LE ROCCE (seconda parte)
LA LEZIONE
Le rocce sedimentarie
Le rocce sedimentarie, seppur in quantità minore nella crosta terrestre rispetto alle metamorfiche e
alle ignee, costituiscono gran parte (circa il 75%) delle rocce che affiorano in superficie e
contengono informazioni fondamentali per comprendere l’evoluzione del Pianeta Terra.
Discipline come la paleontologia e la sedimentologia studiano le loro caratteristiche principali,
come la presenza gli organismi fossili e la granulometria dei sedimenti che le compongono per
ricostruire gli ambienti deposizionali del passato.
L’insieme dei fenomeni di alterazione, erosione, trasporto e accumulo di rocce preesistenti
costituisce il processo sedimentario. L’alterazione superficiale delle rocce esistenti avviene ad
opera degli agenti atmosferici, che per via chimica o fisica, generano nuovo materiale di origine
organica ed inorganica. Il vento, l’acqua o i ghiacci prendono in carico questo materiale e lo
depositano sul fondo dei bacini marini, lacustri o delle valli. Questo materiale, definito sedimento, è
costituito in gran parte da materiale inorganico di disgregazione e in misura minore da gusci o
scheletri di organismi. La trasformazione del sedimento in roccia prende il nome di litificazione e
avviene
attraverso
fondamentali
in
uno
dei
geologia
processi
denominato
diagenesi. La diagenesi si verifica a
temperature inferiori a 200°C e a pressioni
inferiori a 0,15 GPa (fig.11). Per intervalli
superiori di pressione e temperatura si
entra nel campo metamorfico.
Fig.11: diagramma P-T del processo sedimentario,
metamorfico e magmatico
La prima fase della diagenesi riguarda la compattazione ovvero il materiale sedimentato nei bacini
è compattato dal peso degli altri sedimenti che man mano si vanno ad accumulare, portando alla
riduzione degli spazi vuoti esistenti fra i granuli. Contemporaneamente può avere origine la
cementazione di tali sedimenti, ovvero le sostanze minerali presenti nelle acque circolanti
all’interno degli spazi intergranulari precipitano dando luogo ad un vero e proprio cemento che
rende maggiormente consistente il materiale. I cementi più comuni sono la calcite, la silice e gli
ossidi di ferro.
La compattazione e la cementazione sono presenti in tutte le rocce sedimentarie, ad eccezione di
quelle che derivano da una precipitazione chimica, costituite al momento della sedimentazione da
cristalli intimamente compenetrati. Se le condizioni ambientali lo permettono, la litificazione può
avvenire in tempi lunghissimi anche dell’ordine del milione di anni.
Le rocce sedimentarie sono suddivise in tre grandi gruppi: rocce “clastiche” (o detritiche),
“organogene” (o biogene) e “chimiche”. I processi fisici sono alla base della formazione delle rocce
clastiche, mentre i processi biologici e chimici sono alla base rispettivamente delle rocce
organogene e chimiche. Il confine fra questi tre tipi di roccia non è netto, e così come per le rocce
ignee esistono termini intermedi.
Le rocce detritiche si originano per accumulo di materiale che proviene dalla frammentazione di
una roccia preesistente. L’abrasione del vento e l’erosione dei ghiacciai sono solo due esempi di
agenti che provocano la disgregazione della roccia in particelle solide. Le rocce detritiche sono
distinte sulla base delle dimensioni degli elementi che le costituiscono prescindendo dalla loro
natura ed età. Si suddividono in cinque gruppi: conglomerati, arenarie, argille, marne, calcari
detritici, più un sesto rappresentato dalle
piroclastiti anche se di origine vulcanica. Il
conglomerato deriva dalla cementazione
delle ghiaie e si definisce monogenico se i
ciottoli sono tutti della stessa natura, e
poligenico
(fig.12).
se
Le
sono
brecce
di
origine
sono
diversa
conglomerati
caratterizzati da ciottoli spigolosi, mentre le
puddinghe sono caratterizzate da ciottoli
arrorondati.
Fig. 12: Conglomerato poligenico
Le arenarie sono sabbie cementate e si originano
da sabbie desertiche, dune di litorali, sabbia
fluviale o lacustre. Il termine arenaria può essere
seguito dal minerale che le caratterizza (fig.13),
come ad esempio le arenarie quarzose (quarzo) e
le arenarie feldspatiche (feldspato).
