Nicola Rocca
NEL CUORE DI
UN ALBERO
Nicola Rocca, Nel cuore di un albero
Copyright© 2016 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizionidelfaro.it – [email protected]
Prima edizione: settembre 2016 – Printed in EU
ISBN 978-88-6537-511-2
In copertina: Val Marcia – Giudicarie Esteriori – Trentino
Sul retro copertina: Serra do Bucaco – Portogallo
Prologo
Q
uesto è l’inizio, ma anche il succo di quel che vuol esser detto. Un albero, una donna e io, con il mio essere
e quello del vegetale che inconsapevolmente si fondono assieme dando vita a un protagonista inconsueto. Un prologo che
è un tentativo di spiegare le cose vedendole da un’angolazione
diversa, da una chioma verdeggiante che gratta il cielo stellato. Un esperimento che vuole tradurre quello che potrebbe
essere dentro di ognuno, usando il corpo di un’altra creatura
che, in fondo, potrebbe essere tanto più uguale all’uomo di
quello che si pensa.
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Io, l’albero ed Ermione
E
ra un giorno di marzo, quando d’un tratto un’immagine
mi rapì. La luce del locale mutava la noiosa apparenza in
una splendida idea; il suo viso era pallido e rossastro mentre
i capelli parlavano del loro profumo. Le labbra enunciavano
a uno a uno tutti i pensieri, l’imbarazzo li storpiava e io, festoso, osservavo la scena rapito dall’amore emesso da quella
creatura.
Di Ermione doveva trattarsi, la misteriosa donna del vivere
senza fretta. Come Beatrice a Dante, e Laura a Petrarca, anche Ermione voleva guidarmi nell’elaborare una nuova creazione della letteratura. Era giovane, bella e sapeva tranquillizzare con un solo sguardo ogni persona che incontrava sul suo
tragitto. Se ne stava sugli scogli, come una sirena, a cantare
spensierata tutto il dì, lisciandosi con una mano i capelli e
sorseggiando lentamente una coppa di vino.
Da poco ero tornato a vivere tra i campi di quel paesino,
racchiuso a Nord e a Ovest dalle montagne, posto sulla cima
di un altura da dove era possibile ammirare l’opera di Madre
Natura. Quella mattina, seguente alla bella serata, mi svegliai
di buon’ora con un gran mal di testa; gli occhi socchiusi s’impegnavano ad aiutare gli arti affievoliti, nel frattempo che le
mani davano forma a un caffè.
Gustata la calda bevanda uscii per tuffarmi in quel giorno
di primavera; dalla sedia su cui ero seduto riuscivo a scorgere
una miriade di alberi. Uno, in particolare, vecchio e secolare
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attirò la mia attenzione con la sua rugosa nudità. Del noce si
trattava, immobile sulla grossa radice, da sempre davanti alla
mia porta in attesa di uno sguardo.
La mente sembrava voler ritornare a correre veloce come un
tempo, troppo entusiasta per tentare di essere fermata. L’albero mi ricordava l’uomo, nelle sembianze e nei particolari.
Il tronco scolpito dalla storia, le radici possenti aggrappate
alla casa, i rami imponenti desiderosi di conoscere quello che
sta al di là del cielo. Poi suoi figli i rami e le foglie loro sorelle;
un’intera famiglia racchiusa in un pezzo di legno, ancorato a
un pezzo di argilla per l’eternità.
Il mio lato fiabesco era tornato a farsi vedere, seppur con tratti
diversi dall’ultima volta. All’inizio non fu facile capire che era
lui a spingermi a scrivere, ma poi tutto era così chiaro che non
valeva la pena di continuare a riflettere. Ermione era riuscita a
riportarlo alla luce per rigettarlo davanti ai miei occhi curiosi.
La nuova musa, avvinghiata intorno al noce, danzava seducente con l’armonia della calma che la aggraziava. Lei sarebbe
dovuta sembrare un vecchio abete, se solo fosse stata un albero; alto, robusto contro gli attacchi del tempo, sempreverde
seppur così saggio e carico di frutti. Niente e nessuno, mai,
avrebbe potuto cambiare la sua colorazione, il suo aspetto.
Ogni mattina il mio nuovo amico mi osservava, vedendomi sveglio di buon’ora mentre ero intento a leggere o scrivere
qualche riga prima di scappare in fretta e furia da qualche
parte. Non poteva immaginare il perché della mia frenesia,
standosene tutto il dì ad aspettarmi e venendo rincuorato
quando nelle poche ore serali a mia disposizione ritornavo
per rinchiudermi all’ombra delle mie idee.
Giorno dopo giorno la sua voglia di entrar tra di esse aumentava, mentre inconsapevolmente mi lasciavo trasportare
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terra nascondeva inizialmente questa verità ricoprendo le radici, allontanandolo dalla sua riflessione e distraendolo dalle
convinzioni maturate e ora ancorate tristemente a uno specchio d’acqua paludoso. Il lago dell’amore era piatto e indisturbato in superficie, ma fangoso e agitato nel profondo degli abissi; le radici scivolavano sempre più nel profondo, inabissandosi inconsciamente in una nuova dipendenza.
