La Prima guerra mondiale 1914-1918 Parole chiave e riflessioni per capire e interpretare SVOLTA EPOCALE "I lampioni si stanno spegnendo su tutta l'Europa", Edward Grey, ministro degli esteri della Gran Bretagna, mentre osservava le luci di Whitehall la notte in cui il suo paese entrò in guerra contro la Germania nel 1914. "Nel corso della nostra vita non le vedremo più accese". A Vienna il grande scrittore satirico Karl Kraus si preparava a documentare e a denunciare quella guerra in uno straordinario drammainchiesta che intitolò Gli ultimi giorni dell'umanità *. Entrambi videro nella guerra mondiale la fine di un mondo e non furono i soli. Non fu la fine dell'umanità, sebbene ci siano stati momenti nel corso di quei trentun anni di conflitto mondiale, che vanno dalla dichiarazione di guerra alla Serbia da parte dell'Austria il 28 luglio 1914 alla resa senza condizioni del Giappone il 14 agosto 1945 - quattro giorni dopo lo scoppio della prima bomba nucleare -, in cui la fine di una gran parte del genere umano non sembrò lontana. Ci furono momenti nei quali dio o gli dèi, che nella credenza degli uomini pii avevano creato il mondo e tutte le creature, avrebbero potuto rimpiangere di averlo fatto. E. J. Hobsbawm, Il secolo breve,Milano,Rizzoli, 1995, pp. 33-34 SVOLTA EPOCALE Il genere umano è sopravvissuto. Tuttavia il grande edificio della civiltà ottocentesca crollò tra le fiamme della guerra mondiale e i suoi pilastri rovinarono al suolo. Senza la guerra non si capisce il Secolo breve, un secolo segnato dalle vicende belliche, nel quale la vita e il pensiero sono stati scanditi dalla guerra mondiale, anche quando i cannoni tacevano e le bombe non esplodevano. […] Per quanti erano cresciuti prima del 1914 il contrasto col passato fu così drammatico che molti di loro […] si rifiutarono di scorgere alcuna forma di continuità con esso. "Pace" significava "gli anni precedenti il 1914": dopo quella data venne un'epoca che non meritò mai più l'aggettivo di pacifica. Era un atteggiamento comprensibile. Prima del 1914 per un secolo intero non c'era stata una guerra generale, cioè una guerra nella quale fossero coinvolte tutte le maggiori potenze, o almeno la maggior parte di esse. […] Tutto cambiò nel 1914. E. J. Hobsbawm, Il secolo breve,Milano,Rizzoli, 1995, pp. 33-34 SVOLTA EPOCALE * Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità. Ho scritto una tragedia il cui eroe soccombente è l’umanità; il cui conflitto tragico, essendo quello tra mondo e natura, finisce con la morte. Ahimè, poiché non ha altro eroe che l’umanità, questo dramma non ha nemmeno altro ascoltatore! La messa in scena di questo dramma, la cui mole occuperebbe, secondo misure terrestri, circa dieci serate, è concepita per un teatro di Marte. I frequentatori dei teatri di questo mondo non saprebbero reggervi. Perché è sangue del loro sangue e sostanza della sostanza di quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui personaggi di operetta recitarono la tragedia dell’umanità. (…) I fatti più inverosimili qui riportati sono accaduti veramente; ho dipinto ciò che altri si sono limitati a fare. I più inverosimili discorsi qui tenuti sono stati pronunciati parola per parola; le più crude invenzioni sono citazioni. Le frasi la cui follia è impressa indelebilmente nell’orecchio, si fanno musica della vita. Il documento è raffigurazione; le cronache si levano come figure, le figure finiscono; all’elzeviro è stata data una bocca che lo recita come un monologo; le frasi fatte stanno su due gambe – mentre agli uomini magari ne rimaneva soltanto una. Kraus, 1927 SVOLTA EPOCALE Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità. Affermo che durante la guerra si sono resi colpevoli di tradimento contro l’umanità tutti quegli intellettuali che non si siano rivoltati contro la propria patria quando quest’ultima era in guerra – servendosi di tutti gli strumenti di cui un intellettuale dispone. Affermo che lo spettacolo offerto dai cantori della guerra e dai leccapiedi del mio stesso paese belligerante recandosi, a guerra finita, nel paese nemico per tendere alle popolazioni una mano insozzata dal contributo dei loro scritti allo spargimento di sangue – affermo che l’improvviso cambiamento che li porta a fraternizzare con i popoli è ben più ignominioso della loro attività durante la guerra, che tanto vorrebbero rinnegare. Kraus, 1927 SVOLTA EPOCALE Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità. Gli ultimi giorni dell’umanità si può definire un giornale parlato della Prima guerra mondiale. Il suo autore, Karl Kraus, attinse, infatti direttamente a testi autentici di dichiarazioni, documenti, e soprattutto giornali dell’epoca. Nella Vienna che consumava nella tragedia della guerra, la fine di una cultura e di un impero, Kraus fu uno dei pochi oppositori alla follia bellica che aveva invaso l’Austria e l’Europa intera e costruì, con quei testi documentali, l’invettiva del secolo contro la guerra. Ma la sua è anche la denuncia dello strapotere delle comunicazioni di massa, che allora nascevano, delle bugie, delle esagerazioni, delle forzature della stampa. Nel personaggio del Criticone, nei suoi dialoghi con l’Ottimista, che rappresenta in qualche modo il buon senso dell’opinione pubblica, egli proietta la propria protesta appassionata, l’impegno della ragione lucida contro l’oscurantismo della violenza imposta dai militari, dalla Corte, dalle necessità dell’economia. Per la sua ampiezza e complessità Gli ultimi giorni dell’umanità è considerata un’opera quasi irrappresentabile la vastità del testo ha trovato la possibilità di essere messa in scena a Torino negli spazi industriali del Lingotto, grazie alla simultaneità di azioni diverse che si svolgevano su diversi fronti che lo spazio e le scene consentivano. Dalla presentazione di un montaggio del dramma Gli ultimi giorni dell’umanità, per la regia di Luca Ronconi, realizzato appositamente per la televisione nel 1991 SVOLTA EPOCALE: Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità Dal Programma di sala https://www.youtube.com/watch?v=C_RlXa4Mqqo GRANDE GUERRA Quando il 28 giugno 1914, una domenica mattina, l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia Chotek arrivarono alla stazione ferroviaria di Sarajevo, l’Europa era in pace. Trentasette giorni dopo, era un continente in guerra. Il conflitto che si aprì quell’estate avrebbe portato alla mobilitazione di 65 milioni di soldati ella fine di tre imperi, provocando 20 milioni di morti tra militari e civili e 21 milioni di feriti. Gli orrori cui l’Europa ha assistito nel XX secolo derivano da questa catastrofe. Come ha scritto lo storico americano Fritz Stern, fu «la prima calamità del XX secolo, la grande guerra da cui discesero tutte le altre». C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione GRANDE GUERRA Il termine “Grande Guerra” è apparso a partire dal 1914, quando divenne subito evidente che l’estensione delle operazioni militari, i milioni di soldati sul campo e la sua durata ne avrebbero fatto un conflitto dalle dimensioni inedite e senza termine di paragone. La guerra del 1914-1918 fu mondiale, totale e industriale. I suoi contemporanei la chiamavano “Grande Guerra”, con due G maiuscole. Un’evidenza. Grande Guerre, Great War, Große Krieg, Grande Guerra, … tutte le nazioni belligeranti hanno usato questa espressione. Perché la Prima guerra