Università degli Studi di Padova, Facoltà di Scienze della Formazione
Dipartimento di Filosofia
Corso di perfezionamento in
Metodologia dell’insegnamento filosofico
a.a. 2011/2012
incontri coordinati da Paolo Vidali
I incontro
2.04.2012
L’argomentazione e la filosofia
Sommario
Introduzione .............................................................................................................................................. 2
1. I problemi relativi all’insegnamento della filosofia, oggi ...................................................................... 3
1.1. Problemi di senso ...................................................................................................................... 3
1.2. Problemi di giustificazione ........................................................................................................ 3
1.3. Problemi di ordinamento .......................................................................................................... 4
2. La filosofia come argomentazione ........................................................................................................ 6
2.1. Una definizione di filosofia ........................................................................................................ 6
2.2 I diversi tipi di ragionamento a confronto ................................................................................. 8
2.3 L’argomentazione alla base della dimostrazione ....................................................................... 9
2.4 Una proposta di definizione ..................................................................................................... 11
2.5. Che cos'è un ragionamento argomentativo? .......................................................................... 11
2.6. Smarrimento e a ripresa dell’argomentazione ....................................................................... 12
2.7. Gli strumenti dell’argomentare ............................................................................................... 15
3. Insegnare filosofia per problemi e argomentazioni ............................................................................ 17
3.1 Storia della filosofia o filosofia? ............................................................................................... 17
3.2 La struttura di Argomentare..................................................................................................... 18
3.3.Gli obiettivi didattici della filosofia come argomentazione ..................................................... 19
3.4 Difficoltà e opportunità dell’insegnare la filosofia come argomentazione ............................. 20
4. Come una conclusione ........................................................................................................................ 21
Insegnare la filosofia come argomentazione
Introduzione
Stiamo vivendo un tempo di mutazione. A volerne
scegliere una, si potrebbe usare la descrizione che ne dà
Baricco, nel suo saggio sui "barbari"1. Sarebbe già una
risposta alle difficoltà che incontriamo ad insegnare
filosofia oggi.
In ogni ordine di scuola la riflessione, la profondità,
l'analisi, l'autenticità sono considerati il traguardo da
raggiungere. Forse non l'unico, ma certo uno dei più
importanti. Il fondo della cultura che impariamo - e
insegniamo - è la ricerca di un'essenza, profondamente incastonata nel cuore delle cose. Ma non è
così per i nostri studenti. Per essi cambia il modo di fare esperienza e, quindi, il modo di essere e di
pensare in queste esperienze. La semplificazione, la medietà, la velocità, la superficialità, l'estasi
commerciale, la spettacolarità sono i tratti emergenti. "La stupefacente idea che qualcosa, qualsiasi
cosa, abbia senso solo se riesce a inserirsi in una più ampia sequenza di esperienze".2 Ecco i tratti del
mondo a cui ci stiamo adattando. E' nato l'uomo orizzontale, che naviga sulla pelle delle cose e ha in
odio il profondo e l'autentico (in certi tratti sembra di risentire Nietzsche). Cerca solo la velocità nel
percorrere le traiettorie che lo portano ad altre esperienze. Il senso sale in superficie e diventa la rete
che permette di transitare da esperienza a esperienza. E' nata l'idea che "l'intensità del mondo non si
dia nel sottosuolo delle cose, ma nel bagliore di una sequenza disegnata in velocità sulla superficie
dell'esistente"3.
Potremmo consolarci pensando che anche queste riflessioni, a tutti gli effetti, sono filosofia. Ma è
una consolazione da poco. In questa mutazione il progetto stesso della filosofia che abbiamo
imparato e insegnato sta mostrando il proprio limite. Pensare il presente, come richiede il titolo di
questo corso di formazione, richiede un approccio inedito. Non sarò certo io a indicarlo. Mi
basterebbe mostrare la necessità di cercarne uno.
Questo testo si articola in 3 sezioni.
1. La prima è rivolta ai problemi che oggi incontra chi insegna filosofia.
2. La seconda cerca una via alternativa nella teoria dell’argomentazione, intesa come una nuova
risorsa teorica per l'insegnamento della filosofia.
3. La terza sezione cercherà di illustrare come argomentazione e filosofia possano diventare un
progetto didattico, seguendo in questo l'esperienza di insegnamento fatta da chi scrive con il testo
Argomentare.4 Vedendone le risorse così come i limiti.
1
A. Baricco, I barbari, Gruppo editoriale L'Espresso, Roma 2006.
Ivi, p. 105
3
Ivi, p. 171
4
G. Boniolo, P. Vidali, Argomentare. Corso di Filosofia, in 5 tomi, Paravia - Bruno Mondadori, Milano 2002-2003.
2
2
1. I problemi relativi all’insegnamento della filosofia, oggi
1.1. Problemi di senso
Nei licei noi insegnanti di filosofia siamo sempre in ritardo nel primo quadrimestre della Terza.
Studenti nuovi, periodo scolastico più breve, difficoltà a raccogliere sufficiente materiale per
interrogare... ma la ragione vera è un'altra. Serve tempo per spiegare che strano tipo di materia è la
filosofia. A studenti abituati ad affrontare problemi con le soluzioni riportate in calce, abituati a
categorie storiche sicure e a schemi interpretativi affidabili, la filosofia fa paura. E' insicura, ipercritica,
disciplinarmente instabile, inutile. Perché dedicare il proprio tempo e il denaro dei contribuenti a
studiarla?
E' questa la ragione del ritardo, non solo nel primo anno di filosofia, ma in generale. Occorre
rispondere a questa domanda di motivazione, a questa domanda di senso. E occorre farlo quando si
può, quando l'occasione si crea, quando il contesto lo permette, il che non coincide mai con il
momento prefissato.
Ecco, il primo problema che incontriamo, come docenti di filosofia alle superiori, è la motivazione.
Un problema che nessun universitario affronta: i suoi studenti l'hanno già risolto, per il fatto di essere
lì. A che serve la filosofia, nel nostro progetto di cultura? E' una domanda a cui non possiamo
sottrarci. E' la domanda del nostro insegnare.
1.2. Problemi di giustificazione
Dare una risposta significa, immediatamente, affrontare un altro problema. Esporre e giustificare
un'idea di filosofia. E sappiamo quanto questo aspetto sia variabile, significativamente oscillante da
docente a docente. Ognuno è chiamato a pronunciarsi, magari lasciando la parola al testo che ha
comunque scelto. Lo farò anch'io, tra poco, ma non prima di aver sollevato un dubbio.
Circola un’idea piuttosto malsana di filosofia, che senza volere finiamo, talvolta, per trasmettere ai
nostri studenti. Un analitico per definizione, John Hospers, quando definisce la filosofia si esprime
così: “Quali sono le domande filosofiche? Domande alle quali possono rispondere le scienze non sono
filosofiche.[…] Domande che riguardano ciò che è accaduto nel passato non sono di competenza della
filosofia. […] La filosofia è studio della realtà, ma non di quell’aspetto della realtà che è già studiato
dalle diverse scienze. Ciò che resta alla filosofia sono gli interrogativi non matematici e non
empirici”5. Ora, una definizione come questa, formulata da uno studioso non qualunque di filosofia, è
agghiacciante se offerta agli studenti: è una definizione per via negativa e implica una sorta di
concezione evaporata della filosofia. Perché uno studente dovrebbe studiare filosofia quando gli si
dice che quello che la filosofia propone in epoca antica, in epoca pre-sofista, ai tempi di Democrito, di
Platone, piuttosto che di Cartesio o di Kant, un po’ alla volta evapora dalla filosofia per condensarsi
nelle varie scienze? Perché lo studente dovrebbe studiare filosofia visto che molte scienze hanno, per
così dire, fagocitato temi tipici di natura filosofica e riflessioni e ricerche specifiche della filosofia?
E non è meno terrificante la definizione di filosofia offerta da una tradizione più vicina a noi, quella
di un approccio più “continentale”, secondo la quale la filosofia è studio del fondamento. Ciò non vuol
5
J. Hospers, An Introduction to Philosophical Analysis, Routledge and Kegan Paul Limited, 19964, tr. it. Introduzione
all'analisi filosofica, Mondadori, Milano 2003, pp.5-6.
