Divisione Magnoliophyta o Angiospermae Classificazione scientifica Dominio: Eucariota (Eukaryota o Eukarya/Eucarioti) Regno: Plantae (Plants/Piante) Sottoregno: Tracheobionta (Vascular plants/Piante vascolari) Superdivisione: Spermatophyta (Seed plants/Piante con semi) Divisione: Magnoliophyta o Angiospermae Alla divisione Magnoliophyta o Angiospermae appartengono, classicamente, due grandi classi: • Dicotiledoni o Magnoliopsida • Monocotiledoni o Liliopsida Le Magnoliofite (o Magnoliophyta) sono una vasta divisione di piante note anche sotto il nome di Angiosperme (o Angiospermae). Il Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica (ICBN) permette, per i taxa di rango superiore alla famiglia, di usare indipendentemente nomi descrittivi tradizionali come Angiospermae o regolarmente derivati da un genere "tipo" come Magnoliophyta, che deriva dal genere Magnolia. Apparse nel Cretaceo (circa 130 milioni di anni fa), le angiosperme hanno rapidamente soppiantato le felci e le gimnosperme. Fanno parte della divisione delle Magnoliofite circa 300.000 specie botaniche, erbacee, arboree, arbustive e lianose. Sono oggi le piante più diffuse ed importanti, sia dal punto di vista ecologico che economico. La sistematica delle Angiosperme Secondo una visione tradizionale della sistematica basata essenzialmente sui caratteri morfologici, le angiosperme venivano divise nelle due classi delle monocotiledoni (Liliopsida) e dicotiledoni (Magnoliopsida). All’interno di queste ultime, venivano individuate in passato un piccolo numero di sottoclassi sulla base delle caratteristiche del perianzio: piante con fiori privi sia di calice che di corolla oppure provvisti di un solo verticillo; piante a fiori con corolla dialipetala; piante a fiori con petali fusi in corolla gamopetala. Tra queste sottoclassi veniva individuata una linea evolutiva che andava dal perianzio ridotto o assente, alla corolla a elementi liberi, a quella gamopetala. Sulla base di un’impostazione sistematica di questo tipo, tutte le angiosperme della flora mondiale vennero inquadrate dal sistematico tedesco Engler in uno schema tassonomico molto articolato che arrivava fino al rango di genere (Engler & Prantl Die Natürlichen Pflanzenfamilien, 1887-1915). Partendo dall’ordinamento di Engler, famiglie e generi sono stati ordinati in una sequenza sistematica su presunte basi filogenetiche, dal genere ritenuto meno evoluto a quello ritenuto più evoluto. Schematizzando molto, nelle dicotiledoni si andava dalle cosiddette amentifere – piante arboree con fiori anemogami a perianzio nullo o ridotto riuniti in amenti di famiglie come Salicaceae, Betulaceae, Fagaceae – fino alle più complesse composite (Asteraceae), con fiori a corolla gamopetala riuniti in infiorescenze specializzate a capolino. Nelle monocotiledoni, da famiglie con fiori regolari come Alismataceae, Juncaceae, Liliaceae, alle Orchidaceae con fiori irregolari complessi. Questa impostazione sistematica ha goduto a lungo di un vasto seguito in gran parte d’Europa. Sequenze di famiglie e generi basate su un simile schema di riferimento sono tuttora alla base dell’ordinamento seguito in flore autorevoli anche recenti (Flora Europaea, Flora d’Italia di Pignatti) e nelle collezioni di molti erbari. Tuttavia, indagini sistematiche condotte nell’ultimo mezzo secolo utilizzando altri dati oltre a quelli morfologici (dati anatomici, cromosomici e biosistematici in genere, dati biochimici) hanno messo in luce legami filogenetici e linee evolutive molto diversi da quelli ipotizzati da Engler e in particolare si è riconosciuto il carattere in genere derivato dei fiori anemofili rispetto a quelli entomofili. Sulla base di queste nuove conoscenze sono stati proposti vari schemi di classificazione delle piante a fiore di impostazione più rigorosamente filogenetica, in molte delle quali scompare la stessa distinzione tra monocotiledoni e dicotiledoni. Tra questi, uno dei più accettati è stato a lungo quello di Arthur Cronquist (in seguito integrato e modificato da altri autori), in cui le angiosperme più primitive non sono più ritenute le amentifere, ma quelle a fiori con elementi numerosi disposti a spirale, del tipo delle Magnoliaceae, Nymphaeaceae, Ranunculaceae, ecc. In questo schema (figura1), le piante a fiore sono divise in una decina di sottoclassi, il cui numero e la cui delimitazione hanno subìto via via numerose modifiche, col progredire delle conoscenze. Figura 1 – Una classificazione delle Magnoliophyta in 11 