Test della simmetria di Lorentz con lo spettro dei raggi cosmici Niccolò Loret relatore Giovanni Amelino Camelia 26 novembre 2006 Indice Introduzione 3 1 κ-Minkowski 1.1 Commutazione delle coordinate . . . . . . 1.2 Campi in kappa-Minkowski . . . . . . . . . 1.3 Generatori di trasformazioni di simmetria . 1.3.1 Il Casimir di massa . . . . . . . . . 4 5 5 6 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Scala di Planck e relazione di dispersione 2.1 Simmetria di Lorentz e scala di Planck . . . . . . . . . . . 2.1.1 Ostruzioni alla localizzazione di una particella . . . 2.1.2 La scala di Planck . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.3 Lunghezza di Planck e trasformazioni di Lorentz . . 2.2 Modifiche della relazione di dipersione alla scala di Planck . . . . . 9 . 9 . 9 . 10 . 11 . 12 3 Conseguenze delle deformazioni delle simmetrie 3.1 Modifiche al momento di soglia . . . . . . . . . . . . . 3.1.1 Derivazione delle modifiche al momento di soglia 3.1.2 Un caso particolare . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Modifiche alle ampiezze di decadimento . . . . . . . . . 3.3 Effetti sistematici sui tempi di percorrenza . . . . . . . 3.3.1 Dispersione nel vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 14 15 18 18 20 21 4 Applicazioni allo studio dei raggi cosmici 4.1 La soglia GZK . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Modifiche planckiane alla soglia GZK . . . . . . . . 4.3 Stato dell’analisi sperimentale . . . . . . . . . . . . 4.3.1 Ulteriori restrizioni allo spazio dei parametri . . . . . . . . . . . . . . . . 23 23 26 28 30 1 . . . . . . . . Bibliografia 32 2 Introduzione Combinando Meccanica Quantistica e Relatività Generale si incontrano, nella descrizione di processi in cui entrambe le teorie non siano trascurabili, una serie di inconsistenze logiche e matematiche. La ricerca di una teoria che abbia come limiti la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica, ma ne consenta una descrizione unificata nel caso in cui entrambe non siano trascurabili, viene spesso descritto come problema della gravità quantistica. Questo lavoro di dissertazione non intende entrare nei particolari di queste teorie, bensı̀ ha come punto di partenza delle caratteristiche che accomunano alcuni degli approcci alla gravitazione quantistica. Molte di queste argomentazioni suggeriscono che, studiando lo spaziotempo con accuratezza comparabile alla lunghezza di Planck, definita come r G~ Lp ≡ ' 1.616· 10−35 m c3 (dove G è la costante di gravitazione universale, ~ è la costante di Planck divisa per due pi greco e c la velocità della luce nel vuoto) esso non possa essere descritto dalla geometria classica. Sono, infatti, numerose le proposte di struttura dello spaziotempo a corte distanze che assumono una discretizzazione dello spaziotempo o una non commutatività delle coordinate spaziotemporali. A loro volta, poi, queste modifiche strutturali dello spaziotempo danno spesso luogo a corrispondenti modifiche delle simmetrie spaziotemporali. E’ quindi chiaramente molto importante andare a cercare sperimentalmente eventuali violazioni delle simmetrie spaziotemporali alla lunghezza di Planck. Dato però il piccolissimo valore di Lp , gli effetti predetti sono difficili da studiare sperimentalmente. Siccome in diversi modelli di gravità quantistica le violazioni hanno caratteristica piuttosto diversa ed in molti approcci è anche difficile calcolare in dettaglio tutti gli effetti di violazione (i formalismi matematici su cui si basano sono, infatti , piuttosto complessi), la fenomenologia per ora si basa su un’ ampia parametrizzazione. Questa dissertazione passerà in rassegna alcuni aspetti di quest’ ultimo approccio, a partire da considerazioni più generali, fino alla descrizione di alcuni esperimenti dai quali si ipotizza si possano osservare eventuali effetti quanto gravitazionali. 3 Capitolo 1 κ-Minkowski Il problema della Gravitazione Quantistica non deriva direttamente da dubbi sperimentali, come è stato ad esempio per la Meccanica Quantistica con lo spettro di corpo nero, bensı̀, come la Relatività Generale è stato generato dalla necessità filosofica di unificare più ambiti teorici, in maniera da ottenere un’unica descrizione formale per più fenomeni. La maggior parte dei tentativi messi in atto per la risoluzione di tale problema partono, quindi, dal basso, ipotizzano, cioè, determinati modelli matematici per il funzionamento dello spaziotempo in ambiti non ancora indagati dall’analisi sperimentale. La verifica sperimentale è quindi essenziale per l’avvaloramento di una teoria piuttosto di un’altra, in un ambito che, però, date l’alta scala delle energie e la microscopicità delle lunghezze in gioco, sembrava fino a poco tempo fa insondabile. Ad un livello intermedio fra modello matematico e sperimentazione si situa la fenomenologia presa in considerazione in questa dissertazione. L’approccio fenomenologico atto a formulare previsioni generiche derivanti da queste teorie dal basso, risulta più chiaro se si ha un’idea, anche approssimativa, delle teorie che ne hanno imposto l’utilizzo. L’accettazione di alcune affermazioni da parte del lettore, infatti potrebbe essere facilitata nel caso in cui egli abbia nozione del percorso da cui esse derivano. Un esempio immediato ed istruttivo di un simile percorso è la modifica alla relazione di dispersione derivante dall’espansione in serie del primo casimir dell’algebra dello spazio di κ-Minkowski. Il seguente capitolo presenterà, quindi, uno sguardo riassuntivo su questo spazio atto ad introdurre la formulazione della 4 fenomenologia alla Quantum Gravity. 