Perù
INTRODUZIONE
Perù (nome ufficiale República del Perú, Repubblica del Perù), stato dell’America
meridionale, bagnato a ovest dall’oceano Pacifico e delimitato a nord dall’Ecuador e
dalla Colombia, a est dal Brasile, a sud-est dalla Bolivia e a sud dal Cile. Con una
superficie complessiva di 1.285.216 km² – incluse alcune isole al largo della costa – il
Perù è, dopo Brasile e Argentina, il terzo paese dell’America meridionale.
L’estensione costiera è di 2.414 km. La capitale è Lima.
TERRITORIO
Il territorio peruviano può essere suddiviso in tre regioni fisiche: la pianura costiera,
denominata Costa; la Sierra, vale a dire il segmento peruviano del sistema andino; la
Montaña, nota anche con il nome di Selva (“foresta”).
La Costa è costituita da un’arida fascia territoriale che si estende per tutta la
lunghezza del paese con un’ampiezza che varia dai 65 ai 160 km. Qui sono situati i
maggiori centri urbani del Perù. La regione, che occupa circa il 10% del territorio
nazionale, è attraversata dai fiumi che scendono dalla Cordigliera Occidentale delle
Ande e sfociano nel Pacifico.
La regione della Sierra presenta l’elemento morfologicamente dominante del paese,
la cordigliera delle Ande, che si articola qui, da nord-ovest a sud-est, in una
successione di tre catene principali tra cui si interpongono solchi vallivi. La regione,
che occupa quasi un terzo del territorio del paese, è orograficamente suddivisa nella
Cordigliera Occidentale, la più compatta e imponente, che culmina nel grande
massiccio granitico dell’Huascarán (6.768 m) e nelle due catene della Cordigliera
Centrale e della Cordigliera Orientale, più discontinue e meno elevate. La prima ha
una sua continuità autonoma solo nella parte settentrionale del paese; la seconda si
fraziona a settentrione in sierre minori, mentre a sud è continua e imponente,
superando i 6.000 metri nel Salcantay (6.271 m) e nell’Ausangate (6.394 m). Nella
parte sudorientale della regione della Sierra si trova il lago Titicaca, la superficie
lacustre navigabile più elevata del mondo, che il Perù divide con la Bolivia. L’attività
sismica e vulcanica nella Sierra è intensa e si manifesta periodicamente con violenti
terremoti ed eruzioni vulcaniche.
La regione boscosa della Montaña occupa circa il 60% del territorio peruviano e si
estende a est della Cordigliera Orientale; qui la catena digrada dolcemente verso
vaste pianure caratterizzate da una vegetazione di tipo tropicale, le selve, che si
estendono fino al confine brasiliano andando a costituire il bacino amazzonico. I
declivi boscosi della Sierra e le adiacenti basseterre orientali formano questa regione
solcata da lunghi corsi d’acqua e ricoperta da una fitta foresta tropicale che la rende,
in alcuni tratti, inaccessibile.
IDROGRAFIA
Il territorio peruviano include tre importanti bacini idrografici: il primo composto da
circa 50 corsi d’acqua torrentizi che nascono nella Sierra e scendono rapidi verso la
pianura costiera; il secondo, nella regione della Montaña, comprende il Rio Marañón
e il Rio Ucayali, principali rami sorgentiferi del Rio delle Amazzoni; il terzo è
rappresentato dal bacino del lago Titicaca che, attraverso il fiume Desaguadero,
confluisce nel lago Poopó, in Bolivia. Altri corsi d’acqua di rilievo sono il Tigre, il
Pastaza (tributari del Marañón) e il Napo, che nascono in Ecuador e scorrono in Perù.
Il Putumayo scorre lungo il confine con la Colombia.
CLIMA
A causa della complessità morfologica del territorio, il paese presenta un’estrema
varietà climatica. Lungo la desertica fascia costiera la temperatura è piuttosto
costante e si attesta per l’intero corso dell’anno intorno ai 20 °C. Le precipitazioni in
questa zona dal clima arido sono inferiori a 51 mm annui, a causa della Cordigliera
contro cui si infrangono i venti provenienti da est prima di raggiungere la costa;
inoltre la fredda corrente di Humboldt condensa l’umidità atmosferica in nebbie
persistenti che si tramutano in una lieve pioviggine (nota come garúa) e si addensano
sull’area da giugno ad agosto. A Lima la temperatura media è di 18 °C.
Nella Sierra le temperature variano stagionalmente dai 7 °C ai 21 °C. Le piogge sono
tendenzialmente molto scarse tranne in alcune località dove, da ottobre ad aprile, si
verificano violenti acquazzoni. A Cuzco, nella sierra sudorientale, la piovosità media
raggiunge i 600 mm annui. Nella regione della Montaña, fatta eccezione per le zone
più elevate, il clima è estremamente caldo e umido. La media delle precipitazioni
annue, concentrate soprattutto nel periodo che va da novembre ad aprile, si attesta
intorno ai 3.800 mm.
