Il caro farmaco

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Caro Farmaco #presadiretta*
Cinzia Di Novi+
Torino, giugno 2015. Saverio Ventura, 55 anni, da 40 anni convive con il virus dell’epatite C,
contratto da bambino con una siringa di vetro infetta. Succedeva, un tempo, infatti, che in famiglia si
usasse la stessa siringa, sterilizzata facendola bollire. Ma il virus dell’epatite C muore solo a 150
gradi. E fare bollire una siringa non basta. Nel 1998 a Saverio venne proposto di intraprendere una
cura i con l’interferone, la terapia standard, perlopiù spesso invalidante, per la cura dell'epatite cronica
da HCV, che avrebbe comunque permesso di ottenere scarsi risultati. L'unica possibilità che sembrava
essere rimasta era quella del trapianto di fegato. Nel novembre 2014 si apre una nuova porta per
Saverio: l’Agenzia Italiana del Farmaco approva l’immissione in commercio di un nuovo farmaco
che avrebbe permesso di debellare il virus. Saverio guarisce dopo circa sei mesi di terapia. Ma accanto
al suo entusiasmo resta la preoccupazione per migliaia di cittadini italiani che non potranno accedere
alla terapia perché il farmaco per la cura dell’epatite C ha un costo ancora troppo elevato perché possa
essere somministrato a tutti i malati.
Sofosbuvir è il nome del principio attivo, mentre il nome commerciale è SOVALDI®;
prodotto e commercializzato dalla multinazionale americana Gilead Sciences che detiene il
monopolio del principale farmaco per la cura dell’epatite C ancora protetto da brevetto. Secondo i
parametri dell’AIFA solo i malati classificati come F3 e F4 possono riceverlo gratuitamente. F3 e F4
sono valori misurati con il fibroscan epatico (un apparecchio molto simile ad un ecografo) che valuta
la fibrosi del fegato misurandone la sua durezza. Solo se l’esame mostra elasticità del fegato superiore
a 10.0 che corrisponde ad una fibrosi 3(F3) o ad una cirrosi (F4) è possibile accedere alla terapia per
l’epatite C gratuitamente. Per gli altri malati, le uniche alternative sono attendere un potenziale
peggioramento della malattia o pagare il farmaco out-of-pocket. Ma non tutti se lo possono
permettere. E’ la prima volta che il SSN si trova di fronte alla decisione di scegliere chi dover curare
per mancanza di fondi.
Da uno studio epidemiologico condotto dall’Università Tor Vergata, emerge che in Italia, che
presenta una prevalenza della patologia molto più significativa rispetto al resto dei Paesi Europei,
Commento al report di Presa Diretta dal titolo “Caro farmaco” andato in onda, su RaiTre, Domenica 13 marzo 2016.
Replica
al
link:
http://www.presadiretta.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-729dab2f-5eaa-4c96-8f3fc9299dfe0cca.html?refresh_ce (attivo al 30 marzo 2016).
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Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli Studi di Pavia; email: [email protected].
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sono quasi un milione i malati di epatite C. Per anni ci si è infettati attraverso siringhe, ma anche
attraverso cure odontoiatriche, interventi chirurgici, tatuaggi con aghi non sterilizzati. E poi lo
scandalo del sangue infetto che ha riguardato il nostro Paese negli anni ‘80 e '90 che coinvolse molti
rappresentanti della sanità dell'epoca e per il quale lo Stato Italiano è stato recentemente condannato
dalla Corte europea dei diritti umani a risarcire più di 350 cittadini infettati da virus quali Aids, epatite
B ed epatite C. Durante quegli anni, infatti, furono diverse le aziende farmaceutiche che, grazie a
tangenti a politici e medici, immisero sul mercato sacche di sangue prelevate da soggetti a rischio sebbene all’epoca non esistessero test specifici - e non controllati dal SSN. Per lo scandalo, tra gli
indagati, fu accusato di “omicidio colposo” l’allora direttore del servizio farmaceutico del ministero
della Sanità, Duilio Poggiolini.
Il dibattito sul Sofosbuvir è acceso anche sul piano “politico” e la questione sostanziale resta
quella dell’accesso. Il caro farmaco ha portato a prescrizioni bloccate in alcune Regioni e in altre,
come l’Emilia Romagna, le raccomandazioni sono quelle di distinguere tra i casi gravi di tipo F3 da
quelli gravissimi di tipo F4. In particolare per i pazienti F3, in occasione dei controlli programmati,
si evidenzia la necessità di definire caso per caso, e di iniziare il trattamento solo se strettamente
necessario, rimandando la responsabilità della decisione all’epatologo.
Così anche in un sistema come il nostro a copertura universale, per alcuni pazienti sono iniziati
viaggi della speranza, verso l’India ad esempio, dove Gilead ha stipulato, nel settembre dello scorso
anno, accordi di licenza con diversi produttori che hanno sviluppato e stanno iniziando a
commercializzare delle versioni generiche del principio attivo Sofosbuvir a prezzi decisamente più
contentuti. Gilead ha invece escluso da questo tipo di accordi una serie di paesi a medio reddito con
elevati tassi di epatite C. In India, è tuttora aperta l'istruttoria sul caso Sofosbuvir. L’ufficio brevetti
indiano, infatti, ha iniziato le udienze per stabilire se l'azienda farmaceutica Gilead abbia diritto al
brevetto per il Sofosbuvir. Finora richieste di brevetto per il Sofosbuvir sono già state respinte in
Egitto, Cina e Ucraina, mentre altre opposizioni al brevetto sono state depositate in Argentina,
Brasile, Russia, Thailandia.