1.1 Commutazione delle coordinate Uno degli approcci al problema della gravità quantistica, grazie al quale si è arrivati ad una più chiara comprensione delle modifiche delle simmetrie spaziotemporali su scala di Planck, è quello basato sul concetto di spaziotempo non commutativo. In particolare, nel limite in cui lo spazio tempo a livello classico sarebbe descritto dalla geometria classica di Minkowski, si postula l’esistenza di coordinate che soddisfino regole di commutazione non banali. In genere le formulazioni di spazio tempo non commutativo maggiormente studiate negli ultimi anni, rientrano nelle seguenti relazioni di commutazioni tra le coordinate: α [xµ , xν ] = iθµν + iζµν xα (1.1) Nel caso in cui si intenda esplorare la possibilità di avere traslazioni non classiche, un modello che presenta delle immediate e notevoli differenzedal commutativo, anche a livello delle traslazioni, è il κ Minkowski Lie algebra non commutative space time, le cui coordinate soddisfano la relazione: [xj , x0 ] = iλxj , [xj , xk ] = 0 (1.2) dove j,k=1,2,3 e λ è un parametro dimensionale con le dimensioni di una lunghezza (il parametro λ è un parametro fenomenologico, ma è naturale pensare che sia dello stesso ordine di Lp ). 1.2 Campi in kappa-Minkowski Per ragionare sulle funzioni di variabili che non commutano, in termini di funzioni di variabili che commutano, si procede nella seguente maniera: si sceglie un ordinamento temporale per le variabili ~ ΩR (eikx ) = eik~x eik0 x0 (1.3) dove si usa la convenzione che kx = ~k~x − k0 x0 e si assume che le kµ siano quattro parametro reali commutativi. In seguito si definiscono i campi (funzioni delle coordinate spaziotemporali non commutative) in termini di una 5 base di esponenziali di Fourier: Z ~ f (x) = d4 k fe(k)eik~x eik0 x0 (1.4) R dove d4 k è l’integrale ordinario. Si associa,quindi, ad ogni campo non commutativo f (x) il campo (anti-trasformata di Fourier) fe(k). Vengono cosı̀ definite le funzioni di κ-Minkowski, ordinate nella maniera inizialmente stabilita, come integrali di Fourier in cui figurano gli esponenziali di κ-Minkowski. Z Z 4 e ikx ΩR (f (x)) = ΩR ( d k f (k)e ) = d4 k fe(k)ΩR (eikx ) (1.5) 1.3 Generatori di trasformazioni di simmetria Come ampiamente stabilito in letteratura [1], le isometrie di κ-Minkoski sono caratterizzate da un’algebra di generatori che agiscono sulle coordinate commutative legate a quelle non commutative dall’integrale di Fourier. In questa sessione Pµ sono i generatori delle traslazioni spazio-temporali, Mj i generatori delle rotazioni e Nj i generatori dei boost. Essi agiscono sulla base di ~ espansione (eik~x e−ik0 x0 ≡ Ω(eikx )) per i campi non commutativi nella seguente maniera: Pµ Ω(eikx ) = kµ Ω(eikx ) Mj Ω(eikx ) = ²jkl xk kl Ω(eikx ) µ ¶ 1 − e−2λk0 λ 2 ikx Nj Ω(e ) = xj ( + k ) − x0 kj Ω(eikx ) 2λ 2 Le regole di commutazione che valgono fra loro sono: [Pµ , Pν ] = 0 [Mj , P0 ] = 0 [Mj , Pk ] = i²jkl Pl [Mj , Mk ] = i²jkl Ml [Mj , Nk ] = i²jkl Nl ¶ µ λ ~2 1 −2P0 λ (1 − e ) + P − iλPj Pk [Nj , Pk ] = iδjk 2λ 2 [Nj , P0 ] = iPj [Nj , Nk ] = −i²jkl Ml 6 (1.6) (1.7) (1.8) Per il commutatore [Nj , Pk ] 1 è facile verificare che nel limite λ → 0 si riotterrebbe il risultato classico iδjk P0 , poichè nel limite commutativo i generatori di quest’algebra di simmetrie si riconducono ai consueti generatori dell’algebra di Poincarè. 1.3.1 Il Casimir di massa Nell’algebra di Poincare non deformata il primo Casimir è rappresentato dall’ operatore ¤ = Pµ P µ (1.9) esso è estremamente utile nell’ottica di una ricerca di un legame tra lo spaziotempo non commutativo in esame e lo spazio di Minkowski classico. Il legame in questione si può individuare nel primo Casimir dell’algebra deformata,¤λ , imponendoche esso alto non sia che la deformazione del Casimir dell’ algebra di Poincare. Si deve, quindi ottenere che, nel tendere al limite classico λ → 0, l’operatore differenziale ¤λ tenda all’ operatore di D’Alembert ¤. L’operatore in questione è: µ ¶2 2 λP0 ¤λ = sinh( ) − eλP0 P~ 2 (1.10) λ 2 Si può verificare che sia un Casimir, confermando la sua commutabilità con i generatori delle trasformazioni dell’ algebra di κ-Poincare. L’espansione in serie, al primo ordine dell’operatore ¤λ è: µ ¶2 2 λP0 sinh( ) − eλP0 P~ 2 = P02 − P~ 2 − λP~ 2 P0 + O(λ2 ) λ 2 è quindi evidente, date le regole di commutazione (1.6), che esso commuti con i generatori delle traslazioni. Per quel che riguarda le rotazioni, invece, si può verificare che: [Mi , ¤λ ] = Mi {P02 − Pj2 − λPj2 P0 } − {P02 − Pj2 − λPj2 P0 }Mi + O(λ2 ) = = [Mi , P02 ] + [Pj2 , Mi ] + λ[Pj2 P0 , Mi ] + O(λ2 ) = 1 Il risultato di questo commutatore spicca per la non linearità, proibita per le regole di commutazione nell’algebra di Lie, questo è possibile poichè i generatori delle simmetrie in κ-Minkowski non chiudono un’algebra di Lie, bensı̀ un’algebra di Hopf. 7 = Pj [Pj , Mi ] + [Pj , Mi ]Pj + λ{Pj2 [P0 , Mi ] + [Pj2 , Mi ]P0 } + O(λ2 ) ora applicando le regole di commutazione (1.7)si ottiene: (1 + λP0 ){−i(²ijk Pj Pk + ²ijk Pk Pj )} = 0 Similarmente, per i generatori dei boost, si verifica l’annullamento del commutatore (P02 − Pi2 − λPi2 P0 )Nj − Nj (P02 − Pi2 − λPi2 P0 ) + O(λ2 ) = = [P02 , Nj ] + [Nj , Pi2 ] + λ[Nj , Pi2 P0 ] + O(λ2 ) Parallelamente a come si è operato per Mi , applicando le (1.8), attraverso tediosi passaggi si ottiene (a meno di ordini λ2 ): [¤λ , Nj ] = 0 Poichè ,quindi,come si è verificato, per definizione il Casimir commuta con ogni trasformazione di simmetria dell’algebra, esso è lo stesso scalare in tutte le basi, si può quindi richiedere [2] che una teoria di campo soddisfi l’equazione del moto alla Klein Gordon rispetto all’ operatore di D’Alembert deformato: (¤λ − m2 )Φ(x) = 0 Partendo dalla (1.10) si ha che: µ ¶2 2 λP0 2 m = sinh( ) − eλP0 P~ 2 λ 2 (1.11) (1.12) Questo suggerisce che sia possibile riscrivere la relazione di dispersione tra energia ed impulso relativistica, facendo tendere λ a 0. Ã !2 2 1 + λP2 0 − 1 + λP2 0 2 −−→ 2 ~ 2 m = − P~ 2 − λP~ 2 P0 + O(λ2 ) − λ −→ 0 P0 − P (1.13) λ 2 Abbiamo quindi ottenuto che la relazione m2 = E 2 − p~2 è il limite classico del Casimir ¤λ , dunque la letteratura su κ-Minkowski fornisce un esempio di studi motivati dal problema della gravità quantistica, in cui si incontrano deviazioni della simmetria di Lorentz ed in particolare una deformazione alla relazione di dispersione. Questi risultati verrannno rielaborati nei capitoli successivi quando si dovranno analizzare le conseguenze sperimentali di questa deformazione. 