mondiale viene chiamata La Grande Guerra, in http://www.tapum.it/news/170perche-la-prima-guerra-mondiale-viene-chiamata-la-grande-guerra.html LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA Il dibattito sulle sue cause si aprì quando ancora non erano stati esplosi i primi colpi, e da allora non si è più interrotto, generando una letteratura storiografica senza precedenti per vastità, sottigliezza e tensione morale. Per i teorici delle relazioni internazionali gli eventi del 1914 rimangono la crisi politica per eccellenza, tanto intricata da rendere plausibile qualsiasi ipotesi. Lo storico che cerchi di comprendere la genesi della Prima guerra mondiale si trova dover affrontare diversi problemi. Il primo, e più ovvio, è costituito dalla sovrabbondanza delle fonti. Ognuno degli Stati belligeranti produsse edizioni ufficiali in più volumi dei documenti diplomatici, vaste opere frutto di un lavoro d’archivio collettivo. Questo vero e proprio oceano di fonti è percorso da insidiose correnti. La maggior parte delle edizioni ufficiali di documenti prodotte nel periodo fra le due guerre ha un taglio apologetico. […] furono usate come munizioni in «una guerra mondiale di documenti», come rilevò […] lo storico militare tedesco Bernhard Schwertfeger. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA Vi sono inoltre lacune tuttora significative nelle nostre conoscenze. Molti contatti importanti fra i protagonisti decisivi erano verbali, e non hanno lasciato traccia: possono essere ricostruiti soltanto ricorrendo a fonti indirette o a testimonianze successive. E organizzazioni serbe collegate con l’attentato di Sarajevo avevano un regolamento rigorosamente segreto e non lasciarono quasi nessuna documentazione scritta. Dagrutin Dimitrijević, capo dei servizi segreti militari serbi e figura chiave nel complotto per assassinare l’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, aveva l’abitudine di bruciare le sue carte. Molto rimane da sapere sull’esatto contenuto delle prime discussioni fra Vienna e Berlino su come si sarebbe dovuto procedere per reagire alle uccisioni di Sarajevo. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA Un altro elemento distintivo della crisi dell’estate 1914 è l’eccezionale complessità della sua struttura. […] La storia delle origini della guerra del 1914 deve […] dar conto delle interazioni multilaterali tra cinque autonomi protagonisti di pari importanza - Germania, Austria-Ungheria, Francia, Russia e Gran Bretagna -, o addirittura 6, se aggiungiamo l’Italia, oltre ai vari Stati sovrani strategicamente rilevanti e altrettanto autonomi, come l’Impero ottomano e gli Stati della penisola balcanica, regione caratterizzata in quegli anni da elevati livelli di tensione politica e di instabilità.[…] le dinamiche politiche interne agli Stati coinvolti nella crisi erano spesso tutt’altro che trasparenti. […] Non era chiaro (e ancora oggi non lo è per gli storici) in quale punto esatto delle strutture esecutive fosse collocato il potere di determinare la politica di uno Stato, e gli impulsi decisivi […] non provenivano necessariamente dal vertice del sistema; potevano emanare da elementi periferici dell’apparato diplomatico, dai comandanti militari, da funzionari ministeriali e perfino da ambasciatori, che spesso conducevano una loro autonoma politica. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA LE « RESPONSABILITÀ » DEI SINGOLI STATI Le fonti superstiti ci presentano così un caotico sovrapporsi di promesse, minacce, piani e previsioni, e ciò contribuisce a sua volta a spiegare per quale motivo lo scoppio di questa guerra si è prestato a essere interpretato in una tale stupefacente varietà di modi. Non esiste praticamente alcun punto di vista sulle sue origini che non possa essere sostenuto da una parte delle fonti disponibili. E questo spiega anche per quale motivo la letteratura sulle cause della prima guerra mondiale abbia assunto proporzioni talmente vaste che nessun singolo storico […] può sperare di poterla leggere per intero nell’arco della vita. […] Alcune trattazioni si sono concentrate sulla colpa da attribuire alla mela marcia del sistema (la Germania è stata in tal senso la più gettonata, ma nessuna delle grandi potenze è sfuggita all’accusa di essere la maggiore responsabile); altri hanno ripartito la colpa fra più soggetti, cercando di individuare i difetti del «sistema». Le complessità sono tali che la discussione non si è mai interrotta. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione LE «CAUSE» DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Ma se il dibattito è antico, il tema è ancora vivo, anzi più vivo e rilevante oggi di quanto non lo fosse venti o trenta anni fa. I cambiamenti avvenuti nel mondo hanno modificato la nostra prospettiva sugli eventi del 1914. […] quel che colpisce il lettore del ventunesimo secolo quando si appresti a seguire il corso della crisi dell’estate del 1914 è la sua essenziale modernità. La crisi cominciò con l’azione di una squadra di dinamitardi suicidi e con una sfilata di automobili. Dietro l’attentato di Sarajevo c’era un’organizzazione dichiaratamente terroristica che coltivava il culto del sacrificio, della morte e della vendetta; ma questa organizzazione aveva una natura extra-territoriale, ed era priva di una chiara collocazione geografica o politica; era sparpagliata in cellule che avevano la loro base oltre confine, priva di un responsabile, i suoi collegamenti con i governi ufficiali erano obliqui, nascosti e sicuramente difficili da scorgere per chi non vi appartenesse. […] Dopo la fine della Guerra fredda, un sistema globale di stabilità bipolare ha lasciato il posto ad una più complessa e imprevedibile varietà di forze, ivi compresi imperi in declino e potenze in ascesa, una situazione che invita al confronto con l’Europa del 1914. Accettare questa sfida non significa adottare un approccio banalmente attualizzante, che reinterpreti il passato per soddisfare le esigenze del presente, quanto piuttosto individuare in quel passato alcuni aspetti che il nostro mutato punto di vista ci consente ora di comprendere chiaramente. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione LE «CAUSE» DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Fra questi vi è sicuramente il contesto balcanico da cui la guerra trasse inizio. La Serbia è uno dei punti deboli della storiografia sulla Crisi di luglio. L’assassinio di Sarajevo è trattato in molte ricostruzioni come un semplice pretesto, come un evento di scarso peso sulle forze reali la cui interazione condusse al conflitto. […] Le guerre jugoslave degli anni Novanta ci hanno ricordato tutto il potenziale di pericolosità contenuto nei nazionalismi balcanici. Dopo eventi come quelli di Srebrenica e dell’assedio di Sarajevo, è diventato più difficile alla Serbia come una semplice pedina o vittima della politica più facile concepire il nazionalismo pensare elle grandi potenze, e serbo con un’autonoma forza storica. Dall’odierna prospettiva dell’Unione europea, siamo portati a guardare con maggiore simpatia – o almeno con minor disprezzo - di un tempo all’ormai scomparso mosaico imperiale dell’Austria-Ungheria. Infine oggi è forse più facile vedere che non è opportuno liquidare le due uccisioni di Sarajevo come un semplice incidente non in grado di condizionare veramente gli eventi. L’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 ha mostrato come un unico simbolico evento – per quanto intrecciato a processi storici più vasti – possa modificare irrimediabilmente le dinamiche politiche, rendendo obsolete le vecchie opzioni e conferendo alle nuove un’imprevedibile urgenza. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione «COME» SI ARRIVÒ ALLA GRANDE GUERRA La questione del come ci invita a considerare la vicino le sequenze di interazioni che produssero certe conseguenze. La questione del perché ci induce ad andare alla ricerca di cause remote ascrivibili a categorie precise: imperialismo, nazionalismo, armamenti, alleanza, alta finanza, senso di onore nazionale, dinamiche di mobilitazione. Chiedersi perché porta ad una certa chiarezza analitica, ma genera anche un effetto distorcente, in quanto crea l’illusione dell’esistenza di meccanismi causali che operano una pressione costante e crescente; i fattori si accumulano l’uno sull’altro, spingendo in basso gli eventi, e gli attori politici diventano semplici esecutori di forze da tempo presenti e al di fuori del loro controllo. […] Coloro che ebbero la responsabilità delle principali decisioni – re, imperatori, ministri degli Esteri, ambasciatori, comandanti militari e una schiera di funzionari minori – camminarono verso il pericolo con passi guardinghi e calcolati. Lo scoppio della guerra fu il momento culminante di una concatenazione di decisioni assunte da attori politici che perseguivano consapevolmente degli obiettivi ed erano capaci di riflettere su quanto stavano facendo, e che individuarono una serie di azioni formulando le valutazioni più adeguata in base alle migliori informazioni che possedevano. […] C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione «COME» SI ARRIVÒ ALLA GRANDE GUERRA Uno storico bulgaro delle guerre balcaniche ha di recente osservato che «una volta posta la questione del perché il punto decisivo diventa quello della colpa» […] Le questioni della colpa e della responsabilità sono entrate a far parte di questa storia ancora prima che la guerra avesse inizio. Tutte le fonti documentarie sono piene di attribuzioni di colpa (era un mondo in cui le intenzioni aggressive venivano sempre attribuite all’avversario e quelle difensive attribuite a se stessi)e il giudizio enunciato nell’articolo231 del Trattato di Versailles contribuì a far sì che la questione della « colpa della guerra » rimanesse in primo piano. Anche sotto questo riguardo, concentrarsi sul tema del come permette di adottare un approccio alternativo, ripercorrendo gli eventi non per bisogno di redigere un capo di accusa contro questo o quello Stato o contro particolari individui, ma con lo scopo di individuare le decisioni che produssero la guerra e di comprendere i ragionamenti o le emozioni che la sostennero. Ciò non significa escludere del tutto dalla discussione la questione delle responsabilità, quanto semmai fare in modo che le risposte ai perché scaturiscano da quelle relative al come, e non l’inverso. C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione «COME» SI ARRIVÒ ALLA GRANDE GUERRA Alcuni dei più interessanti contributi recenti su questa guerra hanno sostenuto che essa, lungi dall’essere inevitabile, fu di fatto « improbabile » - perlomeno finché non avvenne veramente. Che la si condivida o meno, questa impostazione ha il merito di inserire nella vicenda un elemento di contingenza. […] Ho cercato di tenere sempre presente che le persone, gli eventi e le forze descritte in questo libro portavano dentro di sé i semi di altri, forse meno terribili, futuri. C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA DUE COLPI DI PISTOLA, DIECI MILIONI DI MORTI, LA FINE DI UN MONDO. Il 28 giugno 1914 due colpi di pistola furono sparati a Sarajevo contro l’arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell’imperatore Francesco Giuseppe e erede al trono dell’Impero austro-ungarico, mentre era in visita ufficiale in Bosnia, annessa all’Impero sei anni prima. I colpi uccisero l’arciduca e la moglie. Il governo dell’Austria attribuì subito la responsabilità dell’attentato alla Serbia. Francesco Ferdinando e la moglie mentre escono dal municipio di Sarajevo L’arresto di Gavrilo Princip E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA DUE COLPI DI PISTOLA, DIECI MILIONI DI MORTI, LA FINE DI UN MONDO. La stampa europea diede risalto alla notizia dell’assassinio, che però non provocò eccessivo allarme per la pace nel continente. Neppure all’estero il defunto arciduca aveva riscosso molte simpatie. Il suo assassinio non fu considerato un evento tale da innescare una grave crisi internazionale. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA CERTEZZE DI PACE La lunga pace dell’Europa aveva fatto nascere la speranza che la modernità trionfante della civiltà europea, guidata dalla fiducia nella ragione e dalla fede nel progresso, sarebbe giunta un giorno a sconfiggere la barbarie della guerra. […] Rievocando trent’anni dopo il sentimento allora dominante, lo scrittore austriaco Stefan Zweig, affermò che “quella fu l’età d’oro della sicurezza”: “Non si temevano ricadute barbariche come le guerre tra i popoli europei, così come non si credeva più alle streghe e ai fantasmi; i nostri padri erano tenacemente compenetrati della fede nella irresistibile forza conciliatrice della tolleranza. Lealmente credevamo che i confini e le divergenze esistenti fra le nazioni o le confessioni religiose avrebbero finito per sciogliersi in un comune senso di umanità concedendo così a tutti la pace e la sicurezza, beni supremi.” L’epoca della bella modernità trionfante: manifesto del balletto Excelsior, 11 febbraio 1881. Il Corriere della sera scrive: È il paradiso, il trionfo dell'umanità incivilita, una festa del pensiero, ricco e splendido. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA VISIONI DI GUERRA Ludwig Meidner Paysage apocalyptique, 1913 Eppure, in quegli stessi anni, nell’epoca bella della modernità trionfante, lo spettro di una grande guerra si aggirava per l’Europa. Visioni e profezie di un futuro conflitto mondiale erano frequenti nella letteratura e nelle arti. I lettori si appassionavano ai romanzi che narravano guerre immaginarie tra le grandi potenze, con la descrizione di gigantesche battaglie Analoghe visioni di guerra eccitavano la fantasia degli artisti, che nell’epoca bella della modernità trionfante per terra, per mare, nei cieli. […] presentivano l’avvento di una catastrofe apocalittica. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa, col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia. 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata Programma politico futurista (1913): Tutte le libertà, tranne quella di a corsa, essa pure, sul essere vigliacchi, pacifisti, anti-italiani. Una più grande flotta e un più grande esercito; un popolo orgoglioso di essere italiano, per la Guerra, circuito della sua orbita. ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA sola igiene del mondo AUSPICI DI GUERRA Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrrrare spazio con un accordo ZZZANG TUMB TUN ammutinamento di 500 echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all’infiiiiiinito nel centro di quel zz-zang tumb tumb spiaccicato (ampiezza 50 kmq.) balzare scoppi Filippo Tommaso Marinetti, Il bombardamento di Adrianopoli, 1912 tagli pugni batterie tiro rapido Violenza ferocia re-go-la-ri-tà questo basso grave scandere strani folli agitatissimi acuti della battaglia. Furia affanno orecchie occhi narici aperti! attenti! forza! che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffi trak trak frustate pic-pac-pum-tumb pic-pac-pum-tum bizzarrie salti (200 metri) della fucileria. Giù giù in fondo all’orchestra stagni diguazzare buoi bufali pungoli carri pluff plaff impennarsi di cavalli flic flac zing zang sciaaack ilari nitriti iiiiii.... scalpiccii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc-craaac (lento due tempi) Sciumi Maritza o Karvavena ta ta tata giii tumb giii tumb ZZZANG TUMB TUMB (280 colpo di partenza) srrrrrr GRANG-GRANG (colpo in arrivo) croooc-craaac grida degli ufficiali sbatacchiare come piatti d’ottone pan di qua pack di là cing buum cing ciak (presto) ciaciacia-ciaciaak su giù là intorno in alto attenzione sulla testa ciaack bello! E vampe vampe vampe vampe vampe vampe (ribalta dei forti)vampe vampe vampe vampe vampe vampe (ribalta dei forti) laggiù dietro quel fumo Sciukri Pascià comunica telefonicamente con 27 forti in turco in tedesco allò! Ibrahim! Rudolf! allò allò! VISIONI DI GUERRA https://www.youtube.com /watch?v=Vm20NF_XA48 PREVISIONI DI GUERRA (DIMENSIONE INDUSTRIALE) All’inizio ci sarà una carneficina crescente fino a dimensioni così terribili, da rendere impossibile alle truppe di spingere la battaglia verso una conclusione decisiva e risolutiva. […] Così, invece di una guerra combattuta ad oltranza in una serie di battaglie decisive, si avrà un lungo periodo di sforzi sempre maggiori, che logoreranno le risorse dei combattenti […] e poiché nessuna delle armate sarà capace di averla vinta sulle altre, entrambe rimarranno contrapposte, l’una di fronte all’altra, minacciandosi reciprocamente, ma senza mai essere in grado di lanciare l’attacco finale e decisivo. Ivan Bloch, La guerra futura, 1898 In E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 Previsioni di guerra (Tecniche di guerra) […] i rischi di una guerra europea apparivano reali a causa della rivalità imperialista fra le grandi potenze. […] Inoltre, nei due decenni precedenti il 1914 si era accelerata la corsa agli armamenti, accompagnata dall’invenzione o dal perfezionamento di armi sempre più efficaci e micidiali, come le mitragliatrici con potenza di fuoco fino a 500 colpi al minuto, l’artiglieria pesante, costituita da mortai, obici e cannoni di grosso calibro a lunga gittata. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 Mario Sironi, Scena di guerra con cannone, 1917-1918 (Tecniche di guerra) Alcune di queste armi avevano già dimostrato la loro micidiale efficacia nella guerra russogiapponese, nella guerra di Libia e nelle due guerre balcaniche, una efficacia tale da rendere impossibile la tradizionale offensiva con la cavalleria e la fanteria. Nonostante ciò, la dottrina militare dominante nelle accademie delle maggiori potenze sosteneva ancora il primato dell’offensiva nell’azione bellica, che si svolgeva con l’assalto frontale al nemico.[…] E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 PIANI DI GUERRA (TECNICHE DI GUERRA) … in questa concezione della guerra il primato spettava non alla potenza delle armi bensì alla forza del carattere dei combattenti, alla loro disciplina, alla loro energia morale, alla loro volontà e determinazione di distruggere il nemico. Secondo tale principi erano concepiti i piani strategici di guerra elaborati dagli Stati maggiori delle potenze continentali. […] Tutti i piani strategici erano concepiti in previsione di una guerra fra due blocchi di alleanze, ma nessuno degli Stati che li avevano adottati era propenso a provocarla. Tranne, forse, il capo di Stato Maggiore dell’impero austro-ungarico, ossessionato dall’idea di una guerra preventiva contro la Serbia e contro l’Italia. […] La nascita o l’esasperazione di correnti nazionaliste e imperialiste accentuarono l’antagonismo tra le maggiori potenze europee. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 RISCHI DI GUERRA GERMANIA AMBIZIOSA E BELLICOSA La potenza militare della Germania, enfatizzata dalla ostentata aggressività dell’imperatore Guglielmo II deciso a sfidare l’Inghilterra sul mare dando impulso alla costruzione di una imponente marina militare, aveva indotto Francia, Russia e la stessa Inghilterra a raggiungere un’intesa mirante a contenere le aspirazioni egemoniche tedesche e a contrastare l’estendersi dell’influenza degli imperi centrali in Europa orientale e nell’Impero ottomano. […] Prima potenza industriale europea, nazione fra le più colte e progredite del mondo in ogni settore della cultura, della scienza, della tecnologia, con una popolazione di quasi settanta milioni di abitanti, la Germania era la più inquieta e ambiziosa tra le potenze europee, e divenne il promotore di una accelerazione nella corsa agli armamenti, spingendo Inghilterra, Francia e Russia a potenziare arsenali ed eserciti, aumentando più della stessa Germania le spese militari. […] La classe dirigente imperiale, soprattutto nella persona dell’irruente e loquace Guglielmo II, ostentava la volontà di fare della Germania una potenza mondiale, non escludendo neppure il rischio di un conflitto per raggiungere questa meta. […] E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 RISCHI DI GUERRA LA POLVERIERA D’EUROPA All’inizio del Novecento, la polveriera che avrebbe potuto far esplodere una guerra europea erano i Balcani. Mosaico di popolazioni differenti per nazionalità, etnia e religione, mescolate entro i confini dell’Impero austroungarico e degli Stai sorti nel corso dell’Ottocento dalla rivolta contro il dominio ottomano (Grecia, Serbia, Montenegro, Bulgaria, Romania), i Balcani erano l’area più turbolenta del continente europeo, perché in questa regione si scontravano le ambizioni egemoniche dell’Austria, della Russia e degli Stati balcanici che miravano a ingrandirsi a spese dell’Impero ottomano. […] Anche in occasione delle due guerre balcaniche, combattute con particolare ferocia che coinvolse le popolazioni civili, le grandi potenze avevano cercato la via della diplomazia per impedire che le fiamme potessero propagarsi al resto d’Europa. E per circa un anno dalla pace di Bucarest (10 agosto 1913), nessun rischio di guerra sembrò minacciare il Vecchio Continente, mentre in molti paesi europei covavano tensioni e conflitti sociali e politici, che facevano pensare più al rischio di sconvolgimenti interni che a sconvolgimenti internazionali. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015 Agitazioni per la pace: 7-14 giugno 1914, Settimana rossa Furono sette giorni di febbre durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata. (Pietro Nenni) In http://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/nenni_settimana_rossa.htm L’INEVITABILITÀ DI UNA GUERRA EVITABILE * * E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III Dopo una lunga riflessione il governo di Vienna, d’accordo con quello tedesco, rispose all’attentato con un ultimatum alla Serbia così pesante e umiliante da rendere evidente che il suo scopo era la guerra. La Serbia, come previsto, non accettò le richieste di Vienna, e subito il governo russo proclamò la mobilitazione generale, che la Germania chiese inutilmente di sospendere. La Francia nonostante le perentorie richieste della Germania, rifiutò di rimanere fuori dal conflitto Il 3 agosto del 1914 ebbe così inizio la guerra. L’esercito tedesco, per aggirare da Nord l’esercito francese, invase il Belgio, che aveva dichiarato la sua neutralità. Di fronte alla minaccia tedesca sulla Manica, il governo di Londra decise l’intervento. Il 4 agosto la guerra tra i grandi Stati era generale. Solo l’Italia ne era fuori e ci sarebbe rimasta ancora per nove mesi, fino al maggio 1915. […] Ogni tappa sembra fatale, inevitabile e ogni alternativa impossibile[…] Tutte le tappe sembrano inevitabili. [..] La decisione fu presa dal governo centrale di ciascun paese: più spesso da gruppi di ministri che pur senza ricevere meccanicamente direttive da gruppi socialmente definiti – banchieri, industriali, capitalisti finanziari – seguivano però precisi indirizzi culturali formatisi nel corso degli anni. Comunque anche se i parlamenti furono esclusi dalle decisioni esse furono prese, tutto sommato, in sintonia con buona parte dell’opinione pubblica. Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 Dalla terza guerra balcanica, alla guerra europea alla guerra mondiale L’INEVITABILITÀ DI UNA GUERRA EVITABILE* La Grande Guerra divenne inevitabile per una concatenazione di eventi e di decisioni che coinvolsero i governanti dei maggiori Stati europei: [...] essi si erano trovati di fronte ad un confuso accumularsi di circostanze impreviste, che li costrinsero a prendere decisioni gravide di terribili conseguenze. Le loro decisioni, prese sotto l'incalzare di informazioni, notizie, comunicazioni, voci, minacce, ammonimenti, appelli alla prudenza, incitamenti all'azione, furono influenzate dalla considerazione degli interessi nazionali e individuali che erano in gioco, dalla percezione della situazione interna e internazionale, e dalle congetture sui suoi possibili sviluppi. [...] tutti agirono mossi più dalla paura di essere aggrediti che dalla volontà di aggredire. [...] Tutti erano convinti di essere stati costretti dalla necessità di difendere il loro paese da un'aggressione. Alla fine non fu una ragionevole razionalità, politica, diplomatica, militare o economica, a prevalere nelle scelte e nelle decisioni dei governanti, ma una irragionevole razionalità, mossa dal senso dell'onore, dal patriottismo, dal nazionalismo e dalla ragion di Stato. * E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III TUTTI ALLA GUERRA!* UNA GUERRA FATTA DA GIOVANI * E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. IV Avevamo lasciato aule universitarie, banchi di scuola, officine; e poche settimane d'istruzione militare avevano fatto di noi un sol corpo bruciante d'entusiasmo. Cresciuti in tempi di sicurezza e tranquillità, tutti sentivamo l'irresistibile attrattiva dell'incognito, il fascino dei grandi pericoli. La guerra ci aveva afferrati come un'ubriacatura. Partiti sotto un diluvio di fiori, eravamo ebbri di rose e di sangue. Non il minimo dubbio che la guerra ci avrebbe offerto grandezza, forza, dignità. Essa ci appariva azione da veri uomini: vivaci combattimenti a colpi di fucile su verdi prati dove il sangue sarebbe sceso come rugiada ad irrorarne i fiori. «Non v'è al mondo morte più bella...», cantavamo. Lasciare la monotonia della vita sedentaria e prender parte a quella grande prova. Non chiedevamo altro. * E. Junger, Tempeste d’acciaio, Milano, Edizioni del Borghese, 1966. TUTTI ALLA GUERRA! LA GRANDE GUERRA DELLA CULTURA L’esaltazione della guerra Siamo troppi. La guerra è un'operazione maltusiana, c'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita Fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel colore dei panni, quanti saranno, non dico da piangere, ma da rammentare? Ci metterei la testa che non arrivano ai diti delle mani e dei piedi messi insieme. [Papini, Un caldo bagno di sangue, in "Lacerba", 11, 20 settembre 1914] Kultur contro Zivilisation Sono con il cuore dalla parte della Germania non in quanto essa è concorrente dell’Inghilterra nella politica di potenza, ma in quanto è sua antagonista spirituale. […] Mai avevamo noi immaginato che, sotto la parvenza del pacifico rapporto internazionale in questo vasto mondo di Dio, l’odio inestinguibile, mortale, della democrazia politica, del bourgeois retore, repubblicano e massone del 1789, svolgesse la sua opera nefanda contro di noi, contro le nostre strutture statali, il nostro militarismo spirituale, il nostro spirito dell’ordine dell’autorità del dovere. [da T. Mann, Considerazioni di un impolitico, DE Donato, Bari, 1967, p. 26] VOCI CONTRO LA GUERRA Au dessus de la mêlée Le trait le plus frappant de cette monstrueuse épopée, le fait sans précédent est, dans chacune des nations en guerre, l’unanimité pour la guerre. C’est comme une contagion de fureur meurtrière qui, venue de Tokio il y a dix années, ainsi qu’une grande vague, se propage et parcourt tout le corps de la terre. A cette épidémie, pas un n’a résisté. Plus une pensée libre qui ait réussi à se tenir hors de l’atteinte du fléau. Il semble que sur cette mêlée des peuples, où, quelle qu’en soit l’issue, l’Europe sera mutilée, plane une sorte d’ironie démoniaque. Ce ne sont pas seulement les passions de races, qui lancent aveuglément les millions d’hommes les uns contre les autres, comme des fourmilières, et dont les pays neutres eux-mêmes ressentent le dangereux frisson; c’est la raison, la foi, la poésie, la science, toutes les forces de l’esprit qui sont enrégimentées, et se mettent dans chaque Etat, à la suite des armées. Dans l’élite de chaque pays, pas un qui ne proclame et ne soit convaincu que la cause de son peuple est la cause de Dieu, la cause de la liberté et du progrès humains. […] Entre nos peuples d’Occident, il n’y avait aucune raison de guerre. En dépit de ce que répète une presse envenimée par une minorité qui a son intérêt à entretenir ces haines, frères de France, frères d’Angleterre, frères d’Allemagne, nous ne nous haïssons pas. Je vous connais, je nous connais. Nos peuples ne demandent que la paix et que la liberté. [R. Rolland, Au dessus de la mêlée, « Le Journal de Genève », le 3 aout 1914] L’illusione della guerra breve Londra,Great Scotland Yard: agosto 1914. Centro di reclutamento di Whitehall. Gli inglesi rispondono alla chiamata alle armi. I volontari aspettano per ore sotto la pioggia che arrivi il loro turno. L’illusione della guerra breve Soldati tedeschi diretti al fronte nei primi giorni della Grande Guerra, agosto 1914 TECNICHE DI COMBATTIMENTO / GUERRA DI LOGORAMENTO Nei primi giorni di guerra, i tedeschi erano in vantaggio su tutto il fronte. Anche l’offensiva che il generale Joffre […] aveva scatenato in Lorena il 14 agosto, si infranse contro le fortificazioni tedesche, con gravissime perdite tra ufficiali e soldati, e dopo dieci giorni di violentissimi combattimenti finì con una disordinata ritirata sotto il fuoco della controffensiva tedesca. Fra il 20 e il 23 agosto, furono uccisi 44.000 francesi, dei quali 27000 caddero in un solo giorno. L’avanzata tedesca pareva inarrestabile. In due settimane le truppe tedesche penetrarono per oltre 300 chilometri nel territorio francese. Agli inizi di settembre erano a circa 50 km da Parigi […]. La vittoria pareva a portata di mano, come era accaduto nel 1870, ma questa volta non si riuscì a coglierla. Infatti, le truppe tedesche erano giunte esauste nei pressi della capitale francese, sia per i combattimenti in cui erano state impegnate, sia perché avevano compiuto lunghe distanze a piedi, percorrendo una media di 20 o 30 chilometri al giorno con un equipaggiamento di oltre 30 chili per ciascun soldato, allontanandosi sempre più dai centri di rifornimento. […] il 4 settembre si trovarono ad affrontare la controffensiva francese sul fiume Marna. La battaglia durò fino al 12 settembre e vi parteciparono quasi un milione di francesi e 100000 inglesi contro 750 tedeschi. Fu la prima grande battaglia della Grande Guerra, che si concluse con un bilancio di 85000 francesi, 1700 inglesi e 68000 tedeschi morti, feriti o dispersi. […] Il “miracolo della Marna” come lo chiamarono i francesi fu […] la fine della speranza dei tedeschi di concludere vittoriosamente la guerra sul fronte occidentale, per concentrare le loro forze contro la Russia. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III TECNICHE DI COMBATTIMENTO / GUERRA DI LOGORAMENTO / GUERRA INDUSTRIALE All’inizio di ottobre, Falkenhayn [capo di Stato Maggiore tedesco] riprese l’offensiva […] puntando poi alla conquista dei porti sulla Manica e sul Mare del Nord, ma la “corsa al mare” dei tedeschi fu ostacolata dagli inglesi e dai francesi. La battaglia più cruenta avvenne presso la città belga di Ypres, dove ai tedeschi si opposero francesi, belgi e inglesi, con un contingente di unità indiane. […] Le perdite furono ingenti […] La battaglia di Ypres fu l’ultima del 1914 sul fronte occidentale, dove l’anno si concluse con una situazione di stallo fra i due eserciti, per la sostanziale parità degli armamenti e per la carenza di munizioni, in cui si trovarono entrambi dopo aver consumato i loro arsenali nei primi mesi di combattimento. Nessuno dei governi belligeranti aveva provveduto a fornire le sue armate di quanto era necessario ad appagare l’inesauribile fame delle armi moderne, impegnate in una guerra di massa. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III Il coinvolgimento dei civili e la demonizzazione del nemico «La lotta ingaggiata contro la Germania è la lotta della civiltà contro la barbarie » Henri Bergson Il fronte occidentale /La guerra di trincea Dopo la battaglia di Ypres […] sul fronte occidentale, che si estendeva per 700 chilometri dal Mare del Nord ai confini della Svizzera, cessò la guerra di movimento e subentrò la guerra di posizione e di logoramento fra i due eserciti con milioni di soldati che combattevano infossati nelle trincee.[E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. IV] https://www.youtube.com/watch?v=4BdhlbH9ygI IL FRONTE OCCIDENTALE /LA GUERRA DI TRINCEA A Londra, verso la fine di novembre (del 1914) Winston Churchill ricevette una lettera da un collega deputato, Valentine Fleming, che si trovava sui fronte occidentale: «Più impressionante di tutto» scriveva Fleming «sono le devastazioni assolutamente indescrivibili del fuoco della moderna artiglieria, non solo su uomini, animali e cose, ma sul volto stesso della natura. Immagina un'ampia fascia, larga più o meno una quindicina di chilometri, che dalla Manica si estende sino alla frontiera tedesca vicino a Basilea, letteralmente cosparsa di cadaveri e solcata da rozze sepolture, in cui fattorie, villaggi e cascinali sono mucchi informi di macerie annerite, in cui i campi, le strade, e persino gli alberi, sono scavati, straziati e distorti dalle granate e deturpati dalle carcasse di cavalli, buoi, pecore e capre, orribilmente sfigurati e smembrati, e sparsi dappertutto». In questa zona, il giorno e la notte erano lacerati «dall'incessante schianto, sibilo e fragore di ogni sorta di proiettili, da sinistre colonne di fumo e di fiamme, dalle grida dei feriti, dai richiami pietosi di bestie di tutti i tipi, abbandonate, affamate, forse anch'esse ferite. Lungo quel «terreno di morte» si estendevano due linee, più o meno parallele, di trincee, distanti fra loro dai 200 ai 1000 metri. In quelle trincee, spiegava Fleming, «stanno accucciate file di uomini, vestiti di marrone o di grigio o di azzurro, incrostati di fango, la barba lunga, gli occhi incavati dalla continua tensione, uomini impotenti di fronte all'incessante pioggia di granate che li tempesta da 5, 6, 7, 10 chilometri di distanza o anche più, uomini che salutano con vera gioia un attacco di fanteria, chiunque sia a lanciarlo, perché significa potersi scontrare e misurare con aggressori umani e non con macchine invisibili, inesorabili, frutto di un'ingegnosità che persino tu e io saremmo d'accordo nel considerare improduttiva sotto ogni punto di vista». M. Gilbert, La grande storia della Prima guerra mondiale, Milano Mondadori, 2000 LE TECNICHE DI GUERRA / LE GRANDI BATTAGLIE (VERDUN, SOMME…) Nella guerra del 14-18, quando si pensa alle grandi operazioni strategiche, si fa riferimento essenzialmente alla tecnica dello sfondamento. Il comando supremo concentrava le forze in un determinato settore del fronte, picchiava e picchiava con l’artiglieria, mandava la fanteria all’assalto, faceva uccidere migliaia e migliaia di persone ogni volta, e non otteneva nulla, non sfondava un bel niente, doveva fermarsi a raccogliere i morti, se riusciva a raccoglierli. Le battaglie dell’Isonzo furono questo: battaglie di sfondamento. Anche la battaglia della Somme, del 1916, dove fu annientata gran parte della gioventù britannica e di quella tedesca, fu questo. Poi ci fu la fase delle battaglie di logoramento: la fase in cui si pensava di distruggere il nemico con la potenza di fuoco, e anche con ripetute aggressioni umane in modo da logorarne la capacità di resistenza. L’esempio più alto fu la grande battaglia di Verdun. Da dove si vede che il meccanismo del logoramento logorava chi lo tentava. L’esercito tedesco, a Verdun, perse la sua forza proprio in quel tentativo incessante di logorare l’esercito francese. L’unica variante […] fu l’operazione di infiltrazione che il comando austroungarico riuscì a realizzare, anche con l’aiuto tedesco, nel novembre del 1917. bombardarono una piccola sezione di fronte, sfondarono, dilagarono alle spalle. Colpirono in un piccolo punto dell’area dell’Isonzo, dove c’era il XXIV corpo d’armata, comandato da Pietro Badoglio, e lo fecero fuori. Fu l’inizio della brillante carriera di Badoglio, il comandante di Caporetto. Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 p. 54-55 LE TECNICHE DI GUERRA / «PROVE DI … TOTALITARISMO» La maggior parte dei soldati morti nella prima guerra mondiale non sono morti combattendo, cosa che presuppone avere uno spazio di iniziativa, una qualche reciprocità con il nemico: sono invece semplicemente morti sotto il fuoco, uscendo allo scoperto in tentativi di attacco di una trincea nemica che non riuscivano quasi mai a raggiungere. Ciò che cambia nella disciplina, rispetto alle guerre ottocentesche, […] è la convinzione del soldato che la guerra è lunga, e che l’atto estremo della disciplina non gli viene richiesto per un evento risolutivo, ma per un’azione che non ha nessun senso. L’insensatezza è l’elemento dominante e nuovo nella disciplina della grande guerra. Il meccanismo del totalitarismo moderno nasce probabilmente qui nelle fosse di fango, nelle trincee della guerra. Qui si forma il totalitarismo inteso alla lettera per ottenere una conformità totale. Si chiede al cittadino, si chiede al soldato, al suddito non soltanto una disciplina su certe regole stabilite, ma una conformità della sua persona, una sua integrazione in un collettivo, che è assunto e rappresentato nel comando. Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998, pp. 52-53 LE TECNICHE DI GUERRA / L’INSENSATEZZA DELLA GUERRA* Io sono giovane, ho vent'anni, ma della vita non conosco altro che la disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze. Io vedo dei popoli spinti l'uno contro l'altro, e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una incolpevole obbedienza si uccidono a vicenda. Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e parole perché tutto questo si perfezioni e duri, più a lungo. E con me lo vedono tutti gli uomini della mia età, da questa parte e da quell'altra del fronte, in tutto il mondo; lo vede e lo vive la mia generazione. Che faranno i nostri padri, quando un giorno sorgeremo e andremo davanti a loro a chieder conto? Che aspettano essi da noi, quando verrà il tempo in cui non vi sarà guerra? Per anni e anni la nostra occupazione è stata di uccidere, è stata la nostra prima professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che accadrà, dopo? Che sarà di noi? E. M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Mondadori, Milano 1988, pp 223-224 * S. Kubrick, Orizzonti di gloria: la denuncia dell’insensatezza della guerra (https://www.youtube.com/watch?v=nGsaw_1w12U IL FRONTE OCCIDENTALE /LA GUERRA DI TRINCEA LA FRATERNIZZAZIONE CON IL NEMICO Ma chère maman, je pense que j’ai assisté à l’une des scènes les plus extraordinaires que j’ai jamais vues. Un allemand agitant les bras, puis deux autres sont sortis de leurs tranchées et se sont dirigés vers les nôtres. On était prêts à tirer sur eux quand on s’est aperçus qu’ils n’avaient pas des fusils. Alors l’un des nôtres est allé à leur I soldati non tornarono a casa per Natale come avevano sperato nella rapida fine della guerra. Nei giorni di Natale del primo anno di guerra, sul fronte occidentale ci furono episodi di tregua spontanea tra i nemici, che uscirono dalle trincee e fraternizzarono nella “terra di nessuno”, ma dagli alti comandi venne subito l’ordine di rencontre et en deux minutes l’espace entre les deux lignes de tranchées grouillait de soldats et d’officiers des deux camps qui se serraient la vietare tali manifestazioni. main et se souhaitaient joyeux E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un Noël. [Carnets de Louis mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. Barthas, soldat pendant la IV Grande guerre] https://www.youtube.com/watch?v=rFI5KKEo5NQ Il fronte orientale Ad oriente, dove il fronte si estendeva dal Baltico al Mar Nero, diramandosi nel Balcani e nel medio Oriente fino al Mar Rosso e al Golfo Persico, la guerra fu più movimentata. La Germania aveva una netta superiorità di armi e di organizzazione sull’impero russo che poteva contare unicamente sul maggior numero di truppe, dotate di un armamento inadeguato, malamente approvvigionate, e governate da un apparato burocratico arretrato inefficiente e corrotto. [E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. IV] INTERVIENE L’ITALIA/IL PATTO DI LONDRA Il fronte italiano Il 2 agosto il governo italiano, presieduto da Antonio Salandra aveva dichiarato la neutralità, perché la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo e né l’Austria né la Germania avevano consultato l’Italia prima di lanciare l’ultimatum alla Serbia. […] il governo italiano avviò trattative segrete sia con gli imperi centrali sia con l’Intesa, Il 26 aprile 1915 i rappresentanti del governo italiano valutando la decisione di firmarono a Londra un patto segreto con il quale l’Italia si impegnava a intervenire secondo il “sacro entrare in guerra con l’Austria entro un mese, in cambio della promessa di ottenere, dopo la vittoria, il Trentino e parte del Tirolo fino al egoismo” degli interessi Brennero, Trieste, Gorizia, gran parte dell’Istria, alcune isole nazionali, come si espresse adriatiche e parte della costa della Dalmazia, il protettorato Salandra. […] sull’Albania, una zona nell’Asia minore e una parte delle colonie tedesche dell’Africa. [E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. V] Severini, Cannone in azione, 1915 Interventismo / neutralismo L’Italia neutrale si immerse in un dibattito politico profondo. Si confrontarono diverse posizioni neutraliste e diverse interventiste. […] C’erano i neutralisti cattolici[…] C’era un neutralismo socialista che aveva un carattere di principio, cui la quasi totalità del partito restò fedele. […] C’era C’erano poi gli interventisti, quelli nazionalisti […] e quelli detti «interventisti democratici», forti tra la borghesia intellettuale tra le frange della tradizione socialista e democratica. Essi vedevano l’intervento in guerra infine il neutralismo e anche giolittiano. come l’uscita da una stagnazione morale di un’Italia piccola e chiusa in se stessa, una sorta di apertura verso il mondo per un sistema internazionale che sancisse la fine della guerra, di tutte le guerre. Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 p. 42-43 Io sono sempre più fermamente convinto che per la salute dell’Italia bisognerebbe fucilare, dico fucilare, nella schiena, qualche dozzina di deputati e mandare all’ergastolo un paio almeno di exministri. Non solo, ma io credo con fede sempre più profonda, che il Parlamento in Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue della Nazione. Occorre estirparlo. Mussolini, Popolo d’Italia, 11/05/15 Le «radiose giornate di maggio» La piazza, sostenuta dal re e dal governo di Salandra e di Sonnino, col forte aiuto di una persona carismatica come d’Annunzio, si batté per la guerra. Il re e il governo mossero la piazza. Ci furono scontri di piazza, soprattutto tra operai neutralisti e studenti interventisti Benito Mussolini ad una manifestazione interventista a Milano […]. La piazza prevalse, la volontà del Parlamento Il Parlamento accettò di votare i crediti di guerra, e l’Italia, il 24 maggio del 1915, entrò nella fornace. Era un preannuncio fu violata attraverso la scelta della guerra […] del fascismo. […] i socialisti, furono i soli a difendere i diritti del Parlamento contro il re e contro la destra. Votarono contro i crediti di guerra. Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 p. 42-43 L’OPPOSIZIONE ALLA GUERRA Le scrivo questo per un avertimento, perché una persona avertita…. Se per disgrazia l'Italia andrà in guerra e che io povera madre vedova sia privata del mio uno sostegno e di mio Fratello che è quello che mantiene la mia povera mamma le assicuro che la vita si S.M. il Re e i membri della sua Famiglia sarà una ben dura sorte li atende - perché la maledizione di tutte la madri Itagliane cadrà sul loro capo come fulmine dal cielo, credo che la guerra non verrà perché prima della guerra verrà la Rivoluzione che qua in Italia ne abbiamo molto bisogno che così si potrà sgradicare questa maledetta Casa Savoia che più disventure per Italia non porta, e con loro tutti i ministri che più di Ladroni non sono. Attenti che i cannoni fatti nuovi non abbiamo da provarli contro il Quirinale perché anche i soldati ne anno abbastanza di essere tratati come bestie. Anno ragione a venirti dire che sotto casa Savoia si sta peggio che in casa del boia. Venissero i thedeschi qua così starà un po' più bene che sotto Vittorio. [in Renato Monteleone, Lettere al Re, Editori Riuniti, Roma, p. 70] LA REALTÀ DELLA GUERRA Vita di stenti, senza orizzonti; tutto duole dentro di noi e tutto, fuori di noi, ci affligge. S'aggiunge il malessere della sporcizia e, più umiliante ancora, un senso disperato d'inerzia. La coscienza s'oscura nel dubbio, se abbiamo fatto bene a voler la guerra. Questo è il tormento più grave di tutti. Ma non può durare. L'animo si ribella a questa debolezza. […] Ci sentiamo isolati tra i compagni. L'egoismo che si sviluppa per necessità bestiale nella grande fatica, ci ripugna. Ognuno pensa duramente a sé, e noi che credevamo a una fraterna collaborazione, tanto più grande nel pericolo, ce ne sentiamo offesi e umiliati. 