FLORA E FAUNA
La vegetazione varia ampiamente in base alle diverse regioni fisiche. L’arida e
sabbiosa fascia costiera presenta una vita vegetale tipicamente desertica, con arbusti e
cactacee. Spingendosi verso la Sierra si incontrano formazioni xerofile capaci di
sopravvivere in zone particolarmente aride e, sugli altipiani interni, la steppa a
graminacee detta puna; gli eucalipti sono presenti nella zona del lago Titicaca. Le
pendici orientali della Sierra e la vasta area amazzonica offrono una lussureggiante
vegetazione tropicale costituita in prevalenza da mogani, cedri, caucciù, alberi di
china, piante di salsapariglia e vaniglia, oltre a innumerevoli specie di fiori tropicali.
Anche la fauna è estremamente varia: lungo la fascia costiera e sulle isole al largo
della costa si trovano diverse specie di uccelli marini, tra cui il cormorano, il
pellicano e l’albatro. Nelle acque oceaniche peruviane, tra le più pescose del mondo,
abbondano il pesce spada, il tonno, il gambero e l’aragosta. Caratteristici della
regione andina sono il lama, la vigogna, il cincillà, il guanaco e l’alpaca; tra gli
uccelli principali della zona si ricorda il condor. Il lago Titicaca è popolato da
numerose specie di pesci, mentre nella regione della Montaña vivono il giaguaro,
l’armadillo, il tapiro, la scimmia, l’alligatore, l’orso dagli occhiali; accanto a
numerose specie di rettili e insetti, si trovano inoltre varie specie di uccelli, tra cui il
pappagallo, il fenicottero, il tucano e altre varietà tropicali.
PROBLEMI E TUTELA DELL’AMBIENTE
L’enorme ricchezza degli ecosistemi presenti sul territorio peruviano rischia di essere
gravemente danneggiata; alcuni dei principali habitat sono a rischio, in particolare i
deserti costieri e la puna, la prateria di alta montagna. Alcune specie della ricca fauna
peruviana, tra cui l’orso dagli occhiali, la lontra gigante e il giaguaro, sono
considerate in pericolo d’estinzione. Nelle aree urbane, l’inquinamento dell’aria e
dell’acqua è in drammatico aumento; l’eccessivo sfruttamento dei terreni per le
colture intensive causa l’erosione dei suoli; la desertificazione sta consumando
notevoli estensioni di terre un tempo produttive.
Parchi nazionali e riserve naturali costituiscono più del 10% del territorio, sebbene
solo il 3,1% (2004) sia protetto. Tre parchi nazionali sono stati dichiarati WHS
(World Heritage Site, luogo patrimonio dell’umanità) e tre riserve della biosfera sono
state inserite nel programma UNESCO MAB (Man and the Biosphere, l’uomo e la
biosfera). Il governo peruviano ha recentemente adottato nuove leggi per l’ambiente
che, a differenza delle politiche precedenti che incoraggiavano un aggressivo
sviluppo industriale del bacino del Rio delle Amazzoni, prevedono un uso limitato e
responsabile delle risorse.
Il Perù ha sottoscritto il Trattato Antartico, il Protocollo Ambientale Antartico, il
Trattato per il Legname Tropicale del 1983 e del 1994, oltre ad accordi internazionali
che hanno per oggetto la biodiversità, le specie in via d’estinzione, i rifiuti pericolosi,
la messa al bando dei test nucleari, la protezione dello strato di ozono e
l’inquinamento delle zone umide. A livello locale, il Perù ha sottoscritto accordi
internazionali per uno sviluppo sostenibile del territorio del bacino del Rio delle
Amazzoni.
POPOLAZIONE
Il paese conta 28.302.603 abitanti (2006), con una densità media di 22 abitanti per
km². La distribuzione sul territorio è tutt’altro che uniforme: nella regione andina si
concentra circa il 50% della popolazione, il 40% risiede lungo la fascia costiera,
mentre il restante 10% occupa la regione della Montaña. Il 74% (2003) dei peruviani
vive in aree urbane.
Circa il 45% degli abitanti del Perù è costituito da popolazioni autoctone, alcune delle
quali discendenti degli inca; il 37% è composto da meticci e circa il 15% da bianchi
di origine europea. Il paese conta anche un esiguo numero di neri, mulatti, giapponesi
e cinesi (circa il 3%). I gruppi dei quechua e degli aymará popolano le regioni andine;
molti di loro non parlano lo spagnolo e hanno conservato gli usi e costumi dei loro
antenati. Lungo la fascia costiera e nelle città degli altipiani, bianchi, meticci e neri
seguono, in gran parte, uno stile di vita occidentale. Infine, l’esigua minoranza di
indios amazzonici vive in base a usanze tribali e in condizioni di completo
isolamento.
