Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
I.3
I.3.1
Idrogeologia
Sintesi delle conoscenze sulla situazione idrogeologica
delle acque sotterranee
Il modello idrogeologico della provincia di Trento è piuttosto complesso a
causa delle specifiche caratteristiche geologico strutturali e morfologiche del territorio.
La presenza di rilievi montuosi a composizione petrografica e mineralogica
sensibilmente diverse, e di profonde incisioni di origine fluvioglaciale, fa da
presupposto all'esistenza di molteplici acquiferi sotterranei che costituiscono un
patrimonio di notevole rilevanza sia sotto il profilo ambientale sia socio economico. E'
necessario evidenziare, inoltre, il fatto che molte riserve idriche sono ospitate in
serbatoi che richiedono per il loro completo rinnovamento un tempo (turn over time)
molto lungo. Queste risorse con un tempo di residenza sotterraneo superiore al
millennio costituiscono pertanto le riserve chiamate strategiche. Esse sono le risorse
che categoricamente devono essere difese da qualsiasi sfruttamento e da possibili
inquinamenti. Sono, in altre parole, le riserve dell’Umanità, così definite dalle Nazioni
Unite, durante la recente giornata mondiale dell’acqua.
I.3.1.1
Unità idrogeologiche
Le principali unità idrogeologiche inglobanti litotipi di età diversa, ma con
caratteristiche idrodinamiche simili (vedi Tabella I.3.1 e Tav. I.3.1), hanno sempre a
letto un acquiclude la cui importanza può essere puntuale o areale.
I UNITÀ
Quaternario: alluvioni recenti attuali, alluvioni antiche e fluvioglaciali spesso
terrazzate, morene rimaneggiate, detrito di falda, depositi conglomeratici e brecce
poco cementate. I depositi quaternari sono in prevalenza dotati di conducibilità
idraulica primaria, sia orizzontale, sia verticale, che varia da 10-3 m/s delle alluvioni
grossolane (es. conoide dell'Avisio, Basso Sarca) a 10-9 m/s in funzione della presenza
di livelli impermeabili limoso argillosi (es. morene). All'interno degli assi vallivi
principali (Adige, Sarca, Noce, Brenta) i depositi quaternari possono dare origine ad
un sistema multistrato con falde freatiche e falde confinate, variamente in pressione,
in funzione delle particolari caratteristiche litostratigrafiche e sedimentologiche locali.
Si sviluppano in tutte le principali valli del Trentino con spessori talora rilevanti
specialmente lungo le aste dei fiumi Adige, Avisio, Brenta, Chiese, Cismon, Noce,
Sarca.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
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Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
II UNITÀ
Miocene ed Oligocene: conglomerati a componente prevalentemente
carbonatica, calcareniti ben stratificate con intercalazioni marnose e argillose; questa
unità ha una permeabilità secondaria per fessurazione e carsismo mentre può
acquisire una permeabilità primaria limitata. La presenza di livelli marnoso-argillosi
intercalati, riduce la potenzialità degli acquiferi e può conferire anche a questa unità la
caratteristica di multiacquifero, sia pure in genere con una potenzialità idrica ridotta. A
questa unità si ascrivono i livelli marnosi dell'Eocene superiore in facies lombarda che
mancano nella serie in facies dolomitica. Si tratta, nella sua globalità, di una unità
abbastanza ridotta arealmente, localizzata per lo più nella parte meridionale del
Trentino nella conca del Basso Sarca, lungo il versante destro della Val Lagarina a sud
di Rovereto, e sull'altopiano di Brentonico.
III UNITÀ
Eocene medio e inferiore: calcari teneri ben stratificati e calcareniti dotati di
significativa permeabilità per fessurazione, mentre la permeabilità primaria è ridotta.
L'Eocene inferiore presenta una alternanza di depositi vulcano-sedimentari e marne.
Esso costituisce, dal punto di vista cronologico, il secondo acquiclude della serie
lombarda ed il primo di quella dolomitica. Tale unità si individua in aree limitate del
Trentino meridionale (Basso Sarca, Valle di Gresta, altopiano di Brentonico), in val
Giudicarie Esteriori (Ponte Arche) e ad ovest di Trento (Sardagna, Sopramonte).
IV UNITÀ
Cretacico: rocce calcaree ben stratificate con rare intercalazioni marnose
argillose, rocce dolomitiche e calcareo dolomitiche, calcari marnosi e marne calcaree.
Questi depositi danno forma ad un complesso la cui permeabilità secondaria per
fratturazione è molto elevata quando prevalgono i termini calcarei. Al contrario al
prevalere dei termini terrigeni si origina un complesso tendenzialmente impermeabile.
Il Cretacico medio rappresentato da argilliti e tufiti è il terzo acquiclude della serie
lombarda; in quella dolomitica che include anche il Cretaceo inferiore è il secondo. I
terreni di questa unità affiorano in vaste aree del territorio, nei rilievi che circondano
la Val di Non, nei massicci compresi fra il Basso Sarca, la Val di Ledro e le Giudicarie
inferiori, sugli altopiani di Folgaria e Lavarone, in Valsugana, nell'area del Tesino e
passo del Brocon e nel Primiero a sud della val Noana.
V UNITÀ
Giurassico: prevalgono i litotipi calcarei dotati di buona permeabilità
secondaria per fessurazione e carsismo. Il Dogger a calcari marnosi rappresenta il
quarto livello impermeabile della serie lombarda e di transizione, mentre risulta
assente nella serie dolomitica. Affiora in vaste aree del Trentino centro-meridionale ed
orientale formando i massicci che contornano le valli del Sarca, dell'Adige, il versante
meridionale della Valsugana, della valle del Vanoi fino alla confluenza con il Cismon.
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PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
VI UNITÀ
Retico: calcari e dolomie dotati localmente di una elevata permeabilità
secondaria per fessurazione e carsismo. Essi costituiscono i più importanti bacini
acquiferi della Provincia. Il Raibliano marnoso rappresenta il livello di base
impermeabile. Questa unità occupa la parte centrale del territorio trentino,
sviluppandosi principalmente lungo il versante destro della valle dell'Adige a nord di
Mezzolombardo e lungo quello sinistro a sud di Trento, nel massiccio del Brenta in
sinistra idrografica del fiume Chiese fino al lago d'Idro, e sul lato meridionale della
Valsugana e della valle del Vanoi.
VII UNITÀ
Norico - Werfeniano: complessi calcareo dolomitici dotati di permeabilità
secondaria per fessurazione cui si alternano locali acquicludi formati da marne e
vulcaniti. Il livello di base, il Werfeniano, costituito da siltiti, argilliti, arenarie e calcari
marnosi a granulometria fine, rappresenta il più potente complesso impermeabile
della serie idrogeologica trentina. L'unità si sviluppa principalmente sul lato
settentrionale della val di Fiemme ed in val di Fassa (Marmolada), sul versante
orientale della valle del Primiero (Pale di San Martino), in alta val di Non (Mendola) ed
in alcune aree più limitate del Gruppo di Brenta meridionale e della val di Daone.
VIII UNITÀ
Permiano - Formazione a Bellerophon - Arenarie di Val Gardena: questa unità,
pur dotata localmente di permeabilità primaria o secondaria è in generale da
considerarsi poco conducibile. Essa segue a letto l'unità precedente affiorando perciò
nella valle di Fassa, nel Primiero orientale, nella val di Daone e nelle Giudicarie. Per le
sue ridottissime doti di permeabilità, questa unità deve essere considerata l’acquiclude
regionale di tutte le unità precedenti, sia in facies lombarda, sia in facies dolomitica.
IX UNITÀ
Unità delle rocce cristalline e vulcaniche: è una unità la cui conducibilità
idraulica è generalmente molto bassa, anche se puntualmente si assiste a ridotti
veicolamenti di acqua entro le coltri eluviali di disfacimento. Questa unità non segue
l'ordine cronologico delle unità precedenti; essa si suddivide, a sua volta, in tre
sottogruppi:
a)
vulcaniti permo-triassiche, tendenzialmente impermeabili, che possono
localmente acquisire un certo grado di permeabilità secondaria per fessurazione.
La circolazione estremamente ridotta che ne risulta interessa solo la parte
corticale affiorante, e penetra, in profondità, lungo linee dislocative importanti
(es. linea di Predazzo). Le vulcaniti permiane costituiscono una parte rilevante
del territorio trentino ed hanno il maggiore sviluppo nella Piattaforma porfirica
atesina, la quale occupa tutta la valle di Cembra ed il versante meridionale della
val di Fiemme. Vanno anche ricordate le vulcaniti presenti più limitatamente sul
lato occidentale della bassa valle del Chiese.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
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Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
b)
metamorfiti che costituiscono il basamento cristallino prepermiano, relativamente
conducibili e sedi di falde di limitata estensione e potenzialità all’interno della
copertura eluviale. Le metamorfiti costituiscono gran parte del versante
settentrionale della Valsugana contornano il batolite dell'Adamello specialmente
nella val Rendeva, ad ovest di Tione (basamento cristallino prepermiano), e
soprattutto occupano tutto il lato settentrionale della Val di Sole (austroalpino).
c)
rocce intrusive terziarie e permiane, generalmente poco conducibili, che possono
essere sede, specialmente nei termini più granitici, di falde di limitata estensione
circolanti nelle coltri eluviali. Esempi più significativi sono il batolite dell'Adamello
ad ovest ed il massiccio di Cima d'Asta in valsugana.
