parole chiave e riflessioni per capire e interpretare

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La Prima guerra mondiale
1914-1918
Parole chiave e riflessioni per capire e interpretare
SVOLTA EPOCALE
"I lampioni si stanno spegnendo su tutta l'Europa", Edward Grey, ministro
degli esteri della Gran Bretagna, mentre osservava le luci di Whitehall la notte in cui
il suo paese entrò in guerra contro la Germania nel 1914. "Nel corso della nostra vita
non le vedremo più accese". A Vienna il grande scrittore satirico Karl Kraus si
preparava a documentare e a denunciare quella guerra in uno straordinario drammainchiesta che intitolò Gli ultimi giorni dell'umanità *. Entrambi videro nella guerra
mondiale la fine di un mondo e non furono i soli. Non fu la fine dell'umanità, sebbene
ci siano stati momenti nel corso di quei trentun anni di conflitto mondiale, che vanno
dalla dichiarazione di guerra alla Serbia da parte dell'Austria il 28 luglio 1914 alla
resa senza condizioni del Giappone il 14 agosto 1945 - quattro giorni dopo lo scoppio
della prima bomba nucleare -, in cui la fine di una gran parte del genere umano non
sembrò lontana. Ci furono momenti nei quali dio o gli dèi, che nella credenza degli
uomini pii avevano creato il mondo e tutte le creature, avrebbero potuto rimpiangere di
averlo fatto.
E. J. Hobsbawm, Il secolo breve,Milano,Rizzoli, 1995, pp. 33-34
SVOLTA EPOCALE
Il genere umano è sopravvissuto. Tuttavia il grande edificio della civiltà
ottocentesca crollò tra le fiamme della guerra mondiale e i suoi pilastri rovinarono al
suolo. Senza la guerra non si capisce il Secolo breve, un secolo segnato dalle vicende
belliche, nel quale la vita e il pensiero sono stati scanditi dalla guerra mondiale,
anche quando i cannoni tacevano e le bombe non esplodevano. […] Per quanti erano
cresciuti prima del 1914 il contrasto col passato fu così drammatico che molti di loro
[…] si rifiutarono di scorgere alcuna forma di continuità con esso. "Pace" significava
"gli anni precedenti il 1914": dopo quella data venne un'epoca che non meritò mai più
l'aggettivo di pacifica. Era un atteggiamento comprensibile. Prima del 1914 per un
secolo intero non c'era stata una guerra generale, cioè una guerra nella quale fossero
coinvolte tutte le maggiori potenze, o almeno la maggior parte di esse. […] Tutto
cambiò nel 1914.
E. J. Hobsbawm, Il secolo breve,Milano,Rizzoli, 1995, pp. 33-34
SVOLTA EPOCALE
* Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità.
Ho scritto una tragedia il cui eroe soccombente è l’umanità; il cui conflitto
tragico, essendo quello tra mondo e natura, finisce con la morte. Ahimè, poiché non ha
altro eroe che l’umanità, questo dramma non ha nemmeno altro ascoltatore!
La messa in scena di questo dramma, la cui mole occuperebbe, secondo misure
terrestri, circa dieci serate, è concepita per un teatro di Marte. I frequentatori dei
teatri di questo mondo non saprebbero reggervi. Perché è sangue del loro sangue
e sostanza della sostanza di quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da
qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in
un sogno cruento, di quegli anni in cui personaggi di operetta recitarono la tragedia
dell’umanità. (…) I fatti più inverosimili qui riportati sono accaduti veramente; ho
dipinto ciò che altri si sono limitati a fare. I più inverosimili discorsi qui tenuti
sono stati pronunciati parola per parola; le più crude invenzioni sono citazioni. Le
frasi la cui follia è impressa indelebilmente nell’orecchio, si fanno musica della vita.
Il documento è raffigurazione; le cronache si levano come figure, le figure finiscono;
all’elzeviro è stata data una bocca che lo recita come un monologo; le frasi fatte
stanno su due gambe – mentre agli uomini magari ne rimaneva soltanto una.
Kraus, 1927
SVOLTA EPOCALE
Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità.
Affermo che durante la guerra si sono resi colpevoli
di tradimento contro l’umanità tutti quegli intellettuali che
non si siano rivoltati contro la propria patria quando
quest’ultima era in guerra – servendosi di tutti gli
strumenti di cui un intellettuale dispone. Affermo che lo
spettacolo offerto dai cantori della guerra e dai leccapiedi
del mio stesso paese belligerante recandosi, a guerra finita,
nel paese nemico per tendere alle popolazioni una mano
insozzata dal contributo dei loro scritti allo spargimento di
sangue – affermo che l’improvviso cambiamento che li porta
a fraternizzare con i popoli è ben più ignominioso della loro
attività durante la guerra, che tanto vorrebbero rinnegare.
Kraus, 1927
SVOLTA EPOCALE
Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità.
Gli ultimi giorni dell’umanità si può definire un giornale parlato della Prima
guerra mondiale. Il suo autore, Karl Kraus, attinse, infatti direttamente a testi
autentici di dichiarazioni, documenti, e soprattutto giornali dell’epoca. Nella Vienna
che consumava nella tragedia della guerra, la fine di una cultura e di un impero, Kraus
fu uno dei pochi oppositori alla follia bellica che aveva invaso l’Austria e l’Europa
intera e costruì, con quei testi documentali, l’invettiva del secolo contro la guerra.
Ma la sua è anche la denuncia dello strapotere delle comunicazioni di massa,
che allora nascevano, delle bugie, delle esagerazioni, delle forzature della stampa. Nel
personaggio del Criticone, nei suoi dialoghi con l’Ottimista, che rappresenta in qualche
modo il buon senso dell’opinione pubblica, egli proietta la propria protesta
appassionata, l’impegno della ragione lucida contro l’oscurantismo della violenza
imposta dai militari, dalla Corte, dalle necessità dell’economia.
Per la sua ampiezza e complessità Gli ultimi giorni dell’umanità è considerata
un’opera quasi irrappresentabile la vastità del testo ha trovato la possibilità di
essere messa in scena a Torino negli spazi industriali del Lingotto, grazie alla
simultaneità di azioni diverse che si svolgevano su diversi fronti che lo spazio e le
scene consentivano.
Dalla presentazione di un montaggio del dramma Gli ultimi giorni dell’umanità, per la
regia di Luca Ronconi, realizzato appositamente per la televisione nel 1991
SVOLTA EPOCALE:
Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità
Dal Programma di sala
https://www.youtube.com/watch?v=C_RlXa4Mqqo
GRANDE GUERRA
Quando il 28 giugno 1914, una domenica mattina, l’arciduca
Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia Chotek arrivarono alla
stazione ferroviaria di Sarajevo, l’Europa era in pace. Trentasette
giorni dopo, era un continente in guerra. Il conflitto che si aprì
quell’estate avrebbe portato alla mobilitazione di 65 milioni di
soldati ella fine di tre imperi, provocando 20 milioni di morti tra
militari e civili e 21 milioni di feriti. Gli orrori cui l’Europa ha
assistito nel XX secolo derivano da questa catastrofe. Come ha
scritto lo storico americano Fritz Stern, fu «la prima calamità del
XX secolo, la grande guerra da cui discesero tutte le altre».
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
GRANDE GUERRA
Il termine “Grande Guerra” è apparso a partire dal 1914,
quando divenne subito evidente che l’estensione delle operazioni
militari, i milioni di soldati sul campo e la sua durata ne
avrebbero fatto un conflitto dalle dimensioni inedite e senza
termine di paragone.
La guerra del 1914-1918 fu mondiale, totale e industriale.
I suoi contemporanei la chiamavano “Grande Guerra”, con due G
maiuscole. Un’evidenza.
Grande Guerre, Great War, Große Krieg, Grande Guerra, …
tutte le nazioni belligeranti hanno usato questa espressione.