3
dire necessariamente che la filosofia si riduca a metafisica nel senso puro del termine. Il fondamento
può intendersi nel senso di questione fondamentale. Ebbene, la filosofia sarebbe dunque un sapere
ancorato a queste domande fondamentali. Ma, chiediamoci, per uno studente che affronta domande
fondamentali non c’è forse più seduzione in un testo letterario o in un'opera d'arte? La filosofia non è
monopolista su tali questioni, perché ce le poniamo tutti e, a differente titolo, altre discipline e
diverse pratiche culturali riescono a farvi fronte.
Ebbene, se proponiamo con la filosofia una disciplina che indaga ciò che poi le scienze
affronteranno in maniera più matura - sembra di risentire la legge dei tre stadi di Comte - oppure un
sapere che affronta le domande fondamentali dell'uomo al pari di altre pratiche culturali, siamo
destinati all'insignificanza. Di fronte ai nostri studenti siamo già incapaci di fornire una motivazione
accettabile dello studio filosofico. Secondo me, questo atteggiamento “in ritirata”, “in uscita”, “in
negazione” nella risposta alla domanda che cos’è la filosofia va rovesciato. Contro questo
atteggiamento auspico uno scatto di orgoglio teoretico. Ogni insegnante, in ogni lezione, in ogni
momento dovrebbe saper rispondere alla domanda fondamentale che alberga nell'animo di ogni
studente, anche se raramente appare: "Ma perché devo studiarlo?" Se non abbiamo una risposta, o
se ci rifugiamo nel programma per darla - il che equivale a non averla - di nuovo siamo destinati
all'insignificanza. Con la sola novità, rispetto a prima, che ce la siamo meritata.
1.3. Problemi di ordinamento
Ho citato il programma non a caso. Un ultimo problema relativo all'insegnamento della filosofia viene
dal quadro normativo in cui ci muoviamo. Per amore di speculazione vorrei esporre le mie perplessità
non tanto in rapporto al vetusto schema ministeriale su cui campa da decenni la scuola superiore
italiana. Quanto, piuttosto, riferendomi alle proposte di riforma avanzate - e ritirate - nel 2006, sotto
l'egida della ministro dell'Istruzione Brichetto Moratti. Osserviamo gli Obiettivi Specifici di
Apprendimento proposti, distinti in contenuti e competenze.
CONTENUTI
Le origini della filosofia. I presocratici.
I Sofisti. Socrate.
Platone. Aristotele.
La filosofia nell’età ellenistica e imperiale.
Plotino.
Agostino di Ippona.
La filosofia medioevale. Tommaso d’Aquino.
Umanesimo e Rinascimento.
La Rivoluzione scientifica.
Il pensiero moderno. Descartes, Hobbes,
Spinoza,
Locke, Leibniz, Vico, Hume, Rousseau.
L’illuminismo.
Kant.
Altri filosofi antichi, medioevali e moderni.
Risorse informatiche e telematiche per lo
4
ABILITÀ
Sviluppare un approccio di tipo storico, critico
e
problematico ai grandi temi della filosofia.
Sviluppare la disponibilità al confronto delle
idee
e dei ragionamenti.
Esercitare la riflessione critica sulle diverse
forme
del sapere e sul loro “senso”.
Sviluppare l’attitudine a problematizzare
conoscenze,
idee e credenze.
Usare strategie argomentative e procedure
logiche.
Riconoscere e utilizzare il lessico e le categorie
essenziali della tradizione filosofica.
studio
della filosofia.
Lettura di testi filosofici.
Analizzare, confrontare e valutare testi
filosofici.
Confrontare e contestualizzare le differenti
risposte
dei filosofi allo stesso problema.
Usare anche risorse informatiche e telematiche
per lo studio della filosofia.
Ultimo anno
L’idealismo. Fichte. Hegel.
Le abilità sono le stesse di quelle indicate per il
Kierkegaard, Schopenhauer, Marx.
secondo biennio, esercitate però a livello più
Il positivismo. Comte. Stuart Mill.
avanzato.
Nietzsche. Altri filosofi dell’Ottocento.
La filosofia del Novecento. Bergson, Croce,
Gentile,
Weber, Husserl, Heidegger, Wittgenstein,
Dewey, Popper.
Altri filosofi del Novecento.
Temi e problemi della filosofia contemporanea.
Risorse informatiche e telematiche per lo
studio
della filosofia.
Lettura di testi filosofici.
Assolutamente ordinario il quadro dei contenuti. Più interessante quello delle abilità. Tale approccio,
per ora, è ripreso ne Il profilo culturale, educativo e professionale dei Licei che accompagna la riforma
Gelmini in atto. Qui si esordisce dicendo che:
“I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione
approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e
critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e
competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita
sociale e nel mondo del lavoro, sia coerenti con le capacità e le scelte personali”. (art. 2 comma 2 del
regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei…”).
Per raggiungere questi risultati occorre il concorso e la piena valorizzazione di tutti gli aspetti del
lavoro scolastico:
lo studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e critica;
la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari;
l’esercizio di lettura, analisi, traduzione di testi letterari, filosofici, storici, scientifici, saggistici e
di interpretazione di opere d’arte;
l’uso costante del laboratorio per l’insegnamento delle discipline scientifiche;
la pratica dell’argomentazione e del confronto;
la cura di una modalità espositiva scritta ed orale corretta, pertinente, efficace e personale;
l‘uso degli strumenti multimediali a supporto dello studio e della ricerca.”
5
Più avanti, nel definire le 5 aree in cui si articola lo studio liceale (1.Area metodologica, 2. Area logicoargomentativa, 3. Area linguistica e comunicativa, 4. area storico-umanistica, 5. Area scientifica,
matematica e tecnologica) così si definisce l’area che ci riguarda da vicino
Area logico-argomentativa
 Saper sostenere una propria tesi e saper ascoltare e valutare criticamente le argomentazioni
altrui.
 Acquisire l’abitudine a ragionare con rigore logico, ad identificare i problemi e a individuare
possibili soluzioni.
 Essere in grado di leggere e interpretare criticamente i contenuti delle diverse forme di
comunicazione.
E questo è il quadro della Riforma, per quanto riguarda filosofia, con una riduzione di circa il 30%
sull'orario insegnato attualmente.
Liceo
classico
sc. umane
economicosociale
scientifico
sc. applicate
linguistico
musicale
artistico
materie
storia
filosofia
storia
filosofia
storia
filosofia
storia
filosofia
storia
filosofia
storia
filosofia
storia
filosofia
storia
filosofia
I
II
3
3
1,5 1,5
1,5 1,5
1,5 1,5
1,5 1,5
1,5 1,5
1,5 1,5
1,5 1,5
III
3
3
2
3
2
2
2
3
2
2
2
2
2
2
2
2
IV
3
3
2
3
2
2
2
3
2
2
2
2
2
2
2
2
V
3
3
2
3
2
2
2
3
2
2
2
2
2
2
2
2
Ecco, il terzo problema è di metodo e di ordinamento. E' possibile, in questo contesto di riforma, fare
filosofia nello stesso modo in cui l'abbiamo studiata noi, 10, 20, 30 o 40 anni fa?
2. La filosofia come argomentazione
2.1. Una definizione di filosofia
Non mi voglio esimere dall'impegno che avevo assunto. Cosa intendere per filosofia e come
giustificarne l'importanza nella formazione generalista liceale?
6
Partirei da una citazione
“Il principale interesse della filosofia è mettere in questione e comprendere idee
assolutamente comuni che tutti noi impieghiamo ogni giorno senza pensarci sopra. Uno storico
può chiedere che cosa è accaduto in un certo tempo del passato, ma un filosofo chiederà “Che
cos’è il tempo?”. Un matematico può studiare le relazioni tra i numeri, ma un filosofo chiederà
“Che cos’è il numero?”. Un fisico chiederà di che cosa sono fatti gli atomi o che cosa spiega la
gravità, ma un filosofo chiederà come possiamo sapere che vi è qualche cosa al di fuori delle
nostre menti. Uno psicologo può studiare come i bambini imparano un linguaggio, ma un
filosofo chiederà “Che cosa fa in modo che una parola significhi qualche cosa?”. Chiunque può
chiedersi se è sbagliato entrare in un cinema senza pagare, ma un filosofo chiederà “Che cosa
rende un’azione giusta o sbagliata?””