Unità
Cronologia
idrogeologiche
Caratteristiche idrogeologiche
I
QUATERNARIO
conducibilità idraulica per porosità con alluvioni,detrito di falda,
K fra 10-1 e 10-5 cm/s
depositi morenici
MIOCENE-OLIGOCENE
conducibilità idraulica per
fratturazione e localmente per
porosità
conglomerati carbonatici,
calcareniti con intercalazioni
marnose
EOCENE SUPERIORE
acquiclude (serie lombarda)
marne
EOCENE MEDIO
conducibilità idraulica per
fratturazione e localmente per
porosità
calcari
EOCENE INFERIORE
acquiclude (serie lombarda e serie
dolomitica)
vulcaniti, marne
CRETACEO SUPERIORE
conducibilità idraulica per fessurazione calcari, calcari dolomitici e
e carsismo
marnosi
CRETACEO MEDIO ED
INFERIORE
acquiclude (serie lombarda e serie
dolomitica)
GIURESE SUPERIORE
conducibilità idraulica per fessurazione
calcari
e carsismo
GIURESE MEDIO
acquiclude (serie lombarda)
RETICO
conducibilità idraulica per fessurazione
calcari, dolomie
e carsismo
RETICO
acquiclude (serie lombarda e serie
dolomitica)
NORICO
conducibilità idraulica per fessurazione
calcari, dolomie
e carsismo
WERFENIANO
acquiclude regionale
siltiti,argilliti, arenarie, marne
VIII
PERMIANO
impermeabile, locale permeabilità
secondaria corticale
arenarie, marne,
conglomerati, argilloscisti
IX
VULCANITI PERMIANE,
MASSICCI INTRUSIVI,
COMPLESSI METAMORFICI
impermeabili, conducibità idraulica
ridotta nelle falde di limitata
estensione nella copertura eluviale
vulcaniti, magmatiti,
metamorfiti
II
III
IV
V
VI
VII
Litologia
argilliti e tufiti, scisti
bituminosi, marne calcaree
calcari marnosi, marne
scisti bituminosi
Tabella I.3.1: Unità idrogeologiche: cronologia, caratteristiche idrogeologiche e litologia.
I.3.1.2
Strutture idrogeologiche
I termini della serie idrogeologica, sono variamente articolati in elementi
geometricamente definiti, o strutture acquifere, costituiti dall'insieme roccia serbatoiosubstrato impermeabile, il cui numero e forma dipendono dai processi genetici e dalle
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PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
azioni deformative sviluppatesi nel corso della storia geologica locale. Ne consegue
che alle unità idrogeologiche descritte precedentemente, competono tipi diversi di
strutture acquifere, in funzione del tipo e grado di conducibilità idraulica, dei caratteri
deposizionali e delle deformazioni subite, che condizionano il loro assetto attuale.
I numerosi tipi di idrostrutture possono essere raggruppati nei seguenti tre
grandi gruppi:
1.
strutture delle valli sovralluvionate alpine
2.
strutture carbonatiche
3.
strutture delle coltri eluviali e dei depositi quaternari sciolti di pendio nei massicci
cristallini e metamorfici.
1.
Strutture delle valli sovralluvionate alpine a permeabilità primaria
Queste
strutture
rappresentano
una
delle
maggiori
fonti
di
approvvigionamento idrico specialmente per gli usi agricoli ed industriali.
Il materasso di terreni sciolti quaternari, che costituisce il riempimento delle
valli sovralluvionate alpine, è ben lungi dal possedere caratteri uniformi di
composizione e di permeabilità, derivando sia da depositi fluviali molto grossolani e,
quindi, molto conducibili, sia da depositi di tipo lacustre a conducibilità ridotta o
addirittura impermeabili, sia da morene di fondo generalmente con conducibilità
ridotta o assente. Ne deriva una circolazione idrica complessa secondo la potenza
della coltre quaternaria e della storia geologica locale. A piccola scala l'acquifero può
essere considerato unico; esso può al contrario essere, localmente, compartimentato,
dando origine ad un sistema multifalda, che si può evidenziare talvolta con un diverso
grado di risalienza. (vedi Tavv. III.1.2 a, III.1.2 b e III.1.2 c)
Nelle valli principali (Adige, Sarca, Valsugana, Giudicarie inferiori) il materasso
quaternario raggiunge potenze considerevoli (a Trento, ad esempio, supera i 600
metri), mentre nelle valli minori (Noce, Avisio, Cismon, Vanoi) la potenza è
nettamente inferiore. Non mancano comunque valli minori sovralluvionate come, ad
esempio, la valle del Chiese a Condino, ove l'alveo roccioso è posto ad una profondità
di oltre cento metri dal piano campagna. Tuttavia il controllo principale sulla
circolazione idrica sotterranea è fornito dalla paleomorfologia. L'erosione generata dai
ghiacciai ha dato origine ad una successione di bacini di estensione variabile, separati
fra di loro da soglie rocciose, e riempiti da depositi granulometricamente differenti. Il
ruolo delle soglie rocciose profonde condiziona la circolazione idrica sotterranea a
causa della minore sezione di deflusso sotterraneo. Esse facilitano la
omogeneizzazione delle acque sotterranee che hanno circolato lungo vie diversificate
ed accentuano lo scambio tra le acque superficiali e quelle sotterranee.
2.
Strutture carbonatiche a conducibilità per fessurazione e carsismo
Fra le strutture carbonatiche sono incluse sia le strutture tettoniche, sia quelle
stratigrafiche nelle quali la soglia idraulica è rappresentata da variazioni laterali o
verticali di facies. Fra le prime sono da annoverare la fascia montuosa che va
dall'altopiano della Paganella verso sud lungo tutta la catena del monte Bondone,
monte Cornetto, monte Stivo, monte Baldo, la parte meridionale del gruppo di Brenta
e dei monti della val di Ledro, i massicci del lato meridionale della Valsugana e del
Primiero. Fra le seconde possono essere considerate nuovamente ampie zone del
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
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Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
gruppo di Brenta, della val di Non, della val Lagarina, della val di Fassa e del Primiero
settentrionale.
Con esclusione di alcune formazioni oligoceniche o mioceniche (II unità
idrogeologica), questi massicci sono dotati di permeabilità secondaria per fessurazione
e spesso anche per carsismo, dando origine a grosse sorgenti che si evidenziano lungo
orizzonti o allineamenti ben definiti (ad esempio le emergenze carsiche della
Valsugana presso Grigno, le sorgenti della Paganella in val d'Adige). Talvolta, le
strutture carbonatiche costituiscono un sistema multiacquifero per l'esistenza di livelli
impermeabili intercalati fra quelli permeabili (es. la VII Unità idrogeologica), anche se,
in molti casi, è difficile una netta distinzione fra di essi.
I massicci cartonatici, nonostante la locale frammentarietà delle strutture,
costituiscono uno dei più importanti serbatoi idrici della Provincia di cui fino ad ora si
sfruttano solo le emergenze spontanee. Buona parte delle risorse idriche confinate in
queste strutture devono essere considerate riserve strategiche, come testimonia il
lungo periodo di soggiorno sotterraneo delle stesse.
3.
Strutture delle coltri eluviali e dei depositi quaternari sciolti di pendio nei massicci
cristallini e metamorfici
Il terzo gruppo, che interessa soprattutto le aree di affioramento del substrato
cristallino e delle vulcaniti e, subordinatamente, i depositi quaternari discontinui di
pendio e delle alte quote, include strutture di limitata estensione, dotate in genere di
modeste riserve idriche. Ove affiorano rocce cristalline, ad esempio nel massiccio
dell'Adamello, di Cima d'Asta, nella Piattaforma porfirica atesina, nelle metamorfiti
della val di Sole (VIII e IX unità idrogeologica), gli unici livelli acquiferi sono
rappresentati dagli strati superficiali di alterazione o dai depositi quaternari presenti.
Tuttavia non si possono trascurare le zone di frattura e di breccia tettonica che
possono essere serbatoi idrici di qualche rilievo (val di Genova, val Nambrone, val di
Peio). Malgrado la loro modesta entità, queste strutture rivestono una notevole
importanza economico-sociale soprattutto ai fini dell'approvvigionamento idrico di
insediamenti turistici ed agricolo-zootecnici poiché rappresentano le uniche risorse
disponibili alle quote più elevate.