Perché la Prima guerra mondiale viene chiamata La Grande Guerra, in http://www.tapum.it/news/170perche-la-prima-guerra-mondiale-viene-chiamata-la-grande-guerra.html
LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA
Il dibattito sulle sue cause si aprì quando ancora non erano stati
esplosi i primi colpi, e da allora non si è più interrotto, generando una
letteratura storiografica senza precedenti per vastità, sottigliezza e
tensione morale. Per i teorici delle relazioni internazionali gli eventi
del 1914 rimangono la crisi politica per eccellenza, tanto intricata da
rendere plausibile qualsiasi ipotesi.
Lo storico che cerchi di comprendere la genesi della Prima guerra
mondiale si trova dover affrontare diversi problemi. Il primo, e più ovvio,
è costituito dalla sovrabbondanza delle fonti. Ognuno degli Stati
belligeranti produsse edizioni ufficiali in più volumi dei documenti
diplomatici, vaste opere frutto di un lavoro d’archivio collettivo. Questo
vero e proprio oceano di fonti è percorso da insidiose correnti. La maggior
parte delle edizioni ufficiali di documenti prodotte nel periodo fra le due
guerre ha un taglio apologetico. […] furono usate come munizioni in «una
guerra mondiale di documenti», come rilevò […] lo storico militare tedesco
Bernhard Schwertfeger. […]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA
Vi sono inoltre lacune tuttora significative nelle nostre
conoscenze. Molti contatti importanti fra i protagonisti decisivi erano
verbali, e non hanno lasciato traccia: possono essere ricostruiti soltanto
ricorrendo a fonti indirette o a testimonianze successive. E organizzazioni
serbe collegate con l’attentato di Sarajevo avevano un regolamento
rigorosamente segreto e non lasciarono quasi nessuna documentazione
scritta. Dagrutin Dimitrijević, capo dei servizi segreti militari serbi e
figura chiave nel complotto per assassinare l’arciduca Francesco Ferdinando
a Sarajevo, aveva l’abitudine di bruciare le sue carte. Molto rimane da
sapere sull’esatto contenuto delle prime discussioni fra Vienna e Berlino
su come si sarebbe dovuto procedere per reagire alle uccisioni di Sarajevo.
[…]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA
Un altro elemento distintivo della crisi dell’estate 1914 è
l’eccezionale complessità della sua struttura. […] La storia delle origini
della guerra del 1914 deve
[…] dar conto delle interazioni multilaterali tra
cinque autonomi protagonisti di pari importanza - Germania, Austria-Ungheria,
Francia, Russia e Gran Bretagna -, o addirittura 6, se aggiungiamo l’Italia,
oltre ai vari Stati sovrani strategicamente rilevanti e altrettanto autonomi,
come l’Impero ottomano e gli Stati della penisola balcanica, regione
caratterizzata in quegli anni da elevati livelli di tensione politica e di
instabilità.[…] le dinamiche politiche interne agli Stati coinvolti nella crisi
erano spesso tutt’altro che trasparenti. […] Non era chiaro (e ancora oggi non
lo è per gli storici) in quale punto esatto delle strutture esecutive fosse
collocato il potere di determinare la politica di uno Stato, e gli impulsi
decisivi […] non provenivano necessariamente dal vertice del sistema; potevano
emanare da elementi periferici dell’apparato diplomatico, dai comandanti
militari, da funzionari ministeriali e perfino da ambasciatori, che spesso
conducevano una loro autonoma politica. […]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
LE «CAUSE» DELLA GRANDE GUERRA
LE « RESPONSABILITÀ » DEI SINGOLI STATI
Le fonti superstiti ci presentano così un caotico sovrapporsi di
promesse, minacce, piani e previsioni, e ciò contribuisce a sua volta a
spiegare per quale motivo lo scoppio di questa guerra si è prestato a
essere interpretato in una tale stupefacente varietà di modi. Non esiste
praticamente alcun punto di vista sulle sue origini che non possa essere
sostenuto da una parte delle fonti disponibili. E questo spiega anche per
quale motivo la letteratura sulle cause della prima guerra mondiale abbia
assunto proporzioni talmente vaste che nessun singolo storico […] può
sperare di poterla leggere per intero nell’arco della vita. […] Alcune
trattazioni si sono concentrate sulla colpa da attribuire alla mela marcia
del sistema (la Germania è stata in tal senso la più gettonata, ma nessuna
delle grandi potenze è sfuggita all’accusa di essere la maggiore
responsabile); altri hanno ripartito la colpa fra più soggetti, cercando di
individuare i difetti del «sistema». Le complessità sono tali che la
discussione non si è mai interrotta. […]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
LE «CAUSE» DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Ma se il dibattito è antico, il tema è ancora vivo, anzi più vivo e rilevante
oggi di quanto non lo fosse venti o trenta anni fa. I cambiamenti avvenuti nel mondo
hanno modificato la nostra prospettiva sugli eventi del 1914. […] quel che colpisce il
lettore del ventunesimo secolo quando si appresti a seguire il corso della crisi
dell’estate del 1914 è la sua essenziale modernità. La crisi cominciò con l’azione di una
squadra di dinamitardi suicidi e con una sfilata di automobili. Dietro l’attentato di
Sarajevo c’era un’organizzazione dichiaratamente terroristica che coltivava il culto del
sacrificio, della morte e della vendetta; ma questa organizzazione aveva una natura
extra-territoriale, ed era priva di una chiara collocazione geografica o politica; era
sparpagliata in cellule che avevano la loro base oltre confine, priva di un responsabile,
i suoi collegamenti con i governi ufficiali erano obliqui, nascosti e sicuramente
difficili da scorgere per chi non vi appartenesse. […]
Dopo la fine della Guerra fredda, un sistema globale di stabilità bipolare ha
lasciato il posto ad una più complessa e imprevedibile varietà di forze, ivi compresi
imperi in declino e potenze in ascesa, una situazione che invita al confronto con
l’Europa del 1914. Accettare questa sfida non significa adottare un approccio banalmente
attualizzante, che reinterpreti il passato per soddisfare le esigenze del presente,
quanto piuttosto individuare in quel passato alcuni aspetti che il nostro mutato punto di
vista ci consente ora di comprendere chiaramente. […]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
LE «CAUSE» DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Fra questi vi è sicuramente il contesto balcanico da cui la guerra trasse
inizio. La Serbia è uno dei punti deboli della storiografia sulla Crisi di luglio.
L’assassinio di Sarajevo è trattato in molte ricostruzioni come un semplice pretesto,
come un evento di scarso peso sulle forze reali la cui interazione condusse al
conflitto. […] Le guerre jugoslave degli anni Novanta ci hanno ricordato tutto il
potenziale di pericolosità contenuto nei nazionalismi balcanici. Dopo eventi come
quelli di Srebrenica e dell’assedio di Sarajevo, è diventato più difficile
alla Serbia come una semplice pedina o vittima della politica
più facile concepire il nazionalismo
pensare
elle grandi potenze, e
serbo con un’autonoma forza storica. Dall’odierna
prospettiva dell’Unione europea, siamo portati a guardare con maggiore simpatia – o
almeno con minor disprezzo
- di un tempo all’ormai scomparso mosaico imperiale
dell’Austria-Ungheria.