6 agosto 1915 – Trincee del Lisert Ancora qua. Il posto ci è diventato odioso; queste trincee che, nel venirci, avevamo sperato fossero la più salda e comoda difesa che fino allora conoscevamo, si sono dimostrate invece un esposto e facile bersaglio per gli austriaci, una vera posizione di martirio per noi. Di qua non è possibile uscire all'assalto, perché il terreno paludoso davanti non lo permette, di qua non avverrà mai di dover respingere un attacco nemico pienamente spiegato; le perdite qua sono molte e più dolorose che altrove perché sembrano inutili... Io guardo le facce dei compagni superstiti e mi vedo riflesso in loro: è doloroso accorgersi che l'anima non brilla più negli occhi di nessuno. [Giani Stuparich, Guerra del ’15 (Dal taccuino d’un volontario), Milano, Treves, 1931 OFFENSIVE … Avanti, avanti, avanti. In Italia ci furono undici battaglie offensive sull’Isonzo. Salvo una, che nell’agosto del 1916, diede un piccolo vantaggio psicologico perché permise la conquista della città di Gorizia, per il resto tutte le offensive che il comando supremo italiano scatenò sull’Isonzo con la III Armata si risolsero nel mandare centinaia di migliaia di uomini incontro alla morte, senza riuscire a conquistare nulla […] Trieste diventava il simbolo dell’obiettivo da raggiungere per conquistare la pace; non era una città da liberare. Trieste era il simbolo del ritorno a casa. Le prime trincee furono conquistate, sì: ma anche le prime siepi di filo di ferro, affastellate dalla fretta in modo provvisorio, vennero sfondate dall’impeto disperato: dovunque, sul San Michele, a San Martino, al monte Sei Busi, sull’altopiano Doberdò, questa marea d’uomini fu avventata ciecamente contro la ferocia del nemico e delle sue difese, su per la pietraia ostile: carne umana contro la materia bruta, veemenza di primavera contro la macchina in agguato. Tenente Carlo Salsa * Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998, pp. 52-53 * In E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. V E CONTROFFENSIVE: LA STRAFEXPEDITION Nella primavera del 1916, dal 4 maggio al 2 giugno, il generale Conrad lanciò una grande offensiva nel Trentino chiamata spedizione punitiva (Strafexpedition) contro l’antico alleato traditore. […] Per la prima volta, le truppe austriache penetrarono profondamente nel territorio italiano fino a 20 chilometri nell’altopiano di Asiago, infliggendo agli italiani molte perdite. Il generale Cadorna attribuì lo sfondamento delle linee italiane alla viltà dei soldati e diede ordine ai comandi di “far fucilare, se occorre immediatamente e senza alcun procedimento, i colpevoli di così enormi scandali a qualunque grado appartengano”. […] Cadorna autorizzò il ricorso alla decimazione, cioè alla fucilazione sul posto e senza processo di soldati estratti a sorte in caso di atti collettivi di insubordinazione. Nel corso della guerra, le fucilazioni sul campo e le decimazioni furono circa 300. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. V GUERRA INDUSTRIALE /TECNOLOGICA / DI MACCHINE / DI MATERIALI: “L’INDUSTRIA ORGANIZZATA PER LA MACELLERIA UMANA” In http://cultura.biografieonline.it/lo-scoppio-della-prima-guerra-mondiale/ In http://it-au-1915-1918.com/body_i_museo_rovereto_2.htm “Guerra industriale”, “guerra tecnologica”, “guerra di macchine”, “guerra di materiali”: furono varie le denominazioni coniate per descrivere la Grande Guerra, la prima “guerra moderna”, […] identificando la sua modernità con l’accresciuta potenza delle moderne armi da fuoco, specialmente le mitragliatrici e i cannoni, sia con l’invenzione di nuove armi come i gas asfissianti e il lanciafiamme adoperato nell’attacco finale alla trincee nemiche. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. VI GUERRA INDUSTRIALE /TECNOLOGICA, DI MACCHINE, DI MATERIALI IL FRONTE DEL MARE Ai viaggiatori che intendono intraprendere la traversata atlantica si ricorda che tra la Germania e la Gran Bretagna esiste uno Stato di guerra. Si ricorda che la zona di guerra comprende le acque adiacenti alla Gran Bretagna e che, in conformità di un preavviso formale da parte del Governo Tedesco, le imbarcazioni battenti la bandiera della Gran Bretagna o di uno qualsiasi dei suoi alleati sono passabili di distruzione una volta entrati in quelle stesse acque. Il transatlantico Lusitania, battente bandiera inglese, affondato da sottomarini tedeschi, maggio 1915 Altro peculiare elemento di modernità della Grande Guerra fu la UNA GUERRA TOTALE Operaie in una fabbrica di munizioni durante la Grande Guerra dimensione di massa che essa ebbe in ogni suo aspetto: dalla mobilitazione di eserciti che contavano milioni di uomini,alla gigantesca organizzazione della produzione per vestire, nutrire e armare le masse dei soldati, fino alla regolamentazione statale di ogni attività nella vita economica, sociale e culturale e alla mobilitazione di molti civili, vecchi, donne e ragazzi in sostituzione degli uomini in armi, per incrementare e intensificare la produzione interna di armi, munizioni e vettovagliamento per le truppe al fronte. In tal modo alla modernità Ciò comportò un rapido potenziamento del controllo statale su della guerra tecnologica e meccanica, ogni settore della vita economica e sociale, compresa la vita si aggiunse la modernità della e l’attività di tutta la popolazione civile. […] il “fronte “guerra totale”, in cui tutta la interno” fu sottoposto alla disciplina di guerra. società era mobilitata. E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. VI […] il Grande Male - come lo UNA GUERRA TOTALE/CONTRO IL NEMICO chiamano gli armeni - ebbe inizio il INTERNO 24 aprile del 1915, giorno in cui 1915, deportazione degli Armeni furono arrestate oltre duemila persone tra dirigenti politici, intellettuali, giornalisti, funzionari pubblici: non solo rivoluzionari e nazionalisti, ma l'élite nel suo complesso. Si voleva colpire un' intera comunità. Anche in seguito cade ogni possibile differenza tra rivoluzionari e moderati, potenziali nemici e lealisti fedeli al sultano. [..] La deportazione nel deserto fu accompagnata da violenze di ogni Le vittime erano uomini e donne, bambini e vecchi: senza distinzione di età o sesso. Secondo alcune stime, tra il maggio e tipo: assassinii, mutilazioni, il novembre del 1915 non più del venti per cento dei deportati stupri, rapimenti, torture, riduzione riuscì a sopravvivere. Contribuirono alla decimazione anche le in schiavitù, furti e brutalità di condizioni climatiche, la fame, il caldo, il freddo la notte, la ogni genere. malattia, gli stenti. Per sfuggire alle crudeltà molte donne scelsero il suicidio Intervista a M. Flores, in Repubblica - 20 maggio 2006 pagina 49 sezione: CULTURA