I.3.1.3
Estensione delle strutture principali
Le principali strutture quaternarie sono rappresentate dalle seguenti valli:
Valle dell'Adige: costituisce un sistema multifalde solo parzialmente conosciuto
grazie ad alcune recenti perforazioni profonde. L'alveo roccioso sepolto, entro i confini
della Provincia, ha profondità variabili dai 200 ai 600 metri. Il riempimento
quaternario ha composizione variabile da zona a zona con prevalenza di materiali fini
cui si aggiungono i depositi laterali (coni di deiezione, falde di detrito, frane
postglaciali ed attuali) o le aree di conoide coincidenti con i maggiori affluenti laterali
dell'Adige (il Torrente Noce a Mezzolombardo, il torrente Avisio a Lavis, il Torrente
Fersina a Trento, il torrente Leno a Rovereto). In queste aree caratterizzate da
ambienti energeticamente diversi si rinvengono i depositi più grossolani. Tali apporti
laterali si insinuano a varie quote nelle alluvioni di fondovalle, costituendo, a seconda
della loro origine, vie subordinate di alimentazione per le falde del materasso
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PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
alluvionale o locali strutture per trappola stratigrafica. Particolarmente importante, a
questo riguardo, è il conoide del torrente Avisio presso l'abitato di Lavis, ove è
localizzato il più importante campo pozzi a servizio dell'acquedotto di Trento, con
prelievi che arrivano a circa 500 ls-1. I depositi ghiaiosi e sabbiosi hanno uno spessore
che va aumentando da monte verso valle fino a raggingere i 200 metri, presentano
una conducibilità idraulica elevata (K = 10-3 ms-1) e sono sede di una falda libera
molto importante. Il profilo trasversale del substrato roccioso mostra una profondità in
asse con un generale aumento da Salorno sino alla zona di Trento (massima
depressione) per poi decrescere raggiungendo un minimo nella zona di soglia nella
stretta di Ceraino (prov. di Verona).
Ne risulta una circolazione complessa, localmente multifalda, ma con
interscambio fra i diversi acquiferi a causa delle irregolari variazioni del substrato
roccioso (soglie secondarie) che governano la continua omogeneizzazione delle acque
sotterranee.
Occorre, inoltre, tener presente che, per la maggior parte del suo sviluppo, la
valle dell'Adige è impostata in massicci carbonatici, i quali costituiscono un notevole
bacino di alimentazione laterale per le falde di fondovalle e, soprattutto, il
"manometro" che controlla la pressione idrostatica di tutto l'insieme poroso-fratturato.
In sintesi quindi, nell’idrostruttura quaternaria della valle dell'Adige, si
evidenzia un acquifero freatico esteso a tutta la valle, di spessore limitato (massimo
50 - 60 metri), ad eccezione di alcune aree di conoide come visto in precedenza,
prevalentemente ghiaioso sabbioso, con valori di conducibilità idraulica compresi fra
10-3 e 10-5 ms-1. La falda in esso veicolata è separata dalle altre falde più profonde da
depositi fini, meno permeabili, la cui potenza è talora considerevole. In profondità
sono stati recentemente riconosciuti acquiferi significativi dotati, in genere, di buona
potenzialità e le cui acque risalgono naturalmente fino in prossimità del piano
campagna come ad esempio in alcune zone dei conoidi laterali di MezzolombardoMezzocorona, Zambana Vecchia, Lavis, Mattarello, Rovereto.
Le implicazioni pratiche di questo schema di circolazione idrica si evidenziano
sia in una valutazione molto complessa delle risorse disponibili, sia soprattutto nella
problematica relativa alla difesa dagli inquinamenti ed alla gestione delle risorse
stesse. Infatti, oltre all'intenso sfruttamento della porzione più superficiale
dell'acquifero che, in alcune aree, ha manifestato situazioni di crisi in relazione alla
limitata capacità di ricarica dello stesso, esiste il rischio che, in coincidenza delle soglie
e, soprattutto, in caso di imperfetto grado di confinamento fra le diverse falde, si
possa evidenziare una rilevante vulnerabilità dell'insieme delle idrostrutture. La
debolezza e la fragilità delle idrostrutture trova spiegazione sia nei richiami di acque
superficiali (vulnerabilità per inquinamento), sia nella depressurizzazione indotta negli
acquiferi profondi (vulnerabilità da stress). Sotto questo aspetto bisogna, inoltre,
rilevare che anche l'eventuale alimentazione delle falde da parte dei massicci
carbonatici può essere una via preferenziale d'inquinamento; ne consegue che le
stesse norme a tutela delle risorse di fondovalle dovrebbero essere estese anche a
tutta la zona di alimentazione delle strutture carbonatiche connesse con la valle
dell'Adige.
Valsugana: anche in questa valle sono presenti notevoli spessori di sedimenti
sciolti, la cui potenza risulta massima nella zona dei laghi di Caldonazzo e Levico e va
diminuendo progressivamente verso il confine orientale della provincia. Una
perforazione profonda realizzata fra Levico e Borgo ha messo in evidenza uno
spessore di materiali sciolti di circa 300 metri, con livelli grossolani profondi coperti da
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
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Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
sedimenti limoso argillosi. I depositi contengono un sistema multifalda con un
acquifero libero superficiale, potente una cinquantina di metri, il cui livello superiore è
prossimo al piano campagna ed una serie di falde confinate profonde al cui tetto è
presente un livello di limi argillosi con spessori intorno ai cento metri. I parametri
idrodinamici dell'acquifero superficiale sono riferibili essenzialmente a litotipi ghiaioso
sabbiosi con conducibilità idraulica compresa fra 10-3 e 10-5 ms-1. Le falde più profonde
sono risalienti ed il loro livello statico si posiziona a pochissimi metri dal piano
campagna attuale.
Ad est di Borgo Valsugana, ove probabilmente esiste una soglia rocciosa a
debole profondità che ha creato un bacino lacustre responsabile del deposito dei limi
argillosi citati in precedenza, le alluvioni sembrano avere uno spessore più limitato e
sono sede di una falda libera di subalveo con materiali più grossolani. Particolare
importanza meritano anche in questo sistema gli ampi conoidi alluvionali dei torrenti
che alimentano il fiume Brenta. Sia il sistema del torrente Fersina, presso Pergine, sia
soprattutto quello del torrente Centa, presso Caldonazzo, contengono acquiferi
sovrapposti e confinati che, nel caso del Centa, costituiscono una delle aree di riserva
idrica di qualità più cospicue dell'intera valle. Nell'area, infatti, sono presenti delle vere
e proprie risorgive con portate considerevoli. Anche i pozzi realizzati negli acquiferi
confinati intorno ai 40-50 metri erogano spontaneamente parecchie decine di litri al
secondo. Più ad est, nella zona di Grigno, si registrano notevoli apporti dai massicci
carbonatici, in destra idrografica del Brenta, costituiti dalle acque di base dei rilievi
carsici circostanti.
I rapporti fra la falda superficiale ed il fiume Brenta risultano alquanto limitati
nella parte alta giacché il corso d'acqua presenta una portata ridotta; al contrario essi
assumono una maggiore importanza a est di Borgo Valsugana poiché la soglia
sotterranea, presente in quel punto, ha condizionato le caratteristiche granulometriche
dei materiali alluvionali e condiziona l’interconnessione tra acque superficiali e acque
sotterranee.
Stante quindi la complessità dell'intero sistema idrico si evidenzia la necessità
di una maggiore definizione della geometria degli acquiferi e di una tutela particolare
in relazione anche ai futuri fabbisogni idrici della zona.
Valle del Fersina: la parte medio alta della valle, nella zona compresa fra
Pergine Valsugana e Civezzano, è parzialmente riempita da depositi fluvioglaciali,
generalmente grossolani, con potenza superiore a cento metri che contengono un
sistema multifalda con acquiferi anche in pressione. Essi sono attualmente sfruttati
per alimentare gli acquedotti di Pergine e Civezzano; lateralmente sono presenti delle
conoidi come quelle di Susà e del torrente Silla che contribuiscono in maniera
significativa all'alimentazione della falda principale di fondovalle. Nella parte inferiore
della valle, subito a monte dell'abitato di Trento, in località Cantanghel, il torrente
Fersina scorre entro una stretta forra, parzialmente riempita da sedimenti che
contengono un importante acquifero di subalveo captato per l'acquedotto di Trento. La
portata emunta si aggira mediamente attorno ai 100 ls-1; tuttavia la potenzialità del
sistema risulta sicuramente maggiore e potrebbe costituire una importante riserva
idrica per la città.
Valle del Chiese: nonostante le conoscenze sul sottosuolo siano ancora
abbastanza incomplete è possibile ritenere che la valle del Chiese risulti riempita da
sedimenti sciolti per spessori talora rilevanti specialmente nella parte meridionale in
prossimità del lago d'Idro come risulta dalle indagini geofisiche realizzate di recente. Il
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PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
substrato roccioso è stato individuato ad oltre 300 metri di profondità ed i materiali
presentano una granulometria alquanto grossolana analoga a quella della vicina valle
del Sarca. Essi contengono un sistema multifalda caratterizzato da una falda libera
superficiale, con spessore intorno ai cinquanta metri ed il cui livello piezometrico si
raccorda con la superficie del lago d'Idro; in profondità è ipotizzabile l'esistenza di altri
acquiferi al di sotto di un livello di sedimenti lacustri sviluppato in gran parte della
piana fra Condino ed il lago. Le falde sono alimentate principalmente dai deflussi
provenienti dal versante carbonatico in destra idrografica attraverso una serie di
conoidi alluvionali fra cui quelli del torrente Palvico presso Storo e del rio di Bondone
presso Baitoni in cui sono state riconosciute locali falde confinate.