Mi chiese di impossessarmi di un pezzo di se stesso, volendo incidere una data tra gli anelli di vita per dimenticarsi che
i giorni passavano ancora. Ancora una volta la frenesia della
passione aveva preso il sopravvento, tralasciando la razionalità per portare Ermione al centro di questa favola.
Quello che verrà è già accaduto; il giovane albero ha trovato
un posto sul palcoscenico dell’eccitazione, restando intrappolato tra le turbolenti acque del quotidiano. Nuoterà a perdifiato tra le onde, compiacendosi di tutto quello che passerà
sotto ai suoi occhi e arrendendosi al tentativo di far perdurare
per sempre il suo beato desiderio.
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Granada – Spagna
Ermione
L’albero aveva deciso di tuffarsi tra le acque di quel sogno che
sapeva raro da ritrovare tra la realtà; non vedeva che Ermione,
non smetteva di farla principessa tra i suoi pensieri. Era un sentimento nobile che lo abbracciava, desideroso di donare amore
e protezione. Un viaggio fantastico prese vita da quest’ ideale,
inebriandolo fino al punto da non capire più quale veramente
fosse la distinzione tra realtà e immaginazione.
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Tuffo
L’
estate alle porte regalava tiepidi raggi di sole, così che il
noce veniva riscaldato da ardenti sentimenti mentre la
palla infuocata accecava i suoi occhi. Tra libri e nuove invenzioni passava le giornate, guardandomi speranzoso e attendendo uno sguardo che sempre più raramente gli era regalato.
La fioritura voleva catturare la sua attenzione, distendere per
un attimo le sue idee, facendogli notare da quante creazioni
stupende era circondato.
Un’orgia di tenerezza sbocciava tra le mura spoglie di una
casa improvvisata, priva di mobili ma carica di sogni; sfortunatamente le immagini oniriche non erano visibili all’occhio
della musa, così che la realtà, un’altra volta, stava prendendo
il sopravvento. Le pareti davano riparo al sol fiato di un orgasmo, così facile da raggiungere che perdeva la sua importanza. La sicurezza raggiunta portava in secondo piano questo
avvenimento e l’albero, come prima, era ancora fermo, immobile nel suo divenire. Aspettava il piacere che puntuale,
una volta l’anno, arrivava in punta di piedi per dare un senso
al passare del tempo.
Le sue idee volevano liberarsi, speranzose di riuscire a confidarsi con qualcuno che lo avvolgeva di sicurezza. Badavano
a perdersi come una foglia al vento, una alla volta, per non lasciarlo spoglio. Staccarsi tutte assieme avrebbe significato ritornare stanchi, intrappolati nel profondo della caverna dove
le stagioni non passavano mai, dove ognuno era suddito in23
consapevole del ritmo della società. Il giovane noce tentava
di tenerle strette ma il lago dell’amore imbrattava di spruzzi
la tela del quotidiano, facendolo cadere tra le sue insenature.
Quel giorno era disteso su un prato all’ombra di una pineta,
ed Ermione adagiava la testa tra le radici tentando di smuoverlo. Tuttavia nemmeno i biondi capelli riuscivano a catturarlo mentre un’altra mano le accarezzava la nuca, con lei che
inconsapevolmente si godeva tanta tenerezza. Lui guardava
la scena da un angolazione diversa, liberando un goccio di
linfa che non trovava più spazio tra la dura corteccia. La resina attirava verso l’esterno le convinzioni e da ogni solco si
perdevano al vento una miriade di concetti. Questi volavano
fino al firmamento, arrivando ognuno nei pressi di una stella
diversa, entrando in essa per riposare nuovamente.
L’albero fermo sulla terra e le stelle immobili nello spazio. Due immense meraviglie che ogni giorno e ogni notte
guardavano ognuna rispettivamente all’altra, chiedendosi
in quanti, ancora, si fermano per notare il cambiamento che
continua col farle crescere e morire. Ermione al centro, rivolta verso il noce, non poteva scorgere l’infinito dello spazio;
nel frattempo, tuttavia, rubava luce con l’avvolgente chioma e
l’armonioso profilo, con stretti abbracci e baci infuocati.
Lui si dimenticava del sogno, restando intrappolato nel più
bello che non aveva mai provato, guardando a un unico e immenso astro, tentando di regalargli anche ogni altra sua convinzione.