T. Nagel, Una brevissima introduzione alla filosofia, Milano, Mondadori 1989, pp. 6-7.
I filosofi hanno definito la filosofia in molti modi diversi: quello di Thomas Nagel, un filosofo del
nostro secolo, ha il merito di mostrare la natura instabile di questa disciplina, che si interroga su che
cosa si nasconde dietro le nostre parole più usate e i nostri concetti più comuni. La filosofia nasce da
questo “meravigliarsi” di fronte all’ovvio. Ma non ogni domanda è una domanda filosofica.
Ciò su cui da sempre la filosofia indaga sono le domande fondamentali quali, per esempio, che
senso ha vivere, quando un’azione è buona, se esiste una verità, che cos’è la bellezza... Si tratta di
questioni generali, proprie di ogni persona e di ogni tempo, non limitate ad una situazione specifica o
ad un aspetto particolare.
Eppure non è solo la filosofia a porsi tali domande generali. Anche le religioni affrontano questioni
dello stesso tipo: da dove veniamo? dove andiamo? esiste qualche cosa oltre l’apparenza di ciò che
vediamo?... Anche la letteratura pone, in casi esemplari, le stesse questioni di fondo e offre delle
risposte. La differenza è nel modo di trovare le risposte: la filosofia utilizza solo la razionalità,
indagando, argomentando, criticando con le sole armi della ragione, senza presupporre nessun atto di
fede.
Ciò in cui propriamente consiste l’indagine filosofica è porre problemi generali per poi affrontarli
razionalmente. In questo, senza dubbio, la filosofia è simile alle scienze per il modo razionale in cui
affronta le proprie questioni. La differenza è di fase. Anche nelle scienze vi sono delle fasi in cui i
principi sono messi in discussione e qualcosa di nuovo sta prendendo forma. Per questo anche nel
mondo della scienza, in fasi di mutamento delle matrici disciplinari, anche gli scienziati fanno i filosofi.
Proprio della filosofia, e di tutti i saperi scientifici in certi momenti della loro evoluzione, è la
capacità di mettere in questione razionalmente i principi. Per questo diciamo che solo la filosofia
discute sul fondamento, perché sospende e valuta le condizioni di possibilità di ciò che viene ritenuto
vero.
Ma questa attività è possibile sono usando la ragione in un certo modo. Particolare. Tecnicamente
diverso. E' il modo dell'argomentazione, in cui alcuni aspetti vengono comunque assunti come veri e
validi, ma molte delle premesse vengono messe in discussione. Solo così si può discutere di razionalità
ragionando, di linguaggio parlando, di tempo vivendo… Solo con questo approccio, tipicamente
filosofico, possiamo indagare il bordo, la cornice, il principio e, in fondo, il limite della nostra
esperienza. La filosofia usa per questo la ragione argomentativa. E questa competenza le è propria.
Ecco, se me lo si consente, un modo non "evaporato" di presentare agli studenti il sapere filosofico.
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2.2 I diversi tipi di ragionamento a confronto
Nel ragionamento dimostrativo (o dimostrazione), in cui le premesse sono assunte come vere, e
quindi non discutibili, il processo inferenziale è fissato da regole rigide e la conclusione segue in modo
necessario e non discutibile. La dimostrazione è il ragionamento tipico delle scienze, specie delle
scienze formali: la logica, la matematica, in misura minore le scienze naturali.
Nel ragionamento argomentativo, in cui sia le premesse sia il processo inferenziale sono suscettibili
di critica, la conclusione cui si giunge non è necessaria.
Il ricorso all’argomentazione è infatti enormemente più diffuso di quello alla dimostrazione, perché
per lo più ci troviamo in situazioni in cui la nostra razionalità si esercita su premesse discutibili, su
passaggi controversi, su problemi complessi. Di tutto ciò si occupa l’interrogazione filosofica.
L’argomentazione è infatti il ragionamento tipico dell’ambito filosofico, non meno che dell’ambito
quotidiano. La filosofia ricorre ai ragionamenti argomentativi per giustificare le proprie tesi,
muovendosi in quel campo in cui il ragionare dimostrativo non è possibile, perché i principi non sono
ancora assunti e accettati, perché le inferenze non sono ancora del tutto codificate, perché le
premesse sono solo opinabili e quindi vanno rinforzate con la discussione e il consenso.
Ecco uno schema corrente della distinzione tra i due tipi di ragionamento:
Dimostrazione
Impersonale
Indipendente dal tempo e dallo spazio
Valida sempre e per tutti
Incontrovertibile
Superfluità di un'ulteriore
dimostrazione
Fondata su assiomi
Argomentazione
Personale
Situata nel tempo e nello spazio,
vincolata al qui ed ora
Valida nella situazione in cui è
proposta
Sempre rivedibile
Opportunità dell'accumulo
Fondata su opinioni presupposizioni,
precedenti
Vale il principio del terzo escluso
Non vale il principio del terzo escluso,
del tutto o niente
Carattere di verità logica, valida sempre
Carattere valutativo, tipico della
e ovunque
giustificazione della ragionevolezza di una
scelta
Evidenza e necessità
Verosimiglianza, plausibilità,
probabilità
Brevità e semplicità
Ampiezza e ornamento
Usa un linguaggio che può essere anche
Usa un linguaggio naturale
artificiale, simbolico
Indifferente rispetto al destinatario
Postula un uditorio determinato
Non negoziabilità
Negoziabilità delle conclusioni
8
Implica la possibilità di un calcolo,
anche meccanico
Esclude la possibilità di accrescimento
dell'adesione
Definitiva e ultimativa
Giudicata in base a criteri di validità e
correttezza
Teoricamente autosufficiente
Implica comunicazione, dialogo,
discussione, controversia
Ammette gradi di adesione diversa
Comporta decisioni modificabili, in caso
di intervento di nuovi fattori o mutamenti
nelle valutazioni
Giudicata in base a criteri di rilevanza,
di forza o debolezza
Mira all'adesione; volta all'azione,
immediata o eventuale
Questo schema (tratto da Cattani 1990, pp. 22-23 con modifiche) rappresenta, in realtà, una
forzatura: i rapporti tra i due tipi di ragionamento sono molto più stretti di quanto non si creda,
come, d’altra parte, lo stesso Aristotele aveva indicato.
2.3 L’argomentazione alla base della dimostrazione
Scopo della dialettica, per Aristotele, è mettere alla prova una tesi (Top., VIII, 159 a, 161 a),
conoscere e saggiare le opinioni degli uomini (Ivi, I, 101 a) e, infine, ciò che più ci interessa, saggiare
il valore epistemologico dei principi da cui parte ogni scienza:
È utile altresì rispetto agli elementi primi riguardanti ciascuna scienza. Partendo infatti dai principi
propri della scienza in esame, è impossibile dire alcunché intorno ai principi stessi, poiché essi sono i
primi tra tutti gli elementi, ed è così necessario penetrarli attraverso gli elementi fondati sull’opinione
(éndoxa), che riguardano ciascun oggetto. Questa peraltro è l’attività propria della dialettica, o
comunque quella che più le si addice: essendo infatti impiegata nell’indagine, essa indirizza verso i
principi di tutte le scienze.
(Aristotele, Topici, I, 101a-101b)
La dialettica diventa l’arte di esaminare, nel confronto tra posizioni, i principi primi di ciascuna
scienza e i principi comuni a tutte le scienze. Lo stesso principio di non contraddizione – posta la sua
indimostrabilità – è argomentato come necessario all’esercizio di qualunque confutazione.
Da questo punto di vista, pur in un quadro diverso, Aristotele continua la tradizione di Platone, che
vedeva nella dialettica l’arte di cercare i principi. Le scienze, invece, come la matematica, assumono
un corpo di principi fondamentali, che per definizione non richiedono giustificazione:
–E non si dovrà sostenere anche che solamente la facoltà dialettica può mostrare questa visione a
chi s’intende di quelle discipline di cui or ora abbiamo discorso? ma che non è possibile in alcun altro
modo?
-È il caso di affermare anche questo, disse.