Infine oggi
è forse più facile vedere che non è opportuno liquidare le due
uccisioni di Sarajevo come un semplice incidente non in grado di condizionare veramente
gli eventi. L’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 ha mostrato come un
unico simbolico evento – per quanto intrecciato a processi storici più vasti – possa
modificare irrimediabilmente le dinamiche politiche, rendendo obsolete le vecchie
opzioni e conferendo alle nuove un’imprevedibile urgenza. […]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
«COME» SI ARRIVÒ ALLA GRANDE GUERRA
La questione del come ci invita a considerare la vicino le sequenze di
interazioni che produssero certe conseguenze. La questione del perché ci induce ad
andare alla ricerca di cause remote ascrivibili a categorie precise: imperialismo,
nazionalismo, armamenti, alleanza, alta finanza, senso di onore nazionale, dinamiche
di mobilitazione. Chiedersi perché porta ad una certa chiarezza analitica, ma genera
anche un effetto distorcente, in quanto crea l’illusione dell’esistenza di
meccanismi causali che operano una pressione costante e crescente; i fattori si
accumulano l’uno sull’altro, spingendo in basso gli eventi, e gli attori politici
diventano semplici esecutori di forze da tempo presenti e al di fuori del loro
controllo. […] Coloro che ebbero la responsabilità delle principali decisioni – re,
imperatori, ministri degli Esteri, ambasciatori, comandanti militari e una schiera
di funzionari minori – camminarono verso il pericolo con passi guardinghi e
calcolati. Lo scoppio della guerra fu il momento culminante di una concatenazione di
decisioni assunte da attori politici che perseguivano consapevolmente degli
obiettivi ed erano capaci di riflettere su quanto stavano facendo, e che
individuarono una serie di azioni formulando le valutazioni più adeguata in base
alle migliori informazioni che possedevano. […]
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
«COME» SI ARRIVÒ ALLA GRANDE GUERRA
Uno storico bulgaro delle guerre balcaniche ha di recente osservato
che «una volta posta la questione del perché il punto decisivo diventa quello
della colpa» […] Le questioni della colpa e della responsabilità sono entrate a
far parte di questa storia ancora prima che la guerra avesse inizio. Tutte le
fonti documentarie sono piene di attribuzioni di colpa (era un mondo in cui le
intenzioni aggressive venivano sempre attribuite all’avversario e quelle
difensive attribuite a se stessi)e il giudizio enunciato nell’articolo231 del
Trattato di Versailles contribuì a far sì che la questione della « colpa della
guerra » rimanesse in primo piano. Anche sotto questo riguardo, concentrarsi
sul tema del come permette di adottare un approccio alternativo, ripercorrendo
gli eventi non per bisogno di redigere un capo di accusa contro questo o quello
Stato o contro particolari individui, ma con lo scopo di individuare le
decisioni che produssero la guerra e di comprendere i ragionamenti o le
emozioni che la sostennero.
Ciò non significa escludere del tutto dalla
discussione la questione delle responsabilità, quanto semmai fare in modo che
le risposte ai perché scaturiscano da quelle relative al come, e non l’inverso.
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
«COME» SI ARRIVÒ ALLA GRANDE GUERRA
Alcuni dei più interessanti contributi recenti su questa
guerra hanno sostenuto che essa, lungi dall’essere inevitabile, fu
di fatto « improbabile » - perlomeno finché non avvenne veramente.
Che la si condivida o meno, questa impostazione ha il merito di
inserire nella vicenda un elemento di contingenza. […] Ho cercato di
tenere sempre presente che le persone, gli eventi e le forze
descritte in questo libro portavano dentro di sé i semi di altri,
forse meno terribili, futuri.
C. Clark, I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, Introduzione
ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA
DUE COLPI DI PISTOLA, DIECI MILIONI DI MORTI, LA FINE DI UN MONDO.
Il 28 giugno 1914 due colpi di pistola furono sparati a Sarajevo
contro l’arciduca Francesco Ferdinando, nipote dell’imperatore Francesco
Giuseppe e erede al trono dell’Impero austro-ungarico, mentre era in
visita ufficiale in Bosnia, annessa all’Impero sei anni prima. I colpi
uccisero l’arciduca e la moglie. Il governo dell’Austria attribuì subito
la responsabilità dell’attentato alla Serbia.
Francesco Ferdinando e la moglie mentre
escono dal municipio di Sarajevo
L’arresto di Gavrilo Princip
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA
DUE COLPI DI PISTOLA, DIECI MILIONI DI MORTI, LA FINE DI UN MONDO.
La stampa europea diede risalto alla notizia dell’assassinio,
che però non provocò eccessivo allarme per la pace nel continente.
Neppure all’estero il defunto arciduca aveva riscosso molte simpatie. Il
suo assassinio non fu considerato un evento tale da innescare una grave
crisi internazionale.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA
CERTEZZE DI PACE
La lunga pace dell’Europa aveva fatto nascere la
speranza che la modernità trionfante della civiltà europea,
guidata dalla fiducia nella ragione e dalla fede nel
progresso, sarebbe giunta un giorno a sconfiggere la barbarie
della guerra. […] Rievocando trent’anni dopo il sentimento
allora dominante, lo scrittore austriaco Stefan Zweig, affermò
che “quella fu l’età d’oro della sicurezza”: “Non si temevano
ricadute barbariche come le guerre tra i popoli europei, così
come non si credeva più alle streghe e ai fantasmi; i nostri
padri erano tenacemente compenetrati della fede nella
irresistibile forza conciliatrice della tolleranza. Lealmente
credevamo che i confini e le divergenze esistenti fra le
nazioni o le confessioni religiose avrebbero finito per
sciogliersi in un comune senso di umanità concedendo così a
tutti la pace e la sicurezza, beni supremi.”
L’epoca della bella modernità trionfante: manifesto del balletto Excelsior, 11 febbraio 1881.
Il Corriere della sera scrive: È il paradiso, il trionfo dell'umanità incivilita, una festa del
pensiero, ricco e splendido.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA
VISIONI DI GUERRA
Ludwig Meidner Paysage
apocalyptique, 1913
Eppure, in quegli
stessi
anni, nell’epoca bella
della modernità trionfante,
lo spettro di una grande
guerra si aggirava per
l’Europa. Visioni e
profezie di un futuro
conflitto mondiale erano
frequenti nella letteratura
e nelle arti. I lettori si
appassionavano ai romanzi
che narravano guerre
immaginarie tra le grandi
potenze, con la descrizione
di gigantesche battaglie
Analoghe visioni di guerra eccitavano la fantasia degli
artisti, che nell’epoca bella della modernità trionfante
per terra, per mare, nei
cieli. […]
presentivano l’avvento di una catastrofe apocalittica.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
Noi vogliamo cantare l'amor
del pericolo, l'abitudine
all'energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l'audacia, la
ribellione, saranno elementi
essenziali della nostra
poesia. 3. La letteratura
esaltò fino ad oggi
l'immobilità pensosa,
l'estasi e il sonno. Noi
vogliamo esaltare il
movimento aggressivo,
l'insonnia febbrile, il passo
di corsa, il salto mortale,
lo schiaffo ed il pugno. 4.
Noi affermiamo che la
magnificenza del mondo si è
arricchita di una bellezza
nuova: la bellezza della
velocità. Un automobile da
corsa, col suo cofano adorno
di grossi tubi simili a
serpenti dall'alito
esplosivo... un automobile
ruggente, che sembra correre
sulla mitraglia, è più bello
della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare
all'uomo che tiene il
volante, la cui asta ideale
attraversa la Terra, lanciata
Programma politico futurista (1913): Tutte le libertà, tranne quella di
a corsa, essa pure, sul
essere vigliacchi, pacifisti, anti-italiani. Una più grande flotta e un più
grande esercito; un popolo orgoglioso di essere italiano, per la Guerra, circuito della sua orbita.
ALL’INIZIO DELLA GRANDE GUERRA
sola igiene del mondo
AUSPICI DI GUERRA
Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrrrare spazio con un accordo
ZZZANG TUMB TUN ammutinamento di 500 echi per azzannarlo
sminuzzarlo sparpagliarlo all’infiiiiiinito nel centro di quel
zz-zang tumb tumb spiaccicato (ampiezza 50 kmq.) balzare scoppi
Filippo Tommaso
Marinetti, Il
bombardamento di
Adrianopoli, 1912
tagli pugni batterie tiro rapido Violenza ferocia re-go-la-ri-tà
questo basso grave scandere strani folli agitatissimi acuti della
battaglia.