Una moltitudine di pensieri occupava le giornate spensierate dell’amore e faceva sembrare il tempo un cavallo imbizzarrito che sfrecciava senza interruzione, come una notte di
passione passata tra calde cosce e parole sussurrate. L’albero
voleva muoversi, voleva avvolgere la musa con la chioma per
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Banska Bystrica – Slovacchia
Dormiveglia
Non riuscendo più a trovare spiegazioni plausibili al sogno
che lo aveva accolto per poi costringerlo alla partenza, il noce
pensò che per vedere quel che veramente era successo avrebbe dovuto ricercare delle risposte in una storia non sua, osservando
distaccatamente le azioni che la caratterizzavano. Si mise a osservare un’altra avventura tanto simile a quella in cui aveva
nuotato, faticando per entrare completamente in essa ma perdendosi poi in un altro miraggio con tutto il cuore.
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Principessa
O
rmai l’immobilità non era più un’imposizione ma solo
una scelta razionale e consapevole; dentro di lui sarebbe sempre stata presente perché le radici su cui aveva edificato
il suo aspetto la trattenevano senza sosta. Il noce non aveva
più paura a muoversi e a lasciarsi andare, esplorando quella
città dove la quiete era stata iscritta tra i ciottoli delle strade.
Si smosse dalla sedentarietà, confidando su quello che nessuno avrebbe mai potuto vedere perché incastonato come un
diamante dentro alla scorza rugosa.
Di primo impatto fu catturato da un monumento slanciato verso il cielo, al cui apice era stata riposta una stella dorata
che copriva alla vista una nuvola grigia. Poi si mise in cammino, deciso a scrutare tra gli angoli delle case, sicuro che a ogni
svolta avrebbe potuto rimanere affascinato da quello che ancora non conosceva. Le vie ripide non potevano essere scalate con fretta perché il fiato palpitava come il cuore messo al
galoppo dall’amore, camuffando la minutezza di quel luogo e
facendolo sembrare immenso e senza limiti.
Per prima cosa volle salire in alto, richiamato da un biancheggiante castello che era riposto alla cima di una collina,
sempre più convinto che da là avrebbe potuto vedere cose che
la finitezza dello sguardo altrimenti non avrebbe potuto notare. Salendo incrociò una chiesa e poi una galleria d’arte; a
quel punto si fermò, richiamato dalla bellezza di un quadro
intravisto dalla finestra.
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Entrando si perse ad ammirare le infinite creature nate
dall’intelletto del proprietario della bottega; esterrefatto
si perse tra le pennellate di un quadro che nella sua tonalità scura e ombreggiante emanava una sensualità unica. Una
donna senza veli era raffigurata nel mezzo, dalle ginocchia
in su, con i peli che coprivano quel che considerato osceno
e con i piccoli seni al vento attorcigliati in un rosa cupo. Il
volto era sfumato, dimenticato, perso tra le misture di colore
che emanavano meglio di due occhi bagnati la tristezza che
racchiudeva. Nel vederlo il noce riusciva a far correre la mente per catturare un’espressione dissolta ma tanto provocante.
Avrebbe voluto che quella figura femminile potesse prender
vita per rubarla a quel muro e farla principessa dei suoi sogni,
salvandola dagli occhi indiscreti che ogni giorno la depredavano e portandola sempre con sé per inventare a ogni passaggio sotto i suoi piedi non raffigurati un sentimento diverso.
Uscendo poi da dove era entrato imbracciò il suo ricordo,
facendone tesoro per riprendere a sognare.
Salendo ancora assaporò la bellezza della storia racchiusa
in una libreria; libri centenari erano messi all’asta, e anche
se non riusciva a comprendere quel che sulle loro pagine era
stampato la puntigliosità e la certosina attenzione dei loro stili emanava quel qualcosa di unico frutto della certezza di non
dover essere comandati da alcuna imposizione. Li osservò a
lungo, girando tutt’attorno alle vetrine in cui erano custoditi per venire catturato dall’odore giallastro delle pagine e per
assaporare i loro formati.
Poi, proseguendo e arrivando al culmine dell’ascesa si girò
da dove era provenuto, fermandosi e accomodandosi su di un
masso. I tetti variopinti erano diventati piccoli piccoli, sottostanti alle sue idee, e solo ora il tutto poteva essere visto nel
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Ringraziamenti
Ringrazio il Prof. Gabriele Stoppa, Marcello Devilli e Michele Riccadonna per i consigli dati al termine della prima stesura del testo.
Ringrazio col cuore di un albero Elena R. per aver creduto in
queste mie idee, non smettendo mai di esserle amico.
Ringrazio gli amici, i colleghi e tutti i miei cari per far parte
di quello che mi circonda.
Ringrazio mio padre per avermi lasciato parte delle sue tradizioni, i miei genitori per la loro infinita storia d’amore.
Ringrazio infine l’amico Alessandro Caldera per la sinossi in
quarta di copertina.
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Prologo
Io, l’albero ed Ermione
Tuffo
Apnea
Quiete
Larice
Presente
Abisso
Distacco
Abbandono
Selvaggio
Esilio
Pensieri ed emozioni
Natale
Banska Stiavnica
Principessa
Rassicurazioni
Ricordo
Realtà
Ringraziamenti
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