-Questo però, ripresi, nessuno, contraddicendo a quanto noi diciamo, vorrà sostenerlo, cioè che,
per ciascuna cosa in se stessa, un’altra sia la scienza che, universalmente e con metodo, si assume il
compito di cogliere ciò che ciascuna è. Ma tutte le altre arti o concernono opinioni e appetiti umani o
processi generativi e compositivi, o sono tutte rivolte a curare gli oggetti naturali e composti. Le
9
rimanenti poi che, come dicevamo, colgono parzialmente ciò che è (intendo la geometria e le
discipline affini), vediamo che nello studio dell’essere procedono come sognando e che non riescono
a scorgerlo con perfetta lucidità finché lasciano immobili le ipotesi di cui si servono, essendo incapaci
di renderne ragione. Chi accetta come principio una cosa che ignora e se ne vale per intessere
conclusione e passaggi intermedi, cosa potrà mai fare per trasformare una simile convenzione in
scienza?
– Nulla, rispose.
-Ebbene, dissi io, il metodo dialettico è il solo a procedere per questa via, eliminando le ipotesi,
verso il principio stesso, per confermare le proprie conclusioni; e pian piano trae e guida in alto
l’occhio dell’anima.
(Platone, Repubblica. VII, 531c-534a)
Così definita, la dialettica è cruciale per saggiare la tenuta dei principi primi di ogni scienza: ma non è
una scienza, perché procede per interrogazioni e si serve di premesse concesse dall’avversario,
senza la garanzia che esse siano vere e adeguate per una dimostrazione.
Una seconda forma di razionalità anapodittica descritta da Aristotele è quella retorica, ossia
quella forma di ragionamento che si svolge come monologo, più che come dialogo o, quanto meno,
ha bisogno di “molte parole”. Perciò Platone ci presenta Socrate, il filosofo, che invita Gorgia, il
retore, a rinunciare alla “macrologia” cioè all’uso di molte parole (Gorgia, 449c). In generale,
secondo Platone, il retore è l’esperto di un’arte tendente più al risultato che al vero, utile solo per
allargare la base di consenso dell’uditorio. Ma lo Stagirita, nella sua opera intitolata – appunto – alla
retorica, libera quest’arte da quella connotazione negativa che Platone aveva voluto assegnarle:
Definiamo dunque “retorica” la facoltà di scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di
persuadere. (Rhetorica I, 1355b)
In essa è in gioco il consenso, non la verità. Tuttavia, pur presentandola ancora come l’arte della
persuasione, Aristotele rivaluta la retorica, liberandola dalle distrette che la rendevano suscitatrice
di emozioni dovute a vacui artifici linguistici e considerandola invece un’arte grazie alla quale si
persuade ricorrendo ad argomenti validi. Inoltre, la retorica non è più associata all’intendimento di
conseguire il successo per il successo ma, se è retorica “buona”, è uno strumento efficace per
mostrare l’effettivo stato delle cose.
Nei Topici e nella Retorica di Aristotele sono precisati gli ambiti specifici della dialettica e della
retorica: la dialettica utilizza solo argomenti di tipo razionale, mentre la retorica impiega elementi
persuasivi, estranei alla dialettica. Ma da questo confronto emerge anche una certa contiguità tra i
due processi argomentativi. Anzitutto retorica e dialettica sono in grado di giustificare sia una tesi
che la sua negazione, ma mai contemporaneamente e dallo stesso punto di vista, quindi mai
violando il principio di non contraddizione: farlo significherebbe svilire la dialettica e la retorica in
vuota eristica. Inoltre, entrambe sono universali nella loro capacità di affrontare ogni argomento,
non essendo specifiche di nessuna disciplina, pur investendole tutte. Ciò non significa tuttavia che
non esista un “metodo” per esercitare bene l’arte dialettica e retorica, e che tale metodo non possa
essere appreso. Infine, sia la dialettica, sia la retorica sono capaci di distinguere il vero
dall’apparente: la dialettica distingue il vero sillogismo dal sofisma, la retorica l’argomento
persuasivo dall’ingannevole.
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Anche per queste somiglianze, dialettica e retorica hanno finito per sovrapporsi nella letteratura a
noi prossima, ben al di là delle intenzioni di Aristotele e nonostante un complessivo pregiudizio
negativo sulla possibilità di legittimare forme di razionalità non dimostrativa. Ma non è nostro
intento ripercorrere le vicende che hanno portato a questo esito. Ci basta ricuperare – anche
attraverso l’analisi di Aristotele, meno “fondamentalista” di Platone – il valore razionale delle
argomentazioni dialettiche e retoriche, pur nei limiti e nei contesti in cui sono utilizzate, e prendere
atto che l’argomentazione costituisce l’unica strategia disponibile per mettere a prova la tenuta dei
fondamenti scientifici. Infine, ribadiamo il concetto che la razionalità argomentativa differisce da
quella dimostrativa per la non necessità della conclusione: nessuna conclusione di quale che sia
argomentazione, retorica o dialettica, è definitiva. Questo però non significa che quella conclusione
non sia stata raggiunta razionalmente.
2.4 Una proposta di definizione
Seguendo Wolff (Trois techniques de vérité dans la Grèce classique, in Argumentation et
rhéthorique, I, pp. 41 ss.) possiamo in conclusione definire in Aristotele tre tecniche di verità:
la logica è il discorso della scienza, cioè il procedimento razionale che, partendo da premesse
vere, indipendentemente dall’interlocutore, trae conclusioni vere attraverso dimostrazioni;
la dialettica è quel procedimento in cui il ragionamento ha sempre di mira la verità, ma parte da
un conflitto: si misura con la tesi dell’interlocutore, cercando di confutarla o di sostenerne
un’alternativa;
la retorica è quel procedimento in cui chi parla ha l’obiettivo di persuadere l’uditorio di una verità
ritenuta tale, tenendo conto quindi dell’uditorio, ma senza confrontarsi con esso.
In conclusione:



La logica non dipende da chi parla né da chi ascolta, ma mira solo alla verità,
la dialettica dipende da chi ascolta, si misura con la sua tesi ma comunque mira alla verità
la retorica dipende tanto da chi parla quanto da chi ascolta e mira non alla verità ma alla
persuasione.
Come si vede è una distinzione che fa chiarezza, valuta il valore dell’uditorio nella
definizione della strategia razionale ma, e questo è il suo limite, si appoggia su una
nozione di verità notoriamente complessa tanto da definire quanto da riscontrare.
L’argomentazione e (è) la filosofia
…..
2.5. Che cos'è un ragionamento argomentativo?
Vi sono ragionamenti dimostrativi, o dimostrazioni (A implica B, ma A, quindi B) in cui le premesse
sono assunte come vere e l’inferenza è necessaria.
Vi sono ragionamenti argomentativi, che inferiscono necessariamente ma a partire da premesse
che sono suscettibili di discussione (se la ricchezza determina la felicità, e Carlo è ricco, allora Carlo è
felice).
11
Vi sono poi ragionamenti argomentativi in cui la discussione non verte sulle premesse ma sulla
stessa inferenza (Poiché in Italia si è introdotta la legge che permette il divorzio, aumenta il numero di
matrimoni che falliscono). In questo caso, infatti, le premesse sono indubbiamente vere ma non è
detto che una legge produca l’effetto che regolamenta: è l’inferenza ad essere discutibile.
Infine vi sono ragionamenti errati, detti anche fallacie (Se sono a Roma, allora sono in Lazio. Sono
in Lazio, perciò sono a Roma). In questo caso, propriamente un’“affermazione del conseguente”, il
ragionamento va denunciato nel suo errore e la sua conclusione va comunque rigettata.
Ragionamenti
dimostrativi
(dimostrazione)
argomentativi
(argomentazione)
fallaci
(fallacia)
Premesse vere
e inferenze necessarie
Premesse non sempre vere
e/o inferenze non necessarie
Premesse non sempre vere
e inferenze invalide
La dimostrazione è il ragionamento tipico delle scienze, specie delle scienze formali: la logica, la
matematica e, in misura minore, le scienze naturali ne fanno largo uso. Ma, si noti, è un contesto di
ragionamento in cui le premesse sono assunte senza ulteriore discussione critica. Le scienze usano la
dimostrazione proprio perché non discutono, per lo più, le premesse assunte. Ovviamente ciò non
accade sempre.
Il secondo tipo di ragionamento, quello argomentativo, è enormemente più diffuso: è l'approccio
tipico di situazioni in cui esistono margini di incertezza. E' il ragionamento del dibattito pubblico, della
scelta politica, della decisione etica, dell'analisi su passaggi controversi, della indagine su problemi
complessi. Ma è anche, quello argomentativo, il tipo di ragionamento con cui si saggia la tenuta dei
principi, delle premesse, delle verità assunte ma anche discusse.