La potenzialità della falda superficiale di fondovalle è notevole, come
dimostrano gli attingimenti in essere, specialmente nella zona industriale di Condino e
di Storo. Attualmente si può stimare un prelievo medio globale attorno ai 500 ls1
grazie anche alla buona conducibilità idraulica dei materiali più grossolani compresa
fra 10-3 e 10-5 ms-1. Tuttavia date le possibilità di interscambio col torrente Chiese e
l'assenza di un livello impermeabile superficiale continuo, la falda è scarsamente
protetta da possibili rischi di inquinamento.
Valle dell'Avisio: la valle è caratterizzata dall'esistenza di un riempimento
quaternario potente originariamente circa 300 metri che, a causa del succedersi di
numerose riprese dell'erosione fluviale, risulta oggi profondamente inciso
specialmente nella parte inferiore della valle e, conseguentemente, drenato dal corso
d'acqua. Esistono, quindi, più falde articolate in microstrutture ed ospitate nei diversi
livelli permeabili della serie idrogeologica locale; l'alimentazione deriva dai massicci
circostanti, in particolare attraverso le maggiori conoidi presenti allo sbocco delle valli
laterali. Nel fondovalle è alloggiata una falda libera la cui superficie piezometrica è in
stretta connessione con la circolazione di subalveo del fiume Avisio e si trova a pochi
metri dal piano campagna attuale. Nella parte alta e media della valle (val di Fassa,
alta val di Fiemme) prevalgono i sedimenti grossolani di natura, sia sedimentaria, sia
vulcanica, che conferiscono ai depositi sciolti una conducibilità idraulica compresa fra
10-3 e 10-5 m/s, mentre più in basso (media e bassa val di Fiemme, val di Cembra) si
riscontra la presenza di livelli più fini intercalati ai depositi grossolani che possono
delimitare qualche falda confinata. Alla confluenza fra la val di Cembra e la val d'Adige
presso Lavis è situata la conoide alluvionale con materiali grossolani ghiaioso sabbiosi
che contengono la falda libera captata dall'acquedotto di Trento come visto in
precedenza. Per quanto non abbia il potenziale idrico delle valli maggiori, la valle
dell'Avisio contiene delle falde sfruttabili entro i detriti più grossolani che alimentano
una serie di pozzi anche potabili specialmente nella piana di Predazzo e presso
Cavalese.
Valle del Noce: le valli percorse dal torrente Noce e dai suoi affluenti laterali
presentano riempimenti detritico alluvionali di spessore più limitato rispetto alle altre
incisioni trentine. In particolare le maggiori potenze si trovano nella media e bassa val
di Sole. I materiali sono generalmente grossolani e formano acquiferi per lo più liberi
collegati alla circolazione di subalveo del torrente Noce. Essi sono alimentati sia dal
corso d'acqua sia dai massicci circostanti specialmente in destra idrografica
caratterizzata, fra Dimaro ed il lago di S. Giustina, da litotipi carbonatici. La
conducibilità idraulica è in genere discreta con valori stimati fra 10-4 e 10-5 m/s. Nelle
conoidi laterali originate dai torrenti principali (Vermigliana, Noce Bianco di Peio,
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
21
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Rabbies, Meledrio, Pescara) si possono incontrare anche limitate falde confinate o
semiconfinate entro livelli a granulometria più fine.
La valle di Non, pur presentando sui due versanti importanti accumuli morenici
e fluvioglaciali, non è sede di acquiferi significativi data la notevole quantità di
sedimenti fini a bassa conducibilità idraulica e la presenza di un substrato litico
marnoso argilloso praticamente impermeabile. Le falde idriche presenti sono in genere
ridotte entro i livelli più grossolani e non presentano potenzialità significative.
Valle del Sarca: in tutto il suo sviluppo la valle del Sarca è interessata da un
riempimento quaternario che raggiunge spessori considerevoli, sia nella parte più a
nord nella piana di Sarche, con profondità intorno ai 300 metri, sia nella zona fra Arco
e Riva del Garda con potenze attorno ai 400 metri. Le perforazioni profonde realizzate
presso le cartiere di Arco e Riva del Garda e soprattutto un sondaggio profondo
eseguito recentemente nella zona di San Giorgio di Arco e spinto fino al substrato
litico hanno evidenziato la presenza di un sistema multifalda, specialmente nell'area
del Basso Sarca, con acquiferi ben distinti fra di loro e, ad esclusione della falda libera
superficiale che si estende su tutta la valle, generalmente confinati. L'alimentazione
degli acquiferi avviene principalmente attraverso apporti dai massicci laterali e dai
conoidi degli affluenti del fiume Sarca. Il fiume assume un ruolo secondario per
l'alimentazione dei depositi quaternari a seguito della quasi totale derivazione delle
acque superficiali sfruttate a scopo idroelettrico a partire da Sarche. In ogni caso, pur
mancando un deflusso superficiale significativo, permane una importante circolazione
di subalveo che interagisce con la falda freatica alimentandola o drenandola in
funzione della quota topografica. L'acquifero superficiale possiede un modesto
gradiente che tende ad annullarsi nella parte terminale della piana, in corrispondenza
della sponda settentrionale del lago di Garda, con il quale è in stretta connessione. Le
oscillazioni del livello freatico risultano modeste durante il corso dell'anno a
testimonianza del buon grado di ricarica laterale e della notevole conducibilità
idraulica compresa fra 10-3 e 10-5 ms-1.
La falda superficiale, sfruttata in maniera intensiva negli ultimi anni per
molteplici usi sia tecnologici sia agricoli, con prelievi che possono raggiungere nei
periodi estivi anche i 5 m3s-1, possiede una notevole potenzialità. Tuttavia in alcune
zone, specialmente nel centro della piana fra Riva ed Arco, la falda evidenzia dei coni
di depressione indotti dai pompaggi continui.
Per quanto concerne invece le falde profonde, attualmente non sfruttate, si
hanno solo alcune indicazioni puntuali che denotano la presenza di acque con buone
caratteristiche sia chimiche sia microbiologiche. Recenti misurazioni, effettuate in un
sondaggio profondo realizzato a San Giorgio di Arco e che ha raggiunto il substrato
roccioso alla profondità di 270 metri dal piano campagna, hanno evidenziato peraltro
una correlazione, anche se di modesta entità, con le oscillazioni stagionali della falda
superficiale.
Altre valli: le altre valli minori, almeno per quanto risulta allo stato attuale
delle conoscenze, presentano dei materassi quaternari che solo localmente
raggiungono spessori superiori ai cento metri e spesso evidenziano delle successioni di
bacini di estensione ridotta, separati da soglie rocciose. In genere sono sede di
un'unica falda freatica, prevalentemente di subalveo e strettamente correlata ai corsi
d'acqua. Con esse possono coesistere anche falde minori, talvolta confinate,
specialmente nei conoidi laterali. E' il caso delle valli del Noce Bianco, del Rabbies, del
Pescara, del Novella, della Tresenga, del Lovernatico, del Sarca di val Genova e di val
22
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Nambrone, della Roggia di Calavino, del Massangla, del Leno, del Rio Ala, della val
Canali.
Le principali idrostrutture carbonatiche sono:
Ciascuna delle strutture carbonatiche, per quanto costituisca una unità
geografica definita, è a sua volta articolata in una serie di strutture minori, con
caratteri idrogeologici propri, la cui definizione geometrica non è nota nei particolari.
In generale queste unità coprono oltre 2200 kmq, cioè circa il 35% della superficie del
territorio provinciale e contengono alcuni fra i principali sistemi acquiferi trentini.
Possono essere così schematizzati:
Complesso Garda - Gruppo di Brenta - Paganella - Roen: in questi massicci
calcareo dolomitici sono rappresentate tutte le unità idrogeologiche in cui tuttavia i
livelli impermeabili hanno sovente una estensione limitata. Inoltre la distinzione fra
facies lombarda e facies dolomitica porta ad una imperfetta separazione fra le diverse
unità e di conseguenza localmente più unità possono costituire un unico acquifero
potenziale. L'idrostruttura risulta poi articolata in strutture minori da tutta una serie di
pieghe, faglie e sovrascorrimenti che, pur non interrompendo completamente la
continuità del complesso calcareo, isolano le unità idrogeologiche superiori. Si ha
quindi una circolazione idrica complessa perché condizionata sia dagli elementi
geostrutturali che da quelli morfologici. Infatti, il massiccio calcareo costituito
localmente da una sola unità o da più unità non separate da un acquiclude, risulta
intensamente fratturato ed ospita una falda idrica continua con le caratteristiche di
falda freatica. In condizioni di giacitura suborizzontale dell'acquifero e dell'acquiclude
di letto la falda freatica tende ad assumere un andamento che segue, attenuandolo,
l'andamento della superficie topografica. Al contrario in corrispondenza di strati
variamente piegati la direzione delle immersioni controlla la direzione del flusso idrico.
