Fondazione
Osservatorio
Astronomico di Tradate
Messier 13
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Breve presentazione strumento OSETI della FOAM13
Giuseppe Savio
Alberto Villa
Sara Ricciardi
Un viaggio interstellare per visitare un'altra civiltà in un mondo distante, almeno per
adesso, è oltre le possibilità tecnologiche della civiltà umana. Siamo però in grado di
utilizzare ricevitori molto sensibili per cercare nel cielo eventuali segnali radio di origine
artificiale, generati da altre civiltà.
SETI è un progetto molto ambizioso ed estremamente complesso: la nostra galassia, la
Via Lattea, è grande 100.000 anni luce e ha una massa compresa fra i cento e i
duecento miliardi di masse solari. Considerando che la dimensione media delle stelle è
di 0,5 masse solari, essa potrebbe contenere anche oltre trecento miliardi di stelle: per
questo, scandagliare l'intero cielo alla ricerca di un segnale distante e debole è un
compito arduo.
Ci sono alcune strategie, o meglio alcune ipotesi plausibili, che possono aiutare a
ridimensionare il problema, rendendolo abbastanza piccolo da essere affrontabile. Una
semplificazione consiste nell'assumere che la maggioranza delle forme di vita della
galassia siano basate sulla chimica del carbonio, come avviene per gli organismi viventi
terrestri. È possibile basare la vita su altri elementi, ma il carbonio è noto per la sua
peculiare capacità di legarsi a numerosi altri elementi (oltre che a sé stesso) per
formare una gran varietà di molecole.
Anche la presenza di acqua allo stato liquido è un'ipotesi plausibile, perché è una
molecola molto comune nell'Universo e fornisce un ambiente eccellente per la
formazione di molecole complesse basate sul carbonio, dalle quali poi può avere origine
la vita.
Una terza ipotesi è quella di concentrarsi su stelle simili al Sole: le stelle molto grandi
hanno vita molto breve, e, secondo l'esempio che abbiamo a disposizione (la vita sulla
Terra), non ci sarebbe il tempo materiale perché possa svilupparsi una vita intelligente
sui loro pianeti. Le stelle molto piccole sono invece longeve, ma producono così poca
luce e calore che i loro pianeti dovrebbero essere molto vicini per non congelare. Il
risultato probabile è che il pianeta, per effetto delle forze di marea in gioco, finirebbe
bloccato in rotazione sincrona (come la Luna con la Terra), presentando sempre la
stessa faccia alla sua stella o intrappolato in qualche risonanza orbitale. Nel primo caso
si avrebbe un emisfero infuocato e l'altro perennemente congelato. Nel secondo la
durata del giorno e della notte sarebbero così grandi da creare un effetto simile con
escursioni termiche eccezionali.
Circa il 10% della nostra galassia è fatta di stelle simili al Sole e ci sono circa mille di
queste stelle entro una distanza di 100 anni luce da noi che costituiscono le candidate
principali per la ricerca. Attualmente conosciamo però un solo pianeta su cui la vita si è
sviluppata, il nostro e non abbiamo ancora modo di sapere se le ipotesi di
semplificazione siano corrette oppure no. La ricerca dovrà quindi occuparsi anche delle
stelle escluse, pure se con priorità minore.
SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza
Extraterrestre),
è
un
programma
dedicato
alla
ricerca
della
vita
intelligente
extraterrestre, abbastanza evoluta da poter inviare segnali radio nel cosmo (SETI
passivo). Il programma si occupa anche di inviare segnali della nostra presenza ad
eventuali altre civiltà in grado di captarli (SETI attivo).
La sezione SETI della FOAM13, con Responsabile il Prof. Claudio Maccone uno dei
maggiori esperti mondiali del settore in collaborazione con il Dott. Giuseppe Savio e
Dott. Alberto Villa, hanno progettato e realizzato il primo strumento europeo per
discriminare segnali impulsivi al sub nanosecondo all'interno di un flusso stellare, nello
spettro del visibile. Questo progetto viene denominato OTTICO SETI, o OSETI. Per
massimizzare la probabilità di ricevere un segnale OSETI si stanno concentrando le
ricerche, in primo luogo, sulle stelle osservate dal satellite della NASA Kepler, nonché
da una parte del catalogo Hipparcos nota come HabCat. Il numero sempre crescente di
pianeti simili alla terra, scoperti negli ultimi anni al di fuori del Sistema Solare, hanno
spinto molti stati quali USA, Canada, Germania o Regno Unito, a intensificare gli
investimenti nella ricerca OSETI.
Fino ad oggi si sono potuti “ascoltare” segnali fino a 300 anni luce con le radio onde,
ma con questo strumento che sfrutta lo spettro visibile, possiamo effettuare rilevazioni
su stelle che distano anche 3mila anni luce. Un risultato notevole di cui dobbiamo
ancora sperimentare fino in fondo la portata». Lo strumento, che viene collegato a un
telescopio professionale dell’osservatorio e gestito da una
tecnologia software
appositamente creata dai ricercatori, si basa sulla rilevazione di fotoni laser, tutto
progettato e realizzato alla FOAM13. Si tratta di un’idea nata nel 1961 ma non c’era
mai stata la tecnologia per poterla applicare. In poche parole si basa sul fatto che il
laser non esiste in natura: se un’altra forma di vita,tecnologicamente pari o superiore
alla nostra, avesse trovato il modo di inviare segnali laser, noi siamo in grado di
rilevarlo. Questo avviene perché una volta collegato questo strumento a un telescopio,
puntiamo tutto con precisione verso una stella, in base ai fotoni che entrano nello
strumento siamo in grado di capire se sono presenti quelli basati su una tecnologia
laser. Se questo avviene, siamo di fronte alla presenza di una forma di vita che ruota
intorno a quella stella, naturalmente escludendo tutti i falsi positivi che abbiamo
previsto, come il riflesso generato da un satellite artificiale».