Fig. 13: Diagramma classificativo delle arenarie
Le argille derivano dallo sgretolamento di diversi tipi di rocce e sono classificate in base alle
dimensioni delle particelle presenti come grossolane, fini e finissime. Le argille si depositano in
prevalenza sul fondale dei laghi, in mare aperto o negli oceani. Le marne sono rocce miste con
una parte calcarea e una parte argillosa. I calcari detritici differiscono dai calcari di origine chimica
in quanto derivano dalla deposizione di detriti di rocce preesistenti. Le piroclastiti sono rocce di
origine magmatica che derivano da eruzioni esplosive. Tali rocce rientrano nella categoria delle
rocce considerate sedimentarie in quanto i loro costituenti hanno subito un trasporto in aria o in
acqua e un accumulo per decantazione.
Le rocce organogene o biogene sono il risultato di un accumulo di resti di organismi in ambiente
marino e lacustre e si originano per processi biologici. Esse sono distinte sulla base della
composizione chimica dei loro costituenti (matrice e resti di organismi) in : calcari organogeni,
dolomie, selce, carboni fossili, idrocarburi.
I calcari organogeni sono rocce formate quasi
esclusivamente da carbonato di calcio (CaCO 3) sia
come parte inorganica, sia come resti biogeni (fig.12).
A differenza dei calcari, le dolomie sono formate da un
carbonato doppio di calcio e magnesio (Ca Mg (Ca
Co3)2), la dolomite. I calcari di orgine biogena e
chimica possono essere classificati su base chimica
(fig.14).
Fig. 14: Classificazione mineralogica di calcari e dolomie
La silice (SiO2) è il costituente principale della selce e può presentarsi stratificata o contenuta entro
masse calcaree; all’interno della selce sono presenti un gran numero di gusci silicei di organismi
marini tipo radiolari (radiolariti) o di aghi silicei (spongoliti).
I carboni fossili derivano dalla fossilizzazione di grandi masse di vegetali intrappolate nei sedimenti
(alberi piante acquatiche o alghe); i termini torba, lignite, litantrace e antracite rappresentano i
termini che con passare del tempo si arricchiscono in carbonio. Gli idrocarburi sono miscele di
composti del carbonio e idrogeno a cui si aggiungono composti ossigenati, azotati e fosforiti; in
natura possono essere solidi (asfalti o bitumi), liquidi (fra cui il petrolio) e gassosi (fra cui il
metano).
Le rocce di origine chimica sono rocce che derivano da deposizione di sedimenti a causa di
fenomeni chimici, quali la precipitazione di sali, l’ossidazione, l’alterazione in aria libera di rocce
preesistenti. Le rocce di origine chimica sono: i calcari, le dolomie e la selce, le evaporiti e le rocce
residuali. I calcari, le dolomie e la selce possono avere un’origine priva dell’intervento di organismi
costruttori e dovuta alla precipitazione di sali in ambiente marino o lacustre. In questo caso la
deposizione dei sali avviene in zone sottoposte ad evaporazione. Le evaporiti si formano in zone
aride, dove le precipitazioni e gli apporti fluviali non riescono a compensare le perdite derivanti
dall’evaporazione delle acque, come ad esempio in un bacino marino rimasto isolato. I casi più
comuni di evaporiti sono il gesso (fig.15), l’anidride e il salgemma.
Fig. 15 : Campione di gesso
Le rocce residuali sono costituite dall’accumulo di
materiali che hanno resistito all’alterazione di una
roccia
preesistente,
come
ad
esempio
il
dilavamento delle sostanze solubili da parte delle
acque meteoriche. Esempi di rocce residuali sono
le lateriti, costituite da idrossidi di Fe e Al che
derivano dall’alterazione dei silicati in aree con
clima molto umido, e le bauxite, costituite quasi
completamente da Al che derivano da un processo
simile a quello delle lateriti, ma ancora più spinto.