LINGUA E RELIGIONE
La lingua ufficiale è lo spagnolo, parlato dal 70% della popolazione; la relativa
persistenza dei caratteri culturali originari è attestata dalla recente ufficializzazione
della lingua quechua (1975), uno dei più diffusi idiomi locali insieme all’aymará,
parlato soprattutto nel sud del paese. Per quanto il cattolicesimo, praticato dal 90%
dei peruviani, sia dal 1915 religione di stato, nel paese è concessa libertà di culto e
sono presenti esigue minoranze di protestanti, ebrei e musulmani.
ISTRUZIONE E CULTURA
Il tasso di alfabetizzazione è incrementato notevolmente, grazie al forte impulso
impresso al settore educativo. Secondo gli ultimi dati, la popolazione adulta istruita è
passata dal 42%, nel 1940, al 91,6% nel 2005. L’istruzione primaria è gratuita e
obbligatoria tra i 6 e i 12 anni; ciononostante, nelle aree rurali la mancanza di
infrastrutture scolastiche rende assai difficile l’accesso agli studi.
Il Perù vanta oltre 45 istituti universitari, tra cui si segnala quello della capitale:
l’Università nazionale di San Marcos, fondata nel 1551, che comprende una delle
maggiori biblioteche del paese. A Lima hanno sede – oltre alla Biblioteca nazionale e
al Conservatorio nazionale di musica – numerosi musei, tra cui il Museo dell’arte, il
Museo archeologico Rafael Larco Herrera, il Museo di storia naturale Javier Prado e
il Museo nazionale di antropologia e archeologia. Altri importanti musei archeologici
si trovano ad Arequipa, Cuzco, Huancayo e Trujillo.
Il patrimonio culturale degli indios peruviani è considerato uno dei più ricchi
dell’America meridionale; per quanto la dominazione spagnola abbia esercitato una
profonda influenza sia sulla lingua sia sulla religione, la cultura peruviana appare
tuttora permeata dall’antica civiltà incaica. Anche l’architettura risalente al periodo
coloniale accosta a forme d’origine spagnola motivi e strutture incas. In ambito
musicale, la scala pentatonica, tipica degli amerindi, viene ancora utilizzata, così
come lo sono antichi strumenti quali i flauti e le ocarine.
Per ulteriori informazioni sull’arte, l’architettura, la musica, la letteratura, il teatro, il
cinema e la danza del Perù, vedi Arte precolombiana, Arte inca, Musica
latinoamericana, Letteratura latinoamericana, Teatro latinoamericano, Cinema
latinoamericano, Danza latinoamericana.
DIVISIONI AMMINISTRATIVE E CITTA’ PRINCIPALI
Il Perù è suddiviso in 24 dipartimenti e una provincia costituzionale, Callao. I
dipartimenti peruviani sono: Amazonas, Ancash, Apurímac, Arequipa, Ayacucho,
Cajamarca, Cuzco, Huancavelica, Huánuco, Ica, Junín, La Libertad, Lambayeque,
Lima, Loreto, Madre de Dios, Moquegua, Pasco, Piura, Puno, San Martín, Tacna,
Tumbes e Ucayali.
Il principale centro urbano del paese è la capitale, Lima (7.443.000 abitanti nel 2000);
altre città di rilievo sono Arequipa, Iquitos, Huancayo, Trujillo, Chiclayo e Cuzco,
antica capitale dell’impero inca; Callao, nei pressi di Lima, è il principale scalo
marittimo del paese.
ECONOMIA
Nel 2004 il prodotto interno lordo del Perù ammontava a 68.637 milioni di dollari
USA, pari a un PIL pro capite di 2.490 dollari. Nel 2003, il tasso di disoccupazione
era del 10,3%. Nonostante i settori minerario e ittico abbiano registrato un forte
incremento, l’agricoltura rappresenta la principale risorsa economica del paese.
AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO
Solo il 3,4% della superficie territoriale è coltivato e la percentuale della popolazione
attiva impiegata nel settore agricolo è pari all’1% (2003). Il raccolto prodotto nelle
aree costiere è prevalentemente destinato all’esportazione, mentre nell’interno si
pratica sostanzialmente un’agricoltura di sussistenza. Le coltivazioni principali
includono canna da zucchero, mais, patate, riso, cotone, caffè, orzo, agrumi e frutta
tropicale. Il Perù è inoltre produttore di coca. Molto importante è l’allevamento,
soprattutto bovino, ovino e caprino. Lama, pecore e alpaca forniscono, oltre alla lana,
cuoio e pellami. Agricoltura e allevamento forniscono il 10,1% del PIL (2004).