8 Capitolo 2 Scala di Planck e relazione di dispersione 2.1 Simmetria di Lorentz e scala di Planck I problemi principali, nella ricerca di una Gravità Quantistica, derivano dal fatto che la gravità, diversamente dalle altre interazioni, oltre a descrivere l’evoluzione delle grandezze fisiche, determina anche le caratteristiche dell’arena in cui questa evoluzione ha luogo. Lo spaziotempo, infatti, nel momento in cui si tiene conto della gravità, diviene dinamico, risentendo dell’evoluzione delle grandezze fisiche, che a sua volta influenza. La Meccanica Quantistica è, invece, caratterizzata dal fatto che il concetto di particella localizzata in un certo punto viene sostituita dalla probabilità di trovare la stessa in un dato ∆x, all’interno di un’ arena spaziotemporale prefissata. Molti approcci al problema sembrano suggerire che questi due aspetti, spaziotempo dinamico e posizione stabilita probabilisticamente, in una teoria unificata si combinino in modo da dar luogo ad una discretizzazione dello spaziotempo e/o un principio di indeterminazione per le coordinate spaziotemporali. 2.1.1 Ostruzioni alla localizzazione di una particella Per particelle ultra relativistiche (per le quali E & p)il principio di indeterminazione che lega posizione e momento (adottando unità di misura in cui ~ = c = 1): ∆x∆p ≥ 1 9 (2.1) può essere tradotto in una corrispondente condizione per le incertezze su posizione ed energia come: ∆x∆E & 1. (2.2) Se ammettessimo la possibilità di una incertezza alla posizione più piccola della lunghezza d’onda Compton (1/E & ∆x), si avrebbe che: 1/E∆E & 1 ⇔ ∆E & E ⇒ ∆E & m. (2.3) Ma una procedura di localizzazione di particella caratterizzata da un ∆E > E, è chiaramente inaccettabile, almeno in ambito relativistico, visto che una simile ∆E potrebbe portare alla creazione di copie della particella che si sta osservando. Non è quindi possibile localizzare una particella con accuratezza migliore della sua lunghezza d’onda Compton. L’incertezza legata alla lunghezza d’onda Compton decresce con la massa della particella, e per particelle di ma ssa di ordine 1/Lp , porta ad un’incertezza nella localizzazione di ordine Lp . Interazioni gravitazionali, invece, introducono, alla localizzazione di una particella, un’incertezza di raggio di Schwarzschild, la quale cresce al crescere della massa della particella, e, per particelle di massa dell’ordine 1/Lp , implica un’incertezza di ordine Lp . Combinando le due argomentazioni, raggio di Schwarzschild e lunghezza d’onda Compton, si ottiene che non è possibile localizzare una particella su scale di lunghezza minori della lunghezza di Planck. 2.1.2 La scala di Planck Per argomentare più in dettaglio l’intuizione esposta nel paragrafo precedente si può prendere in rassegna un evento di localizzazione, inteso come interazione fra una particella-sonda ed una particella-bersaglio [4]. Un punto chiave del ragionamento è che se si vuole ottenere un’accuratezza nella localizzazione di ordine δx, la sonda dovra avere almeno un’energia di 1/δx. Oltre alla canonnica indeterminazione quantistica, un’ulteriore fonte di incertezze proviene dall’interazione gravitazionale tra sonda e bersaglio. E’ sufficiente prendere in considerazione una regione di raggio r attorno alla collisione. Affinchè lo scontro venga localizzato con accuratezza δx, le particelle sonda e bersaglio devono essere fra loro almeno ad una distanza dello stesso ordine, è quindi lecito richiedere r ∼ δx. 10 L’energia gravitazionale del sistema è dell’ordine1 : U∼ L2p M E r . In cui M è la massa della particella bersaglio ed E l’energia della sonda. 1 Dato che l’incertezza energetica della sonda è δE ∼ δx , quest’energia graviL2 M tazionale è a sua volta incerta di δU ∼ pr δE. Conseguentemente quando la distanza fra le due particelle è di ordine r, il momento della sonda è incerL2 M to della quantità δpγ ∼ pr δE. Per via della conservazione del momento, L2 M anche la particella bersaglio ha la stessa incertezza δpM ∼ pr δE. Esiste quindi un intervallo temporale di ordine r, attorno all’istante di collisione, in L2 cui la velocità della particella bersaglio sarà incerta di δvM ∼ rp δE. Da quest’ultima argomentazione si deduce che la posizione della collisione non può essere stabilita con accuratezza maggiore di δx0 ∼ δvM r ∼ L2p δE. Poichè δE ∼ 1/δx, si può concludere che: δx & Lp . Per quel che riguarda l’incertezza sul tempo di collisione, tenendo conto dell’ultrarelativisticità della sonda, semplicemente si trova δt ∼ δx & Lp . 2.1.3 Lunghezza di Planck e trasformazioni di Lorentz E’ inevitabile che il concetto di lunghezza minima misurabile vada a scontrarsi con l’ordinaria simmetria di Lorentz. Le teorie attuali, nel rispetto dell’invarianza di Lorentz, considerano Lp solamente come una costante di accoppiamento, se essa, infatti, assurgesse all’importante ruolo di caratteritica intrinseca della struttura dello spazio tempo, si giungerebbe ad una contraddizione, dato il carattere continuo delle trasformazioni di Lorentz Poincarè. La questione di fondo è molto semplice: se, esistesse effettivamente una lunghezza minima misurabile, considerando il fenomeno dlla contrazione delle lunghezze, per quale osservatore essa prenderebbe il valore di Lp ? Per argomentare queste considerazioni si prende ad esempio la trasformazione di Lorentz caratterizzata dal parametro γ = √ 1 2 2 di una particella di 1−v /c 1 Per semplicità l’analisi è svolta utilizzando la gravità Newtoniana. Utilizzando la relatività generale, dopo accurati conti [5], si può ottenere la stessa stima 11 lunghezza l nel sistema del centro di massa. Per il sistema del laboratorio, in moto relativo rispetto alla particella, si assisterà alla