Furia affanno orecchie occhi narici aperti! attenti! forza! che
gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatatatata delle
mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffi
trak trak frustate pic-pac-pum-tumb pic-pac-pum-tum bizzarrie salti
(200 metri) della fucileria.
Giù giù in fondo all’orchestra stagni diguazzare buoi bufali pungoli
carri pluff plaff impennarsi di cavalli flic flac zing zang sciaaack
ilari nitriti iiiiii.... scalpiccii tintinnii 3 battaglioni bulgari
in marcia croooc-craaac (lento due tempi) Sciumi Maritza o Karvavena
ta ta tata giii tumb giii tumb ZZZANG TUMB TUMB (280 colpo di
partenza) srrrrrr GRANG-GRANG (colpo in arrivo) croooc-craaac grida
degli ufficiali sbatacchiare come piatti d’ottone pan di qua pack
di là cing buum cing ciak (presto) ciaciacia-ciaciaak su giù là
intorno in alto attenzione sulla testa ciaack bello! E vampe vampe
vampe vampe vampe vampe (ribalta dei forti)vampe vampe vampe
vampe vampe vampe (ribalta dei forti) laggiù dietro quel fumo
Sciukri Pascià comunica telefonicamente con 27 forti in turco in
tedesco allò! Ibrahim! Rudolf! allò allò!
VISIONI DI GUERRA
https://www.youtube.com
/watch?v=Vm20NF_XA48
PREVISIONI DI GUERRA
(DIMENSIONE INDUSTRIALE)
All’inizio ci sarà una carneficina crescente fino a
dimensioni così terribili, da rendere impossibile alle truppe di
spingere la battaglia verso una conclusione decisiva e risolutiva.
[…] Così, invece di una guerra combattuta ad oltranza in una serie
di battaglie decisive,
si avrà un lungo periodo di sforzi sempre
maggiori, che logoreranno le risorse dei combattenti […] e poiché
nessuna delle armate sarà capace di averla vinta sulle altre,
entrambe rimarranno contrapposte, l’una di fronte all’altra,
minacciandosi reciprocamente, ma senza mai essere in grado di
lanciare l’attacco finale e decisivo.
Ivan Bloch, La guerra futura, 1898
In E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
Previsioni di guerra
(Tecniche di guerra)
[…] i rischi di una guerra europea apparivano reali a causa della rivalità imperialista
fra le grandi potenze. […] Inoltre, nei due decenni precedenti il 1914 si era accelerata
la corsa agli armamenti, accompagnata dall’invenzione o dal perfezionamento di armi
sempre più efficaci e micidiali, come le mitragliatrici
con potenza di fuoco fino a 500
colpi al minuto, l’artiglieria pesante, costituita da mortai, obici e cannoni di grosso
calibro a lunga gittata.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
Mario Sironi, Scena di guerra con cannone, 1917-1918
(Tecniche di guerra)
Alcune di queste armi avevano già dimostrato la loro micidiale efficacia nella guerra russogiapponese, nella guerra di Libia e nelle due guerre balcaniche, una efficacia tale da rendere
impossibile la tradizionale offensiva
con la cavalleria e la fanteria. Nonostante ciò, la
dottrina militare dominante nelle accademie delle maggiori potenze sosteneva ancora il primato
dell’offensiva nell’azione bellica, che si svolgeva con l’assalto frontale al nemico.[…]
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
PIANI DI GUERRA
(TECNICHE
DI GUERRA)
… in questa concezione della guerra il primato spettava
non alla potenza delle armi bensì alla forza del carattere dei
combattenti, alla loro disciplina, alla loro energia morale, alla
loro volontà e determinazione di distruggere il nemico. Secondo tale
principi erano concepiti i piani strategici di guerra elaborati
dagli Stati maggiori delle potenze continentali. […] Tutti i piani
strategici erano concepiti in previsione di una guerra fra due
blocchi di alleanze, ma nessuno degli Stati che li avevano adottati
era propenso a provocarla. Tranne, forse, il capo di Stato Maggiore
dell’impero austro-ungarico, ossessionato dall’idea di una guerra
preventiva contro la Serbia e contro l’Italia. […] La nascita o
l’esasperazione di correnti nazionaliste e imperialiste accentuarono
l’antagonismo tra le maggiori potenze europee.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
RISCHI DI GUERRA
GERMANIA
AMBIZIOSA E BELLICOSA
La potenza militare della Germania, enfatizzata dalla ostentata
aggressività dell’imperatore Guglielmo II deciso a sfidare l’Inghilterra sul mare
dando impulso alla costruzione di una imponente marina militare, aveva indotto
Francia, Russia e la stessa Inghilterra a raggiungere un’intesa mirante a
contenere le aspirazioni egemoniche tedesche e a contrastare l’estendersi
dell’influenza degli imperi centrali in Europa orientale e nell’Impero ottomano.
[…] Prima potenza industriale europea, nazione fra le più colte e progredite del
mondo in ogni settore della cultura, della scienza, della tecnologia, con una
popolazione di quasi settanta milioni di abitanti, la Germania era la più
inquieta e ambiziosa tra le potenze europee, e divenne il promotore di una
accelerazione nella corsa agli armamenti, spingendo Inghilterra, Francia e Russia
a potenziare arsenali ed eserciti, aumentando più della stessa Germania le spese
militari. […] La classe dirigente imperiale, soprattutto nella persona
dell’irruente e loquace Guglielmo II, ostentava la volontà di fare della Germania
una potenza mondiale, non escludendo neppure il rischio di un conflitto per
raggiungere questa meta. […]
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
RISCHI DI GUERRA
LA
POLVERIERA D’EUROPA
All’inizio del Novecento, la polveriera che avrebbe potuto far esplodere
una guerra europea erano i Balcani. Mosaico di popolazioni differenti per
nazionalità, etnia e religione, mescolate entro i confini dell’Impero austroungarico e degli Stai sorti nel corso dell’Ottocento dalla rivolta contro il
dominio ottomano (Grecia, Serbia, Montenegro, Bulgaria, Romania), i Balcani erano
l’area più turbolenta del continente europeo, perché in questa regione si
scontravano le ambizioni egemoniche dell’Austria, della Russia e degli Stati
balcanici che miravano a ingrandirsi a spese dell’Impero ottomano. […] Anche in
occasione delle due guerre balcaniche, combattute con particolare ferocia che
coinvolse le popolazioni civili, le grandi potenze avevano cercato la via della
diplomazia per impedire che le fiamme potessero propagarsi al resto d’Europa. E
per circa un anno dalla pace di Bucarest (10 agosto 1913), nessun rischio di
guerra sembrò minacciare il Vecchio Continente, mentre in molti paesi europei
covavano tensioni e conflitti sociali e politici, che facevano pensare più al
rischio di sconvolgimenti interni che a sconvolgimenti internazionali.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata
della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015
Agitazioni per la pace: 7-14 giugno 1914, Settimana rossa
Furono sette giorni di febbre durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di
realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che
saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo
sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata. (Pietro Nenni)
In http://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/nenni_settimana_rossa.htm
L’INEVITABILITÀ DI UNA GUERRA EVITABILE
*
* E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo.
Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III
Dopo una lunga riflessione il governo di Vienna, d’accordo con quello tedesco,
rispose all’attentato con un ultimatum alla Serbia così pesante e umiliante da rendere
evidente che il suo scopo era la guerra. La Serbia, come previsto, non accettò le richieste
di Vienna, e subito il governo russo proclamò la mobilitazione generale, che la Germania
chiese inutilmente di sospendere. La Francia nonostante le perentorie richieste della
Germania, rifiutò di rimanere fuori dal conflitto
Il 3 agosto del 1914 ebbe così inizio la guerra. L’esercito tedesco, per aggirare
da Nord l’esercito francese, invase il Belgio, che aveva dichiarato la sua neutralità. Di
fronte alla minaccia tedesca sulla Manica, il governo di Londra decise l’intervento. Il 4
agosto la guerra tra i grandi Stati era generale. Solo l’Italia ne era fuori e ci sarebbe
rimasta ancora per nove mesi, fino al maggio 1915.