RISORSE FORESTALI E PESCA
Le foreste, che coprono il 53,7% (2005) della superficie del paese, sono suscettibili di
maggior sfruttamento. I principali prodotti forestali, oltre al cedro, al mogano, al
palissandro e al caucciù, annoverano una notevole varietà di piante medicinali, tra le
quali la più nota è sicuramente la china (Chinchona officinalis), da cui si ricava il
chinino. Il settore ittico rappresenta una delle maggiori ricchezze del paese e
costituisce una delle voci più significative dell’esportazione peruviana.
RISORSE ENERGETICHE E MINERARIE
Le risorse estrattive hanno un grande rilievo nel quadro economico peruviano e in
particolar modo il settore minerario è uno dei pilastri dell’economia nazionale. Il
primo posto spetta al rame, seguito dall’argento, dal piombo e dal ferro. Di rilievo
anche i giacimenti d’oro, mentre in progressivo aumento sono la produzione di
petrolio e gas naturale. Tutt’altro che trascurabile l’estrazione dal sottosuolo di
molibdeno, bismuto, mercurio, antimonio e stagno. L’elevato potenziale energetico è
generato soprattutto da impianti idroelettrici.
INDUSTRIA
Le attività principali sono rappresentate dalle industrie metallurgica, tessile
(soprattutto cotoniera) e alimentare. Di rilievo le attività di raffinazione e lavorazione
dei minerali, l’industria chimica e petrolchimica, mentre la meccanica è limitata
all’assemblaggio degli autoveicoli d’importazione. Gran parte del settore
manifatturiero è costituito da piccole imprese, tuttavia a partire dagli anni Cinquanta
del XX secolo sulla fascia costiera sono sorti moderni e attrezzati impianti industriali.
Gran parte delle industrie è concentrata attorno alla capitale e alla vicina Callao. Il
21% della popolazione attiva è impiegato nel comparto industriale, che fornisce il
29,9% del PIL (2004).
COMMERCIO E FINANZA
Le esportazioni, assai diversificate rispetto alla maggior parte di quelle degli altri
paesi dell’America del Sud, includono caffè, cotone, farina di pesce, zucchero,
petrolio grezzo, rame, zinco, argento e minerali ferrosi. Tra le importazioni
prevalgono apparecchiature elettriche ed elettroniche, componenti meccanici, nonché
prodotti chimici e alimentari. Nel 2004 il valore totale delle esportazioni fu di 12.435
milioni di $ USA, a fronte di importazioni per 10.101 milioni di $ USA. I principali
partner commerciali sono Stati Uniti, Giappone, Germania, Belgio, Argentina e
Brasile. L’unità monetaria del paese è il nuevo sol, suddiviso in 100 céntimos,
emesso e controllato dal Banco Central de Reserva del Perù.
TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONE
Benché il sistema dei trasporti – automobilistico, ferroviario e aereo – abbia ricevuto
un deciso impulso a partire dalla metà del XX secolo, la particolare conformazione
del territorio peruviano non ha facilitato lo sviluppo delle comunicazioni. Nel 2003 il
paese poteva contare su una rete stradale di 78.672 km, di cui il 13% asfaltato.
L’arteria principale è costituita da un tratto dell’autostrada Panamericana che,
correndo lungo la costa, attraversa il paese dall’Ecuador al Cile e copre una
lunghezza di 2.495 km; l’autostrada Transandina collega invece Lima e Pucallpa. Il
sistema ferroviario si sviluppa per 2.123 km; la linea Lima-Huancayo, che si inerpica
fino a 4.815 m d’altitudine, è considerata la strada ferrata più elevata del mondo.
Il trasporto fluviale è largamente praticato. La via d’acqua interna più importante è il
Rio delle Amazzoni, navigabile da Iquitos fino all’oceano Atlantico. I principali porti
fluviali sono Iquitos e Pucallpa. Navigabile è anche il lago Titicaca, dove è attivo un
servizio di battelli. Principali porti marittimi sono quelli di Callao, Chimbote,
Pacasmayo, Paita e San Juan. L’Aeroperú, che garantisce voli interni e internazionali,
è la compagnia di bandiera; gli aeroporti principali hanno sede presso Lima, Cuzco,
Piura, Iquitos e Arequipa.
ORDINAMENTO DELLO STATO
Indipendente dal 1821, il paese è stato per lungo tempo soggetto a regimi militari.
Nel 1980 il potere tornò ai civili e il paese si diede una nuova Costituzione. Con la
presidenza di Alberto Fujimori, che ha modificato più volte a suo vantaggio la
Costituzione, il paese giunse sull’orlo di una gravissima crisi istituzionale, risoltasi
solo alla fine del 2000 con l’uscita di scena di Fujimori, fuggito in Giappone per
evitare gli arresti.
POTERE ESECUTIVO
In base alle modifiche costituzionali introdotte nel 2000, il presidente della
Repubblica, che è sia capo dello stato sia capo del governo, viene eletto a suffragio
universale per un termine di cinque anni e non può concorrere per due turni
consecutivi. Egli nomina il primo ministro e i membri del gabinetto
POTERE LEGISLATIVO
La Costituzione del 1993 ha sostituito il Parlamento bicamerale con un unico
Congresso della Repubblica (Congreso de la República), composto da 120 membri
eletti attraverso un sistema proporzionale e in carica per un termine di cinque anni.
Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
POTERE GIUDIZIARIO
Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema (Corte Suprema de Justicia), i cui
giudici vengono nominati dal Consiglio nazionale della magistratura. La pena di
morte è stata abolita nel 1979, tranne che per il reato di tradimento commesso in
tempo di guerra.
ISTITUZIONI PERIFERICHE
Il Perú comprende 24 dipartimenti e una provincia costituzionale.
DIFESA
Il servizio militare è obbligatorio per tutti i cittadini maschi abili a partire dai 20 anni
di età, e dura due anni. È presente un forte corpo di polizia paramilitare. Le forze
armate contano 80.000 effettivi (2004).
FORZE POLITICHE
Nelle elezioni legislative del 2006 si è affermata una nuova formazione politica di
stampo nazionalista, l’Unione per il Perù (Unión por el Perú), che ha preceduto
l’Alleanza popolare rivoluzionaria americana (Alianza popular revolucionaria
americana, APRA), uno dei più vecchi partiti politici del Sudamerica. Tra le altre
forze politiche presenti nell’attuale Parlamento, le più importanti sono quelle
conservatrici di Unità nazionale (Unidad nacional) e Alleanza per il futuro (Alianca
por el futuro), legata all’ex presidente Alberto Fujimori.
STORIA
Le tracce di insediamenti umani in Perù risalgono a migliaia di anni or sono, ma di
questi primitivi stanziamenti, testimoniati da poche rovine, si conosce assai poco.
Intorno al 1250 a.C. gruppi di chavín, nazca, tiahuanaco e chimú migrarono dal nord
verso la regione. Verso l’anno 1000 d.C. i chimú edificarono la città di Chanchán, i
cui ruderi sono tuttora conservati.
Gli inca, stanziati inizialmente in una regione semiarida della sierra meridionale, tra il
1100 e il 1300 si spostarono verso nord, nella fertile valle di Cuzco, e da lì estesero il
loro dominio alle regioni confinanti.
IL DOMINIO SPAGNOLO
Nel 1532 il soldato e avventuriero spagnolo Francisco Pizarro sbarcò in Perù e riuscì,
con la forza delle armi, a sottomettere l’impero inca. Nel 1535 Pizarro fondò la
capitale peruviana di Ciudad de los Reyes (“Città dei re”, l’odierna Lima), ma
qualche anno dopo morì assassinato nel corso delle lotte per il potere che divisero i
conquistatori.
Nel 1542, un editto imperiale spagnolo promulgò le cosiddette Leyes nuevas (“Leggi
nuove”), destinate a porre fine alla trasmissione ereditaria dell’encomienda (il
territorio concesso dalla Corona spagnola ai conquistadores o ai coloni); nello stesso
anno la Spagna costituì il Vicereame del Perù, che comprendeva tutto il Sud America
spagnolo e Panamá, a eccezione del Venezuela e del Brasile.
Nel 1544 il tentativo del viceré spagnolo di far rispettare le Leyes Nuevas provocò la
rivolta degli encomenderos (vedi Encomienda), rivolta che fu sedata dalle forze
spagnole nel 1548; ciononostante la nuova legislazione non riuscì mai a essere
applicata. Nel 1569 giunse in Perù l’amministratore coloniale spagnolo, Francisco de
Toledo; il sistema politico-amministrativo da lui imposto, che prevedeva la figura del
cacique (un capo indigeno che aveva il compito di fare da tramite tra governo
centrale e indios e di raccogliere i loro tributi), durò per quasi due secoli. Già nei
primi decenni della conquista la popolazione degli indios fu falcidiata dalle violenze,
dalle malattie portate dai colonizzatori e dalle condizioni di schiavitù alle quali fu
costretta.
LE LOTTE PER L’INDIPENDENZA
Nel 1780 José Gabriel Condorcanqui – che adottò il nome di un antenato, l’inca
Túpac Amaru – alla testa di una forza composta da 60.000 indios, si ribellò alla
dominazione spagnola; nonostante qualche successo iniziale, nel 1781 gli indios
vennero definitivamente sconfitti e Condorcanqui fu giustiziato assieme ad altri
compagni.
Una nuova rivolta degli indios fu soffocata nel sangue nel 1814, quando un forte
movimento di indipendenza dalla Spagna si stava diffondendo in tutta l’America
meridionale. Tuttavia, a questo movimento non presero parte le classi dirigenti
peruviane, interessate più a riformare il sistema coloniale per conservare l’egemonia
che ad affrancarsi dalla madrepatria. Quindi, in Perù, non fu un movimento nazionale
a conquistare l’indipendenza, bensì gli eserciti dei libertadores. Furono infatti le forze
di José de San Martín a sbarcare presso il porto di Pisco e a raggiungere Lima, ormai
abbandonata dagli spagnoli, per proclamare l'indipendenza del Perù il 28 luglio 1821.
