Il congiuntivo oggi
Lezione del 16 ottobre 2013
[Fonti: G. Antonelli, Comunque anche Leopardi diceva le
parolacce; M.S. Rati, L’alternanza tra indicativo e
congiuntivo nelle proposizioni completive; S. Pace,
L’italiano per i bambini: il doppiaggio di Peppa Pig tra
conservazione e tratti neostandard]
Si leggano queste frasi
Io credo che tu abbi in capo una mala
intenzione
Benché tu vadi per una strada… e io per un’altra
In conclusione, io ti credo che mi sii sorella
A scriverle non è stato Paolo Villaggio, né Lapo Elkann,
bensì Giacomo Leopardi nelle Operette morali.
Nell’Ottocento alcune grammatiche ritenevano
addirittura preferibile che tu vadi a che tu vada.
Era stato Bembo, nel Cinquecento, a raccomandare
l’impiego di forme di congiuntivo come questa, in
quanto a usarle erano stati gli autori classici del
Trecento. Per esempio Boccaccio:
ove che tu vadi
che su per lo tetto tu venghi stanotte di qua
Ma la lingua, come si sa, cambia nel tempo:
queste forme, prima considerate correttissime,
sono oggi ERRORI
Dunque non è giustificato il senatore Lorenzo
Bodega, che, intervenendo in Parlamento, disse
“Noi ci precludiamo la speranza che l’esito del
vertice europeo segui l’atteso cambio di rotta”;
né l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno quando,
parlando nell’aula magna di un illustre liceo della
Capitale, si lasciò sfuggire uno “spero vi servi”.
È comunque bene sapere che queste forme di
congiuntivo, che oggi sono gravi errori di sintassi,
erano utilizzate da scrittori come Boccaccio e
Leopardi.
Dunque non si può dire che una forma è
“brutta” o “bella” in sé, come spesso si
sente dire
Chi usasse congiuntivi “alla Fantozzi” non userebbe
forme “brutte” o “terribili”.
È stato solo il cambiamento della norma nel tempo a
far sì che oggi le avvertiamo come scorrette.
Molte volte, invece, si inorridisce di fronte a certe
forme, come se in gioco ci fosse una sorta di
estetica della lingua.
Ma riguardo al congiuntivo, il problema oggi
maggiormente avvertito dalla coscienza comune
è la cosiddetta
MORTE
DEL CONGIUNTIVO
(sostituito dall’indicativo)
basta che vi decidete (spot radiofonico, 2007)
vorrei una scuola che boccia (Pierferdinando Casini)
Spesso si levano veri e propri allarmi a difesa del
congiuntivo.
Prima di tutto, va detto che anche verso questo
fenomeno l’indignazione si può attenuare
ASSUMENDO UNA PROSPETTIVA STORICA.
Nel corso dei secoli, infatti, gli scrittori più illustri
hanno spesso fatto a meno del congiuntivo:
- pensando che bello era trattare alquanto d’amore
(Dante)
- per amore del quale io credo che io sono fatta
morire (Boccaccio)
- mi pare che deve essere così (Nievo, Le confessioni
d’un italiano)
- penso che è sciocco (D’Annunzio)
Ma già da diversi decenni il tema della difesa del
congiuntivo appassiona gli italiani
Negli anni ‘50 fu pubblicato un saggio dal titolo Credo
che può bastare, in cui si denunciava la sostituzione
sempre più frequente del congiuntivo con l’indicativo e
la si attribuiva all’influenza dell’italiano parlato a
Roma.
Ancora oggi si continuano ad accogliere – a volte anche
in studi specialistici – luoghi comuni, come per esempio
“i giovani usano poco il congiuntivo”.
Così, si arriva ad affermare che la
sostituzione con l’indicativo:
“è divenuta quasi la norma nell’italiano di tipo
centromeridionale,
mentre
nell’italiano
[…]
settentrionale e toscano […] è generalmente limitato ai
parlanti della fascia diastratica bassa” (G. Cocchi-G.
Ovarelli, Il blog, una forma di comunicazione giovanile).
Ma non vengono riportati dati a sostegno di questa tesi.
Invece alcuni sondaggi statistici (sul congiuntivo nei
giornali, nei testi in rete, nei fumetti) hanno rilevato
una complessiva SALUTE del congiuntivo, che dunque è
tutt’altro che morto.
Il congiuntivo tiene bene anche nel linguaggio televisivo.
Dalla fiction Elisa di Rivombrosa: basterà che vi parliate
con calma
Da I Simpson: Non sappiamo neanche di chi sia la
pistola.
Possiamo aggiungere alcuni dei numerosi esempi di
congiuntivo rintracciati nel cartone animato Peppa Pig
da Sonia Pace (tesi di laurea discussa nel 2014
all’Università “Dante Alighieri”):
Credo che sia alquanto pesante; Quale verso pensate
che possa fare un cigno?
Potremmo dire, con Antonelli, “alla faccia degli
stereotipi tanto diffusi sull’impoverimento linguistico
causato dalla televisione”…
Anche ammettendo che nei cartoni animati l’ampio
uso del congiuntivo derivi da un’attenzione
“pedagogica” alla questione,
nel 2009 i linguisti Giuseppe Patota e Valeria Della
Valle hanno provato a digitare in Google la stringa
penso che siano: i risultati erano 1.634.500, contro i
567.000 di penso che sono.
