua
funzione, è un trasformatore-raddrizzatore di tensione.
Nelle foto sono evidenti le due bobine, isolate tra loro da un punto di vista elettrico (sono
completamente “circondate” da plastica). Una delle due bobine viene collegata alla presa di
corrente, dove preleva la tensione alternata di rete a 230 V (circuito primario). La corrente alternata che l’attraversa genera un campo magnetico variabile concatenato con l’altra bobina: lì si
genera così una f.e.m. indotta dalla variazione del flusso del campo magnetico, secondo la legge
di Faraday-Neumann. La bobina del secondario funge quindi da “generatore” a bassa tensione
per l’utilizzatore. Dalle foto risulta evidente che lo spessore dei fili conduttori nelle due bobine
(anch’essi isolati elettricamente) è diverso. Infatti le due bobine si differenziano per il numero
delle spire, che soddisfa il cosiddetto rapporto di trasformazione: V1/V2 = N1/N2. Supponendo
una trasformazione ideale, senza perdite, si ha per la conservazione dell’energia: V1 i1 = V2 i2.
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I Simulazione – Seconda prova – Fisica
Abbassando la tensione, cresce l’intensità di corrente: avere fili più spessi limita il rischio che
questi possano fondere per effetto Joule, sempre presente, danneggiando irreversibilmente il
dispositivo.
Nelle foto è ben visibile la forma del nucleo ferromagnetico, che si trova all’interno delle bobine, e che le avvolge completamente all’esterno. Il suo ruolo è fondamentale: le linee del campo
magnetico generato dalla bobina del primario rimangono intrappolate al suo interno e si concatenano con l’altra bobina. Inoltre il valore di B viene amplificato di un coefficiente pari alla permeabilità magnetica relativa. Si nota anche che il nucleo non è costituito da un unico elemento
conduttore, ma da tante lamelle. Le singole lamelle sono incollate tra loro con materiale isolante
(colla, resina, …) in modo da minimizzare le correnti parassite (di Foucault).
4)Per prima cosa è bene precisare che i valori indicati dagli strumenti di misura sono i valori efficaci, dal momento che il generatore applica una tensione alternata con le stesse caratteristiche
della tensione di rete (sinusoidale, uguale frequenza). Nella foto sono visibili la resistenza della
bobina, 2kΩ e la sua induttanza L = 4 H. Considerando solo la resistenza della bobina e applicando la legge di Ohm si ottiene il seguente valore per l’intensità di corrente:
Il valore sperimentale in figura è inferiore del 14%, troppo per essere imputato solo all’errore
dovuto alla resistenza interna dell’amperometro. Deve esserci un fenomeno, nel circuito, che ha
l’effetto di aumentare la resistenza: questa maggiore resistenza complessiva (equivalente) del
circuito, fa circolare meno corrente. La causa è legata all’autoinduzione elettromagnetica della
bobina: l’intensità di corrente che la attraversa è variabile nel tempo (in modo sinusoidale), e
quindi anche il campo magnetico generato dalla bobina stessa è variabile
B (t) = n0 n i (t)
Si ha una variazione nel tempo del flusso del campo magnetico concatenato con la bobina stessa
(autoconcatenato). Quindi per la legge di Faraday-Neumann-Lenz si generano correnti indotte
che si oppongono alla variazione del flusso che le ha generate: f.e.m. = – dFB/dt. Questa opposizione si manifesta sperimentalmente come un aumento della resistenza.
In effetti, volendo effettuare una verifica quantitativa dobbiamo calcolare l’impedenza Z della
bobina, tenendo conto sia della resistenza che della sua reattanza induttiva, utilizzando i valori
nominali:
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^ 6, 65 V h
i R = DV =
= 3, 325 mA
R
^ 2000 X h
R L = ~L = 2rfL = 2r ^50 s - 1 h $ ^4 H h = 1257 X
1
^6, 65V h
= 2, 81 A
Z = ^ R 2 + X 2L h2 = 2362 X & i = DV =
Z
2362 X
^10 - 3 W h
= 318 W/m 2
5) L’intensità è I = P =
-6
2
A
^r $ 10 m h
I. Superficie perfettamente assorbente.
Energia trasmessa alla superficie:
E = PDt = ^10 - 3 W h^30s h = 30 mJ
Pressione di radiazione:
^ 318 W/m 2 h
= 1, 06 nPa
p= l =
c
^ 3, 0 $ 10 8 h m/s
II. Superficie perfettamente riflettente.
El = 0, pl = 2 p = 2, 12 nPa
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L’energia del singolo fotone emesso è:
^ 6, 626 $ 10 - 34 Js h $ ^ 3, 0 $ 10 8 m/s h
E = hf = hc =
= 3, 1 $ 10 - 19 J
^ 632, 8 $ 10 - 9 m h
m
6)Il sistema di riferimento Oxy dell’astronave Morpheus può essere
considerato inerziale.
Applichiamo la dilatazione dei tempi prevista dalla relatività speciale:
Dt =
I. Morpheus “ferma”
y
N
Dt'
M
2
1 - v2
c
0
Useremo, per comodità: b = v & Dt =
c
Dt'
1 - b2
2
& 1 - b2 = Dt' & 1 - b2 = Dt'2 & b =
Dt
Dt
VN
x
Figura 13
2
1 - Dt'2 =
Dt
2
1 - 52 2 = 0, 50
60
L’astronave Neo sta viaggiando ad una velocità di 0,50c rispetto alla Morpheus.
La situazione a bordo della Neo è perfettamente simmetrica: in quel sistema di riferimento è
l’astronave Morpheus a muoversi con velocità –0,5c (in verso opposto) e, quindi, è l’orologio a
bordo della Morpheus che è visto rallentare di 8 secondi ogni minuto, osservandolo dalla Neo.
Determiniamo adesso la velocità relativa di un’astronave rispetto all’altra, sia con la relazione
classica di Galileo per la composizione di velocità, sia con la composizione relativistica delle
velocità, confrontando i risultati.
Quando l’astronave Morpheus viaggia a –0,65c (la velocità viene misurata nel sistema di riferimento inerziale Oxy in cui, precedentemente, l’astronave era in quiete), in verso opposto alla
Neo, la relatività classica porterebbe a un valore di velocità maggiore di quello della luce:
V = 0, 5c + 0, 65c = 1, 15c
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Applichiamo la composizione relativista delle velocità:
u=
u' + v
1 + u' x2v
c
Poniamo:
II. Morpheus in movimento
u = VN = 0,5c: velocità della Neo miy'
y
surata nel sistema di riferimento Oxy
VN
VM
(quello in cui, precedentemente,
N
M
l’astronave Morpheus era in quiete);
0'
u' = V'N = velocità (da determinare) del- x'
la Neo misurata nel nuovo sistema di
0
x
riferimento O'x'y', solidale con l’astronave Morpheus in movimento;
Figura 14
v = VO’x’y’ = VM = – 0,65c: velocità del
nuovo sistema di riferimento O'x'y', cioè la velocità della Morpheus, misurata nel sistema di riferimento Oxy.
0, 5c + 0, 65c
u + uu2'v = u + v & ` 1 - uv2 j u' = u - v & u' = u - v =
= 0, 87c
0, 5c $ ^- 0, 65ch
c
c
1 - uv2
1
c
c2
In questo caso si ottiene una velocità minore di c.
