LA DONNA E IL GUERRIERO NEL MONDO ANTICO Percorso per le classi quinte della scuola primaria Obiettivi di questo breve approfondimento tematico sono: • l’esame del mondo femminile nell’antichità, mirato non solo all’aspetto esteriore della donna (abbigliamento, moda e costume), quanto piuttosto alla posizione che aveva all’interno della società contemporanea e alle attività che svolgeva nella vita quotidiana; • l’analisi della figura del guerriero nel mondo antico, con particolare riguardo alle tecniche militari e all’evoluzione dell’armamento. LA DONNA NELL’ANTICHITÀ Scene di vita della donna greca all’interno del gineceo Il GINECEO, dal greco Γυναικών, nell'Antica Grecia era la parte più interna della casa, riservata alle donne. Questa ubicazione separata rispecchiava la condizione subalterna della donna greca, che doveva essere controllata dal marito, il quale deteneva pieno diritto giuridico su di lei. Diversamente dalle DONNE GRECHE, che vivevano appunto sottomesse al marito e passavano la maggior parte della loro vita chiuse in casa, le DONNE ETRUSCHE erano tenute in grande considerazione all’interno della società: erano individuate con un cognome e non dal solo nome personale; venivano istruite e avevano il diritto di partecipare a tutti gli eventi pubblici. 1 Durante i BANCHETTI infatti sedevano in compagnia dei loro uomini su letti conviviali, brindavano assieme agli ospiti, potevano vestire in modo disinvolto. A differenza del mondo latino e greco, la donna etrusca godeva di una maggiore considerazione e libertà, sia nell'ambito religioso che in quello politico-culturale. Tutto ciò era Sarcofago degli Sposi (tardo VI sec. a.C.) visto negativamente dai Romani, che non esitarono a rimarcare quest'eguaglianza tra uomini e donne come indice di licenziosità e scarsa moralità da parte delle donne etrusche. Per loro, dire "etrusca" ad una donna, era sinonimo di "prostituta". Vi sono esempi storici di donne etrusche particolarmente in vista nelle vicende politiche, ma vi sono anche testimonianze archeologiche che ci mostrano l'importanza ed il prestigio che la donna esibiva all’interno della sepoltura. Ciò avveniva anche nelle tombe di EPOCA VILLANOVIANA dove, unitamente Abbigliamento femminile villanoviano 2 alla raffinatezza e allo sfarzo degli abiti e degli ornamenti, erano presenti sia strumenti legati alle attività domestiche, come rocchetti, conocchie, fusi e fusaiole, che, in taluni casi, diversi indicatori di potere, come scettri, asce ed elementi riconducibili al possesso del carro e del cavallo. Le attività femminili Indicatori del potere femminile Tra le DONNE DI EPOCA ROMANA si devono ricordare le austere matrone repubblicane, virtuose e sobrie nei costumi, paghe di aver dato alla patria figli devoti o, quando occorreva, i propri gioielli. Di loro si conoscono poco più che i nomi, accompagnati talvolta dai brevi giudizi degli storici che esaltavano non tanto le persone, quanto le virtù che queste donne interpretavano. Esisteva poi una folla anonima di donne che passarono attraverso la storia senza lasciare traccia di sé, se non nelle invocazioni rivolte ai passanti dalle lapidi funerarie che inneggiavano alle qualità tradizionali della defunta. 3 Austere matrone repubblicane Infine si devono tenere presenti le donne al potere nell’antica Roma, le cd. “donne dei Cesari”: madri, mogli, figlie, sorelle, amanti e concubine degli Imperatori; poche, eccezionali protagoniste della storia imperiale, che, in modo non sempre diretto, ressero uno degli Imperi più grandi della storia. Livia, moglie di Augusto Agrippina Maggiore, figlia di Agrippa Plotina, moglie di Traiano Faustina Minore, figlia di Antonino Pio e moglie di Marco Aurelio IL GUERRIERO NELL’ANTICHITÀ A livello di fonti, il guerriero delle origini risale alle testimonianze omeriche, che sono essenzialmente letterarie, ma che hanno parallelismi anche di tipo archeologico. L’EROE OMERICO si definisce come un essere solitario, aristocratico, un “principe”, votato Achille che cura Patroclo, Pittore di Sosia allo scontro individuale, al duello contro un suo pari. Di fatto, in battaglia, dagli schieramenti di armati si staccavano singoli ‘corpo a corpo’, caratterizzati da combattenti dall’armamento leggero, che facevano della SPADA e del GIAVELLOTTO (= tipo di lancia usato come arma da lancio) le armi di offesa principali. 4 A livello esemplificativo si può citare nella realtà peninsulare italiana il GUERRIERO VILLANOVIANO Con il sorgere della città-stato (polis) e delle sue strutture allargate, allo scontro tra i singoli combattenti venne gradualmente sostituendosi l’azione collettiva, affidata al nucleo dei cittadini abbienti (demos). A questo nuovo genere di lotta era delegato un gruppo compatto di uomini, gli OPLITI, pesantemente armati per essere in grado di sopravvivere allo scontro frontale tra due formazioni cittadine che si affrontavano a ranghi serrati. Nacque così l’istituto della FALANGE a partire dalla metà del VII secolo a.C. All’imporsi di questa rivoluzione tattica ha contribuito l’adozione dell’hòplon (= grande scudo tondo) e del suo sistema di impugnatura a duplice supporto. Lo SCUDO divenne ben presto il simbolo del guerriero, oltre che un grande elemento di coesione sociale poiché, contribuendo a coprire, oltre a colui che lo portava, anche il commilitone schierato alla sua sinistra, venne sempre 5 più ad essere associato a valori etici fondamentali, come disciplina, ordine e spirito di corpo. Infatti l’oplita combatteva inserito in uno schieramento disposto su 8 file, fianco a fianco coi compagni di linea, cercando protezione per il lato scoperto sotto lo scudo del collega di destra. Lo strumento offensivo primario era la LANCIA, una lunga e robusta asta da urto con punta affilata in bronzo. Esempio di falange oplitica Raffigurazione sull’olpe Chigi Questo modello militare di origine greca si affermò ben presto in tutto il mondo mediterraneo, a Cartagine come a Roma, e proprio a partire da quest’ultima potenza vennero a prender forma la LEGIONE MANIPOLARE, la figura del LEGIONARIO DI PROFESSIONE, nonché l’apertura dell’esercito alle classi subalterne. Infatti, anche se ogni soldato doveva procurarsi il proprio armamento, ovviamente in proporzione alle proprie capacità economiche, il servizio di leva era obbligatorio (per i cittadini romani che avevano tra i 17 e i 46 anni di età) e non durava meno dei 6 anni; prevedeva un costante addestramento e una grande cura della persona. Vennero quasi subito introdotti sia il pagamento dello stipendium, una sorta di indennità, una ricompensa per i danni causati dalla guerra ai cittadini che avevano prestato servizio militare, sia una buonuscita al termine della propria carriera (honesta missio), che poteva comprendere un appezzamento di terreno in Italia o nelle province romane, unitamente a buoi, sementi e somme in denaro. 6