Fig.16 Campione di bauxite
Le rocce metamorfiche
Il processo metamorfico, o metamorfismo, comporta la trasformazione strutturale di una roccia
ignea, sedimentaria o metamorfica preesistente. Il metamorfismo avviene, quando una roccia si
viene a trovare in condizioni di temperatura e pressione diverse da quelle dell’ambiente in cui si è
formata, come nel caso dei grandi movimenti tettonici. Nelle nuove condizioni la roccia non è più
stabile e subisce trasformazioni fino a raggiungere il nuovo stato di equilibrio. La diversa struttura e
una differente paragenesi mineralogica (associazione di minerali) distinguono la roccia
metamorfica da quella di partenza. In alcuni casi dopo la trasformazione è ancora possibile
riconoscere la roccia originaria, in altri, invece la metamorfosi è così spinta da non permettere tale
riconoscimento. I principali agenti responsabili del metamorfismo sono la temperatura, la pressione
e la composizione dei fluidi circolanti. Il processo metamorfico inizia con temperature superiori a
quelle della diagenesi ( circa 200°C) e inferiori a quelle magmatiche (>800°C) (fig.11).
È importante sottolineare che il processo metamorfico implica una trasformazione allo stato solido.
La fusione di una roccia riguarda il processo igneo.
In base all’ambiente geologico si distinguono tre tipi principali di metamorfismo: metamorfismo di
contatto, cataclastico e regionale. Altri tipi di metamorfismo sono: da seppellimento (avviene in
seguito all’accumulo di potenti strati di sedimenti il cui peso genera cambiamenti in quelli più
profondi - P -), oceanico (avviene lungo dorsali oceaniche dove si ha l’interazione con le masse
magmatiche - T -) e meteoritico (si ha per impatto di blocchi di origine extraterrestre- P -).
Il metamorfismo di contatto è un processo
localizzato
in
prossimità
di
corpi
magmatici
intrusivi. Un magma che risale lungo una frattura
profonda e che staziona nella crosta rilascia calore
nelle rocce incassanti. Le variazioni di temperatura
producono nelle rocce al contatto con il corpo
intrusivo
variazioni
nella
composizione
dei
minerali. La zona di influenza del calore che
circonda il corpo intrusivo è denominata aureola di
contatto (fig.17) e possiede uno spessore che
varia in funzione della natura del corpo intrusivo e
del tipo di rocce incassanti.
Fig. 17: Schema rappresentativo del metamorfismo di contatto
L’aureola è caratterizzata da trasformazioni importanti vicino al punto di contatto che gradualmente
si riducono spostandosi verso le parti più esterne. Un esempio di roccia che si forma in seguito al
metamorfismo di contatto è il marmo che si origina da calcari metamorfosati. Pertanto il
metamorfismo di contatto è un tipo di trasformazione legato quasi esclusivamente ai cambiamenti
di temperatura.
Il metamorfismo cataclastico è un processo che si osserva in corrispondenza delle grandi faglie o
delle fratture. Le forze meccaniche in gioco causano la frammentazione delle rocce originarie
lungo la superficie di una faglia caratterizzata da due masse rocciose in movimento. Le rocce
tipiche di questo metamorfismo prendono il nome di miloniti. Questo tipo di metamorfismo è legato
quasi esclusivamente a cambiamenti di pressione.
Il metamorfismo regionale è un processo più complesso che avviene a grande scala e interessa
importanti volumi di roccia. Un esempio è il metamorfismo orogenico (subduzione o collisione fra
placche). La formazione delle catene montuose comporta notevoli deformazioni nella crosta, e la
conseguenza è un metamorfismo di rocce preesistenti interessate da notevoli variazioni di
temperatura e pressione.
L’intensità con cui avviene il processo metamorfico è definito in base all’azione della temperatura
ed è diviso in tre gradi: basso, medio e alto. Lo studio della struttura (disposizione dei cristalli nello
spazio) e della paragenesi di una roccia attraverso il microscopio ottico polarizzatore permette di
stabilire il grado metamorfico.
Le rocce metamorfiche possono essere classificate sulla base di vari criteri: la natura del loro
protolite (roccia di partenza), i caratteri strutturali (isotropa, anisotropa); la composizione chimica e
la composizione mineralogica; la facies metamorfica (associazione di minerali associate nello
spazio e nel tempo).
In questa lezione riporteremo una classificazione effettuata in base ai caratteri strutturali.
Come le rocce magmatiche, la struttura delle rocce metamorfiche è molto importante. Le
trasformazioni strutturali avvengono principalmente ad opera della pressione. In particolare la
pressione sarà di tipo litostatico, quando agisce in seguito al carico dei sedimenti, e dinamico,
quando agisce in seguito a movimenti crostali.