La lotta contro la corona fu proseguita poi da Simón Bolívar che, nel 1824 con la
battaglia di Junín e quella di Ayacucho, sconfisse definitivamente gli spagnoli.
INDIPENDENZA E INSTABILITA’
I primi anni dell’indipendenza peruviana furono caratterizzati da un caotico
susseguirsi di governi. A Bolívar, impegnato nella creazione della Grande Colombia,
succedettero al potere i suoi ufficiali, tra i quali Andrés de Santa Cruz, che governò
tra il 1826 e il 1827 in qualità di presidente del Consiglio dello stato peruviano, e
Agustín Gamarra, che rimase al potere fino al 1833. Nel 1836 il generale Santa Cruz,
diventato presidente della Bolivia, approfittò dell’incertezza politica peruviana per
agevolare la salita al potere del suo alleato Luis José de Obergoso e concludere nel
1837 l’unione tra Bolivia e Perù nella cosiddetta Confederazione peruvianoboliviana, di cui si proclamò presidente. L’indipendenza del Perù venne ristabilita
grazie all’intervento militare di Cile e Argentina nel 1839.
L’instabilità politica perdurò tuttavia fino al 1845, quando il potere fu assunto da
Ramón Castilla, che si rivelò governante abile e avveduto; durante i due suoi mandati
(1845-1851 e 1855-1862), oltre a promulgare una Costituzione liberale (1860) egli
avviò alcune importanti riforme, abolì la tratta degli schiavi, avviò la costruzione
delle prime ferrovie e lo sfruttamento dei ricchi depositi di guano.
Nel 1864 il guano fu al centro di uno scontro con la Spagna, che aveva occupato le
isole Chincha che ne erano assai ricche. Lo scontro si risolse a favore del Perù nel
1866 grazie all’intervento della Bolivia, dell’Equador e del Cile. Lo sfruttamento dei
giacimenti di guano, di cui si avvantaggiarono soprattutto le potenti oligarchie locali
legate alle imprese britanniche, consentì nel contempo una prima modernizzazione
del paese.
In seguito alla guerra del Pacifico (1879-1883), in cui venne duramente sconfitto
dalle forze cilene e perse le ricche regioni meridionali, il paese si trovò a dover
fronteggiare una gravissima crisi economica che favorì l’ascesa di una serie di regimi
militari – appoggiati dall’oligarchia dominante – che si succedettero per circa 25 anni
(nel periodo cosiddetto della “repubblica aristocratica”) stabilizzando tuttavia la vita
economica e politica del paese.
LA FONDAZIONE DELL’APRA
Nel 1919 Augusto Leguía y Salcedo, che era già stato presidente dal 1908 al 1912, si
insediò con l’appoggio dei militari alla guida del paese, instaurando una dittatura. Nel
corso del suo secondo mandato Leguía firmò il trattato con il Cile per sanare la
disputa su Tacna e Arica (1928), che affliggeva il paese dalla guerra del Pacifico e
che assegnò Tacna al Perù e Arica al Cile. Mutò profondamente in quegli anni il
quadro economico del paese, in cui diventò centrale lo sfruttamento del petrolio
controllato dalle imprese statunitensi.
Nel 1924 alcuni intellettuali in esilio, tra cui Víctor Raúl Haya de la Torre, fondarono
l’Alleanza popolare rivoluzionaria americana (APRA), un movimento nazionalista e
populista. L’APRA – che chiedeva la nazionalizzazione delle risorse e una riforma
agraria che favorisse la popolazione indigena – pur essendo stata bandita nel 1932
divenne uno dei movimenti politici più influenti del paese.
Nel corso degli anni Trenta il Perù fu soggetto all’alternarsi di dittature militari e
colpi di stato fino a quando, nel 1939, divenne presidente il banchiere Manuel Prado
y Ugarteche, che risolse la crisi di confine con l’Ecuador.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE ED IL DOPOGUERRA
Durante il secondo conflitto mondiale il paese ruppe i rapporti diplomatici con le
potenze dell’Asse nel 1942 ed entrò nel 1945 ufficialmente in guerra. Nello stesso
anno una coalizione di partiti liberali e di sinistra, inclusa l’APRA, elesse presidente
José Bustamante y Rivero. Il nuovo presidente inaugurò una stagione di timide
riforme, che tuttavia provocarono la reazione dell’oligarchia e dei militari; questi
ultimi, nel 1948, rovesciarono Bustamante con un colpo di stato, insediarono alla
presidenza Manuel Arturo Odría e misero fuorilegge i partiti politici.