Ripetendo l’indagine nel 2014, il congiuntivo sembra
perdere un po’ terreno nelle scritture del web.
Ma, nonostante ciò, non lo si può ancora
considerare morto.
Tra l’altro, il congiuntivo domina nei testi
delle canzoni di successo
Hanno ucciso l’uomo ragno, chi sia stato non si sa (883)
Quando pensi che sian troppe le parole (Negramaro)
e tu vuoi fare qualcosa che serva / e farlo prima che il tuo
amore si perda (Manuel Agnelli)
Addirittura, come osserva Antonelli, il congiuntivo si
trova anche “in pacifica convivenza col turpiloquio
[le parolacce]”, come in Tiziano Ferro:
So solo che se ti vedessi, sarei più stronzo di ciò che ti
aspettassi
Un primo punto del nostro discorso appare
dunque chiaro: il congiuntivo non è morto
La sua sostituzione con l’indicativo sembrerebbe meno
frequente rispetto ad altre tendenze dell’italiano
contemporaneo (come la rinuncia al punto e virgola).
Dice Antonelli: “si tratta di una morte apparente, come
quelle romanzesche di Sandokan o del Conte di
Montecristo; come quelle favolose di Biancaneve o
della Bella addormentata. O forse soltanto di una morte
presunta, come quella del Fu Mattia Pascal di
Pirandello. Nonostante gli innumerevoli necrologi,
infatti, il congiuntivo continua a circolare
tranquillamente in tutta Italia (anche se forse un po’ in
crisi d’identità)”.
Il discorso sembrerebbe concluso, o
comunque sospeso
Invece c’è un altro punto di vista da cui vorrei
affrontare qui il problema. È vero che la maggior
parte di noi usa il congiuntivo. Ma siamo sicuri di
sapere davvero QUANDO VA USATO IL
CONGIUNTIVO? IN QUALI FRASI, IN QUALI
CONTESTI, E SOPRATTUTTO CON QUALI VERBI?
Infatti ci sono contesti in cui va usato il congiuntivo e
contesti in cui invece deve esserci l’indicativo.
Per esempio
So che tu sei tornato ieri.
Dico che in questa aula nessuno sta a sentire.
Sarebbe un errore scrivere, col congiuntivo,
So che tu sia tornato ieri.
Dico che in questa aula nessuno stia a sentire.
È DUNQUE IMPORTANTE CONOSCERE I CASI
IN CUI VA USATO L’INDICATIVO E QUELLI IN
CUI INVECE VA USATO IL CONGIUNTIVO.
Può sembrare incredibile ma queste regole NON SI
TROVANO NELLE GRAMMATICHE
Mentre tutti lamentano la scomparsa del congiuntivo,
nessuna grammatica si preoccupa di chiarire
dettagliatamente in quali contesti sia bene usarlo. La
questione riguarda in particolare le frasi subordinate
OGGETTIVE e SOGGETTIVE (credo che tu lo sappia; pare
che arrivino). Le grammatiche dovrebbero insistere sul
fatto che in questo tipo di subordinate l’uso del
congiuntivo o dell’indicativo dipende DAL TIPO DI
VERBO CHE SI TROVA NELLA FRASE PRINCIPALE: un
conto sono frasi rette da verbi come comandare
(comando che si faccia); un conto quelle rette da verbi
come vedere (vedo che sta bene).
Anche quando le grammatiche accennano a questo
aspetto, non specificano con quali verbi si usa (o si usi?)
l’indicativo e con quali il congiuntivo
E invece bisognerebbe dire che il congiuntivo
1) è obbligatorio coi verbi che indicano volontà e
comando (volere, ordinare, ecc.):
Voglio che tu dica.
2) è obbligatorio (ma solo in testi formali) con verbi che
indicano un’opinione (credere, pensare, ritenere ecc.):
Ritengo che si possa effettuare
Nel parlato il congiuntivo coi verbi d’opinione potrebbe
risultare forzato, artificioso; rispetto all’indicativo: dai,
penso che ormai ti puoi riposare.
3) Si usa solo in certi casi coi verbi che indicano
affermazione (dire, asserire ecc.):
- Affermavano che la situazione stesse cambiando
- dice che non si sente bene
4) Non può essere usato coi verbi che indicano una
percezione sensoriale o intellettuale (vedere,
sapere, ecc.):
- sanno che devono studiare
- mi rendo conto che la situazione non è cambiata
Ci sono poi altre categorie di verbi (come quelli che
indicano un sentimento: sono contento che…) in cui
l’uso dei due modi verbali oscilla.
In conclusione, invece che temere la
morte del congiuntivo
bisognerebbe discutere di più relativamente ai
contesti in cui va usato / non va usato. Oltre alle
fondamentali distinzioni in base al verbo della
principale (o VERBO REGGENTE), possono infatti
entrare in gioco anche altre variabili, come le
differenze tra parlato e scritto e tra testi formali e
informali.