La pressione dinamica può dar origine ad un’orientazione dei minerali. Le rocce metamorfiche
sono suddivise in base alla presenza o meno di anisotropie. Le rocce con struttura isotropa, prive
di orientazioni preferenziali, si definiscono granofelsiche. Le rocce metamorfiche che presentano
strutture anisotrope, possono avere orientazioni planari (foliazione) o lineari (lineazione). I
fillosilicati sono un esempio di minerali che
tendono a formare piani di foliazione, gli
anfiboli invece (minerali allungati) tendono
a
formare
una
lineazione.
Come
la
foliazione, la scistosità, è un tipo di
orientazione planare,
ricristallizzazione
di
determinata
nuovi
granuli
dalla
con
formazione di superfici lungo le quali la
roccia tende a separarsi (piani di scistosità,
fig.18).
Fig. 18: Struttura scistosa
Tipico esempio di foliazione è la fillade una roccia che deriva dal metamorfismo di basso grado di
un’argillite.
Tale
roccia
è
caratterizzata
dalla
presenza
di
minerali
lamellari
orientati
perpendicolarmente alla direzione della pressione (fillosilicati) con una disposizione piano-parallela
dei minerali. La roccia è facilmente divisibile lungo i piani di foliazione.
Il micascisto è una roccia metamorfica scistosa e deriva da metamorfismo di grado medio di
un’argillite (si distingue dalla fillade per il metamorfismo più intenso). Tale roccia è caratterizzata
dalla presenza di minerali lamellari alternati a cristalli granulari (rispettivamente fillosilicati e
quarzo). Il termine micascisto (fig.19) è spesso accompagnato dal nome del minerale prevalente:
micascisto a granati, micascisto a tormalina, etc.
Fig. 19: Campione di micascisto
Gli gneiss sono rocce che caratterizzano il
metamorfismo di grado medio-alto e hanno una
composizione simile al granito (fig.20). Gli
gneiss hanno un basso contenuto di fillosilicati e
mostrano una debole scistosità. Il tipico aspetto
striato è dovuto all’alternanza di minerali chiari e
scuri. La roccia può essere difficilmente divisa in
piani paralleli.
Fig. 20: Gneiss occhiadino
Non tutte le rocce metamorfiche presentano scistosità. La roccia che non mostra alcuna
anisotropia planare ha una struttura granofelsica e viene chiamata granofels. Insieme alle rocce
denominate scisto, gneiss e granofels, esistono altri nomi specifici utilizzati ancora oggi in
letteratura, come ad esempio marmo ed eclogite.
Il marmo è una roccia non scistosa, che deriva da metamorfismo di contatto o regionale di un
calcare. Spesso il termine marmo è utilizzato commercialmente per indicare le rocce lucidabili,
comprese le rocce ignee e sedimentarie. In
geologia, invece, il termine marmo definisce
esclusivamente i calcari metamorfosati ed è
caratterizzato
da
equidimensionali,
che
grandi
mostrano
cristalli
il
classico
aspetto “zuccherino”. La quarzite è una roccia
non scistosa che deriva da metamorfismo di
arenarie
quarzose
e
all’apparenza
assomigliare ad un marmo (fig.21).
Fig. 21: Campione di quarzite
può
I calcescisti invece derivano da metamorfismo regionale di grado basso-medio di calcari argillosi o
marne. Queste rocce sono caratterizzate da un’alternanza di bande chiare e scure, dovute
rispettivamente alla ricristallizzazione del carbonato e delle argille.
Gli scisti verdi (o serpentiniti) e scisti blu sono rocce caratteristiche rispettivamente di
metamorfismo di basso e medio grado. Negli scisti verdi è presente il serpentino, negli scisti blu il
glaucofane. Gli scisti verdi e blu derivano da metamorfismo di lave basaltiche. Le anfiboliti sono
rocce caratterizzate dalla presenza dell’orneblenda, un anfibolo di colore verde scuro, e
avvengono per metamorfismo di grado medio-alto di lave basaltiche.
Le eclogiti sono rocce che derivano da un metamorfismo di alto grado di lave basaltiche in cui la
pressione e la temperatura sono elevate. Tale roccia è composta essenzialmente da
clinopirosseno e granato.
Infine i talcoscisti e le serpentiniti derivano da metamorfismo di basso grado di rocce ultrafemiche
e sono caratterizzati dalla presenza del talco e del serpentino, due minerali tipicamente
metamorfici.
Ciclo delle rocce
Attraverso il processo magmatico, sedimentario e igneo le rocce prendono parte ad un grande
ciclo, che prevede la loro continua trasformazione in rocce sempre diverse.
