05 - Percorso su LA DONNA e IL GUERRIERO

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LA DONNA E IL GUERRIERO NEL MONDO ANTICO
Percorso per le classi quinte della scuola primaria
Obiettivi di questo breve approfondimento tematico sono:
•
l’esame del mondo femminile nell’antichità, mirato non solo all’aspetto esteriore
della donna (abbigliamento, moda e costume), quanto piuttosto alla posizione che
aveva all’interno della società contemporanea e alle attività che svolgeva nella vita
quotidiana;
•
l’analisi della figura del guerriero nel mondo antico, con particolare riguardo alle
tecniche militari e all’evoluzione dell’armamento.
LA DONNA NELL’ANTICHITÀ
Scene di vita della donna greca all’interno del gineceo
Il GINECEO, dal greco Γυναικών, nell'Antica
Grecia era la parte più interna della casa,
riservata alle donne. Questa ubicazione
separata
rispecchiava
la
condizione
subalterna della donna greca, che doveva
essere controllata dal marito, il quale
deteneva pieno diritto giuridico su di lei.
Diversamente dalle DONNE GRECHE, che vivevano appunto sottomesse al marito e
passavano la maggior parte della loro vita chiuse in casa, le DONNE ETRUSCHE erano tenute
in grande considerazione all’interno della società: erano individuate con un cognome e
non dal solo nome personale; venivano istruite e avevano il diritto di partecipare a tutti gli
eventi pubblici.
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Durante i BANCHETTI infatti sedevano in compagnia dei loro
uomini su letti conviviali, brindavano assieme agli ospiti,
potevano vestire in modo disinvolto. A differenza del mondo
latino e greco, la donna etrusca
godeva
di
una
maggiore
considerazione e libertà, sia
nell'ambito religioso che in quello
politico-culturale. Tutto ciò era
Sarcofago degli Sposi (tardo VI sec. a.C.)
visto negativamente dai Romani,
che non esitarono a rimarcare quest'eguaglianza tra uomini e donne come indice di
licenziosità e scarsa moralità da parte delle donne etrusche. Per loro, dire "etrusca" ad una
donna, era sinonimo di "prostituta". Vi sono esempi storici di donne etrusche
particolarmente in vista nelle vicende politiche, ma vi sono anche testimonianze
archeologiche che ci mostrano l'importanza ed il prestigio che la donna esibiva all’interno
della sepoltura. Ciò avveniva anche nelle tombe di EPOCA VILLANOVIANA dove, unitamente
Abbigliamento femminile villanoviano
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alla raffinatezza e allo sfarzo degli abiti e degli ornamenti, erano presenti sia strumenti
legati alle attività domestiche, come rocchetti, conocchie, fusi e fusaiole, che, in taluni casi,
diversi indicatori di potere, come scettri, asce ed elementi riconducibili al possesso del
carro e del cavallo.
Le attività femminili
Indicatori del potere femminile
Tra le DONNE DI EPOCA ROMANA si devono ricordare le austere matrone repubblicane,
virtuose e sobrie nei costumi, paghe di aver dato alla patria figli devoti o, quando
occorreva, i propri gioielli. Di loro si conoscono poco più che i nomi, accompagnati
talvolta dai brevi giudizi degli storici che esaltavano non tanto le persone, quanto le virtù
che queste donne interpretavano. Esisteva poi una folla anonima di donne che passarono
attraverso la storia senza lasciare traccia di sé, se non nelle invocazioni rivolte ai passanti
dalle lapidi funerarie che inneggiavano alle qualità tradizionali della defunta.
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Austere matrone repubblicane
Infine si devono tenere presenti le donne al potere nell’antica Roma, le cd. “donne dei
Cesari”: madri, mogli, figlie, sorelle, amanti e concubine degli Imperatori; poche,
eccezionali protagoniste della storia imperiale, che, in modo non sempre diretto, ressero
uno degli Imperi più grandi della storia.
Livia, moglie di Augusto
Agrippina Maggiore,
figlia di Agrippa
Plotina, moglie di
Traiano
Faustina Minore, figlia di Antonino
Pio e moglie di Marco Aurelio
IL GUERRIERO NELL’ANTICHITÀ
A livello di fonti, il guerriero delle origini risale alle
testimonianze omeriche, che sono essenzialmente
letterarie, ma che hanno parallelismi anche di tipo
archeologico. L’EROE OMERICO si definisce come un
essere solitario, aristocratico, un “principe”, votato
Achille che cura Patroclo, Pittore di Sosia
allo scontro individuale, al duello contro un suo pari.
Di fatto, in battaglia, dagli schieramenti di armati si
staccavano singoli ‘corpo a corpo’, caratterizzati da
combattenti dall’armamento leggero, che facevano
della SPADA e del GIAVELLOTTO (= tipo di lancia usato
come arma da lancio) le armi di offesa principali.
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A livello esemplificativo si può citare nella realtà peninsulare italiana il GUERRIERO VILLANOVIANO
Con il sorgere della città-stato (polis) e delle sue strutture allargate, allo scontro tra i singoli
combattenti venne gradualmente sostituendosi l’azione collettiva, affidata al nucleo dei
cittadini abbienti (demos). A questo nuovo genere di lotta era
delegato un gruppo compatto di uomini, gli OPLITI,
pesantemente armati per essere in grado di sopravvivere allo
scontro frontale tra due formazioni cittadine che si
affrontavano a ranghi serrati. Nacque così l’istituto della
FALANGE a partire dalla metà del VII secolo a.C. All’imporsi di
questa rivoluzione tattica ha contribuito l’adozione dell’hòplon
(= grande scudo tondo) e del suo sistema di impugnatura a
duplice supporto. Lo SCUDO divenne ben presto il simbolo del
guerriero, oltre che un grande elemento di coesione sociale
poiché, contribuendo a coprire, oltre a colui che lo portava,
anche il commilitone schierato alla sua sinistra, venne sempre
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più ad essere associato a valori etici fondamentali, come disciplina, ordine e spirito di
corpo. Infatti l’oplita combatteva inserito in uno schieramento disposto su 8 file, fianco a
fianco coi compagni di linea, cercando protezione per il lato scoperto sotto lo scudo del
collega di destra. Lo strumento offensivo primario era la LANCIA, una lunga e robusta asta
da urto con punta affilata in bronzo.
Esempio di falange oplitica
Raffigurazione sull’olpe Chigi
Questo modello militare di origine greca si affermò ben presto in tutto il mondo
mediterraneo, a Cartagine come a Roma, e proprio a partire da quest’ultima potenza
vennero a prender forma la LEGIONE MANIPOLARE, la figura del LEGIONARIO DI PROFESSIONE,
nonché l’apertura dell’esercito alle classi subalterne. Infatti, anche se ogni soldato doveva
procurarsi il proprio armamento, ovviamente in proporzione alle proprie capacità
economiche, il servizio di leva era obbligatorio (per i cittadini romani che avevano tra i 17
e i 46 anni di età) e non durava meno dei 6 anni; prevedeva un costante addestramento e
una grande cura della persona. Vennero quasi subito introdotti sia il pagamento dello
stipendium, una sorta di indennità, una ricompensa per i danni causati dalla guerra ai
cittadini che avevano prestato servizio militare, sia una buonuscita al termine della
propria carriera (honesta missio), che poteva comprendere un appezzamento di terreno in
Italia o nelle province romane, unitamente a buoi, sementi e somme in denaro.
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