Per questo l’argomentazione è il ragionamento tipico dell’ambito filosofico, non meno che
dell’ambito quotidiano. Essa ricorre ai ragionamenti argomentativi per giustificare le proprie tesi,
muovendosi in quel campo in cui il ragionare dimostrativo non è possibile perché i principi non sono
ancora assunti e accettati, perché le inferenze non sono ancora del tutto codificate o perché le
premesse sono solo opinabili e quindi vanno rinforzate con la discussione e il consenso.
2.6. Smarrimento e a ripresa dell’argomentazione
Platone chiamava dialettica l'arte dell'indagare razionalmente i principi. Già per il filosofo ateniese
la dialettica era considerata la competenza fondamentale della filosofia. Infatti essa era stava alla
base della dimostrazione, perché saggiava la tenuta dei principi ritenuti veri da cui partivano le
12
scienze, come la matematica o la geometria, "rendendone ragione".6 Così definita, la dialettica è
cruciale per saggiare la tenuta dei principi primi di ogni scienza: ma non è una scienza, perché procede
per interrogazioni e si serve di premesse concesse dall’avversario, senza la garanzia che esse siano
vere e adeguate per una dimostrazione.
Aristotele prosegue su questa via, con un ulteriore chiarimento. Scopo della dialettica, per lo
Stagirita, è molteplice mettere alla prova una tesi (Top., VIII, 159 a, 161 a), conoscere e saggiare le
opinioni degli uomini (Top., I, 101a) e infine saggiare il valore epistemologico dei principi da cui parte
ogni scienza7. Così intesa la dialettica diventa l’arte di esaminare, nel confronto tra posizioni, i principi
primi di ciascuna scienza e i principi comuni a tutte le scienze.
A partire da queste premesse platonico - aristoteliche, riprese e mediate dalla cultura ellenistica, lo
studio dell’argomentare corretto è stato parte integrante della formazione culturale superiore.
Nel trivio (grammatica, retorica e dialettica) introdotto da Capella nel IV sec. e poi stabilizzato con
Boezio e Isidoro di Siviglia nel VI sec. le artes sermocinales richiedevano una conoscenza non solo
linguistica ma retorica e logica, una capacità di analisi dei problemi e una tecnica di svolgimento della
disputa filosofica (la quaestio) in cui la strategia argomentativa era parte decisiva.
Ma a questa fase felice della dialettica fa seguito un periodo di crisi e rimozione, coincidente con il
sorgere del pensiero moderno.
Per molte ragioni il moderno espunge la dialettica dal campo di formazione del buon pensatore,
riducendo sempre più la grammatica a logica, almeno a partire dalla Logica di Port-Royal.
La svolta cartesiana della filosofia moderna non fa che accentuare questa cattiva fama della
dialettica e della retorica, ormai accomunata da un unico destino di vaghezza e oscura incertezza
conoscitiva, per lasciare il campo alla scienza, e in particolare al metodo analitico proprio delle
discipline matematiche. Da qui la cattiva fama che accompagna la dialettica, ad esempio in Kant, o la
sua profonda ristrutturazione in forma metafisica, storica e sociale (Hegel e Marx) nell’Ottocento e in
buona parte del Novecento.
E' con la metà del Novecento si incomincia a parlare di argumentativ turn. Dopo la svolta
linguistica, che ha collocato la riflessione filosofica novecentesca a ridosso e, spesso, completamente
all’interno del problema del linguaggio, è in atto una rinnovata attenzione alle tematiche dei processi
logici argomentativi, o della cosiddetta logica informale.
Ciò avviene per una precisa strategia didattica nordamericana (l’obbligo di introdurre
nell’insegnamento superiore degli elementi di teoria critica del ragionamento e soprattutto del
6
Scrive infatti Platone nella Repubblica " Questo però, ripresi, nessuno, contraddicendo a quanto noi diciamo, vorrà
sostenerlo, cioè che, per ciascuna cosa in se stessa, un’altra sia la scienza che, universalmente e con metodo, si assume il
compito di cogliere ciò che ciascuna è. Ma tutte le altre arti o concernono opinioni e appetiti umani o processi generativi e
compositivi, o sono tutte rivolte a curare gli oggetti naturali e composti. Le rimanenti poi che, come dicevamo, colgono
parzialmente ciò che è (intendo la geometria e le discipline affini), vediamo che nello studio dell’essere procedono come
sognando e che non riescono a scorgerlo con perfetta lucidità finché lasciano immobili le ipotesi di cui si servono, essendo
incapaci di renderne ragione. Chi accetta come principio una cosa che ignora e se ne vale per intessere conclusione e
passaggi intermedi, cosa potrà mai fare per trasformare una simile convenzione in scienza? - Nulla, rispose. - Ebbene, dissi
io, il metodo dialettico è il solo a procedere per questa via, eliminando le ipotesi, verso il principio stesso, per confermare le
proprie conclusioni; e pian piano trae e guida in alto l’occhio dell’anima." Platone, Repubblica, VII, 531c-534a.
7
È utile altresì rispetto agli elementi primi riguardanti ciascuna scienza.
Partendo infatti dai principi propri della scienza in esame, è impossibile dire alcunché intorno ai principi stessi, poiché essi
sono i primi tra tutti gli elementi, ed è così necessario penetrarli attraverso gli elementi fondati sull’opinione (éndoxa), che
riguardano ciascun oggetto. Questa peraltro è l’attività propria della dialettica, o comunque quella che più le si addice:
essendo infatti impiegata nell’indagine, essa indirizza verso i principi di tutte le scienze. (Top. I, 101a-101b).
13
ragionamento fallace) e, in ambito continentale, ad opera di studi con i quali sono stati ripresi temi e
problemi tipici dell’argomentare.
Nel 1958 apparvero, infatti, due libri fondamentali, uno di C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca,8
l’altro di S. Toulmin,9 nei quali si ripropose, di fatto, la tesi aristotelica di una distinzione tra il
ragionamento dimostrativo e quello argomentativo, e si rielaborò una nuova teoria
dell’argomentazione.
In realtà, le pratiche argomentative continuavano e continuano ad avere un ruolo rilevante, non
solo nella vita quotidiana ma anche nel processo di costruzione dell’edificio scientifico, in particolare
per quanto riguarda le sue fondamenta.
Ne Il Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica Perelman e Olbrechts-Tyteca muovono da
due fondamentali premesse:
a) da un lato, l’importanza che continua ad assumere il verosimile e il probabile nel determinare le
nostre scelte;
b) dall’altro, il fatto che le argomentazioni che giustificano tali scelte sono, per lo più, svolte in
funzione di un uditorio.
Se la prima considerazione porta a un’indagine delle forme e dei modi con cui gli argomenti sono
assunti e utilizzati per discutere razionalmente, la seconda s’intreccia con l’attenzione per la
pragmatica. Nel loro lavoro Perelman e Olbrechts-Tyteca insistono sulla razionalità
dell’argomentazione, come si dichiara espressamente già nelle prime pagine:
La pubblicazione di un trattato dedicato all’argomentazione e la ripresa in esso di
un’antica tradizione, quella della retorica e della dialettica greche, costituiscono una
rottura rispetto a una concezione della ragione e del ragionamento, nata con Descartes,
che ha improntato di sé la filosofia occidentale degli ultimi tre secoli. In effetti, sebbene
nessuno possa negare che la capacità di deliberare e argomentare sia un segno distintivo
dell’essere ragionevole, lo studio dei mezzi di prova utilizzati per ottenere l’adesione è
stato completamente trascurato, negli ultimi tre secoli, dai logici e dai teorici della
conoscenza. Ciò si deve a quanto vi è di non costrittivo negli argomenti sviluppati a
sostegno d’una tesi. La natura stessa dell’argomentazione e della deliberazione s’oppone
alla necessità e all’evidenza, perché non si delibera dove la soluzione è necessaria, né si
argomenta contro l’evidenza. Il campo dell’argomentazione è quello del verosimile, del
probabile, nella misura in cui quest’ultimo sfugge alle certezze del calcolo.
(C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica,
[1958], Einaudi, Torino 1966, p. 3)
Il secondo aspetto che attraversa l’opera è la consapevolezza che ogni pratica argomentativa si
svolge “in funzione di un uditorio”,10 producendo effetti di credenza e di persuasione in un pubblico o
in un interlocutore.