sottoclassi, basata sul sistema di Cronquist. La classificazione di Cronquist è stata accettata da molti autori nei decenni passati, ma attualmente è ritenuta anch’essa superata sulla base delle nuove conoscenze derivate dall’analisi e confronto del DNA dei diversi taxa, attraverso la quale diventa possibile ricostruire direttamente almeno in parte i legami filogenetici tra i diversi taxa. Questo tipo di indagini è sfociato in un nuovo approccio strumentale alla sistematica (sistematica molecolare), che ha portato a dare negli ultimi decenni nuovo impulso agli studi sulla filogenesi e conseguentemente sulla tassonomia delle angiosperme. Le indagini sistematiche sulle Magnoliophyta conoscono attualmente un momento di grande floridità, col risultato che nuovi schemi tassonomici vengono proposti si può dire ogni anno. Al momento, nessuno di questi ha trovato l’accordo della maggioranza degli studiosi ed è accettato come risolutivo, tanto che in alcuni testi recenti le angiosperme vengono inquadrate in generi, famiglie, ordini, ma al di sopra di questo rango sono riunite in gruppi provvisori senza valore tassonomico. In particolare, è stata messa fortemente in discussione la tradizionale distinzione delle angiosperme nelle due classi delle monocotiledoni e delle dicotiledoni, secondo le regole della nomenclatura botanica meglio denominate come classi Liliopsida e Magnoliopsida. Inizialmente si è ritenuto che la separazione tra le due classi fosse avvenuta molto precocemente, dal momento che tra i resti fossili del Cretaceo si possono riconoscere già forme attribuibili all’una o all’altra e che alcune famiglie di angiosperme viventi che hanno conservato caratteri di maggiore primitività appaiono difficilmente inquadrabili tra le dicotiledoni o le monocotiledoni. I dati più recenti sembrerebbero invece dimostrare che solo le monocotiledoni costituiscono un gruppo monofiletico, derivano cioè tutte da un unico antenato comune, mentre le dicotiledoni comprenderebbero almeno due gruppi a origine indipendente: - il grande gruppo delle “vere dicotiledoni” (o eu-dicotiledoni), caratterizzate da avere polline con tre solchi (tricolpato). Questo gruppo comprende la maggior parte delle famiglie tradizionalmente inquadrate nelle dicotiledoni; - un gruppo molto più piccolo che include le famiglie che hanno mantenuto caratteri più primitivi. Questo secondo gruppo, che corrisponde grosso modo alla sottoclasse Magnoliidae della classificazione di Cronquist, può essere ulteriormente suddiviso in due: famiglie a portamento legnoso con foglie più o meno coriacee, come le Magnoliaceae (gruppo delle “Magnoliidi arboree”); famiglie erbacee a foglie sottili, come le Nymphaeaceae e le Aristolochiaceae, con caratteristiche in parte simili a quelle delle monocotiledoni, di cui rappresenterebbero il gruppo ancestrale (“Paleoerbe non monocotiledoni”). Si tratta di un gruppo abbastanza eterogeneo. Fig. 2 – Classificazione delle angiosperme su base filogenetica. Tuttavia, per una sistematica elementare a carattere applicativo, la distinzione in monocotiledoni e dicotiledoni appare ancora utile e ad essa verrà fatto riferimento anche nella trattazione delle principali famiglie di interesse applicativo ed ecologico che è riportata più avanti. Caratteri fondamentali Le Magnoliofite si distinguono perché i loro semi sono avvolti da un frutto, che li protegge e ne facilita la disseminazione. Il nome descrittivo Angiosperme significa infatti "seme protetto" (dal Greco αγγειον, ricettacolo, e σπερµα, seme). Il fiore delle Magnoliofite è più complesso di quello delle altre Divisioni delle Spermatofite (qui si tratta di un semplice complesso di sporofilli senza strutture specializzate caratteristiche dei fiori convenzionali), anche se tutte condividono la riproduzione per mezzo di semi (per questo motivo tutte sono incluse nella Superdivisione delle Spermatophyta. Il fiore delle Magnoliofite é costituito da elementi sterili (i sepali ed i petali: i primi che formano il calice ed i secondi la corolla) e da elementi fertili, presenti o non nello stesso fiore: gli stami in cui si differenziano i granuli di polline, e il carpello (o i carpelli): foglie modificate ripiegate su se stesse, in cui si distinguono, dall'apice verso la base, lo stimma, lo stilo e l'ovario, che racchiude gli ovuli (Figura 3). Quindi, nelle Angiosperme, gli ovuli non sono semplicemente "portati" da squame, come accade nella ex Divisione delle Gimnosperme, ma sono racchiusi all'interno dell'ovario