In altre parole lo scorrimento sotterraneo dell'acqua è condizionato, a scala locale,
dall'assetto tettonico. In alcune aree si avrà perciò la presenza di spartiacque
sotterranei "tettonici" coincidenti con gli spartiacque superficiali. In altre zone, al
contrario, gli spartiacque "morfologici" hanno un andamento più prossimo a quello
degli spartiacque idrografici. Determinante è pure il fenomeno del carsismo,
particolarmente sviluppato nei depositi carbonatici locali, che governa le maggiori
emergenze del massiccio del Brenta (come ad esempio le sorgenti del Rio Bianco a
Stenico, dell'Acquasanta a Sporminore, dei Busoni a Campodenno, di Centonia a
Dimaro, di Vallesinella a Campiglio) ed anche della Paganella (come la Trementina a
Zambana); esse costituiscono la maggiore riserva idrica del Trentino sfruttata per
l'alimentazione di molti acquedotti ed in parte ancora sconosciuta con portata media
complessiva di oltre 5 m3s-1. La parte ancora sconosciuta di questo complesso coincide
con la zona satura dei sistemi carbonatici secondo quanto affermano i più recenti studi
sull'idrologia carsica. In questo caso il tempo medio di residenza sotterranea delle
acque sale a qualche millennio facendo questo complesso sede di una importante
risorsa strategica.
Quando esistono invece più unità separate da livelli impermeabili ben definiti,
si potranno avere anche falde idriche confinate, nelle quali le direttrici di deflusso sono
condizionate unicamente dai caratteri strutturali.
In altre parole ogni singola microstruttura presenta una circolazione idrica a
più piani, sempre drenata od alimentata dai corsi d'acqua delle valli trasversali.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
23
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Complesso Pasubio - Altopiano dei Sette Comuni: questo massiccio calcareo
dolomitico costituisce un grande serbatoio idrico, dotato di una complessa circolazione
idrica, che rientra solo in parte nel territorio provinciale. Anche questa struttura è
articolata in numerose microstrutture in relazione alla presenza di un insieme di
pieghe e faglie, le quali generano una serie di spartiacque e di assi di drenaggio
variamente orientati che convogliano il deflusso idrico in varie direzioni. Questo
massiccio sembra interessato da un sistema carsico a più piani, identificati da fasce di
sorgenti, ciascuna allineata entro un determinato intervallo di quote. A ciascuna fascia
di sorgenti dovrebbero corrispondere falde idriche distinte. Esse, pur essendo in
comunicazione attraverso gli elementi carsici verticali maggiori, le grandi linee
strutturali ed i livelli a permeabilità secondaria minore interposti, mantengono tuttavia
una identità definita.
I sistemi più alti, collegati ad un carsismo poco evoluto il cui sviluppo verticale
è subordinato mentre quello orizzontale risulta prevalente testimoniano una
circolazione essenzialmente controllata dai giunti di stratificazione. Le sorgenti
restituiscono rapidamente buona parte dell'infiltrazione efficace al deflusso
superficiale. Il tempo medio di transito delle acque è a scala stagionale, mentre quello
di residenza è dell'ordine di qualche decina di anni.
I sistemi più profondi, connessi con le unità inferiori possono invece essere
alimentati o drenati dai corsi d'acqua principali ed in particolare dal Brenta, dall'Adige
e dal Leno di Vallarsa. Parte del deflusso si sviluppa poi verso la Val d'Astico ed il
Veneto in genere.
Una conferma di questo schema di circolazione si trova nel sistema sorgentizio
dello Spino in Vallarsa, dotato di portata elevata (da 0,6 ad oltre 2 m3s-1) che è
caratterizzato da acque con temperatura sempre inferiore alla temperatura media
annua, il che dimostra una alimentazione di acque fredde che devono
necessariamente essersi infiltrate in zone o in periodi termicamente differenti da quelli
propri della sorgente.
I rapporti tra questa struttura e la struttura maggiore della valle dell'Adige,
sono poi documentati anche dalla sorgente di Acquaviva a sud di Trento che scaturisce
alla base del massiccio carbonatico della Vigolana con portate di oltre 100 ls-1.
Queste sorgenti possono essere considerate il "troppo pieno" trentino della
intera struttura carbonatica. In altre parole alla quota di queste sorgenti inizia la
cosiddetta Zona Satura carsica che oltre ad essere una risorsa strategica, gioca un
ruolo importantissimo sul mantenere costante, per passaggi di pressione più che di
massa (effetto manometro), il livello piezometrico all'interno della struttura porosa
dell'Adige e della pianura veneta.
Complesso dei Monti di Casteltesino - Imer: anche questa struttura
carbonatica, come la precedente, è articolata in microstrutture. Tuttavia questo
complesso ha un assetto più semplice anche per la mancanza di alcune unità
idrogeologiche al suo interno. Il carsismo presente si sviluppa su più livelli dei quali
solo quelli inferiori sono da ritenersi ancora attivi e sede di importanti acquiferi. Tale
struttura interessa, solo parzialmente, il territorio della provincia di Trento e mostra
un deflusso prevalente verso sud-est in corrispondenza della valle del Brenta, ove
sono localizzate alcune importanti sorgenti ad esso connesse.
Complesso delle Pale di San Martino: questa struttura interessa il territorio
provinciale solamente nella sua parte occidentale e presenta una notevole complessità
dal punto di vista dell'assetto idrogeologico. Il deflusso delle acque è tendenzialmente
24
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
profondo ed orientato principalmente verso le province limitrofe. Le emergenze idriche
più importanti sono localizzate in val Canali con portate superiori ai 100 ls-1.
Gruppo della Marmolada: questo complesso può essere definito come una
struttura geografica perché è suddiviso in tutta una serie di microstrutture nettamente
separate da solchi vallivi che raggiungono i livelli impermeabili di base. La presenza di
bacini a quote elevate, di nevai e ghiacciai contribuisce ad alimentare importanti
acquiferi entro i massicci carbonatici che a loro volta danno origine a tutta una serie di
sorgenti con discrete portate, alcune delle quali raggiungono anche i 20 - 30 ls-1. Sono
da ricordare le emergenze della valle del Soial ai piedi delle Torri del Vaiolet, della val
Duron, delle valli a monte di Canazei, della val Contrin, della val San Pellegrino.
Le principali strutture delle coltri eluviali e dei depositi quaternari sciolti di pendio nei
massicci cristallini e metamorfici
Come già evidenziato queste strutture, pur rappresentando arealmente una
parte preponderante del territorio provinciale non contengono acquiferi di significativa
importanza in funzione della ridotta permeabilità primaria e secondaria. Solo
localmente nelle coltri eluviali e nei depositi quaternari di pendio possono essere
contenute delle falde sfruttabili. Circolazioni idriche possono instaurarsi anche nelle
zone più fratturate superficiali o lungo le principali linee di discontinuità.
Le principali sono:
Massicci dell'Adamello e di Cima d'Asta: sono costituiti da rocce vulcaniche
intrusive cristalline e localizzati ad ovest il primo e ad est il secondo; possiedono solo
localmente una permeabilità secondaria per fratturazione che favorisce una
circolazione idrica piuttosto superficiale che alimenta sorgenti con portata alquanto
ridotta per lo più in concomitanza con la presenza di depositi sciolti eluviali o detritico
morenici.
Piattaforma porfirica Atesina: rappresenta una vasta parte del territorio
trentino dalla valle dell'Adige fino al confine con il Veneto nell'alta val di Fiemme con
rocce vulcaniche effusive dotate di scarsa o nulla permeabilità secondaria. Anche in
questo caso le circolazioni idriche e di conseguenza gli acquiferi sfruttabili sono limitati
alle principali linee di discontinuità ed ai depositi sciolti superficiali; in generale
comunque la disponibilità idrica in questi massicci è sicuramente inferiore e limitata a
zone particolari.
Complessi metamorfici dell'alta val di Sole: sono costituiti da rocce
metamorfiche di vario genere e come i precedenti massicci cristallini possiedono una
limitata permeabilità secondaria per fratturazione nelle porzioni più superficiali o lungo
le linee di discontinuità. Arealmente rappresentano un territorio alquanto vasto e
anche grazie alla presenza di ghiacciai e nevai in quota evidenziano numerose
circolazioni idriche che alimentano numerose sorgenti pur sempre con portate non
rilevanti.
Metamorfiti della Valsugana: sono presenti sul versante settentrionale della
Valsugana con filladi e micascisti dotati di ridotta permeabilità secondaria in quanto le
fratture presenti tendono ad essere riempite dai materiali fini di disfacimento delle
rocce stesse. Non si riconoscono acquiferi significativi, tuttavia è presente un notevole
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
25
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
numero di sorgenti legate a piccole circolazioni superficiali legate alle precipitazioni
meteoriche ed alla presenza di depositi sciolti detritico morenici.
I.3.1.4
Rapporti tra acque sotterranee ed acque superficiali
I rapporti tra le acque sotterranee e le acque superficiali sono condizionati da
fattori esterni al sistema idrologico totale, i più importanti dei quali sono il clima, gli
eventi meteorici e la struttura geologica delle unità idrogeologiche.
Tuttavia, sono i fattori interni del sistema ideologico totale, quali la geometria
e la conducibilità idraulica dell’insieme fratturato-poroso che controllano la risposta
della componente “acqua” ai fattori esterni.