contrazione della lunghezza della particella: γl . Le dimensioni della particella, quindi, si contrarrebbero in maniera continua con andamento 1/γ, senza un apparente limite. Se il boost fosse più piccolo del valore critico γ = l/Lp , allora la grandezza della particella decrescerebbe come 1/γ. Una volta, però, che il parametro di boost superi il suo valore critico, stando all’ordinaria contrazione di FitzGerald-Lorentz, la lunghezza della particella potrebbe essere ridotta a piacimento al di sotto della scala di Planck. Ciò vorrebbe dire che particelle con γ via via maggiore potrebbero essere usate per ottenere un’accuratezza arbitraria, in contraddizione con la relazione di minima lunghezza. Da tutto ciò deriva che, proprio come quando si tentò di conciliare il ruolo della velocità della luce come velocità massima per diversi osservatori, con le trasformazioni di Galileo, si profilano oggi due differenti scenari: la rottura delle simmetrie tuttora vigenti nella descrizione dello spazio-tempo, o la loro deformazione. Se, nei primi anni del ’900, la rottura delle simmetrie di Galileo, che sembrava profilarsi dalle equazioni di Maxwell, era rappresentata dall’etere, dall’esistenza, quindi, di un sistema di riferimento speciale, oggi, una rottura delle simmetrie di Lorentz è presa in considerazione da teorie che prevedono una diversa lunghezza minima misurabile per ogni osservatore. D’altro canto, come le trasformazioni di Lorentz sono una deformazione di quelle di Galileo, si può tentare di conciliare il ruolo di caratteristica intrinseca dello spziotempo della lunghezza di Planck con le simmetrie di Lorentz-Poincarrè, inserendo deformazioni sotto forma di termini correttivi, proporzionali ad una qualche potenza di Lp ( o volendo all’inverso della scala di Planck 1/Ep ), nelle equazioni da esse derivate. 2.2 Modifiche della relazione di dipersione alla scala di Planck Molti approcci dal basso al problema della Gravità Quantistica, prevedono una violazione della simmetria di Lorentz. Per quel che riguarda le geometrie non commutative, la violazione di tale simmetria è inevitabile. Analoghe violazioni caratterizzano alcuni modelli derivanti dall’ approccio detto di 12 Loop Quantum Gravity. In teoria delle stringhe, invece, questo tipo di violazioni, sebbene non presente in generale, caratterizza il comportamento delle stringhe in presenza di un campo tensoriale esterno. Una caratteristica che accomuna molti di questi scenari per violazione della simmetria di Lorentz alla scala di Planck è la possibilità di una modifica della relazione di dispersione del tipo: m2 = E 2 − p~2 + ξLp p~2 E + O(Lp ) ovvero una situazione in cui la familiare formula special-relativistica: Pµ P µ = E 2 − p2 = cost = m2 vale solamente nel limite Lp → 0. (con m intesa come la massa invariante della particella, E la sua energia e p = |~p| il modulo del suo impulso). Il caso dello spaziotempo κ-Minkowski qui considerato nel primo capitolo, fornisce un esempio di questa possibilità, infatti, espandendo in serie la (1.12), si ottiene: µ ¶2 2 λP0 2 m = sinh( ) − eλP0 P~ 2 = P02 − P~ 2 − λP~ 2 P0 + O(λ2 ) λ 2 lovvero m2 = E 2 − p~2 − λ~p2 E + O(λ2 ) Ogni approccio dal basso, però, per sua stessa natura, affronta il problema partendo da un singolo punto di vista. Al fine, però, di confrontare meglio le eventuali modifiche con i dati sperimentali, è necessario uno sguardo più ampio, che non derivi in maniera diretta da una o più teorie. Si dovrà cioè esprimere una formula in cui le correzioni dipendano da parametri liberi (da determinare sperimentalmente), specializzando i quali, sia possibile riconoscere versioni approssimate di diverse teorie.La generalizzazione che verrà utilizzata nei successivi capitoli è: pα E 2 − p2 − m2 ' ηp2 α . (2.4) Ep In cui Ep è l’energia di Planck, definita come l’inverso della lunghezza di Planck (Ep ∼ 1028 eV ), mentre α, η sono parametri da stabilire sperimentalmente, tenendo comunque presente che α ≥ 1, dato che la correzione dovrà risultare nulla nel limite 1/Ep → 0 . Dato che le analisi che seguiranno saranno basate esclusivamente su particelle ad alta energia, per le quali E ∼ p, il termine correttivo potrà essre scritto sia come E 2 (E/Ep ) che come p2 (E/Ep ). 13 Capitolo 3 Conseguenze delle deformazioni delle simmetrie L’obiettivo primario di questa dissertazione è quello di mostrare come è possibile porre limiti significativi ad alcuni effetti attribuibili alla Gravità Quantistica, nonostante la minutezza della lunghezza di Planck. In questo capitolo si analizzano alcuni fenomeni associati allo specifico effetto di modifica planckiana della relazione di dispersione. Nel prossimo capitolo si mostrerà come per uno di questi fenomeni i dati sperimentali potranno presto portare a limiti significativi. 3.1 Modifiche al momento di soglia Il metodo usuale per derivare il momento di soglia di un determinato evento, consiste nell’eguagliare la norma del quarimpulso del sistema del laboratorio, con quella del sistema in accordo con il centro di massa, e, in seguito, identificare quest’ultimo con il quadrato della somma delle masse delle particelle uscenti. Nel caso, ad esempio, γ + γ → e+ + e− , in cui un fotone ad alta energia interagisce con la radiazione di fondo cosmico, si avrebbe: (E1 + ²)2 − (p1 − p2 )2 = (me+ + me− )2 14 sfruttando, poi, le relazioni Ei = pi e me+ = me− ≡ me , si otterrebbe la condizione di soglia: E1 ² = m2e (3.1) Ciò che rende questi eventi cosı̀ interessanti, nell’ ottica di una misurazioni di eventuali effetti quanto-gravitazionali, è il fatto che è stato semplificato il termine leading di ordine E 2 , lasciando solamente il termine molto più piccolo E² (si tenga presente che ² ¿ E). Non c’è bisogno, dunque, di confrontare l’eventuale correzione con un termine di ordine E 2 bensı̀, solo con uno molto più piccolo di ordine E². Affinchè la correzione sia significativa, quindi, è sufficiente avere un fotone con energia E ∼ ²/Lp , piuttosto che 1/Lp . 