che, durante la maturazione del seme, si trasforma nel pericarpo del frutto. Questa é una importante differenza rispetto alle Gimnosperme (le piante "a semi nudi"): infatti il frutto é un organo esclusivo delle Angiosperme, molto importante ai fini della dispersione dei semi ad opera del vento, dell'acqua o di animali. Il processo riproduttivo delle Angiosperme é simile a quello delle Gimnosperme, con alcune differenze: - il granulo pollinico completamente germinato (il gametofito maschile) contiene solo tre nuclei anziché quattro come nelle Gimnosperme, una cellula vegetativa e due cellule spermatiche; - il polline non viene disperso solamente dal vento, ma alla sua dispersione partecipano numerosi animali, tra cui soprattutto gli insetti. Tuttavia, nel corso dell’evoluzione, molte specie di Angiosperme sono tornate all'impollinazione ad opera di agenti non biologici, soprattutto il vento. I fiori sono allora diventati piccoli, numerosi e poco appariscenti. L’impollinazione anemofila è apparsa indipendentemente in numerosi gruppi di angiosperme sia monodicotiledoni (Poaceae) che dicotiledoni (es. Salicaceae, Fagaceae); - il polline non entra mai all'interno dell'ovulo ma aderisce alla superficie dello stimma, quindi, in alcune specie, il tubetto pollinico deve allungarsi in modo considerevole attraverso lo stilo per giungere agli ovuli; - il gametofito femminile maturo, il sacco embrionale, é costituito solamente da 8 nuclei, e contiene un'unica cellula uovo che non é racchiusa nell'archegonio; - avviene il processo della doppia fecondazione: alla fecondazione partecipano entrambi i nuclei spermatici del granulo pollinico: uno feconda la cellula uovo dando origine allo zigote, l'altro invece si fonde con due nuclei (i nuclei polari) che si trovano al centro del sacco embrionale, e si forma l'endosperma triploide che servirà come tessuto di riserva per lo sviluppo dell'embrione; - gli embrioni delle Angiosperme possono avere uno o due cotiledoni (foglie embrionali), rispettivavente nelle Mono- e nelle Dicotiledoni, che possono funzionare come organi di riserva o come austori durante la germinazione dell'embrione (Figura 3). Infine,l e Magnoliofite si distinguono anche per la presenza di trachee vere e proprie unite a canali più grandi e specializzati, gli "elementi dei vasi", che rendono più efficiente il trasporto idrico, e per essere l'unica divisione che comprende piante erbacee in senso proprio. Nelle angiosperme, i processi riproduttivi raggiungono il massimo livello di perfezionamento e di efficienza nel mondo vegetale, grazie a due fondamentali innovazioni premiate dalla selezione: il carpello e il fiore. Il carpello presenta una serie di notevoli vantaggi evolutivi: - ulteriore protezione del gametofito femminile dal pericolo di disseccamento e di danneggiamenti; - possibilità di aumentare il periodo di ricettività del polline, senza rischio di disseccamento per l’ovulo; - grazie all’allontanamento della superficie recettiva dall’oosfera, possibilità per la pianta di mettere in atto meccanismi di incompatibilità sul percorso più lungo del tubetto pollinico, arrivando in definitiva a scegliere il gamete maschile più “gradito” per la fecondazione; - possibilità di contribuire attivamente alla dispersione del seme, con la trasformazione del carpello in frutto dopo la fecondazione e le relative modificazioni in funzione dell’agente della dispersione (frutti carnosi ingeriti dagli animali, frutti alati portati dal vento, ecc.). Figura 3 – Fasi principali del ciclo gametofitico delle Angiosperme. Ovuli Funicolo Carpelli Embrione ed endosperma Embrione di monocotiledone Logge carpellari Sacco embrionale Sezione di antera Seme di monocotiledone (A) e di dicotiledone Frutto di dicotiledone (siliqua) Nel fiore gli organi e le strutture riproduttive sono organizzati in un complesso estremamente specializzato che garantisce la massima protezione ai gametofiti e la massima efficienza nella selezione e nell’incontro dei gameti. Nelle piante a fiore raggiunge dunque la massima espressione quella tendenza evolutiva verso il perfezionamento dei meccanismi riproduttivi che è alla base della possibilità di insorgenza di nuove forme e nuove funzioni da sottoporre al vaglio della selezione. È proprio grazie a questo che tra le angiosperme si è potuta evolvere quell’enorme varietà morfologica e fisiologica che ha loro consentito di diffondersi e diventare il gruppo di vegetali attualmente dominante in quasi tutti gli ambienti terrestri.