Il prevalere della componente superficiale su quella sotterranea è tanto più
significativo, quanto più:
•
i bacini idrografici sono sviluppati su formazioni geologiche poco conducibili o
impermeabili (effetto canale di gronda). Lo scorrimento superficiale è, in questo
caso, sempre superiore all'infiltrazione, e, di conseguenza, anche all’infiltrazione
efficace. (esempi: versante occidentale del bacino del Chiese, medio Avisio, alto
Noce)
•
le sezioni trasversali alle valli presentano dimensioni ridotte comportando, perciò,
una minore quantità della massa d’acqua che passa dal corso d'acqua verso
l'acquifero poroso molto conducibile (effetto spugna bagnata). L’acqua,
dell’alveo, tende a raggiungere rapidamente l’equilibrio idrodinamico con l’acqua
presente nel subalveo, e di conseguenza, tutta la sezione risulta completamente
satura (esempi: Avisio fra Stramentizzo e Lavis, Cismon, alto Chiese e tutte le
zone di soglia sotterranee)
•
l’alveo insiste su un mezzo molto fratturato e/o carsico (effetto dreno
preferenziale). Il mezzo poroso raggiunge rapidamente la totale saturazione,
indipendentemente dalla geometria della sezione e della conducibilità dei depositi
fluvio-glaciali, a causa delle cospicue ricariche laterali. La diretta conseguenza è
che la portata in alveo tende a restare costante e senza perdite significative
(Sarca fra Tione e Sarche, Brenta, Noce tra Malè e l'Adige)
Sono, tuttavia, presenti anche situazioni opposte, in cui si assiste al prevalere
dello scorrimento sotterraneo su quello superficiale. Per avere tale risultato occorre
che i parametri primari giochino in maniera inversa ai precedenti, come nel caso di
una grande sezione trasversale impostata su un substrato impermeabile o di una
sezione caratterizzata, almeno in superficie, da depositi alluvionali molto fini. In
questo caso la natura può essere aiutata anche dall’attività antropica, la quale
pompando senza controllo chiama l’acqua dall’alveo verso l’area perturbata.
Nel caso della sezione di Torbole, si può tentare un bilancio dell’acqua che
defluisce in Garda come scorrimento sotterraneo, riducendo visibilmente quello
superficiale. Considerando che la sezione del mezzo poroso abbia una superficie di
900.000 m2 all’ingresso del Sarca in Garda, prendendo una porosità efficace del 10%,
una K di 10-2 m/s ed un gradiente idraulico i di 10-2 si ottiene una portata di ingresso
nel lago di circa 9 m3/s, portata elevata che trova conferma nella non eutrofizzazione
del lago, nella mancanza di una sedimentazione attuale di fronte all'arrivo del Sarca e
26
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
nel deficit di scorrimento superficiale evidenziato dallo stesso Sarca negli ultimi km del
suo percorso.
I.3.1.5
Rapporti
tra
carbonatiche
grandi
opere
sotterranee
e
strutture
Come già evidenziato in precedenza, le grandi strutture carbonatiche, presenti
sul territorio trentino, sono sede di importanti risorse idriche. Tuttavia, queste risorse
devono essere gestite con estrema attenzione, senza alcuna generalizzazione, poiché i
tempi della residenza media delle acque sotterranee variano sensibilmente da caso a
caso. Sovente, le risorse che sembrerebbero essere sfruttabili, giacché rispondono
quasi istantaneamente ai segnali meteorici, potrebbero anche essere risorse datate,
espulse dall’acquifero in seguito alla variazione del carico di pressione in zona di
ricarica. Sfruttare indiscriminatamente queste risorse sarebbe, quindi, un grande
errore di gestione, perché, in realtà, si tratta di riserve strategiche. Tutte le grandi
opere sotterranee, fino ad ora eseguite, hanno sempre inciso profondamente sulle
strutture carbonatiche, alterandone spesso gli equilibri idrodinamici, con espressive
conseguenze visibili anche a breve lasso di tempo.
Altre volte, tuttavia, le risposte rimangono racchiuse in profondità, e le
conseguenze possono anche non manifestarsi alla scala della memoria umana.
L’esempio più lampante è dato dal sottrarre acque del deflusso sotterraneo che
dovrebbero provvedere alla ricarica laterale degli acquiferi di subalveo.
Sono riportati di seguito gli esempi più importanti per ogni singola struttura
idrogeologica:
Complesso Garda - Gruppo di Brenta - Paganella - Roen
Galleria di laminazione Adige-Garda: interessa le formazioni appartenenti alla
V unità idrogeologica (Giurassico superiore) fra Mori ed il lago di Garda. La stratigrafia
e la tettonica indicano che tutta la struttura geologica sovrastante la galleria favorisce
il deflusso delle acque sotterranee verso ovest. In realtà, le aree di deflusso
sotterraneo sono due, l’area di deflusso preferenziale, data dal lago di Garda, livello di
base regionale, e l’area di deflusso secondario che si materializza nel subalveo del
Fiume Adige. La galleria, di una lunghezza di circa 10 km, ha una portata totale di 500
ls-1, pari ad una portata media unitaria di 50 ls-1 al km. La notevole quantità d’acqua
drenata dalla galleria e sottratta al suo naturale ciclo sotterraneo ha creato
conseguenze irreversibili, durante la sua costruzione avvenuta negli anni '50, sulle
strutture carbonatiche limitrofe. L’evidenza maggiore è stata il repentino
prosciugamento del bacino di Loppio; influenze minori si sono risentite, anche, sul
versante settentrionale del massiccio del Monte Baldo. Le perdite in direzione
dell’incisione valliva dell’Adige, impossibili da evidenziare, sono stimate essere circa
10 l/s.
La galleria interessa l'interfaccia zona satura - zona non satura del sistema
carsico, come dimostra l’oscillazione del livello idrico nel piezometro naturale dato dal
lago di Loppio. In altre parole, la galleria, quando la ricarica è scarsa o è nulla, drena
solamente acque della zona satura carsica. Poiché l'utilizzo della galleria è limitato
solo alle rare occasioni degli eventi alluvionali intensi del Fiume Adige (l’ultima
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
27
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
apertura fu nell'autunno 2000), l'acqua drenata dall’opera, potrebbe, normalmente,
essere utilizzata per altri usi come ad esempio l'irriguo o il tecnologico.
Valutazione dei parametri idraulici
La legge di Darcy sotto la sua forma corrente è difficilmente applicabile ad un
massiccio montagnoso attraversato da una galleria, il cui effetto dreno può essere
considerevole e che perturba tutte le linee di flusso.
Goodman et al. (1965) ( Goodman R.E., Moye D.G., Van Schalkwiyk A.,
Javandel I. Eng. Geology,2, 1, 39-56), stabilirono una formula derivata dalla legge di
Darcy e che tiene in considerazione tale effetto:
K=
Q r
 h
⋅ ⋅ ln  2 
S h
 r
ove K è la conducibilità idraulica del volume drenato, S è la superficie del
dreno, h è l'altezza media della colonna d'acqua, r è il raggio del dreno, Q è la portata
totale del dreno.
Questa relazione tra portata e conducibiltà idraulica è stata formulata per un
mezzo poroso in cui il regime permanente è rapidamente raggiunto. Assumendo che la
seconda condizione, nel caso dei tunnel esistenti, sia sempre soddisfatta,
l'applicazione di questa legge, ad un seguire mezzo fratturato, implica seguire un
ragionamento analogo a si sviluppa per un mezzo poroso. Il coefficiente di
permeabilità ottenuto, anche se non ha un grande valore fisico, ha, tuttavia, il
vantaggio di permettere una serie di confronti tra le opere in sotterraneo e le diverse
unità idrogeologiche interessate.
Valutazione della conducibilità idraulica
Le caratteristiche geometriche del tunnel Adige-Garda sono le seguenti:
r= 5 m (in media); S = 5⋅10.000⋅2 p = 3,14 105 m2
La portata globale all'uscita del tunnel è 0,5 m3/s.
Inoltre, sapendo che la galleria interessa l’interfaccia Zona Non Satura, Zona
Satura, è plausibile ritenere che la colonna d’acqua al disopra dell’opera abbia una
potenza massima di circa 10 metri, l’applicazione della formula di Goodman in queste
condizioni definisce una conducibilità idraulica media del volume drenato di 1,1 10-5
m3/s, valori coerenti con quanto trovato in letteratura.
Gallerie del sistema idroelettrico Sarca-Molveno: si tratta di una rete di gallerie
trasversali sotto i massicci del Gruppo di Brenta e della Paganella meridionale. Le
formazioni interessate dall’opera appartengono alla V e VI unità idrogeologica
(Giurassico e Retico). L’area di deflusso naturale del sistema carbonatico, su cui
insistono le condotte, specialmente quelle a pelo libero, è il tratto del Fiume Sarca fra
Tione e Sarche che chiude a meridione la struttura del Brenta. La portata totale è di
circa 3000 l/s, corrispondenti ad una portata unitaria di circa 50 ls-1 al km. Le gallerie,
che sembrano attraversare la zona non satura del massiccio, riducono notevolmente il
segnale della ricarica attuale all’interno dello stesso. Infatti, l'effetto più evidente è la
scomparsa di parte del reticolo idrografico superficiale drenato dall'opera sotterranea.