[…] Ogni tappa sembra fatale, inevitabile e ogni alternativa impossibile[…] Tutte
le tappe sembrano inevitabili. [..]
La decisione fu presa dal governo centrale di ciascun paese: più spesso da gruppi
di ministri che pur senza ricevere meccanicamente direttive da gruppi socialmente definiti –
banchieri, industriali, capitalisti finanziari – seguivano però precisi indirizzi culturali
formatisi nel corso degli anni. Comunque anche se i parlamenti furono esclusi dalle
decisioni esse furono prese, tutto sommato, in sintonia con buona parte dell’opinione
pubblica.
Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998
Dalla terza guerra balcanica, alla guerra europea alla
guerra mondiale
L’INEVITABILITÀ DI UNA GUERRA EVITABILE*
La Grande Guerra divenne inevitabile per una concatenazione di eventi
e di decisioni che coinvolsero i governanti dei maggiori Stati europei: [...]
essi si erano trovati di fronte ad un confuso accumularsi di circostanze
impreviste, che li costrinsero a prendere decisioni gravide di terribili
conseguenze. Le loro decisioni, prese sotto l'incalzare di informazioni,
notizie, comunicazioni, voci, minacce, ammonimenti, appelli alla prudenza,
incitamenti all'azione, furono influenzate dalla considerazione degli
interessi nazionali e individuali che erano in gioco, dalla percezione della
situazione interna e internazionale, e dalle congetture sui suoi possibili
sviluppi. [...] tutti agirono mossi più dalla paura di essere aggrediti che
dalla volontà di aggredire. [...] Tutti erano convinti di essere stati
costretti dalla necessità di difendere il loro paese da un'aggressione. Alla
fine non fu una ragionevole razionalità, politica, diplomatica, militare o
economica, a prevalere nelle scelte e nelle decisioni dei governanti, ma una
irragionevole razionalità, mossa dal senso dell'onore, dal patriottismo, dal
nazionalismo e dalla ragion di Stato.
* E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia
illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III
TUTTI ALLA GUERRA!*
UNA GUERRA FATTA DA GIOVANI
* E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un
mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. IV
Avevamo lasciato aule universitarie, banchi di scuola, officine; e
poche settimane d'istruzione militare avevano fatto di noi un sol corpo
bruciante d'entusiasmo. Cresciuti in tempi di sicurezza e tranquillità,
tutti sentivamo l'irresistibile attrattiva dell'incognito, il fascino dei
grandi pericoli. La guerra ci aveva afferrati come un'ubriacatura. Partiti
sotto un diluvio di fiori, eravamo ebbri di rose e di sangue. Non il minimo
dubbio che la guerra ci avrebbe offerto grandezza, forza, dignità. Essa ci
appariva azione da veri uomini: vivaci combattimenti a colpi di fucile su
verdi prati dove il sangue sarebbe sceso come rugiada ad irrorarne i fiori.
«Non v'è al mondo morte più bella...», cantavamo. Lasciare la monotonia
della vita sedentaria e prender parte a quella grande prova. Non chiedevamo
altro.
* E. Junger, Tempeste d’acciaio, Milano, Edizioni del Borghese, 1966.
TUTTI ALLA GUERRA!
LA GRANDE GUERRA DELLA CULTURA
L’esaltazione della guerra
Siamo troppi. La guerra è un'operazione maltusiana, c'è un di troppo di qua e un di
troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri
meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che
vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e
maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita
Fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel
colore dei panni, quanti saranno, non dico da piangere, ma da rammentare? Ci metterei la testa
che non arrivano ai diti delle mani e dei piedi messi insieme.
[Papini, Un caldo bagno di sangue, in "Lacerba", 11, 20 settembre 1914]
Kultur contro Zivilisation
Sono con il cuore dalla parte della Germania non in quanto essa è concorrente
dell’Inghilterra nella politica di potenza, ma in quanto è sua antagonista spirituale. […] Mai
avevamo noi immaginato che, sotto la parvenza del pacifico rapporto internazionale in questo
vasto mondo di Dio, l’odio inestinguibile, mortale, della democrazia politica, del bourgeois
retore, repubblicano e massone del 1789, svolgesse la sua opera nefanda contro di noi, contro le
nostre strutture statali, il nostro militarismo spirituale, il nostro spirito dell’ordine
dell’autorità del dovere.
[da T. Mann, Considerazioni di un impolitico, DE Donato, Bari, 1967, p. 26]
VOCI CONTRO LA GUERRA
Au dessus de la mêlée
Le trait le plus frappant de cette monstrueuse épopée, le fait sans précédent
est, dans chacune des nations en guerre, l’unanimité pour la guerre. C’est comme une
contagion de fureur meurtrière qui, venue de Tokio il y a dix années, ainsi qu’une
grande vague, se propage et parcourt tout le corps de la terre. A cette épidémie, pas
un n’a résisté. Plus une pensée libre qui ait réussi à se tenir hors de l’atteinte du
fléau. Il semble que sur cette mêlée des peuples, où, quelle qu’en soit l’issue,
l’Europe sera mutilée, plane une sorte d’ironie démoniaque. Ce ne sont pas seulement
les passions de races, qui lancent aveuglément les millions d’hommes les uns contre les
autres, comme des fourmilières, et dont les pays neutres eux-mêmes ressentent le
dangereux frisson; c’est la raison, la foi, la poésie, la science, toutes les forces de
l’esprit qui sont enrégimentées, et se mettent dans chaque Etat, à la suite des armées.
Dans l’élite de chaque pays, pas un qui ne proclame et ne soit convaincu que la cause
de son peuple est la cause de Dieu, la cause de la liberté et du progrès humains. […]
Entre nos peuples d’Occident, il n’y avait aucune raison de guerre. En dépit
de ce que répète une presse envenimée par une minorité qui a son intérêt à entretenir
ces haines, frères de France, frères d’Angleterre, frères d’Allemagne, nous ne nous
haïssons pas. Je vous connais, je nous connais. Nos peuples ne demandent que la paix et
que la liberté.
[R. Rolland, Au dessus de la mêlée, « Le Journal de Genève », le 3 aout 1914]
L’illusione della guerra breve
Londra,Great Scotland
Yard: agosto 1914. Centro di reclutamento di Whitehall. Gli inglesi rispondono
alla chiamata alle armi. I volontari aspettano per ore sotto la pioggia che arrivi il loro turno.
L’illusione della guerra breve
Soldati tedeschi diretti al fronte nei primi giorni della Grande Guerra, agosto 1914
TECNICHE DI COMBATTIMENTO
/ GUERRA DI LOGORAMENTO
Nei primi giorni di guerra, i tedeschi erano in vantaggio su tutto il fronte.