3.1.1 Derivazione delle modifiche al momento di soglia Volendo noi, però, lavorare in un sistema in cui le simmetrie di Lorentz si considerano non del tutto esatte, è conveniente derivare il momento di soglia, basandosi solo sulle leggi di conservazione dell’impulso e dell’energia [5]. Ea + ² = Eb + Ec p~ + q = p~1 + p~2 Per non appesantire troppo i conti è bene fare subito presente che i fenomeni che concernono con questo lavoro di dissertazione sono del tipo a + γ → b + c, ² e q sono, infatti, rispettivamente energia ed impulso del fotone. Si imposta, quindi, il seguente sistema: ( p p p p2 + m2a + ² = p21 + m2b + p22 + m2c p − q = p1 + p2 q p p ⇒ p2 + m2a + ² = p21 + m2b + (p − ² − p1 )2 + mbc la seconda equazione del sistema non prende in considerazione i momenti trasversi alla retta su cui avviene l’urto, in quanto, nel caso in cui il momento del protone sia quello di soglia, essi non hanno motivo di esistere. Nel secondo passaggio si è sfruttato ² = q. In seguito si procede con una serie di quadrature: ¶2 µq p p 2 2 2 2 2 2 2 2 b p1 + mb + (p − ² − p1 ) + mc ⇒ p + m + ² + 2² p + m = 15 ´2 p ¡ ¢ ³ ⇒ 4 (p − ² − p1 )2 (p1 + m21 ) = p2 + m2a + ² + 2² p2 + m2a − (p − ² − p1 )2 − p21 − m21 fino ad esplicitare p1 rispetto a p. Infine si ottiene per p1 e p2 la soluzione: p f2 (p, ², ma , mb , mc ) + f3 (p, ², ma , mb , mc ) + f4 (p, ², ma , mb , mc ) p1 = f1 (p, ², ma , mb , mc ) p f2 (p, ², ma , mb , mc ) − f3 (p, ², ma , mb , mc ) − f4 (p, ², ma , mb , mc ) p2 = f1 (p, ², ma , mb , mc ) in cui: f1 = 2m2a (m2a + 4(p − ²)²) p f2 = (p − ²)(m4a + 2(m2b − m2c )( p2 + m2a − p)² + m2a (m2c − m2b + 4(p − ²)²)) f3 = (2( p p2 + m2a − p)² − m2a )(m2b − m2c )(p − ²) ³ ´2 p f4 = (p − ²)2 m4a 2(m2b − m2c )(−p + m2a + p2 )² + m2a (−m2b + m2c + 4(p − ²)²) + ´ p ¡ 2 ¢³ 6 2 2 2 2 2 2 2 2 + ma ma + 4(p − ²)² ma + 2(−p + ma + p )((mc − mb ) + mc 4(p − ²) )² + p + {−2m4a (m2b + m2c + ²(−3p − m2a + p2 + 2²)) + p + m2a (m4b + m4c + 8(p + m2a + p2 )(p − ²)²2 − 2m2b (m2c + 4(p − ²)²) − 4m2c (p2 − ²2 ))} ¡ ¢ × m2a m2a + 4(p − ²)² Dalla forma di p1 e p2 si evince che se f4 fosse negativo, essi sarebbero immaginari, mentre sono reali (corrispondono, quindi, a grandezze fisiche osservabili) per valori negativi di f4 . La ricerca del momento di soglia, quindi, si traduce nella ricerca di quel valore di p, per il quale f4 = 0. Esso è: ps = ((mb + mc )2 − m2a )2 − 4m2a ²2 4((mb + mc )2 − m2a )² (3.2) Introduciamo ora alcune considerazioni derivanti dalle modifiche alla relazione di dispersione: data la (2.4) E 2 − p2 − m2 ' ηp2 16 pα Epα la si può riesprimere inglobando la correzione nel concetto di massa deformata, in maniera da poter riscrivere la relazione di dispersione corretta in maniera formalmente analoga a quella non deformata: E 2 ' p~2 + m̄2 in cui α E m̄ ≡ m + η p~2 α Ep 2 2 p2 E α ⇒ m̄ ' m + η 2mEp Considerando che i processi per cui quest’analisi ha rilevanza coinvolgono fotoni di energie molto basse, i termini del tipo ( E²p )α , sono trascurabili rispetto a quelli del tipo ( EEp )α , , inoltre, nei casi che interesseranno la nostra analisi si avrà p À m À ², quindi, il momento di soglia diventa: ps ' (m̄b + m̄c )2 − m̄a 2 4² . esplicitando le masse deformate: p~ 2 E α ps ' 2 α α p p p~c Ec 2 a 2 (mb + η 2mb b Ebα + mc + η 2m ~a 2 E ) α ) − (ma + η p Eα cE p 4² (3.3) Nell’ equazione i momenti uscenti p1 , p2 , p3 , parametri generalmente difficili da calcolare, appaiono sempre moltiplicati per η/Ep . E’, qindi, lecito sostituire loro le espressioni di ordine zero, ossia le loro espressioni relativistiche. Nel caso relativistico alla soglia la velocità delle particelle uscentimisurata nel sistema del laboratorio, dato che nel sistema del centro di massa esse sono tutte a riposo, risulta la stessa per tutte. Si può quindi scrivere2 : pi mi ' ps mb + mc Dunque si può semplificare la relazione (4.1) riesprimendo le pi in termini delle mi : (mb + mc )2 − m2a + 4² Ã m ! Ã ! mc α+2 α+2 b ( ( ) ) η pα+2 mb +mc m +m 2(mb + mc ) + b c −1 + α s Ep 4² 2mb 2mc ps ' 2 Si è fatto uso della relazione pi γ = mi v 17 La forma finale del momento di soglia deformato al primo ordine è: µ α+1 ¶ mb + mα+1 (mb + mc )2 − m2a c 2+α η ps ' + ps −1 (3.4) 4² 4²Epα (mb + mc )α+1 3.1.2 Un caso particolare α , con quello partiPer far coincidere il termine di deformazione generico ηp2 E Epα colare derivante dall’ipotesi che lo spazio-tempo su scala di Plank sia descrivibile mediante geometrie non commutative, λp2 E, evidentemente bisogna fissare i parametri liberi α, η, come: α = 1, η = −λEp . Tornando all’ esempio γ + γ → e+ + e− , dalla (3.1), si esprime la soglia come: E= m2e ² Affrontando gli stessi calcoli con la particolare correzione (1.12) derivante dalla descrizione dello spaziotempo di κ-Minkowski, si ottiene [3]: ps ' λ m2 + p3s ² 8² Confrontando questa modifica con quella generica di cui alla (3.4), si ha nuovamente α = 1, η = −λEp , in quanto: ¶ µ ¶ µ 1+1 1 me + m1+1 e 2+1 λEp 3 λ 3 λ ps − 1 = −p − 1 = p s s 4²Ep1 (me + me )1+1 4² 2 8² Ragionando in maniera inversa, si ottiene che fissando sperimentalmente la forma della correzione, si può risalire facilmente al valore dei parametri liberi, avvalorando una teoria piuttosto di un’altra (che preveda una forma diversa per la correzione). 