Al contrario, gli effetti sulle sorgenti al contorno non sono noti, poiché non esistono
28
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
misure antecedenti lo scavo; perciò è difficile valutare le possibili interferenze
dell’opera con le strutture geologiche.
Galleria val di Ledro: Galleria stradale all’interno delle formazioni appartenenti
alla V unità (Giurese). Il lago di Garda rappresenta l’area di deflusso preferenziale e
regionale. La galleria interessa parzialmente anche la zona satura del sistema carsico
fratturato, come testimonia la portata totale drenata dall’opera (60ls-1), pari ad una
portata unitaria di circa 20 ls-1 al km. L'effetto tangibile della galleria è stato il
prosciugamento della sorgente dello Sperone ed il drenaggio delle acque del monte
Rocchetta. In altri termini, quando la ricarica è ridotta, la componente di acqua
proveniente dalla zona satura risulta preminente.
Complesso dei Monti di Casteltesino - Imer
Galleria Monte Totoga: Galleria stradale
che interessa le formazioni
carbonatiche della V unità (Giurese) e della VI (Retico). L’area del deflusso
sotterraneo coinciderebbe con la piana di Arsiè. La portata totale è di 40 ls-1, pari ad
una portata unitaria di circa 15 ls-1al km. L'effetto è stato il drenaggio delle acque
sotterranee del monte Toboga, acque che vengono restituite più a valle nel Torrente
Cismon.
I.3.1.6
Analisi dei prossimi progetti di grandi opere sotterranee
Galleria autostrada Valdastico: Tutti i possibili tracciati eventualmente scelti
per la realizzazione di quest'opera interesseranno gli acquiferi appartenenti alla V, VI e
VII unità idrogeologica (Giurassico, Retico, Norico). La galleria attraverserebbe
sicuramente la zona satura ed anche una zona non satura, altamente conducibile,
viste le caratteristiche tettoniche dell'area ove è ubicato il fascio di fratture collegate
alla linea Schio-Vicenza. E' corretto ipotizzare, sulla base della "produzione idraulica" e
del coefficiente di permeabilità delle stesse strutture carbonatiche interessate dalle
altre grandi opere sotterranee esistenti in provincia, una portata unitaria minima di
30-50 ls-1 per km.. Tuttavia, l'effetto principale sarebbe la depressurizzazione di tutto
il sistema carbonatico dell'Altopiano di Lavarone - Folgaria e probabilmente anche del
versante occidentale del Pasubio. Il drenaggio delle acque avrebbe quindi una
ripercussione sulle risorse idriche profonde e su tutte le sorgenti che contornano la
Valdastico, la Valsugana e la Val d'Adige. Dal punto di vista strutturale, la direzione
del deflusso principale è verso il Veneto (Val d’Astico e Pianura Veneta), mentre la
zone del deflusso secondario è l’alveo dell'Adige. Anche in questo caso, come visto in
precedenza per la galleria Mori-Garda, poiché le zone di deflusso sotterraneo sono
ricoperte dai depositi quaternari della pianura e delle valli alpine, l’effetto del
drenaggio non potrà essere facilmente visibile a scala generazionale.
Collegamento viario Rovereto-Basso Sarca: viste le conoscenze geologiche del
territorio e le conseguenze ottenute dagli scavi delle gallerie circumgardesane, si
potrebbe ridurre l’impatto idrogeologico di questo collegamento solamente ponendo
igli imbocchi a quote topografiche superiori a quella della zona satura.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
29
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Galleria stradale Cles-Malè: gli acquiferi interessati appartengono alla III, IV,
V, e VI unità idrogeologica (Eocene, Cretaceo, Giurassico, Retico,). L'effetto sarebbe il
drenaggio delle propaggini nord del massiccio del Brenta con la depressurizzazione di
tutto il sistema. Il deflusso delle acque è in direzione nord ovest a causa della
presenza ad est dell'eocene marnoso (acquiclude). E' corretto ipotizzare una portata
unitaria minima di 30-50 ls-1 per km sulla base della "produzione idraulica" delle
strutture come visto per le grandi opere sotterranee esistenti.
I.3.2
Sorgenti
Sul territorio provinciale è presente un elevato numero di sorgenti distribuite
in maniera uniforme, sia in relazione all'esistenza di numerosi acquiferi, sia per le
caratteristiche strutturali dei massicci stessi (vedi Tav. I.3.2).
Nella redazione dei vari catasti realizzati a partire dal 1974 sono state rilevate
oltre 8500 sorgenti e quasi 3000 risultano captate.
Sempre in funzione delle complesse caratteristiche idrogeologiche locali si
possono incontrare praticamente tutti i tipi di sorgente, anche se in ciascuno dei
gruppi strutturali si ha uno specifico tipo prevalente.
Si possono classificare in base a caratteri idrogeologici, geostrutturali,
geomorfologici, di localizzazione, di regime, ecc.
a)
caratteri idrogeologici
•
di emergenza: si localizzano dove la superficie topografica incide la superficie
piezometrica; comprendono sia sorgenti temporanee che perenni in funzione
delle oscillazioni della falda che le alimenta. Frequentemente alimentano ruscelli
o torrenti montani e possono variare di quota appunto con le fluttuazioni
stagionali della piezometrica (es. Acquaviva a Trento, rio Verdes, Slavazzi a
Bosentino, Vena di Levico, Sbrodolera in val Lomasona)
•
di contatto: emergenze di acqua che si manifestano in affioramenti al contatto
fra formazioni acquifere permeabili e livelli impermeabili. La loro posizione è fissa
ed in genere il loro regime è perenne (Palù a Campiglio, Squero a Zuclo)
•
di trabocco: l'acqua fuoriesce dalla struttura acquifera per troppo pieno in
corrispondenza di una soglia impermeabile. Non sono ben definibili e possono
avere regime perenne o temporaneo (Sass del Diaol e Gaggiolo a Dro,
Trementina a Zambana, Salagoni a Dro)
•
di fessura: sgorgano da fessure (faglie o fratture) che fungono da canale
drenante in acquiferi dotati di permeabilità secondaria in massicci
tendenzialmente insolubili o poco solubili (Slopi a Fornace, Crepa a Predazzo,
Galleria a Riva del Garda)
•
di sbarramento: sono dovute al rigurgito dell'acqua sotterranea per la presenza
di ostacoli o strutture geologiche che si oppongono al deflusso (Rio Freddo a
Calavino, Busoni a Campodenno)
•
carsiche: geneticamente legate a rocce carbonatiche con permeabilità
secondaria. Possono essere perenni o periodiche ed in questo caso si possono
30
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
assimilare anche alle sorgenti di trabocco. La loro portata è variabile con piene
anche notevoli e tempi di ritardo ridotti (es. Centonia a Dimaro, Spino in
Vallarsa, Acquasanta a Spormaggiore, Rio Bianco a Stenico)
b)
caratteri geostrutturali e geomorfologici:
•
di sinclinale (Roggia di Taio)
•
di monoclinale (es. Rio Freddo di Calavino)
•
di trappola tettonica (es. Aguil di Vezzano, Spino)
•
di trappola stratigrafica es. (Moline di S.Lorenzo)
•
di bacino alluvionale (es. Vena, Sass del Diaol)
•
di falda detritica (es. Sbrodolera, Soial di Vigo di Fassa)
•
di terrazzo alluvionale (es. Slavazzi di Bosentino)
•
di frana (val Molini a Roverè della Luna)
c)
ubicazione
•
pendio (Centonia, Busoni, Rio Bianco, Spino)
•
terrazzo (Palù, Vena)
•
fondovalle (Sass del Diaol, Acquaviva)
d)
regime
•
perenni (Spino, Sass del Diaol, Palù, Centonia)
•
periodiche: intermittenti
(Acquasanta)
•
irregolari: intermittenti con periodi di erogazione variabili ( Rio Bianco,
Trementina)
•
effimere: con periodi brevissimi di attività in genere legati alle precipitazioni (val
Noana)
•
intumescenti: che rappresentano un caso particolare delle perenni e presentano
forti aumenti temporanei di portata; ciò accade in particolare per le sorgenti
carsiche che ricevono apporti particolari da sifoni e condotti (Salagoni a Dro,
Moline a S.Lorenzo in Banale).
con
periodi
di
erogazione
regolari
e
costanti
Nelle valli prevalgono le sorgenti di emergenza, che si manifestano talora nelle
alluvioni di fondovalle e, più frequentemente, al piede dei terrazzi e dei conoidi
laterali.