Anche l’offensiva che il generale Joffre […] aveva scatenato in Lorena il 14 agosto, si
infranse contro le fortificazioni tedesche, con gravissime perdite tra ufficiali e soldati,
e dopo dieci giorni di violentissimi combattimenti finì con una disordinata ritirata sotto
il fuoco della controffensiva tedesca. Fra il 20 e il 23 agosto, furono uccisi 44.000
francesi, dei quali 27000 caddero in un solo giorno. L’avanzata tedesca pareva
inarrestabile. In due settimane le truppe tedesche penetrarono per oltre 300 chilometri nel
territorio francese. Agli inizi di settembre erano a circa 50 km da Parigi […]. La vittoria
pareva a portata di mano, come era accaduto nel 1870, ma questa volta non si riuscì a
coglierla. Infatti, le truppe tedesche erano giunte esauste nei pressi della capitale
francese, sia per i combattimenti in cui erano state impegnate, sia perché avevano compiuto
lunghe distanze a piedi, percorrendo una media di 20 o 30 chilometri al giorno con un
equipaggiamento di oltre 30 chili per ciascun soldato, allontanandosi sempre più dai centri
di rifornimento. […] il 4 settembre si trovarono ad affrontare la controffensiva francese
sul fiume Marna. La battaglia durò fino al 12 settembre e vi parteciparono quasi un milione
di francesi e 100000 inglesi contro 750 tedeschi. Fu la prima grande battaglia della Grande
Guerra, che si concluse con un bilancio di 85000 francesi, 1700 inglesi e 68000 tedeschi
morti, feriti o dispersi. […] Il “miracolo della Marna” come lo chiamarono i francesi fu […]
la fine della speranza dei tedeschi di concludere vittoriosamente la guerra sul fronte
occidentale, per concentrare le loro forze contro la Russia.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia
illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III
TECNICHE DI COMBATTIMENTO
/ GUERRA DI LOGORAMENTO /
GUERRA INDUSTRIALE
All’inizio di ottobre, Falkenhayn [capo di Stato Maggiore
tedesco] riprese l’offensiva […] puntando poi alla conquista dei porti
sulla Manica e sul Mare del Nord, ma la “corsa al mare” dei tedeschi fu
ostacolata dagli inglesi e dai francesi. La battaglia più cruenta avvenne
presso la città belga di Ypres, dove ai tedeschi si opposero francesi,
belgi e inglesi, con un contingente di unità indiane. […] Le perdite furono
ingenti […]
La battaglia di Ypres fu l’ultima del 1914 sul fronte
occidentale, dove l’anno si concluse con una situazione di stallo fra i due
eserciti, per la sostanziale parità degli armamenti e per la carenza di
munizioni, in cui si trovarono entrambi dopo aver consumato i loro arsenali
nei primi mesi di combattimento. Nessuno dei governi belligeranti aveva
provveduto a fornire le sue armate di quanto era necessario ad appagare
l’inesauribile fame delle armi moderne, impegnate in una guerra di massa.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia
illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. III
Il coinvolgimento dei civili e la demonizzazione del
nemico
«La lotta ingaggiata contro la Germania è la lotta della civiltà contro la barbarie »
Henri Bergson
Il fronte
occidentale /La
guerra di trincea
Dopo la battaglia di Ypres […]
sul fronte occidentale, che si
estendeva per 700 chilometri
dal Mare del Nord ai confini
della Svizzera, cessò la
guerra di movimento e subentrò
la guerra di posizione e di
logoramento fra i due eserciti
con milioni di soldati che
combattevano infossati nelle
trincee.[E. Gentile, Due colpi
di pistola, dieci milioni di
morti, la fine di un mondo.
Storia illustrata della Grande
Guerra, Bari, Laterza, 2015,
cap. IV]
https://www.youtube.com/watch?v=4BdhlbH9ygI
IL FRONTE OCCIDENTALE /LA GUERRA DI TRINCEA
A Londra, verso la fine di novembre (del 1914) Winston Churchill ricevette una lettera
da un collega deputato, Valentine Fleming, che si trovava sui fronte occidentale: «Più
impressionante di tutto» scriveva Fleming «sono le devastazioni assolutamente indescrivibili del
fuoco della moderna artiglieria, non solo su uomini, animali e cose, ma sul volto stesso della
natura. Immagina un'ampia fascia, larga più o meno una quindicina di chilometri, che dalla Manica si
estende sino alla frontiera tedesca vicino a Basilea, letteralmente cosparsa di cadaveri e solcata
da rozze sepolture, in cui fattorie, villaggi e cascinali sono mucchi informi di macerie annerite,
in cui i campi, le strade, e persino gli alberi, sono scavati, straziati e distorti dalle granate e
deturpati dalle carcasse di cavalli, buoi, pecore e capre, orribilmente sfigurati e smembrati, e
sparsi dappertutto». In questa zona, il giorno e la notte erano lacerati «dall'incessante schianto,
sibilo e fragore di ogni sorta di proiettili, da sinistre colonne di fumo e di fiamme, dalle grida
dei feriti, dai richiami pietosi di bestie di tutti i tipi, abbandonate, affamate, forse anch'esse
ferite. Lungo quel «terreno di morte» si estendevano due linee, più o meno parallele, di trincee,
distanti fra loro dai 200 ai 1000 metri. In quelle trincee, spiegava Fleming, «stanno accucciate
file di uomini, vestiti di marrone o di grigio o di azzurro, incrostati di fango, la barba lunga,
gli occhi incavati dalla continua tensione, uomini impotenti di fronte all'incessante pioggia di
granate che li tempesta da 5, 6, 7, 10 chilometri di distanza o anche più, uomini che salutano con
vera gioia un attacco di fanteria, chiunque sia a lanciarlo, perché significa potersi scontrare e
misurare con aggressori umani e non con macchine invisibili, inesorabili, frutto di un'ingegnosità
che persino tu e io saremmo d'accordo nel considerare improduttiva sotto ogni punto di vista».
M. Gilbert, La grande storia della Prima guerra mondiale, Milano Mondadori, 2000
LE TECNICHE DI GUERRA
/ LE GRANDI BATTAGLIE (VERDUN, SOMME…)
Nella guerra del 14-18, quando si pensa alle grandi operazioni strategiche, si fa
riferimento essenzialmente alla tecnica dello sfondamento. Il comando supremo concentrava le
forze in un determinato settore del fronte, picchiava e picchiava con l’artiglieria, mandava
la fanteria all’assalto, faceva uccidere migliaia e migliaia di persone ogni volta, e non
otteneva nulla, non sfondava un bel niente, doveva fermarsi a raccogliere i morti, se riusciva
a raccoglierli. Le battaglie dell’Isonzo furono questo: battaglie di sfondamento. Anche la
battaglia della Somme, del 1916, dove fu annientata gran parte della gioventù britannica e di
quella tedesca, fu questo. Poi ci fu la fase delle battaglie di logoramento: la fase in cui si
pensava di distruggere il nemico con la potenza di fuoco, e anche con ripetute aggressioni
umane in modo da logorarne la capacità di resistenza. L’esempio più alto fu la grande
battaglia di Verdun. Da dove si vede che il meccanismo del logoramento logorava chi lo
tentava. L’esercito tedesco, a Verdun, perse la sua forza proprio in quel tentativo incessante
di logorare l’esercito francese.
L’unica variante […] fu l’operazione di infiltrazione che il comando austroungarico riuscì a realizzare, anche con l’aiuto tedesco, nel novembre del 1917. bombardarono
una piccola sezione di fronte, sfondarono, dilagarono alle spalle. Colpirono in un piccolo
punto dell’area dell’Isonzo, dove c’era il XXIV corpo d’armata, comandato da Pietro Badoglio,
e lo fecero fuori. Fu l’inizio della brillante carriera di Badoglio, il comandante di
Caporetto.
Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 p. 54-55
LE TECNICHE DI GUERRA
/ «PROVE DI … TOTALITARISMO»
La maggior parte dei soldati morti nella prima guerra mondiale non sono
morti combattendo, cosa che presuppone avere uno spazio di iniziativa, una qualche
reciprocità con il nemico: sono invece semplicemente morti sotto il fuoco, uscendo
allo scoperto in tentativi di attacco di una trincea nemica che non riuscivano quasi
mai a raggiungere. Ciò che cambia nella disciplina, rispetto alle guerre
ottocentesche, […] è la convinzione del soldato che la guerra è lunga, e che l’atto
estremo della disciplina non gli viene richiesto per un evento risolutivo, ma per
un’azione che non ha nessun senso. L’insensatezza è l’elemento dominante e nuovo nella
disciplina della grande guerra.
Il meccanismo del totalitarismo moderno nasce probabilmente qui nelle fosse
di fango, nelle trincee della guerra. Qui si forma il totalitarismo inteso alla
lettera per ottenere una conformità totale. Si chiede al cittadino, si chiede al
soldato, al suddito non soltanto una disciplina su certe regole stabilite, ma una
conformità della sua persona, una sua integrazione in un collettivo, che è assunto e
rappresentato nel comando.
Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998, pp. 52-53
LE TECNICHE DI GUERRA
/ L’INSENSATEZZA DELLA GUERRA*
Io sono giovane, ho vent'anni, ma della vita non conosco altro che la
disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con
un abisso di sofferenze. Io vedo dei popoli spinti l'uno contro l'altro, e che
senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una incolpevole obbedienza si
uccidono a vicenda. Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e
parole perché tutto questo si perfezioni e duri, più a lungo. E con me lo vedono
tutti gli uomini della mia età, da questa parte e da quell'altra del fronte, in
tutto il mondo; lo vede e lo vive la mia generazione. Che faranno i nostri padri,
quando un giorno sorgeremo e andremo davanti a loro a chieder conto? Che
aspettano essi da noi, quando verrà il tempo in cui non vi sarà guerra? Per anni
e anni la nostra occupazione è stata di uccidere, è stata la nostra prima
professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che
accadrà, dopo? Che sarà di noi?
E. M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Mondadori, Milano 1988,
pp 223-224
* S. Kubrick, Orizzonti di gloria: la denuncia dell’insensatezza della guerra
(https://www.youtube.com/watch?v=nGsaw_1w12U
IL FRONTE OCCIDENTALE /LA GUERRA DI TRINCEA
LA FRATERNIZZAZIONE
CON IL NEMICO
Ma chère maman, je pense que
j’ai assisté à l’une des
scènes les plus
extraordinaires que j’ai
jamais vues. Un allemand
agitant les bras, puis deux
autres sont sortis de leurs
tranchées et se sont dirigés
vers les nôtres. On était
prêts à tirer sur eux quand on
s’est aperçus qu’ils n’avaient
pas des fusils. Alors l’un des
nôtres est allé à leur
I soldati non tornarono a casa per Natale come avevano
sperato nella rapida fine della guerra. Nei giorni di Natale del primo
anno di guerra, sul fronte occidentale ci furono episodi di tregua
spontanea tra i nemici, che uscirono dalle trincee e fraternizzarono
nella “terra di nessuno”, ma dagli alti comandi venne subito l’ordine di
rencontre et en deux minutes
l’espace entre les deux lignes
de tranchées grouillait de
soldats et d’officiers des
deux camps qui se serraient la
vietare tali manifestazioni.
main et se souhaitaient joyeux
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un
Noël. [Carnets de Louis
mondo. Storia illustrata della Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap.
Barthas, soldat pendant la
IV
Grande guerre]
https://www.youtube.com/watch?v=rFI5KKEo5NQ
Il fronte orientale
Ad oriente, dove
il fronte si estendeva dal
Baltico al Mar Nero,
diramandosi nel Balcani e
nel medio Oriente fino al
Mar Rosso e al Golfo
Persico, la guerra fu più
movimentata. La Germania
aveva una netta superiorità
di armi e di organizzazione
sull’impero russo che
poteva contare unicamente
sul maggior numero di
truppe, dotate di un
armamento inadeguato,
malamente approvvigionate,
e governate da un apparato
burocratico arretrato
inefficiente e corrotto.
[E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della
Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. IV]
INTERVIENE L’ITALIA/IL PATTO DI LONDRA
Il fronte italiano
Il 2 agosto il
governo italiano, presieduto
da Antonio Salandra aveva
dichiarato la neutralità,
perché la Triplice Alleanza
aveva carattere difensivo e né
l’Austria né la Germania
avevano consultato l’Italia
prima di lanciare l’ultimatum
alla Serbia. […] il governo
italiano avviò trattative
segrete sia con gli imperi
centrali sia con l’Intesa,
Il 26 aprile 1915 i rappresentanti del governo italiano
valutando la decisione di
firmarono a Londra un patto segreto con il quale l’Italia si impegnava a
intervenire secondo il “sacro
entrare in guerra con l’Austria entro un mese, in cambio della promessa
di ottenere, dopo la vittoria, il Trentino e parte del Tirolo fino al
egoismo” degli interessi
Brennero, Trieste, Gorizia, gran parte dell’Istria, alcune isole
nazionali, come si espresse
adriatiche e parte della costa della Dalmazia, il protettorato
Salandra. […]
sull’Albania, una zona nell’Asia minore e una parte delle colonie
tedesche dell’Africa.
[E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della
Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. V]
Severini, Cannone in azione, 1915
Interventismo /
neutralismo
L’Italia neutrale si
immerse in un dibattito
politico profondo. Si
confrontarono diverse
posizioni neutraliste e
diverse interventiste.
[…] C’erano i neutralisti
cattolici[…] C’era un
neutralismo socialista
che aveva un carattere di
principio, cui la quasi
totalità del partito
restò fedele. […] C’era
C’erano poi gli interventisti, quelli nazionalisti […] e quelli detti
«interventisti democratici», forti tra la borghesia
intellettuale
tra le frange della tradizione socialista e democratica. Essi vedevano
l’intervento in guerra
infine il neutralismo
e anche
giolittiano.
come l’uscita da una stagnazione morale di un’Italia
piccola e chiusa in se stessa, una sorta di apertura verso il mondo per un
sistema internazionale che sancisse la fine della guerra, di tutte le
guerre.
Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 p. 42-43
Io sono sempre più fermamente convinto che per la salute
dell’Italia bisognerebbe fucilare, dico fucilare, nella schiena, qualche
dozzina di deputati e mandare all’ergastolo un paio almeno di exministri. Non solo, ma io credo con fede sempre più profonda, che il
Parlamento in Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue
della Nazione. Occorre estirparlo. Mussolini, Popolo d’Italia, 11/05/15
Le «radiose
giornate di
maggio»
La piazza, sostenuta dal
re e dal governo di
Salandra e di Sonnino,
col forte aiuto di una
persona carismatica come
d’Annunzio, si batté per
la guerra. Il re e il
governo mossero la
piazza. Ci furono scontri
di piazza, soprattutto
tra operai neutralisti e
studenti interventisti
Benito Mussolini ad una manifestazione interventista a Milano
[…]. La piazza prevalse,
la volontà del Parlamento
Il Parlamento accettò di votare i crediti di guerra, e
l’Italia, il 24 maggio del 1915, entrò nella fornace. Era un preannuncio
fu violata attraverso la
scelta della guerra […]
del fascismo. […] i socialisti, furono i soli a difendere i diritti del
Parlamento contro il re e contro la destra. Votarono contro i crediti di
guerra.
Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998 p. 42-43
L’OPPOSIZIONE ALLA GUERRA
Le scrivo questo per un avertimento, perché una persona avertita….
Se per disgrazia l'Italia andrà in guerra e che io povera madre vedova sia
privata del mio uno sostegno e di mio Fratello che è quello che mantiene la mia
povera mamma le assicuro che la vita si S.M. il Re e i membri della sua Famiglia
sarà una ben dura sorte li atende - perché la maledizione di tutte la madri
Itagliane cadrà sul loro capo come fulmine dal cielo, credo che la guerra non
verrà perché prima della guerra verrà la Rivoluzione che qua in Italia ne abbiamo
molto bisogno che così si potrà sgradicare questa maledetta Casa Savoia che più
disventure per Italia non porta, e con loro tutti i ministri che più di Ladroni
non sono.
Attenti che i cannoni fatti nuovi non abbiamo da provarli contro il
Quirinale perché anche i soldati ne anno abbastanza di essere tratati come
bestie. Anno ragione a venirti dire che sotto casa Savoia si sta peggio che in
casa del boia.
Venissero i thedeschi qua così starà un po' più bene che sotto Vittorio.
