La sovrastruttura stradale
le pavimentazioni - Principi
Strade ferrovie aeroporti
L’opera in terra, benché realizzata con materiali e tecniche idonee, si dimostra
inefficace come piano di rotolamento per varie ragioni che si manifestano in modo
e misura diversa nel tempo in funzione dell’evoluzione qualitativa e quantitativa
dei traffici
Sollevamento di polveri
Cedimenti a carichi concentrati e ripetuti
Scarsa aderenza
Decadimento delle capacità portanti per infiltrazione di acqua
Ristagno di acqua sulla superficie
Dalle antiche vie consolari in terra e
fondazioni lapidee alle prime strade
pavimentate a catrame (1900 Italia)
Gli sforzi che il veicolo trasmette al piano di rotolamento sono:
Normali
Gli sforzi normali connessi al peso proprio della sovrastruttura e al carico accidentale del veicolo che transita si
distribuiscono in profondità su aree sempre maggiori per cui le sollecitazioni di pressione σ tendono a ridursi. Tale
riduzione è debole poiché aumentando la profondità aumenta anche il peso proprio della sovrastruttura.
Tangenziali
Gli sforzi tangenziali τ trasmessi alla pavimentazione per aderenza (massimi in caso di accelerazione e frenatura)
si esauriscono invece molto rapidamente all’aumentare della profondità ed interessano quindi essenzialmente gli
strati superficiali.
Ciò impone, per ragioni di efficacia meccanica ed efficienza economica, l’utilizzo di
materiali differenti per gli strati superficiali, sollecitati fortemente da azioni di
taglio, e per gli strati profondi, in cui la sollecitazione di taglio è trascurabile
rispetto a quella normale
Per gli strati superficiali si utilizzano materiali legati
Per quelli profondi non sono necessari materiali legati
I materiali utilizzati per le pavimentazioni sono:
Gli aggregati o inerti
Gli aggregati si caratterizzano in funzione della loro granulometria, il rispetto di un prefissato fuso granulometrico
costituisce il prerequisito per garantire adeguate caratteristiche del prodotto finito. Devono essere non lucidabili al
fine di evitare l’usura rapida ed il decadimento delle proprietà di aderenza. Devono provenire da frantumazione
artificiale in modo da assicurare superfici chimicamente attive e spigoli vivi. Devono essere non frantumabili.
I leganti, idraulici o bituminosi
I leganti utilizzati per gli strati superficiali delle pavimentazioni stradali sono di tipo idraulico (cemento) o
bituminoso (bitume). Quest’ultimo deriva in genere, come sottoprodotto, dalla raffinazione del petrolio e solo in
minima parte è ricavato da rocce asfaltiche. Esistono differenti tipologie di bitume, per la loro descrizione si
rimanda a corsi e letteratura specifica. I bitumi vengono caratterizzati in base a prove standardizzate.
I leganti idraulici (cemento) si usano per le pavimentazioni rigide
I leganti bituminosi (bitume) si usano per le pavimentazioni flessibili
In funzione del tipo di legante utilizzato si distinguono:
1. Le pavimentazioni flessibili (bitume)
Le pavimentazioni flessibili, in ragione dei materiali che le costituiscono, hanno un comportamento meccanico di
tipo elasto-plasto-viscoso. Tale comportamento induce fenomeni di fatica (accumulo di deformazioni
permanenti) quando i carichi superano una soglia definita soglia di fatica.
Il progetto delle pavimentazioni flessibili deve pertanto essere sviluppato tenendo conto:
1.
della portanza del sottofondo: infatti lo spessore della pavimentazione deve essere tale da garantire che gli
sforzi normali che agiscono sul sottofondo siano compatibili con la sua portanza (CBR),
2.
dei carichi sopra la soglia di fatica: infatti i veicoli con carico per asse superiore a 3,5 tonnellate inducono
deformazioni permanenti nella pavimentazione,
3.
del numero di passaggi di tali carichi: perché le deformazioni si accumulano,
4.
della vita utile della pavimentazione: cioè dell’orizzonte temporale in cui è accettabile un intervento
manutentivo, in modo da poter valutare il numero totale dei passaggi dei carichi e, conseguentemente, la
deformazione complessiva della pavimentazione.
1. Le pavimentazioni flessibili
La pavimentazione flessibile è costituita generalmente da
4 strati, dalla superficie verso il sottofondo
distinguiamo:
1.
l’usura: con principale funzione di assorbimento delle
sollecitazioni tangenziali. Lo strato è legato e
costituito da conglomerato bituminoso
2.
il binder o strato di collegamento: con la principale
funzione di regolarizzazione dell’interfaccia di
appoggio dell’usura, è anch’esso costituito da
conglomerato bituminoso ed è ancora
significativamente sollecitato da sforzi di taglio
3.