ALTERNANZA DI GOVERNI LIBERALI E MILITARI
Nel 1956 Prado y Ugarteche riconquistò la presidenza del paese e nel 1960 avviò la
nazionalizzazione del petrolio innescando una disputa con gli Stati Uniti. Nel 1962,
in un clima di forte tensione, l’esercito annullò le elezioni vinte da Haya de la Torre e
depose Prado y Ugarteche. In seguito a nuove elezioni, nel 1963 salì alla presidenza
Fernando Belaúnde Terry, il cui mandato fu caratterizzato da una profonda instabilità
economica e politica. Sottoposto a forti pressioni per riaprire alle compagnie
nordamericane il settore petrolifero, Belaúnde Terry siglò nel 1968 un controverso
accordo con gli Stati Uniti, suscitando la reazione dei settori nazionalisti dell’esercito.
Nello stesso anno, un colpo di stato portò al potere un gruppo di militari guidato dal
generale Juan Velasco Alvarado e accomunato da una forte volontà riformistica.
Velasco Alvarado promosse una riforma agraria tra le più avanzate del Sud America
e nazionalizzò le principali attività economiche, riportando sotto il controllo del paese
il settore petrolifero, prima di venire a sua volta deposto da un colpo di stato dal
generale Francisco Morales Bermúdez. Revocate tutte le misure di riforma promosse
dal precedente governo, nel 1980 i militari consentirono lo svolgimento di elezioni
presidenziali che riportarono al potere Belaúnde Terry.
TRA DEMOCRAZIA E CONFLITTO SOCIALE
Le misure adottate da Belaúnde Terry non riuscirono a migliorare la situazione
economica del paese, innescando un aspro conflitto sociale cui il governo oppose una
violenta repressione. Andò nel contempo rafforzandosi l’azione guerrigliera e
terroristica di Sendero Luminoso, un movimento di ispirazione maoista, nelle regioni
andine e del Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru (MRTA) nelle aree urbane.
Nel 1985 a Belaúnde Terry succedette il candidato dell’APRA Alan García Pérez.
Questi cercò di affrontare la grave situazione del paese con misure contraddittorie e
sospese il pagamento del debito estero alienandosi il sostegno del Fondo monetario
internazionale; afflitto dalla corruzione e da un elevatissimo debito pubblico e
contrastato nel paese dalla guerriglia, il governo di García Pérez mancò del tutto i
suoi obiettivi, aprendo la strada a un nuovo periodo autoritario.
LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA DI FUJIMORI
Le elezioni presidenziali del 1990 videro fronteggiarsi il noto romanziere Mario
Vargas Llosa e Alberto Fujimori, un professore universitario pressoché sconosciuto.
Contro ogni previsione si affermò quest’ultimo, il quale impose un’austera politica
economica e lanciò nel contempo una lotta senza quartiere contro la guerriglia.
Assicuratosi il sostegno dell’esercito, nel 1992 Fujimori sospese la Costituzione e
sciolse il Parlamento. Grazie all’impiego di imponenti forze, ottenne la cattura di
molti esponenti di Sendero Luminoso (tra i quali il principale ideologo Abimael
Guzmán), sbaragliando le opposizioni nelle elezioni che si svolsero alla fine
dell’anno. L’offensiva antiguerriglia colpì pesantemente anche le opposizioni legali e
i sindacati, di cui vennero uccisi centinaia di membri.
Nel 1993 Fujimori promulgò una nuova Costituzione, che rafforzava i suoi poteri –
consententendogli nel contempo di ricandidarsi per un nuovo mandato – e poneva un
forte limite alle libertà civili.
Nel gennaio del 1995 un’antica disputa territoriale tra il Perù e l’Ecuador sfociò in
scontro militare. Uscito dal conflitto con una popolarità rafforzata, Fujimori vinse le
elezioni del 1995 sconfiggendo Pérez de Cuellar, ex segretario generale dell’ONU.
Nella seconda metà degli anni Novanta gli effetti recessivi della politica economica
sulle classi sociali più deboli causarono una ripresa della protesta sociale, che
Fujimori fronteggiò inasprendo il regime. La brutale repressione condotta
dall’abnorme apparato poliziesco (il Servizio di informazione nazionale) iniziò
tuttavia a sollevare le prime proteste internazionali.
In un contesto di forte crisi sociale, il 18 dicembre 1996 un commando del
Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru diede l’assalto all’ambasciata del Giappone
durante un ricevimento e vi si barricò dentro con 72 ostaggi, chiedendo per la loro
liberazione un miglioramento delle condizioni di detenzione dei suoi militanti. La
vicenda, seguita costantemente dai media internazionali, si concluse dopo 126 giorni
con l’irruzione delle forze speciali di polizia peruviane e l’uccisione di tutti i membri
del commando. La liberazione degli ostaggi (di cui uno solo perse la vita durante
l’irruzione, colpito dai proiettili della polizia), salutata con sollievo in tutto il mondo,
non bastò tuttavia a dissipare i dubbi su Fujimori, da cui le diplomazie internazionali
iniziarono a prendere le distanze.