[in Renato Monteleone, Lettere al Re, Editori Riuniti, Roma, p. 70]
LA REALTÀ DELLA GUERRA
Vita di stenti, senza orizzonti; tutto duole dentro di noi e tutto, fuori
di noi, ci affligge. S'aggiunge il malessere della sporcizia e, più umiliante ancora,
un senso disperato d'inerzia. La coscienza s'oscura nel dubbio, se abbiamo fatto bene
a voler la guerra. Questo è il tormento più grave di tutti. Ma non può durare. L'animo
si ribella a questa debolezza. […] Ci sentiamo isolati tra i compagni. L'egoismo che
si sviluppa per necessità bestiale nella grande fatica, ci ripugna. Ognuno pensa
duramente a sé, e noi che credevamo a una fraterna collaborazione, tanto più grande
nel pericolo, ce ne sentiamo offesi e umiliati.
6 agosto 1915 – Trincee del Lisert
Ancora qua. Il posto ci è diventato odioso; queste trincee che, nel venirci,
avevamo sperato fossero la più salda e comoda difesa che fino allora conoscevamo, si
sono dimostrate invece un esposto e facile bersaglio per gli austriaci, una vera
posizione di martirio per noi. Di qua non è possibile uscire all'assalto, perché il
terreno paludoso davanti non lo permette, di qua non avverrà mai di dover respingere
un attacco nemico pienamente spiegato; le perdite qua sono molte e più dolorose che
altrove perché sembrano inutili... Io guardo le facce dei compagni superstiti e mi
vedo riflesso in loro: è doloroso accorgersi che l'anima non brilla più negli occhi di
nessuno.
[Giani Stuparich, Guerra del ’15 (Dal taccuino d’un volontario), Milano, Treves, 1931
OFFENSIVE
…
Avanti, avanti, avanti. In Italia ci furono undici battaglie offensive
sull’Isonzo. Salvo una, che nell’agosto del 1916, diede un piccolo vantaggio
psicologico perché permise la conquista della città di Gorizia, per il resto tutte le
offensive che il comando supremo italiano scatenò sull’Isonzo con la III Armata si
risolsero nel mandare centinaia di migliaia di uomini incontro alla morte, senza
riuscire a conquistare nulla […] Trieste diventava il simbolo dell’obiettivo da
raggiungere per conquistare la pace; non era una città da liberare. Trieste era il
simbolo del ritorno a casa.
Le prime trincee furono conquistate, sì: ma anche le prime siepi di filo di
ferro, affastellate dalla fretta in modo provvisorio, vennero sfondate dall’impeto
disperato: dovunque, sul San Michele, a San Martino, al monte Sei Busi, sull’altopiano
Doberdò, questa marea d’uomini fu avventata ciecamente contro la ferocia del nemico e
delle sue difese, su per la pietraia ostile: carne umana contro la materia bruta,
veemenza di primavera contro la macchina in agguato.
Tenente Carlo Salsa *
Vittorio Foa, Questo novecento, Torino, Einaudi Scuola, 1998, pp. 52-53
* In E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della
Grande Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. V
E CONTROFFENSIVE: LA STRAFEXPEDITION
Nella primavera del 1916, dal 4 maggio al 2 giugno, il generale
Conrad lanciò una grande offensiva nel Trentino chiamata spedizione
punitiva (Strafexpedition) contro l’antico alleato traditore. […] Per la
prima volta, le truppe austriache penetrarono profondamente nel territorio
italiano fino a 20 chilometri nell’altopiano di Asiago, infliggendo agli
italiani molte perdite. Il generale Cadorna attribuì lo sfondamento delle
linee italiane alla viltà dei soldati e diede ordine ai comandi di “far
fucilare, se occorre immediatamente e senza alcun procedimento, i
colpevoli di così enormi scandali a qualunque grado appartengano”. […]
Cadorna autorizzò il ricorso alla decimazione, cioè alla fucilazione sul
posto e senza processo di soldati estratti a sorte in caso di atti
collettivi di insubordinazione. Nel corso della guerra, le fucilazioni sul
campo e le decimazioni furono circa 300.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande
Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. V
GUERRA INDUSTRIALE /TECNOLOGICA / DI MACCHINE / DI MATERIALI:
“L’INDUSTRIA ORGANIZZATA PER LA MACELLERIA UMANA”
In http://cultura.biografieonline.it/lo-scoppio-della-prima-guerra-mondiale/
In http://it-au-1915-1918.com/body_i_museo_rovereto_2.htm
“Guerra industriale”, “guerra tecnologica”, “guerra di macchine”, “guerra di materiali”: furono varie le
denominazioni coniate per descrivere la Grande Guerra, la prima “guerra moderna”, […] identificando la sua
modernità con l’accresciuta potenza delle moderne armi da fuoco, specialmente le mitragliatrici e i
cannoni, sia con l’invenzione di nuove armi come i gas asfissianti e il lanciafiamme adoperato nell’attacco
finale alla trincee nemiche.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande
Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. VI
GUERRA INDUSTRIALE /TECNOLOGICA, DI MACCHINE, DI MATERIALI
IL FRONTE DEL MARE
Ai viaggiatori che intendono intraprendere la traversata atlantica si ricorda che tra la
Germania e la Gran Bretagna esiste uno Stato di guerra. Si ricorda che la zona di guerra comprende le
acque adiacenti alla Gran Bretagna e che, in conformità di un preavviso formale da parte del Governo
Tedesco, le imbarcazioni battenti la bandiera della Gran Bretagna o di uno qualsiasi dei suoi alleati
sono passabili di distruzione una volta entrati in quelle stesse acque.
Il transatlantico Lusitania, battente bandiera inglese, affondato da sottomarini tedeschi, maggio 1915
Altro peculiare elemento di
modernità della Grande Guerra fu la
UNA GUERRA TOTALE
Operaie in una fabbrica di munizioni durante la Grande Guerra
dimensione di massa che essa ebbe in
ogni suo aspetto: dalla mobilitazione
di eserciti che contavano milioni di
uomini,alla gigantesca organizzazione
della produzione per vestire, nutrire
e armare le masse dei soldati, fino
alla regolamentazione statale di ogni
attività nella vita economica,
sociale e culturale e alla
mobilitazione di molti civili,
vecchi, donne e ragazzi in
sostituzione degli uomini in armi,
per incrementare e intensificare la
produzione interna di armi, munizioni
e vettovagliamento per le truppe al
fronte. In tal modo alla modernità
Ciò comportò un rapido potenziamento del controllo statale su
della guerra tecnologica e meccanica,
ogni settore della vita economica e sociale, compresa la vita
si aggiunse la modernità della
e l’attività di tutta la popolazione civile. […] il “fronte
“guerra totale”, in cui tutta la
interno” fu sottoposto alla disciplina di guerra.
società era mobilitata.
E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande
Guerra, Bari, Laterza, 2015, cap. VI
[…] il Grande Male - come lo
UNA GUERRA TOTALE/CONTRO IL NEMICO
chiamano gli armeni - ebbe inizio il
INTERNO
24 aprile del 1915, giorno in cui
1915, deportazione degli Armeni
furono arrestate oltre duemila
persone tra dirigenti politici,
intellettuali, giornalisti,
funzionari pubblici: non solo
rivoluzionari e nazionalisti, ma
l'élite nel suo complesso. Si voleva
colpire un' intera comunità. Anche in
seguito cade ogni possibile
differenza tra rivoluzionari e
moderati, potenziali nemici e
lealisti fedeli al sultano. [..] La
deportazione nel deserto fu
accompagnata da violenze di ogni
Le vittime erano uomini e donne, bambini e vecchi: senza
distinzione di età o sesso. Secondo alcune stime, tra il maggio e
tipo: assassinii, mutilazioni,
il novembre del 1915 non più del venti per cento dei deportati
stupri, rapimenti, torture, riduzione
riuscì a sopravvivere. Contribuirono alla decimazione anche le
in schiavitù, furti e brutalità di
condizioni climatiche, la fame, il caldo, il freddo la notte, la
ogni genere.
malattia, gli stenti. Per sfuggire alle crudeltà molte donne
scelsero il suicidio
Intervista a M. Flores, in Repubblica - 20 maggio 2006 pagina 49 sezione: CULTURA
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