4.
la base: assolve una funzione portante rispetto alle
sollecitazioni normali, è costituita da materiale legato
con minore contenuto percentuale di legante rispetto
agli strati più superficiali (misto bitumato)
la fondazione: assolve la funzione finale di
ripartizione dei carichi sul sottofondo, non deve
contrastare azioni tangenziali, è costituita da
materiale inerte non legato (misto granulare)
sovrastruttura flessibile
conglomerato bit.
misto bitumato
misto granulare
2. Le pavimentazioni rigide (cemento)
Le pavimentazioni rigide essendo costituite da cls hanno un comportamento meccanico pressoché elastico. Quindi
se soggette a sollecitazioni esterne (carichi accidentali, peso proprio, sollecitazioni indotte da gradienti
termici) si deformano e restituiscono completamente la deformazione allorquando la sollecitazione è
rimossa.
Il progetto delle pavimentazioni rigide deve pertanto essere sviluppato tenendo conto:
1.
della portanza del sottofondo: infatti lo spessore della pavimentazione deve essere tale da garantire che gli
sforzi normali che agiscono sul sottofondo siano compatibili con la sua portanza (CBR),
2.
del carico massimo accidentale: infatti deve essere verificata la compatibilità della resistenza del calcestruzzo
(σcr) alla sollecitazione massima indotta dal massimo carico che passa sulla pavimentazione,
3.
delle sollecitazione indotte da gradienti termici: infatti la più critica condizione di carico è data dalla
composizione del carico accidentale massimo (vedi punto precedente), del peso proprio della sovrastruttura
e di eventuali sollecitazioni indotte dal peso proprio conseguenti a deformazioni conseguenti a gradienti
termici esistenti tra la superficie esterna e l’interfaccia inferiore della lastra di cls. Un eventuale gradiente di
temperatura indotto dalle variazioni termiche giorno/notte, notte/giorno produce l’allungamento delle fibre
più calde rispetto alle fibre più fredde, con conseguente deformazione della lastra. Il peso proprio della
lastra, opponendosi a tale deformazione, induce uno stato sollecitativo interno che può causare, se superiore
alle resistenze del cls, fessurazione. Pertanto dopo la posa in opera della lastra continua di cls si provvede a
interromperne la continuità dividendo la pavimentazione in lastre opportunamente giuntate in modo da
limitare il peso proprio dell’elemento e ridurre l’entità di eventuali sollecitazioni indotte da gradienti termici.
2. Le pavimentazioni rigide
La pavimentazione rigida è costituita generalmente da 2 o
3 strati, dalla superficie verso il sottofondo
distinguiamo:
sovrastruttura rigida
calcestruzzo
1.
la lastra di calcestruzzo
2.
eventualmente uno strato di misto cementato con la
finalità principale di regolarizzare la superficie della
fondazione
3.
la fondazione di misto granulare
misto cementato
misto granulare
I modelli di progetto delle pavimentazioni
Rigide
Il progetto delle pavimentazioni rigide è finalizzato al calcolo dello spessore (fondazione e lastra di cls) e della
dimensione della singola lastra. Tale calcolo si basa sulle ipotesi di comportamento elastico e di rottura del
calcestruzzo per σ > σcr e sulla necessità di garantire la trasmissione sul sottofondo di sollecitazioni compatibili
con la sua portanza.
Flessibili
Poiché le pavimentazioni flessibili non hanno un comportamento elastico i modelli di progetto sono diversi da
quelli che si adottano per le pavimentazioni rigide e sono finalizzati al calcolo degli spessori della
pavimentazione (usura+binder+base+fondazione) in modo da garantire che le sollecitazioni trasmesse al
sottofondo siano compatibili con la sua portanza e in modo da garantire che le deformazioni accumulate
durante la vita utile siano coerenti con gli standard di funzionalità e sicurezza richiesti per l’esercizio viario.
In genere si distinguono per il calcolo delle pavimentazioni flessibili:
•
modelli teorici o analitici, basati sullo schema di multistrato elastico,
•
modelli empirici che si basano sui risultati di prove sperimentali (modelli CBR, PSI,…),
•
modelli concettuali, basati sull’adozione di schemi concettuali approssimati di funzionamento meccanico della
pavimentazione (questi modelli sono storicamente stati probabilmente i primi ad essere applicati in forma
normalizzata).