8
Perelman C., Olbrechts-Tyteca L., Traité de l'argumentation. La nouvelle rhétorique, PUF, Paris 1958, trad. it.
Trattato dell'argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, Torino 1966.
9
Toulmin S., The Uses of Argument, Cambridge University Press, London 1958, trad. it. Gli usi dell'argomentazione,
Rosenberg & Sellier, Torino 1975.
10
Perelman C., Olbrechts-Tyteca L., Trattato dell'argomentazione. La nuova retorica, cit., p. 7.
14
Mentre un sistema deduttivo si presenta come isolato da ogni contesto,
un’argomentazione è necessariamente situata. Per essere efficace, essa esige un contatto
fra soggetti. Bisogna che l’oratore (colui che presenta l’argomentazione oralmente o per
scritto) intenda esercitare mediante il suo discorso un’azione sull’uditorio, cioè
sull’insieme di coloro che egli si propone d’influenzare.
C. Perelman, Argomentazione, in Enciclopedia Einaudi, Torino 1977, v. I. p. 791
Sulla base di questo diverso approccio, ci si può chiedere quali sono le ragioni di una rinnovata
attenzione – che tuttora manca nel nostro percorso formativo tradizionale – ai processi
argomentativi. Credo che le si possa riassumere così:
Vi è anzitutto una ragione epistemologica: si argomenta perché, come scrive Bobbio, "tra la verità
assoluta e la non verità c’è posto per le verità da sottoporsi a continua revisione, mercé la tecnica
dell’addurre ragioni pro o contro”11. Inoltre, come dice J. Stuart Mill, quand’anche l’opinione criticata
sia un errore, discuterla può portare alla luce una porzione di verità in essa contenuta, proprio perché
nessuna opinione è palesemente falsa o totalmente vera, se entra in un dibattito razionale.
Vi è poi una ragione etica della ripresa dell'argomentazione. Come scrive Perelman: “L’uso
dell’argomentazione implica la rinuncia al ricorso esclusivo della forza, implica che si attribuisca un
certo pregio all’adesione dell’interlocutore ottenuta con l’aiuto della persuasione ragionata, che non
si tratti l’interlocutore stesso come un oggetto, ma si ricorra alla sua libertà di giudizio. L’uso
dell’argomentazione presuppone che si stabilisca una comunità di spiriti che per tutta la sua durata
escluda l’uso della violenza.12
E vi è infine una ragione sociologica per un ritorno di attenzione alla dialettica: costantemente siamo
fatti oggetto di messaggi e tesi di ogni genere, da parte di politici, pubblicitari, giornalisti, intellettuali
televisivi, oratori nazional-popolari… Ecco, imparare ad argomentare significa difendere lo spazio di
libertà del nostro pensiero in un mondo della comunicazione in cui tutto agisce e seduce, ma non
sempre persuade con motivi e ragioni.
2.7. Gli strumenti dell’argomentare
Da questi sviluppi si arriva al bisogno, a mio avviso più che urgente, di una ridefinizione coerente e
quanto più possibile completa delle strategie razionali argomentative. La partizione classica, quella di
Perelman, ha il difetto di essere a maglie larghe e di rispecchiare una concezione “metafisica”
dell’argomentazione, basata com’è su una concezione data o imposta di realtà che, di fatto, va
sempre stipulata. Sono diverse le proposte in discussione e tutte, per molti versi, pregevoli. 13 Anche
se nessuna si propone come dominante. Da parte nostra si è cercato di arrivare ad una proposta di
tipologia degli schemi argomentativi che tenga conto della attività didattica, cioè del modo in cui gli
argomenti sono usati e criticati dai filosofi presenti nei curricula italiani.14
11
N. Bobbio, Introduzione a C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, cit., p.
XIX.
12
Ivi, p. 59.
13
Si veda la nota bibliografica alla fine di questo testo per avere le principali indicazioni bibliografiche.
14
Questo schema di articolazione fa riferimento al testo Boniolo G., Vidali P., Strumenti per ragionare, Bruno Mondadori,
Milano 2002. Una sua illustrazione è accessibile sotto forma di ipertesto associato al manuale G. Boniolo, P. Vidali,
Argomentare. Corso di Filosofia, Paravia - Bruno Mondadori, Milano 2002-2003. Lo si può consultare o scaricare
all'indirizzo www.paolovidali.it/ download/cdargomentare/strumenti/index.html.
15
Un’argomentazione è caratterizzata da premesse e/o da inferenze discutibili: possono darsi una
sola o entrambe queste condizioni.
Vi sono ragionamenti dimostrativi che perdono la loro forza perché partono da premesse discutibili
e che così facendo diventano argomenti, propriamente argomenti deduttivi.
Vi sono ragionamenti argomentativi che partono da premesse vere, ma compiono inferenze
discutibili e vi sono ragionamenti argomentativi in cui sono in gioco tanto le premesse quanto le
inferenze. Essi si possono dividere in 5 gruppi: argomenti quasi-deduttivi argomenti a priori,
argomenti a posteriori, argomenti strutturali e argomenti pragmatici (cfr. lo schema seguente).
Argomenti
deduttivi
ogni tipo di inferenza
con premesse
discutibili
quasi-deduttivi
fanno ricorso a
a principi
e operatori logici
a priori
fanno ricorso
al reale
prima dell'espereinza
a posteriori
fanno ricorso
al reale
dopo l'esperienza
strutturali
fanno ricorso
a confronti
e somiglianze
pragmatici
fanno ricorso
alle conseguenze
di ciò che si afferma
pseudo-identità
essenza
induzioni
analogia
ad hominem
incompatibilità
direzione
argomenti causali
paragone
modello
pseudo-contraddizione
propagazione
a contrario
doppia gerarchia
esempio
ritorsione
superamento
ad consequentiam
illustrazione
dilemma
regola di giustizia
spreco
autorità
autofagia
a fortiori
superfluo
sacrificio
pseudo-transitività
complementarietà
consolidamento
ridicolo
tutto e parte
etimologia
ad humanitatem
compensazione
16
3. Insegnare filosofia per problemi e argomentazioni
3.1 Storia della filosofia o filosofia?
"La filosofia esclude la storia, sia naturale che politica, benché entrambe ad essa utilissime (anzi
necessarie), poiché questo tipo di conoscenza o è esperienza o autorità, ma non ragionamento" (T.
Hobbes, 1655, par. 8) Giudizio perentorio, quello hobbesiano, e da correggere storicamente, il che è
un po' paradossale. Non aveva vissuto la stagione della storia della filosofia, che dall'Ottocento
tedesco approda alla filosofia italiana. Ma resta un giudizio interessante, se si vuole tener ferma l'idea
che la filosofia insegni a ragionare bene sui fondamentali del nostro sapere.
Nel panorama editoriale poco è cambiato in questi ultimi 15 anni. I manuali, che aiutano ma anche
ingessano la didattica, salvo lodevoli eccezioni, si sono mossi sul sicuro, mantenendo intatta la
geografia storica dei filosofi, da Talete ad oggi, con qualche brivido solo sui tagli o le inserzioni del
Novecento. Anche l’attenzione ai testi è diventata abilità critica espressa sul frammento, studio,
oltretutto non facile, di disiecta membra, senza costruire un repertorio di strumenti, una tipologia di
argomentazioni, un patrimonio di ragionamenti che valgono al di là del caso filosofico che li fa
nascere. E’ come se la filosofia continuasse ad essere vicina e affine alla letteratura e alla storia, senza
una sua specificità riconoscibile.
Ultimamente sono apparsi, nel panorama editoriale italiano, alcuni manuali impostati anche per
problemi. Con questi manuali si è cercato di muovere un primo passo verso il distacco dalla sponda
storicistica, ma appunto perché primo e perché solo uno, il passo fatto non ha perso l’ancoraggio
storicistico, che viceversa continua ad agire in modo predominante. Così abbiamo testi a due velocità,
con una ricostruzione storica tradizionale e con una lettura problematica successiva. Queste fasi
mutanti sono di indubbio interesse proprio perché mostrano la via, non perché sanno trovare una
soluzione. Contemperare la tradizionale esigenza storicizzante di molti docenti di filosofia con il
bisogno di affrontare la filosofia come educazione all’argomentazione razionale comporta non poche
concessioni, tanto all’una quanto all’altra esigenza. E il risultato non può che essere di compromesso.