3.2 Modifiche alle ampiezze di decadimento Un processo di questo tipo su cui molti studi si sono concentrati è: π →γ+γ 18 la cui ampiezza di decadimento è facilmente derivabile mediante la cinematica relativistica. Come per il momento di soglia deriveremo la formula a partire dalle leggi di conservazione di energia ed impulso: 0 Eπ = Eγ + Eγ p~π = ~q + q~0 p2π = q 2 + q 02 + 2qq 0 cos(Φ) ⇒ (3.5) 0 2 2EE + mπ ⇒ cos(Φ) = (3.6) 2EE 0 La grande sensibilità su fenomeni quanto gravitazionali che si può ottenere da misure su questo decadimento, derivano dalla variazione della porzione dello spazio delle fasi accessibile. Prima, però, di affrontare questo discorso, è bene derivare la versione deformata di cos(Φ). Tenendo conto che: E α+2 p2π ' Eπ2 − m2π − η π α Ep e che, per i fotoni: s pi ' Ei2 Eiα+2 η Eiα+1 − η α ' Ei − Ep 2 Epα la (3.8) diventa: Eπα+2 2 2 Eπ −mπ −η α Ep = Eγ2 −η α+1 Eγα+2 Eγα+2 0 η Eγα+1 η Eγ 0 2 0 +Eγ 0 −η α +2 cos(Φ)(Eγ − )(Eγ − ) Epα Ep 2 Epα 2 Epα quindi con semplici passaggi si ottiene l’ espressione deformata generica di cos(Φ) : 2Eγ E 0 γ − m2π − Eηα (Eπα+2 − Eγα+2 − Eγα+2 ) 0 p ³ ´ cos(Φ) = 2 Eγ Eγ0 − 2Eη α (Eγ Eγα+1 + Eγ 0 Eγα+1 ) 0 (3.7) p Che nel caso specifico del κ-Minkowski (ricordando che Eγ0 = Eπ − Eγ e che α = 1, η = −λEp ) prende la forma: cos(Φ) = 2Eγ Eγ0 − m2π + 3λEπ Eγ Eγ0 2Eγ Eγ0 + λEπ Eγ Eγ0 19 Tornando alla (3.12) è evidente che cos(Φ) ≤ 1 (come richiesto dal fatto che Φ è un angolo fisico) per ogni valore di E, almeno nella cinematica relativistica, poichè si ha un’equazione della forma cos(Φ) = (2EE 0 − ∆)/2EE 0 in cui ∆ = m2π . Se, però, risultasse ∆ = m2π − Eηα (Eπα+2 − Eγα+2 − Eγα+2 ) < 0 per 0 p α+2 α+2 alcuni valori dell’energia, poichè Eπ = (Eγ + Eγ 0 ) e (Eγ + Eγ 0 )α+2 > (Eγα+2 + Eγα+2 ), è sufficiente che il termine − Eηα (Eπα+2 − Eγα+2 − Eγα+2 ) > 0 sia 0 0 p 2 una correzione di ordine mπ perchè si abbiano implicazioni significative. Per dati valori di Eπ , infatti non si potrebbero avere alcuni valori di Eγ , poichè questi richiederebbero cos(Φ) > 1. Per avere numericamente un’idea delle energie richieste, prendiamo per semplicità in considerazione la correzione ottenuta dalla deformazione prevista dal κ-Minkowski. cos(Φ) > 1 ⇒ 2EE 0 − m2π + 3λEπ EE 0 > 2EE 0 + λEπ EE 0 Dato che λ ∼ Lp e considerando il caso in cui Eπ ∼ E, basterebbe per questo tipo di osservazioni un’energia del pione dell’ordine di: s m2π Lp E 3 & m2π ⇒ Eπ ∼3 ∼ 1015 eV Lp 3.3 Effetti sistematici sui tempi di percorrenza In relatività ristretta il tempo di percorrenza di una particella non massiva, su di una distanza L è T ≡ Lc . Le proprietà quantistiche di queste particelle, però, daranno luogo ad un’incertezza T = L/c+δTQM .Eventuali effetti quantogravitazionali potrebbero, a loro volta, causare effetti sia sistematici ( legati ad una deviazione dall’ordinaria invarianza di Lorentz) sia non siatematici (un’ulteriore incertezza δTQG 3 ). Il tutto è riassunto nella formula: T =( L + ∆TQG ) + δTQM + δTQG c . A basse energie l’ esperienza sperimentale dimostra che limE→0 ∆TQG = 0, ma nulla ci autorizza ad escludere che ∆TQG 6= 0 ad alte energie. Un possibile 3 L’esistenza del termine δTQG dà adito a questioni relative alla struttura stessa dello spazio-tempo che non verranno affrontate in questa sede. 20 approccio all’osservazione di questo tipo di effetti sfrutta la dispersione nel vuoto dei raggi gamma. 3.3.1 Dispersione nel vuoto Per stimare un eventuale ∆TQG si può partire dalla relazione di dispersione energia-momento: E m2 ' E 2 − p2 − ηp2 ( )α Ep . In scenari quantogravitazionali in cui l’equazione hamiltoniana del moto ẋi = ∂H/∂pi sia valida, o almeno sufficientemente valida da consentire le operazioni seguenti, si avrebbe per particelle prive di massa: s Eα η E E ' p2 + ηp2 ( α ) ' p + p( )α Ep 2 Ep α+1 . Si noti che è legittimo riscrivere il termine (η/2)p(E/Ep )α come (η/2)( pE α ), p visto che la differenza tra le due scritture è di ordine ( Eηα )2 quindi: p E 'p+ η pα+1 2 Epα per cui la velocità della particella è: v= ∂E α + 1 Eα '1+η ∂p 2 Epα (3.8) La velocità di un fotone, quindi, dipenderebbe dall’energia che esso trasporta [6], come se il vuoto rispondesse come un convenzionale mezzo in cui si propaghi un’onda, con una risposta differente a seconda della di essa energia. Per questa ragione tale fenomeno prende il nome di dispersione nel vuoto. Osservando la formula si puossono prevedere diverse conseguenze a seconda del valore del parametro η. Se η ≤ 0, infatti, si avrebbe c come limite massimo per la velocità della luce, mentre se η > 0 si avrebbe un restringimento del cono del tempo per segnali altamente energetici. Il tempo di ritardo reciproco che acquisterebbero due onde di differenti 21 energie sarebbe: ∆T = T − T 0 = L/v − L/v 0 = 0 Lv − Lv = vv 0 ´ ³ 0 Eα α+1 E α ) − (1 + η ) L (1 + η α+1 2 Eα 2 Eα p (1 + Eα η α+1 )(1 2 Epα p + E0α η α+1 ) 2 Epα 0 ' η α + 1 Eα − E α L. 2 Epα (3.9) Per osservare un tale fenomeno, quindi, si avrebbe bisogno di due fotoni emessi quasi contemporaneamente, con un gran divario energetico fra loro ed ad un’enorme distanza rispetto all’osservatore. Una possibile maniera di osservare questo ritardo è l’analisi di un lampo gamma di breve durata, che ci raggiunga da distanze cosmologiche. Il tempo di viaggio dei fotoni emessi da tali sorgenti, infatti, è all’incirca 1017 s, mentre, se il lampo è di breve durata, l’emissione può avvenire nell’arco di 10−3 ÷ 10−4 s. Alcuni di questi fotoni hanno energie la cui scala si estende oltre il GeV. Per fotoni con una differenza di energia ∆E ∼ 1 GeV. Nel caso in cui i parametri α, η siano imposti, per semplicità di calcolo ad α = η = 1, il mutuo ritardo si può stimare all’ incirca come: ∆T ∼ T ∆E ∼ 10−2 s Ep , il che è significativo, poichè, il ritardo accumulato sarebbe maggiore della differenza fra i tempi di emissione dei fotoni nel singolo lampo gamma. 