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7) L’energia liberata dalla reazione si ottiene calcolando il difetto di massa e moltiplicando per c2,
come previsto dalla relatività di Einstein. La differenza tra le masse al primo e al secondo membro è:
L’energia è:
Dm = ^2, 014102 + 3, 016049 h - ^4, 002603 + 1, 008665 h = 1, 8883 $ 10 - 2 u
E = Dm c 2 = ^1, 8883 $ 10 - 2 $ 1, 66 $ 10 - 27 kg h $ 9, 00 $ 10 16 m 2 /s 2 = 2, 82 $ 10 - 12 J
Per ottenere il risultato in MeV bisogna dividere per la carica dell’elettrone e per il fattore 106:
E=
^2, 82 $ 10 - 12 J h
^1, 60 $ 10 - 19 ev/J h
$ 10 - 6 = 17, 6 MeV
Con un atomo di deuterio si ottiene un’energia di 17,6 Me. Calcoliamo quindi il numero minimo
di atomi necessari per il funzionamento continuo per un anno di una centrale da 1 GW:
N (2 H) =
^10 + 9 J/s h $ ^365 $ 24 $ 3600s h
= 1, 12 $ 10 28
^2, 82 $ 10 - 12 J h
Dividendo per il numero di Avogadro otteniamo il numero di moli, da moltiplicare poi per la
massa atomica, che approssimiamo con 2,0 g/mol:
^1, 12 $ 10 28 h
^6, 02 $ 10 23 mol - 1 h
$ ^2, 0 $ 10 - 3 kg/mol h = 37, 2 kg
Nell’ipotesi del testo abbiamo un atomo di deuterio ogni 104 atomi di idrogeno, vale a dire un
atomo di deuterio ogni 5000 molecole d’acqua. Moltiplichiamo, quindi, il numero N di atomi di
deuterio ottenuto precedentemente per 5000, e calcoliamo poi la massa d’acqua dividendo per
il numero di Avogadro e moltiplicando per la massa molecolare (18,0 g/mol):
m^H 2 Oh =
^1, 12 $ 10 28 $ 5000 h
$ ^18, 0 $ 10 - 3 kg/mol h = 1, 67 $ 10 6 kg = 1670 t
^6, 02 $ 10 23 mol - 1 h
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m (2 H) =
L’abbassamento del livello del lago di Garda che corrisponde a questa quantità è:
^1, 67 $ 10 6 kg h
h= V = m =
= 4, 5 $ 10 - 6 m
3
S
dS
^10 kg/m 3 $ 370 $ 10 6 m 2 h
Il risultato trovato (meno di 5 millesimi di millimetro) spiega perché le riserve di deuterio come
combustibile vengano considerate inesauribili, in grado cioè di soddisfare per migliaia di anni
l’intero fabbisogno energetico del pianeta.
8) I. Effetto fotoelettrico.
L’esperimento evidenzia una frequenza di soglia f0 al di sotto della quale non avviene l’emissione
del fotoelettrone: questo aspetto non trova spiegazione nell’ambito della fisica classica. Einstein
formulò l’ipotesi che l’energia della radiazione fosse quantizzata. L’energia di ciascun fotone
emesso dalla sorgente è:
^6, 626 $ 10 - 34 J s h^3, 00 $ 10 8 m/s h
E = hf = hc =
= 4, 42 $ 10 - 18 J
m
45 $ 10 - 9
Esprimiamo il risultato in elettronvolt, l’unità di misura utilizzata su scala atomica:
E=
4, 42 $ 10 - 18
= 27, 6 eV
1, 60 $ 10 - 19 J/eV
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È possibile effettuare l’esperimento con campioni che abbiano un potenziale di estrazione L0 = hf0
minore dell’energia del fotone. In tal caso l’energia cinetica con cui l’elettrone esce dalla superficie del campione è:
K = E - hf0
II. Spettri atomici.
In questo caso, invece, la radiazione può provocare la transizione di un elettrone del campione
da un livello ad energia minore a uno a energia maggiore, solo se la differenza di energia DE
uguaglia esattamente l’energia del fotone assorbito. Se invece l’energia del fotone è leggermente maggiore o minore del “salto energetico”, il fotone non viene assorbito e la transizione
non avviene. L’elettrone che si trova nello stato eccitato può successivamente ricadere in uno
dei livelli permessi a energia inferiore, emettendo una radiazione di lunghezza d’onda ben definita, evidenziata da una riga nello spettro rilevato sperimentalmente:
9) Nell’ambito della meccanica classica l’errore sperimentale nella determinazione della posizione
può essere reso più piccolo di una qualsiasi quantità fissata e. In questo caso si potrebbe ridurre
l’errore prendendo lampadine con intensità luminose molto piccole (per limitare gli effetti della
“pressione di radiazione” dell’onda elettromagnetica), aumentando il numero di osservazioni e
utilizzando rivelatori sempre più sensibili. Inoltre si possono utilizzare lunghezze d’onda piccole
per limitare eventuali effetti della diffrazione sul rivelatore. Classicamente non esiste un limite
teorico all’errore sperimentale nella determinazione della posizione di una particella.