Serve una scelta, una decisione radicale su che cosa si vuole ottenere con l’insegnamento della
filosofia e su che cosa è legittimo aspettarsi da studenti di filosofia.
Insegnare e imparare la filosofia significa affrontare problemi, possibili soluzioni e loro
argomentazioni, ovviamente collocate entro un determinato contesto storico, pur mantenendo
un’autonomia teoretica da tale contesto. Ma una tale scelta comporta conseguenze rilevanti.
Elenchiamo le principali.
a. Diventa decisivo distinguere tra filosofia e storia della filosofia. La competenza storica è
necessaria ma non sufficiente per insegnare e imparare filosofia: ciò che conta è individuare il tema
problematico, coglierne le diverse soluzioni, analizzarne la struttura argomentativa e, anche per
questo, saperle criticare.
b. Diventa necessario riorganizzare il sapere filosofico in modo totalmente diverso da quello
usuale, producendo vistose accelerazioni sul piano storico per inseguire e misurare le differenti
soluzioni proposte al problema messo a tema. Ciò significa che lo studente deve possedere il quadro
di riferimento generale in cui collocare il confronto tra un autore antico e uno ellenistico, tra un Padre
della chiesa e un teologo medievale del XIII sec. La storia dello sviluppo culturale riappare, quindi, ma
nella funzione di scena per il pensiero, di corretta collocazione dei termini e dei problemi che vanno
messi a confronto con un solido ancoraggio storico.
17
c. Determinante diventa la stretta connessione con le discipline non filosofiche, come quelle
scientifiche, tecniche o artistiche, che forniscono ambiti, occasioni e talvolta anche soluzioni per i
problemi filosofici.
d. Inoltre, con un simile approccio, la scelta dei problemi è dominante e vincolante su quella dei
filosofi. Non sono gli autori selezionati a definire i problemi, ma sono i problemi che definiscono gli
autori da selezionare. Ciò sposta l'attenzione su pensatori anche minori ma importanti per la
soluzione che propongono o per l'argomentazione che usano. Parallelamente può accadere che autori
ritenuti tradizionalmente decisivi appaiano tali solo rispetto ad alcune problematiche, mostrando la
loro importanza solo regionale nel quadro del pensare filosofico.
È quindi possibile insegnare filosofia per problemi, ma ciò comporta alcune brusche virate rispetto
alla tradizione a cui siamo abituati. Certo se ne avvale la possibilità di attualizzare l’interrogazione
filosofica, rendendola più vicina alle attese degli studenti in almeno in tre modi. Anzitutto mostrando
come alcuni grandi pensatori hanno affrontato e risolto problemi che possono essere anche nostri;
secondariamente fornendoci di strategie razionali utili ad affrontare questi ed altri problemi di
portata generale; e infine educando alla ricerca personale, all’indagine in proprio, all’avventura del
pensiero.
Questo può essere il senso della filosofia insegnata ai sedicenni: un’educazione alla discussione
civile e razionale, esercitata nella palestra argomentativa che i grandi filosofi ci hanno consegnato.
3.2 La struttura di Argomentare
Col che siamo approdati ad Argomentare, un manuale di filosofia che tra molti limiti ha certo il merito
della chiarezza nella scelta di campo. E' un testo pensato per insegnare a ragionare
argomentativamente, e lo fa, ovviamente, affrontando problemi. Mantiene la scansione storica
tradizionale (Antichità, Medioevo, Dal Cinquecento al Settecento, L’Ottocento, Il Novecento) ma in
essa versa un insieme di ambiti e di problemi che attraversano tutto lo sviluppo della filosofia
occidentale. Ogni volume è suddiviso in 6 ambiti che ricoprono i diversi settori della filosofia oggi
praticata15, ma soprattutto è articolato in problemi spesso ricorrenti: cos'è il bene, che verità
possiamo conoscere, cos'è l'uomo, qual è la società giusta... .16 Ogni problema è ripercorso attraverso
le tesi di alcuni (pochi) autori significativi. Essi sono seguiti e interpellati nel modo in cui essi
affrontano il problema e lo risolvono. I problemi principali si ritrovano nei diversi volumi, rendendo
possibile attraversare tutta la storia del pensiero filosofico cercando di cogliere il modo con cui i
filosofi hanno argomentato le proprie soluzioni, entro contesti, sensibilità, apporti e scontri diversi,
ma con una idea unitaria del lavoro filosofico: cercare soluzioni e offrire risposte con il solo strumento
della ragione.
15
La partizione completa è la seguente: Conoscenza del metodo, delle teorie, del linguaggio (Metodologia, Filosofia della
scienza generale, Filosofia del linguaggio, Ermeneutica, Filosofia della matematica), Conoscenza della realtà (Metafisica e
ontologia, Filosofia della natura, Filosofia della fisica, Filosofia delle scienze bio-mediche, Filosofia della psicologia,
Filosofia della mente, Filosofia dell’informatica) Conoscenza della condizione umana e dei rapporti fra gli uomini
(Filosofia dell’esistenza, Antropologia filosofica, Filosofia delle scienze sociali, Filosofia della storia, Filosofia della
politica, Filosofia dell’economia, Filosofia del diritto, Filosofia dell’educazione, Filosofia della differenza), Conoscenza del
bene (Filosofia della morale ), Conoscenza del sacro e del divino (Filosofia delle religioni), Conoscenza del bello (Filosofia
dell’arte).
16
Per un'illustrazione analitica dell'Indice e quindi dell'insieme di problemi e filosofi in cui il manuale è articolato si
rimanda all'indirizzo www.paolovidali.it/download/ Indice Argomentare.doc.
18
Ogni Unità affronta un problema seguendo uno schema riconoscibile, anche in presenza di alcune
varianti. Anzitutto vi è la presentazione del problema nelle sue linee generali, relativamente al periodo
considerato.
Poi si passa alle soluzioni proposte e argomentazioni avanzate, in cui si analizzeranno le soluzioni
ritenute più significative, con le relative argomentazioni. Ogni esposizione di soluzione argomentata
contiene una chiarificazione della terminologia filosofica adottata, critiche alle soluzioni precedenti,
chiarimento della soluzione in questione, illustrazione dell’argomentazione avanzata, presentazione di
eventuali ulteriori strumenti lessicali-concettuali, di inquadramenti storici…
Ogni presentazione del problema e delle soluzioni argomentate presenta quei testi antologici in cui
l’autore in questione presenta il problema, la sua soluzione, la sua argomentazione o la critica alle
argomentazioni rivali.
Ogni unità si conclude quindi con un laboratorio didattico, strutturato in quattro sezioni più una
bibliografia minima:
a)Il problema e il senso comune: come avvicinarsi al problema utilizzando il senso comune, dove
vengono proposte delle domande per far capire allo studente come lo stesso termine nel linguaggio
quotidiano e nel lessico filosofico abbiano significati profondamente diversi.
b) Ripercorrere le diverse soluzioni al problema: esercizi per comprendere ed utilizzare le diverse
soluzioni proposte. Si presentano degli esercizi finalizzati alla comprensione di come un dato autore
ha argomentato quella data soluzione.
c) Strumenti filosofici: come utilizzare gli strumenti logici e argomentativi usati dai filosofi.
Concentrandosi su un particolare strumento (un argomento, una nozione, una struttura logica, una
strategia argomentativa…) lo si illustra chiedendo allo studente di migliorarne l'uso attraverso
l'esecuzione di alcuni esercizi.
d) Piano di discussione. Si tratta di una serie di domande che dovrebbero costituire lo spunto per
una discussione filosofica fatta in classe sotto la guida del docente, intorno ai temi toccati nell’unità.
Tale piano di discussione serve da un lato agli allievi, per ampliare, approfondire, attualizzare le
proprie riflessioni, offrendo un'occasione motivante per mettere in atto le strategie argomentative
apprese, favorendo al contempo lo scambio e il confronto tra i punti di vista. D’altro lato esso è utile
al docente per trasformare la classe in una comunità di pensiero in cui egli funge da supporto per
sviluppare i processi cognitivi filosofici attivati nel dialogo.
Conclude l'unità una bibliografia minima per ulteriori letture e il riferimento a testi e a materiali
relativi all'Unità presenti nel Cdrom allegato al testo.