CADUTA E FUGA DI FUJIMORI
Nel 1998 il Perù firmò un accordo con l’Ecuador che pose fine a un contenzioso
territoriale sulla Cordigliera del Condor iniziato nel 1942. Nel 1999, rinnovata la
Corte Costituzionale con membri di sua fiducia, Fujimori impose un’ulteriore
modifica alla Costituzione per ottenere un terzo mandato. Nell’aprile 2000 il paese,
drammaticamente diviso, sull’orlo della catastrofe economica e della guerra civile, si
recò alle urne sotto il controllo del potente apparato di regime. I risultati ufficiali,
comunicati solo dopo venti giorni, assegnarono alla lista Perú 2000 del presidente in
carica il 49,87% dei voti e il 40,24% alla coalizione Perú Posible di Alejandro
Toledo, un professore di economia ex consulente della Banca Mondiale. Alla metà di
maggio, in seguito al rifiuto di Fujimori di assicurare garanzie sulla trasparenza delle
operazioni di voto, Toledo si ritirò dalla corsa alla presidenza, chiamando i suoi
sostenitori alla protesta.
Ormai del tutto isolato dalla comunità internazionale, Fujimori fu rieletto, unico
concorrente, alla presidenza, ma già in settembre venne coinvolto in gravi scandali
insieme con il suo più stretto collaboratore, il capo dei servizi segreti Vladimiro
Montesinos. Sottoposto a forti pressioni e scaricato anche dai militari, in novembre
Fujimori riparò in Giappone (paese di cui aveva conservato la cittadinanza). Le nuove
elezioni, svoltesi nell’aprile del 2001, videro la vittoria di Alejandro Toledo sull’ex
presidente Alan García Pérez, candidato dell’APRA. Nei mesi seguenti, le inchieste
avviate dalla magistratura portarono alla luce il vasto sistema di corruzione su cui si
era basato per anni il governo di Fujimori, che coinvolse, oltre a Montesinos,
centinaia di uomini politici, magistrati, ufficiali dell’esercito, imprenditori peruviani e
stranieri, editori e giornalisti.
TOLEDO, IL PRESIDENTE “INCA”
Primo presidente peruviano di origini indie, Toledo suscitò una grande speranza nel
paese, stanco del lungo periodo di violenze. Privo di una maggioranza parlamentare,
Toledo costituì un governo di coalizione con altri partiti di centro.
Nel 2001 il braccio destro di Fujimori, Vladimiro Montesinos, fu arrestato in
Venezuela ed estradato in Perù; nello stesso anno la Corte suprema spiccò un
mandato di cattura internazionale contro l’ex presidente. Nel 2002 venne istituita una
commissione sull’esempio di quella sudafricana (vedi Commissione per la verità e la
riconciliazione), che l’anno successivo stabilì in circa 70.000 (e in alcune migliaia di
desaparecidos, cioè “scomparsi”) le vittime dello scontro civile che aveva
insanguinato il paese durante il precedente ventennio. Continuò anche l’inchiesta su
Fujimori, che fu accusato di tradimento mentre il suo braccio destro Montesinos
venne condannato a pesanti pene per corruzione, abuso di potere e cospirazione.
Per affrontare la grave crisi economica, Toledo adottò una politica dai tratti
fortemente neoliberisti, sollevando massicce proteste in tutto il paese. Nel 2002 le
violente manifestazioni contro la privatizzazione del settore energetico, e i dissensi
all’interno dello stesso governo, indussero Toledo a rinviare il provvedimento. Tra
molte incertezze e critiche si svolsero anche le negoziazioni per l’accordo di libero
scambio con gli Stati Uniti, che contribuirono ad accentuare la crisi politica e
istituzionale di cui il paese soffriva; alla fine del 2004 Toledo, il presidente eletto
sull’onda della speranza, godeva del gradimento di una sola persona su dieci. In
questo contesto, agli inizi del 2005, ebbe luogo nel sud del paese la ribellione di un
drappello di militari, capeggiato dal maggiore Antauro Humala; membro di un
movimento ultranazionalista, Humala prese in ostaggio diverse persone, richiedendo
per la loro liberazione una lotta alla corruzione e una profonda riforma del sistema
politico peruviano, e arrendendosi dopo uno scontro a fuoco che causò alcune
vittime.
SVILUPPI RECENTI
Nelle elezioni legislative di aprile 2006 una nuova formazione politica nazionalista,
l’Unione per il Perù, si piazza al primo posto (21% dei voti e 45 seggi) davanti
all’APRA (20,5% e 36 seggi). Le elezioni presidenziali registrano la vittoria al
secondo turno del candidato dell’APRA, Alan García Pérez (che ha già rivestito la
carica presidenziale dal 1985 al 1990), sul candidato dell’Unione per il Perù Ollanta
Humala, ex ufficiale dell’esercito.