Il ciclo delle rocce denominato ciclo petrogenetico (o litogenetico) è raffigurato in maniera
schematica in fig.22. Tale ciclo permette di comprendere pienamente il significato dei tre processi
petrogenetici e il ruolo delle rocce nella storia evolutiva della Terra.
Nello schema riportato in fig.22 i percorsi che definiscono i tre processi petrogenetici sono divisi in
tre colori: rosso per il magmatico, verde per il sedimentario e celeste per il metamorfico.
Fig. 22: Schema rappresentativo del ciclo litogenetico Nei riquadri si osservano i nomi delle rocce che si formano in
ciascun processo, mentre le frecce ne indicano il legame
Il ciclo petrogenetico inizia con il magma che risalendo dal mantello si raffredda e dà inizio al
processo di cristallizzazione. Se la cristallizzazione avviene in profondità, il magma darà origine
alle rocce intrusive, mentre se avviene in superficie alle rocce effusive. Una roccia ignea che viene
a trovarsi sulla superficie terrestre sarà esposta all’azione chimica e meccanica degli agenti
atmosferici. Questa roccia sarà lentamente erosa, degradata, fratturata e presa in carico.
L’accumulo dei sedimenti sul fondo di bacini marini e la successiva litificazione porterà alla
formazione di una nuova roccia sedimentaria. Tale roccia, successivamente a movimenti della
crosta, può essere trasportata in ambienti a condizioni di temperatura e pressione diverse da
quelle d’origine. Essa può essere, ad esempio, sepolta a grandi profondità o coinvolta in processi
di formazione delle montagne (orogenesi). Le forti pressioni e temperature daranno così origine ad
una nuova roccia metamorfica. Se questa roccia viene ulteriormente sottoposta ad alte
temperature inizierà a fondere formando un nuovo magma e si tornerà al primo stadio. La massa
fusa potrà allora risalire all’interno della crosta chiudendo il processo.
Questo è solo uno dei percorsi che una roccia può fare, infatti, essa può passare da un processo
ad un altro attraverso molteplici strade (erosione, fusione, tettonica etc). Una roccia ignea
metamorfosata si può formare senza che essa sia stata alterata dai processi superficiali, oppure
una roccia sedimentaria può trasformarsi in un’altra sedimentaria subendo un nuovo processo di
alterazione senza trasformarsi in una roccia metamorfica.
Il ciclo litogenetico non è un ciclo chiuso. Il magma basaltico risale continuamente dal mantello ma
solo in parte tornerà per fusione al mantello (passando attraverso lo stadio sedimentario e
metamorfico); una parte andrà infatti ad accrescere la crosta continentale in continuo sviluppo
(seguendo lo stadio I e II). È importante sottolineare che il ciclo è considerato aperto anche per gli
scambi che avvengono con l’atmosfera e l’idrosfera. Un esempio è rappresentato dalle eruzioni
vulcaniche che apportano continuamente sostanze volatili in atmosfera.
Prova di laboratorio: il riconoscimento delle rocce ignee
Quando si osserva una roccia bisogna tener presente che la sua natura non dipende solo dalle
origini, ma dalle condizioni in cui si forma.
La struttura di una roccia è molto importante in quanto ci aiuta a discriminare i diversi tipi di rocce.
Il granito, la riolite, lo gneiss e l’arenaria hanno composizione chimica e mineralogica simile ma
hanno strutture profondamente diverse.
Per la prova si procede prendendo due rocce ignee, una plutonica e una vulcanica e si prosegue
con le seguenti osservazioni attraverso una lente di ingrandimento 10x:
1) Si osserva la roccia
2) Si descrive la struttura: presenza di cristalli e dimensioni, presenza o meno della pasta di
fondo, descrizione della pasta di fondo ( cristallina o vetrosa). Utilizzare i termini riportati nel
testo.
3) In base alle osservazioni del punto 2) si definisce l’origine della roccia (plutonica, vulcanica
o ipoabissale).
4)
Si effettua il riconoscimento dei minerali visibili ad occhio nudo o con la lente 10X.
Attraverso la prova di laboratorio effettuata nella lezione “I minerali” potranno essere
riconosciuti: quarzo, k-feldspato, mica (biotite), pirosseno, etc.
5) Si prova a classificare la roccia secondo il diagramma di Streckeisen (seguendo l’esempio
della sienite riportato nel testo).
Un procedimento analogo può essere utilizzato per riconoscere le rocce metamorfiche e
sedimentarie.