22 Capitolo 4 Applicazioni allo studio dei raggi cosmici Il presente capitolo si pone lo scopo di mostrare come da studi approfonditi dello spettro dei raggi cosmici, applicando le formule finora introdotte, si possono imporre limiti significativi ai parametri α, η. 4.1 La soglia GZK La soglia GZK è un valore dell’energia dello spettro dei raggi cosmici ad alta energia oltre il quale il numero di eventi osservati per energia dovrebbe subire un repentino crollo. Essa è stata ipotizzata separatamente da K.Greisen [7] e da T.Zatsepin e V.A.Kuz’min [8], osservando che un’eventuale particella che si propaghi nello spazio intergalattico dovrebbe interagire con i fotoni della radiazione cosmica di fondo. Ad energie dell’ordine della soglia GZK ci si aspetta che i raggi cosmici siano predominantemente protoni [[10]], la scala GZK è comunque significativa anche per la residua componente di nuclei pesanti (Fe), in quanto (per coincidenza numerica) i nuclei pesanti, interagendo con i fotoni CMBR andrebbero incontro a fotodisintegrazione ad un energia prossima ad essa (ad esempio la soglia per il ferro è ∼ 5· 1019 eV). Il valore della soglia GZK viene stimato osservando che un fotone della radiazione di fondo con energia sufficiente, sulla coda della distribuzione termica del corpo nero, è visto, nel sistema a riposo di un protone UHECR (Ultra High Energy Cosmic Ray) con energia superiore ai 5· 1019 eV, come un fotone 23 di energia superiore ai 140 MeV. Tali energie permetterebbero un impatto profondamente anelastico tra il protone ed il fotone, con la conseguente produzione di un pione (la cui massa è proprio pari a circa 140 MeV). La reazione in questione è: p + γ → p + π0 (in cui γ rappresenta un fotone della radiazione cosmica di fondo CMBR). Tramite produzione di pioni i raggi cosmici perdono energia, questo porta ad una riduzione della probabilità di osservare raggi cosmici con E > EGZK . Un’ idea dell’ energia di soglia si può ottenere mediante la formula (3.2) ps = ((mp + mπ )2 − m2p )2 − 4m2p ²2 4((mp + mπ )2 − m2p )² tenendo presente che mp = 938 MeV e mπ = 137 MeV, con un’energia ² del fotone di circa 1, 24· 10−3 eV. Il risultato che si ottiene da questo conto è circa 5, 43· 1013 MeV, che da solo un’idea del valore effettivo della soglia, in quanto il calcolo esatto tiene in considerazione dell’intera distribuzione energetica dei fotoni CMBR, integrando sull’energia. Il ragionamento utile per argomentare la ragione per la quale questo fenomeno si ripercuote sullo spettro dei raggi cosmici rilevabile da terra è qui riportato: si tenga presente che il cammino libero di interazione per un protone ultraenergetico è: 1 ∼ 1025 cm, nσ tenendo presente che la temperatura equivalente di corpo nero della radiazione CMBR è circa 3°K, mentre la sua densità di fotoni è n ∼550 cm−3 . La sezione d’urto del fenomeno di fotoproduzione di pioni per protoni di circa 1019 eV è σ ∼ 10−28 cm2 . Per cui la scala di distanze per la perdita di energia è: E 1 L= ∼ 4· 1025 cm, ∆E nσ dato che la perdita di energia per interazione è ∆E/E ∼ 0, 22 (in cui E è l’energia iniziale del protone e ∆E è la perdita di energia dovuta alla produzione di un pione). La scala di tempo per perdita di energia è quindi 1015 sec, intervallo inferiore alla scala temporale relativa al tragitto di un tipico raggio cosmico, dalla sorgente all’osservatore1 . I protoni, dunque, avrebbero tempo 1 Vari aspetti delle nostre osservazioni di raggi cosmici ci suggeriscono [10] che la componente extragalattica dello spettro dei raggi cosmici più energetici sia molto significativa. 24 sufficiente per perdere energia per produzione di pioni e di conseguenza rallentare fino a che la loro energia non sia dell’ordine dell’energia di soglia GZK. Ci si aspetterebbe quindi che la tipica particella appartenente agli UHECR parta con un’energia di circa 5· 1020 eV e perda energia fino al valore di circa 5· 1019 eV anche se, statisticamente, comunque si osserveranno alcuni raggi cosmici con energia maggiore di quella di soglia. 25 4.2 Modifiche planckiane alla soglia GZK Come mostrato nel precedente paragrafo, nello stimare il valore dell’energia di soglia GZK, ha un ruolo importante il tipo di cinematica relativistica qui analizzato nel capitolo 3. Chiaramente le modifiche planckiane alla cinematica relativistica, considerate nel suddetto capitolo, portano a corrispondenti modifiche della soglia GZK. Il risultato rilevante è ottenuto dalla (3.4), che, specializzata al caso del processo p + γ → p + π 0 porta a: µ α+1 ¶ (mp + mπ )2 − m2p mp + mα+1 π 2+α η ps ' + ps −1 , (4.1) 4² 4²Epα (mp + mπ )α+1 (si ricordi che α ≥ 1), per valori di Poichè (mb + mc )α+1 > mα+1 + mα+1 c b η positivi la soglia risulterà più bassa, mentre per valori di η negativi, essa risulterà più alta. Nel valutare se ci si può aspettare che questi effetti per la soglia GZK siano quantitativamente significativi è necessario tener conto delle aspettative teoriche per i parametri α ed η. Come detto in precedenza yeorie diverse per la gravità quantistica possono dar luogo a valori di α diversi, ma i casi α = 1 ed α = 2 paiono essere particolarmnte significativi [9]. Per quanto riguarda il parametro η è utile osservare che per |η| = 1 si ha che la scala caratteristica delle modifiche alla cinematica è proprio la scala di Planck. Tenendo conto del ruolo della Ep nei rilevanti modelli di Gravità Quantistica, sarà quindi appropriato assumere che |η| abbia un valore relativamente vicino ad 1 (consentendo al più uno o due ordini di grandezza di variabilità). E’ facile verificare dalla (4.1) che per α = 1 ed 1 ≤ |η| < 100 si ha una modifica significativa della soglia GZK, ovvero una significativa riduzione del valore dell’energia di soglia per η > 0 ed un corrispondente significativo aumento della soglia per η < 0. E’ possibile, grazie a quest’osservazione, delimitare drasticamente lo spazio accessibile dai valori del parametro η, poichè i valori di η positivi, implicando un abbassamento del momento di soglia, possono essere scartati, dato che contrastano con i dati sperimentali finora raccolti. Il grafico raffigurato in Figura 1 conferma le osservazioni inerenti il comportamento della soglia al variare di η. Per quanto riguarda il caso α = 2 (e continuando a lavorare con l’ammissione |η| ∼ 1) si trovano risultati analoghi, anche se non altrettanto rivoluzionari. 