Heisenberg invece dimostrò che, in meccanica quantistica, questo limite esiste. Nel caso illustrato, per la quantizzazione dell’energia, il fotone cede alla particella una quantità di moto ∆p
dell’ordine di hf/c = h/l e la particella viene fatta deviare dalla sua traiettoria, come nell’effetto
Compton. L’incertezza ∆x con cui la particella viene rilevata è dell’ordine della lunghezza d’onda
l. Così si ottiene:
DxDp x . h
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E = hf " E = hc " m = hc
E
m
Aumentando il numero di osservazioni aumentano gli urti e la traiettoria della particella diventa
disordinata, sempre meno definita. Per limitare le perturbazioni bisogna allora utilizzare luce o
onde elettromagnetiche a bassa frequenza e, quindi, con elevata lunghezza d’onda. Questo aumenta però il disturbo dovuto alla diffrazione: sul rivelatore la traccia della particella non è più
un puntino piccolo e facilmente localizzabile, ma una serie di cerchi di diffrazione, che possono
anche sovrapporsi. Anche cercando il miglior compromesso per minimizzare i disturbi, si può
dimostrare che il prodotto tra l’indeterminazione ∆x sulla posizione della particella e l’indeterminazione ∆px sulla sua quantità di moto lungo la stessa direzione x non può essere inferiore a:
DxDp x $ h
2r
Questa relazione esprime uno dei due principi di indeterminazione. L’ordine di grandezza del secondo membro, 10–34, è talmente piccolo che rende l’effetto di indeterminazione trascurabile
per le particelle classiche, con masse dell’ordine del grammo. Per l’elettrone (massa 10–30 kg) e
per tutte le particelle elementari aventi masse così piccole, l’indeterminazione è tale da rendere
impossibile l’individuazione della traiettoria. Si tratta di un limite teorico e non sperimentale. Per
le particelle quantistiche non è più possibile quindi utilizzare espressioni come “la particella si
trova nel punto di coordinate (x, y, z) al tempo t”, oppure “la traiettoria è una parabola”. A ogni
particella è possibile, però, associare una funzione d’onda che indica la probabilità che la particella si trovi in un certo volume dello spazio intorno al punto di coordinate (x, y, z) e in un certo
intervallo di tempo Dt centrato intorno all’istante t.
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10)L’equazione di Schroedinger permette di calcolare la fun- Esempio: Interferenza a elettrone singolo
zione d’onda il cui modulo al quadrato fornisce informaziofigura
ni circa la probabilità che la particella si trovi in un certo
di interferenza
volumetto ∆V contenente il punto di coordinate (x, y, z)
fotone o
elettrone
dello spazio fisico, e in un intervallo di tempo ∆t centrato
attorno all’istante t. Prima che avvenga la misura il sistema
può essere descritto in termini probabilistici con la funzione d’onda, sovrapposizione di tutti le possibili evoluzioni della particella nello spazio-tempo. L’atto della misura
perturba il sistema e l’evoluzione della funzione d’onda e
fa “trovare” la particella in una determinata posizione, in Figura 15
un certo istante. Si passa da una sovrapposizione di stati
possibili a uno stato certo, quello misurato.
Rivelatore
Tutte le altre possibili evoluzioni del sistema, non misurate, diventano impossibili, sono escluse dalla misura: in
questo senso si parla di “collasso della funzione d’onda”.
Lanciando elettroni, uno per volta, su uno schermo con due
fenditure si osserva, come nell’esperimento di Young, una
figura di interferenza. La figura viene prodotta dalla funzione d’onda dell’elettrone-onda, che è la sovrapposizione
di tutte le possibili evoluzioni dell’elettrone: elettrone che
passa nella fenditura di sinistra, elettrone che passa nella
fenditura di destra, elettrone che collide con lo schermo e Figura 16
non passa, ecc.
Se, però, viene inserito un rivelatore che permette di osservare (misurare) da quale fenditura
passa l’elettrone, la figura di interferenza scompare: la funzione d’onda collassa e si rende certo
il passaggio per una precisa fenditura. Il risultato sperimentale coincide con la descrizione classica, quella che si otterrebbe lanciando palline attraverso due fenditure.
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