Un caso noto alle cronache quello di Mario Buffa, operaio forestale trentino, malato di epatite
C, ma non abbastanza grave per rientrare nei parametri fissati da AIFA per garantire l’accesso alla
terapia gratuita. Un viaggio in India di qualche mese e una guarigione con un costo totale della terapia
di circa 700 euro. Purtroppo, accanto a casi come questo, il caro farmaco sta facendo emergere un
commercio parallelo, anche on line: un canale che permette l’accesso alla terapia a costi nettamente
ridotti ma la cui sicurezza ed efficacia è discutibile. I farmaci innovativi ad alto costo possono
diventare facilmente bersaglio del mercato della contraffazione. Recentemente, la World Health
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Organization ha lanciato un allarme in proposito: sarebbero diffusi in particolare nel Sud-Est Asiatico
farmaci per la cura dell’epatite C contraffatti. In seguito a questa allerta la WHO ha chiesto a tutte le
autorità nazionali la massima attenzione e sorveglianza su questi prodotti specifici.
Ma perché Sofosbuvir costa così tanto? L’industria farmaceutica è tradizionalmente divisa in
aziende tradizionali (research-based companies) e aziende generiche (generics–based companies).
Mentre le prime investono in ricerca e sviluppo, le seconde entrano nel mercato solo quando il
brevetto scade. L’attività delle aziende farmaceutiche generiche è confinata alla produzione e
commercializzazione dei farmaci generici ossia di quei medicinali non più coperti da brevetto,
commercializzati direttamente con il nome del principio attivo. Per le aziende tradizionali, i brevetti
costituiscono uno strumento di primaria importanza per la protezione e la commercializzazione di
farmaci di ultima generazione. Gilead è un’azieda tradizionale. Sul prezzo del farmaco sicuramente
hanno inciso la ricerca e lo sviluppo. Le fasi di ricerca e di sperimentazione del farmaco possono
durare fino a 12 anni e le imprese come Gilead investono nella sperimentazione fino a 2 miliardi di
dollari in media. Il brevetto, di durata ventennale, consente di recuperare i costi della sperimentazione
e di ottenere il giusto profitto, così che le imprese tradizionali abbiano incentivo ad innovare.
Tuttavia, Gilead ha speso molto di più, e il prezzo del Sofosbuvir, va ben oltre alla cifra che permette
di coprire gli investimenti in sviluppo clinico, sperimentazioni e anche della ragionevole protezione
brevettuale.
Sofosbuvir è stato scoperto da un’altra azienda farmaceutica: la Pharmasset, una piccola
biotech americana, che contava meno di 70 dipendenti, fondata da Raymond Schinazi nel 1998. Nel
2011 la Pharmasset è stata acquistata dalla Gilead per 11 miliardi di dollari, nonostante il suo valore
di mercato si aggirasse intorno ai 3 miliardi di dollari. Per accaparrarsi la commercializzazione
esclusiva del Sofosbuvir ci fu una vera e propria corsa al rialzo! Inizialmente il mercato azionario
reagì come se Gilead avesse compiuto un grosso azzardo nell’acquisto di Pharmasset. Un timore
presto smentito: nell’arco di pochi anni Gilead ha triplicato il suo fatturato e il suo valore oggi si
aggira intorno ai 150 miliardi di dollari.
La Gilead ha introdotto sul mercato statunitense il Sofosbuvir alla fine del 2013 al prezzo di
1.000 dollari a pillola e il trattamento completo (12 settimane), in grado di eliminare la malattia, ha
un costo di circa 84.000 dollari a paziente. Prezzi elevati sono stati fissati in tutti i paesi sviluppati
anche se in molti paesi Europei, come l’Italia, l’attività delle autorità regolatorie ha proceduto a
trattative con l'azienda per strappare prezzi più favorevoli se pur in presenza di grandi ordini.
Negli USA, l’altissimo costo della terapia sta mettendo in crisi il sistema Medicaid.
programma pubblico gestito dai singoli Stati che fornisce copertura assicurativa gratuita ad alcune
categorie di poveri e che recentemente è stato revisionato ed esteso dalla riforma Affordable Care Act
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(meglio nota come Obamacare). Gli USA contano circa 3 milioni di malati di epatite C e circa metà
sono coperti da Medicaid. A causa dell’altissimo costo di Sofosbuvir, il contratto sociale alla base di
Medicaid rischia di esplodere: la copertura gratuita può essere garantita solo a pazienti estremamente
gravi per mancanza di fondi.
Il senatore democratico americano Wyden ha aspramente criticato la Gilead, accusandola di
aver anteposto il profitto alla salute dei cittadini. L’accusa è supportata da un’indagine della
Commissione Finanze i cui risultati sono stati appena resi noti. Stando alle loro stime, solo nel 2014,
il programma sanitario Medicaid avrebbe speso 1,3 miliardi di dollari tutto ciò per trattare meno del
2,5% delle persone bisognose di cure contro l’epatite C.
L’epatite C colpisce oltre 150 milioni di persone in tutto il mondo. La buona notizia è che
Sofosbuvir potrebbe salvare migliaia di vite senza ricorrere al trapianto di fegato. La cattiva notizia è
che i costi troppo elevati creano una fortissima disuguaglianza limitando la cura solo per chi può
permetterselo.
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