26 13 Ps [MeV] 6,2x10 13 6,0x10 13 5,8x10 13 5,6x10 13 5,4x10 13 5,2x10 13 5,0x10 -14 -1,0x10 -15 -15 0,0 -5,0x10 5,0x10 -14 1,0x10 -14 1,5x10 13 4,8x10 13 4,6x10 13 4,4x10 Figura 4.1: E’ qui riportato l’andamento del momento di soglia GZK al variare del parametro η per α = 1. Per alcuni valori dei parametri α, η, si possono trovare valori di ² abbastanza piccoli perchè l’anomalia di soglia sia significativa. Per alcune combinazioni di α, η, ² la soglia addirittura scompare, ovvero si avrebbe ps < 0 che permetterebbe la reazione in ogni caso. Come si può osservare dai grafici già riportati , implicherebbe,nel contesto degli UHECR, una violazione della soglia GZK anche per valori negativi2 di η molto piccoli. Con simili argomentazioni si può arrivare a delimitare lo spazio dei valori assumibili da α ed η. 2 valori positivi, come già visto, sposterebbero la soglia più in basso e non sono, quindi, consistenti con l’ipotesi che le anomalie siano dovute ad una deformazione della relazione di dispersione. 27 13 Ps [MeV] 6,2x10 13 6,0x10 13 5,8x10 13 5,6x10 13 5,4x10 13 5,2x10 13 5,0x10 -6 -1,5x10 -6 -1,0x10 -7 0,0 -5,0x10 -7 5,0x10 -6 1,0x10 -6 1,5x10 13 4,8x10 13 4,6x10 13 4,4x10 Figura 4.2: E’ qui riportato l’andamento del momento di soglia GZK al variare del parametro η per α = 2. 4.3 Stato dell’analisi sperimentale come menzionato, dato che la reazione p+γ → p+π 0 diviene molto probabile per particelle di provenienza extragalattica, ci si aspetterebbe una significativa riduzione dello spettro energetico dei raggi cosmici, intorno alla soglia GZK: prima della soglia osserveremmo raggi cosmici provenienti dall’intero universo; oltre di essa, osserveremmo raggi cosmici provenienti solamente da una regione di pochi Mpc attorno a noi. Questo comportamento è illustrato nella figura 3: Come mostrato in Fig. 4 i dati sperimentali attualmente disponibili non consentono di stabilire con certezza l’esistenza della soglia GZK. I dati raccolti dall’osservatorio AGASA suggerirebbero una qualche significativa deviazione dalle previsioni di Greisen Zatsepin e Kuz’min, mentre gli altri osservatori hanno riportato dati che possono essere in maggiore accordo con 28 Figura 4.3: Previsioni teoriche di Zatsepin e Kuz’min (figura presa dal loro articolo [8]) . Nel grafico è evidenziato l’andamento ipotetico previsto del numero di eventi al secondo per centimetro quadro e per steradiante in funzione dell’energia del protone (eV), la linea marcata indica la curva per una CBR con temperatura equivalente di corpo nero di 3°K, mentre quella tratteggiata una con temperatura equivalente di 5°K. Il punto riportato indica una violazione della soglia osservata pochi mesi prima della pubblicazione dell’articolo. la stima ordinaria della soglia GZK. Tuttavia tutti questi dati sono affetti da incertezze talmente ampie da inficiarne la significatività. L’effettivo andamento dello spettro energetico dei raggi cosmici ultraenergetici è quindi tuttora da chiarire, maggiori informazioni si otterranno a breve con l’arrivo a piena operatività dell’osservatorio Pierre Auger. Comunque i dati attualmente a disposizione, come anticipato, sono sufficienti ad escludere i valori di η > 0, visto che per valori inferiori all’energia di soglia GZK l’andamento dei punti sperimentali, tende ad escludere un abbassamento della soglia, in quanto date le limitate barre d’errore di questi ultimi, (almeno prima di 5· 1019 eV) l’andamento sperimentale sembra confermare quello teorico. Per η < 0 limiti altrettanto significativi saranno ottenuti grazie agli studi svolti al Pierre Auger observatory. 29 Figura 4.4: Il grafico riporta, i dati sperimentali finora raccolti (grafico ottenuto da [12]) eventi rilevati in più osservazioni in termini di flusso differenziale di energia j al secondo, per unità di area e per steradiante, in funzione dell’energia (eV). 4.3.1 Ulteriori restrizioni allo spazio dei parametri La soglia GZK non è l’unico fenomeno che si può sfruttare per tentare di delimitare i valori di α, η un secondo fenomeno riguarda un fotone con energia di alcuni TeV, che si propaghi nello spazio intergalattico, interagente con un fotone IR del fondo cosmico, e la conseguente produzione di una coppia elettrone positrone. γ + γ 0 → e+ + e− La lunghezza d’onda massima di un fotone dell’infrarosso che può creare una coppia con un fotone da 10 TeV è di circa 40 µm. Poichè la sezione d’urto per la creazione di coppia ha un picco ad un’energia nel centro di massa di circa 3me c2 , i fotoni di 10 TeV sono molto sensibili ai fotoni IR con lunghezza d’onda pari a 30 µm ed il cammino libero medio di questi fotoni dipende dallo spettro dei fotoni IR nell’intervallo 15-40 µm. Queste lunghezze d’onda vengono riscalate di un fattore pari a 10TeV/E per differenti energie. Analogamente a come si è agito per la soglia GZK, sfruttando la (3.4) con ma = 0 e mb = mc = 0, 5eV si ottengono alcuni risultati che, se osservati 30 sperimentalmente, fornirebbero ulteriori limitazioni allo spazio dei parametri α, η,in particolare dalla (3.4) si ottiene che se α ∼ −η ∼ 1, ci si aspetterebbe un’energia di soglia per la creazione di coppie elettrone-positrone di ∼ 6· 108 M eV , rendendo l’universo trasparente ai fotoni di energia dell’ordine di decine di TeV. Ulteriori informazioni sono ottenibili calcolando un limite massimo per i parametri α ed η, tramite l’osservazione dei tempi di ritardo relativi di due fotoni emessi da lampi gamma [11], come esposto nel paragrafo (3.3.1). 31 Bibliografia [1] Non-commutative space-time of Doubly Special Relativity theories J. Kowalski-Glikman, S. Nowak (arXiv: hep-th/0204245 v1 (29 Apr 2002)) [2] Formulazione dell’azione ed analisi di simmetrie per campo scalare in spazio-tempo non commutativo k-Minkowski R. Altair Tacchi (tesi di laurea, La Sapienza, anno 2005-2006) [3] Quantum-Gravity phenomenology: status and prospects G. Amelino Camelia (arXiv: gr-qc/0204051 v1 (15 Apr 2002)) [4] Appunti del corso di Gravità Quantistica G.Amelino Camelia (dipense, La Sapienza, 2005-2006) [5] Cinematica relativistica alla scala di Planck e sue possibili manifestazioni nello spettro dei raggi cosmici W. Tarantino (tesi di laurea, La Sapienza, anno 2005-2006) [6] Are we at the dawn of quantum-gravity phenomenology? 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