3.3.Gli obiettivi didattici della filosofia come argomentazione
Quali sono gli obiettivi principali che si prefigge una impostazione didattica come questa? Ne vorrei
indicare qui alcuni, cercando, per ognuno, di rintracciare nella filosofia insegnata un esempio che
possa renderne ragione. Tutti gli esempi ripostati sono ovviamente tratti da Argomentare, a cui si
rimanda per una più solida collocazione.
Non è il caso di appesantire questa già non breve giustificazione degli aspetti innovativi legati alla
scelta argomentativa e al procedere per problemi, nell’insegnamento della filosofia.
Mi limito qui solo ad enunciarne alcuni, lasciando al lettore l’onere della loro eventuale
giustificazione.
a) Ridimensionare l’impostazione storica, ma non il quadro di riferimento storico in cui i problemi si
pongono e si ripropongono, nel tempo.
19
b) Percorrere il periodo storico del programma nella sua interezza, anticipando, attraverso lo sviluppo
di un problema, alcuni autori principali di tutto l’anno in corso: impresa faticosa all’inizio ma
estremamente efficace alla fine del percorso scolastico dell’anno.
c) Ottenere flessibilità e adattabilità nella programmazione, scegliendo problemi diversi a seconda
della classe, del tempo, del livello di interesse, della capacità di approfondimento. Così facendo
diventa possibile inseguire, durante i tre anni, alcuni temi dominanti, analizzandoli dal loro sorgere
nell’antichità fino al loro sviluppo contemporaneo.
d) Mettere a punto una “cassetta degli attrezzi” del filosofo, cioè l’insieme di termini, strategie ma,
soprattutto, di schemi argomentativi che i filosofi usano per sostenere le proprie tesi e per
criticarne altre. E’ interessante notare gli argomenti più utilizzati nella ricostruzione fatta
dall’opera Argomentare sono quelli di analogia (31 volte), di essenza (25 volte), di condizione
necessaria e/o sufficiente (18 volte), di induzione (12 volte), di fallacia di transitus (9 volte), di
esempio (8 volte), di riduzione all’assurdo (8 volte).17
3.4 Difficoltà e opportunità dell’insegnare la filosofia come argomentazione
Insegnare la filosofia come argomentazione implica, lo si sarà capito, una significativa svolta culturale
nell’impostazione didattica. Non esente da alcune serie difficoltà, che personalmente vivo da 4 anni,
cioè da quando, ancora in forma sperimentale, ho scelto di insegnare filosofia con questo strumento.
a) La prima tra queste difficoltà è il conflitto con la mentalità storica dei docenti. L’idea di saltare
alcuni autori, di non compiere per intero lo stesso percorso nella storia della filosofia compiuto da
noi docenti ci sembra, spesso, insopportabile. Come far uscire degli studenti senza avergli fatto
l'occasionalismo? Non è una difficoltà da trascurare, ed anche per questo al libro è associato un
“Profilo di storia della filosofia”, una breve storia della filosofia (scritta da Giuliano Parodi) in unico
volume, a cui attingere delle sintetiche ma significative ricostruzioni dei filosofi. Che tuttavia non
tacitano il rimorso per aver dimenticato qualcosa. Il problema, come dicevo, è culturale, non
tecnico.
b) Una seconda difficoltà è la visione parziale e non completa degli autori. Ciò vale in particolare per i
più importanti tra i filosofi (Platone, Aristotele, Cartesio, Kant, Hegel…), attraversati da diversi
problemi, ma mai ricomposti in unità. Questo compito, infatti, deve essere svolto dal docente in
fase di controllo o di verifica. I diversi aspetti analizzati debbono, nella testa dello studente,
ritrovarsi coerentemente saldati in un disegno unitario. E’ una complicazione didattica, a cui si
deve mettere mano nell’impostazione del lavoro in classe.
c) Una terza difficoltà deriva dall’analizzare problemi che cavalcano secoli, da Talete a Plotino, ad
esempio. In questo caso diventa facile perdere, da parte degli studenti, un chiaro asse di
riferimento cronologico. E’ indubbiamente un prezzo pagato dalla scelta di operare per problemi
anziché per autori. Un prezzo che si somma alla già cronica difficoltà a periodizzare
adeguatamente, tipica degli studenti di oggi. In un certo senso l’asse problematico aiuta a
mantenere un ordine di successione degli autori, ma spesso gli errori di collocazione storica sono
consistenti, anche quando l’ordine di successione è corretto.
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Per una lista completa degli “attrezzi del filosofo” usati nel testo e per la loro distribuzione, anche statistica, si rimanda al
sito www.argomentare.it., nella sezione Strumenti.
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A queste difficoltà fanno fronte alcune opportunità, di cui ho in parte già parlato e che quindi
riassumo sinteticamente.
a) La prima opportunità è la possibilità di sviluppare la capacità critica, prendendo la filosofia come
una palestra di motivazione delle nostre idee sul mondo, piuttosto che come un museo delle cere
da visitare ordinatamente, magari con una guida.
b) La seconda opportunità è la possibilità di sviluppare una discussione razionale sul problema.
Discussione che arriva fino a noi, facendo della classe una comunità di riflessione pubblica per
saggiare non solo le visioni dei filosofi del passato, ma anche le nostre opinioni razionalmente
motivate.
c) Un terzo valore aggiunto è quello di mettere a fuoco il quadro dei presupposti che agiscono nei
filosofi del passato e in noi oggi. E’ essenziale capire le diversità di presupposto per capire la
diversità di soluzioni. Questa analitica dell’ovvio, e quindi del non detto, è importantissima. Anche
e soprattutto oggi, quando la fusione culturale in atto ci mette sempre più a contatto con sistemi
culturali diversi dai nostri, sistemi che dobbiamo sapere conoscere e comprendere. Ciò è possibile
solo partendo dai nostri presupposti, quelli che non siamo capaci di mettere in discussione e su
cui appoggiano le nostre convinzione più solide. Lavorare sui presupposti, come richiede lo studio
dell’argomentazione, è una grande lezione per la comprensione del diverso.
d) Un vantaggio non trascurabile di questo approccio consiste nella possibilità di raccogliere
competenze diverse, sia filosofiche che scientifiche, al servizio della comprensione filosofica. I
problemi affrontati, infatti, non sono di pertinenza della sola filosofia, ma toccano ambiti di non
poco spessore: scientifici, comunicativi, politici, religiosi….. La varietà degli autori18 è un indice
anche della necessità di allargare il campo del sapere filosofico al di fuori dei recinti consueti.
e) Infine si capisce, agendo così, come e quanto cambino le prospettive storiche e teoretiche. Lo
stesso problema viene curvato molto diversamente in contesti storici differenti. Il che ci insegna
anche un po’ di onestà intellettuale nel concepire come storico e transitorio quello che vorremmo,
spesso, come immutabile e assoluto.
4. Come una conclusione
In filosofia non vi è spazio per procedimenti dimostrativi che pretendano di derivare conseguenze
vere da premesse vere. In filosofia la giustificazione deve seguire un movimento più complesso,
perché le premesse, come ogni tesi, sono sempre criticabili.
Per farlo non esiste una procedura definita: il problema, il contesto storico, la sua intelligenza
spingono il filosofo a scegliere alcuni argomenti rispetto ad altri, per articolarli in una strategia di
giustificazione. Il filosofo, in fondo, agisce come fa l’artigiano che costruisce un tavolo seguendo le
nervature del legno, la resistenza del materiale, lo stile del tempo, il gusto del committente e la
propria, irrinunciabile fantasia.
Hegel ricordava che la filosofia non ha il vantaggio delle altre scienze, che possono presupporre i
propri oggetti e dare per acquisito un metodo. Essa deve cercare i propri principi e le proprie strategie
sapendo che sempre gli uni e le altre possono venire messi in discussione.
Questa discussione può, e forse deve, diventare il modo più semplice per fare filosofia.
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Un elenco completo dei 21 autori che hanno scritto il manuale, sotto il coordinamento di Giovanni Boniolo e dello
scrivente, si trova all'indirizzo www.paolovidali.it/download/ Indice autori Argomentare.doc. Si può inoltre consultare il file
nel DVD associato a questo libro, nella cartella Filosofia come Argomentazione/Indice autori Argomentare.doc
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