Nelle grandi strutture carbonatiche si hanno talora sorgenti di sbarramento e
di emergenza, ma anche sorgenti di contatto e soprattutto carsiche. A queste ultime,
salvo rare eccezioni, competono le portate maggiori; infatti, quasi tutte le sorgenti con
portate superiori ai 50 ls-1 appartengono a questo gruppo. Alcune fra queste
raggiungono punte notevoli come ad esempio lo Spino di Vallarsa, l'Acquasanta di
Sporminore, Centonia a Dimaro, Rio Bianco di Stenico, con portate medie da 100 a
circa 600 l/s.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
31
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
In connessione con le strutture del terzo gruppo si hanno sorgenti di
emergenza sia di pendio sia d'alveo o di terrazzo, oppure sorgenti di contatto talora in
allineamento, a tetto di livelli impermeabili intercalati nella massa dei terreni
quaternari. Localmente si hanno esempi di sorgenti di trabocco la cui soglia idraulica è
rappresentata da variazioni laterali di conducibilità idraulica. Si tratta, in genere, di
sorgenti di potenzialità non elevata; le rare
eccezioni sono rappresentate da
emergenze di strutture acquifere di limitata estensione, ubicate in prossimità di nevai
e ghiacciai. Ne consegue, quindi, che l'apporto per infiltrazione delle acque meteoriche
si sovrappone agli apporti dello scioglimento stagionale delle nevi e del ghiaccio. In
alcuni casi si possono perciò raggiungere portate attorno ai 50 l/s.
Esistono, infine, alcune strutture acquifere anche all'interno delle formazioni
rocciose poco permeabili come gli strati di Werfen, il Bellerophon, o le arenarie di Val
Gardena; la presenza di livelli e strati con permeabilità primaria o secondaria ridotta
dà luogo ad acquiferi la cui bassa potenzialità è sovente non utilizzabile, a causa del
particolare chimismo delle acque
Le sorgenti divise in base ai litotipi del substrato sono:
•
da depositi quaternari: circa 7050
•
da strutture carbonatiche: circa 890
•
da rocce effusive ed intrusive: circa 200
•
da rocce metamorfiche: circa 380
una stima precisa della portata complessiva di tutte le sorgenti rilevate non è
al momento disponibile; tuttavia è plausibile ritenere, indicativamente, che la risorsa
sia compresa fra 15 e 18 m3/s di cui almeno una decina derivante da sorgenti legate
ai massicci carbonatici. Considerando che anche parte delle sorgenti emergenti dal
quaternario sono probabilmente alimentate dalle acque circolanti nei complessi
carbonatici, risulta evidente che questi ultimi costituiscono uno dei serbatoi idrici
sotterranei più importanti nella provincia di Trento. Ovviamente i dati sopra riportati
sono da considerarsi approssimati per difetto, perché non tutte le sorgenti esistenti
nel territorio provinciale sono state rilevate e le portate misurate possono scostarsi
dalla portata media, in quanto derivano in molti casi da un'unica misura.
Si riportano di seguito alcune indicazioni sulle principali caratteristiche delle
sorgenti suddivise per bacino idrografico.
32
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Bacino Adige
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N.
N.
Area
[km2]
780
30
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
290
Alluvioni della Valle dell'Adige
III, IV, V,
VI, VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
360
Roen, Paganella, Bondone, Baldo,
Vigolana, Lessini occidentali.
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
10
Piattaforma porfirica atesina, depositi
eluviali, morenici, detritici di pendio
II, VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
50
Arenarie
Strutture acquifere
Tabella I.3.2: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino dell’Adige: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
Bacino Avisio
Sorgenti:
Unità
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N. 1.150
N.
15
Area
[km2]
Litologia
Caratteri idrogeologici
Depositi quaternari
permeabili per porosità
308
Alluvioni della Valle dell'Avisio
VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
100
Gruppo della Marmolada, Dolomiti
della Val di Fassa
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
380
Piattaforma porfirica atesina, depositi
eluviali morenici, detritici di pendio
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
134
Arenarie
I
VIII
Strutture acquifere
Tabella I.3.3: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino dell’Avisio: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
Bacino Fersina
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N.
N.
Area
[km2]
342
3
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
65
Alluvioni della Valle del Fersina
III, IV, V,
VI
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
12
Gruppo della Marzola, Calisio
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
82
Piattaforma porfirica atesina,
Metamorfiti, depositi eluviali
morenici, detritici di pendio
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
5
Strutture acquifere
Arenarie
Tabella I.3.4: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Fersina: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
33
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Bacino Brenta
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N.
N.
Area
[km2]
870
50
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
241
Alluvioni della Valle del Brenta
III, IV, V,
VI
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
253
Vigolana, Altopiano dei Sette
Comuni, Conca del Tesino
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
185
Complesso di Cima d’Asta, depositi
eluviali morenici, detritici di pendio
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
37
Strutture acquifere
Arenarie
Tabella I.3.5: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Brenta: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
Bacino Cismon
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
N.
N.
Area
[km2]
80
772
8
Strutture acquifere
Depositi quaternari
permeabili per porosità
IV, V,
VI,VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
Alluvioni della Valle del Cismon
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
10
Vulcaniti, Metamorfiti, depositi
eluviali morenici, detritici di pendio
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
15
Arenarie
109
Pale di San Martino, Pavione, Tesino
Tabella I.3.6: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Cismon: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
Bacino Vanoi
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
V, VI
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
VIII
Peliti e tufiti
N.
N.
Area
[km2]
716
2
Strutture acquifere
104
Alluvioni della Valle del Vanoi
22
Monti di Castel Tesino e Imer
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
105
Complesso di Cima d'Asta,
Metamorfiti, depositi eluviali
morenici, detritici di pendio
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
2
Arenarie
Tabella I.3.7: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Vanoi: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
34
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Bacino Leno
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N.
N.
116
2
Area
[km2]
Strutture acquifere
44
Alluvioni di fondovalle
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
III, IV, V,
VI, VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
-
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
8
122
Gruppo del Pasubio, Altopiano dei
Sette Comuni
-
Tabella I.3.8: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Leno: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
Bacino Noce
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
N. 1.640
N.
31
Area
[km2]
Strutture acquifere
Depositi quaternari
permeabili per porosità
404
Alluvioni di fondovalle
II, III, IV,
V, VI, VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
543
Gruppo del Brenta, Roen, Paganella
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
375
Adamello-Presanella, Metamorfiti,
depositi eluviali morenici, detritici di
pendio
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
42
Arenarie, Marne
Tabella I.3.9: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Noce: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
Bacino Chiese
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N.
N.
Area
[km2]
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
III, IV, V,
VI, VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
85
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
78
60
168
509
35
Strutture acquifere
Alluvioni del Chiese
Gruppo del Cadria, Tremalzo
Adamello, Metamorfiti, Vulcaniti,
Porfiroidi depositi eluviali morenici,
detritici di pendio
Tabella I.3.10: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Chiese: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
35
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Bacino Sarca
Sorgenti:
con portata sino a 10 l/s
con portata maggiore di 10 l/s
N. 1.370
N.
67
Area
[km2]
Unità
Litologia
Caratteri idrogeologici
I
Depositi quaternari
permeabili per porosità
425
Alluvioni del Sarca
III, IV, V,
VI, VII
Rocce carbonatiche
permeabili per fratturazione e
carsismo
363
Gruppo di Brenta, Paganella, Cadria,
Bondone-Stivo, Baldo, Tremalzo,
Casale
IX
Rocce eruttive e
metamorfiche
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
225
Adamello-Presanella, Metamorfiti,
Porfiroidi depositi eluviali morenici,
detritici di pendio
VIII
Peliti e tufiti
impermeabili - locale permeabilità
per fratturazione
63
Strutture acquifere
Arenarie
Tabella I.3.11: Principali caratteristiche delle sorgenti del bacino del Sarca: unità idrogeologiche, litologia, caratteri
dominanti e strutture acquifere.
I.3.3
Chimismo: principali elementi chimici delle acque
Il chimismo delle acque sotterranee trentine è assai variabile da punto a punto
essendo legato a molteplici fattori sia naturali che antropici che svolgono un ruolo
determinante sulla qualità dei vari acquiferi presenti.
Volendo proporre un quadro generale è possibile riportare in un modello
grafico a catena le seguenti variabili (Figura I.3.1).
CALCIO
MAGNESIO
PORTATA
GENESI
ASPETTO
LITOLOGIA
CAUSA
BACINO
IDROGRAFICO
UBICAZIONE
MORFOLOGICA
TIPO DI EMERGENZA
SODIO
POTASSIO
FERRO
IONE
IDROCARBONICO
REGIME
SOLFATI
TEMPERATURA
DELL’ACQUA
STRUTTURA
IDROGEOLOGICA
NITRATI
TEMPERATURA
DELL’ARIA
TIPO DI TRAPPOLA
QUOTA
CLORURI
CONDUCIBILITA’
ELETTRICA
ACIDITA’ (pH)
DUREZZA TOTALE
RESIDUO FISSO
SILICE
TIPO DI TERRENO
COMUNE
FLUORURI
FOSFATI
IONE AMMONIO
Figura I.3.1: Modello grafico a catene delle variabilicoinvolte nel chimismo delle acque sotterranee del Trentino.
36
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Nei grafici seguenti sono riportate le percentuali delle sorgenti suddivise in
base ad alcune delle principali variabili (Genesi, Bacino idrografico, Quota,
Temperatura, Portata, …).
Genesi
Il diagramma rappresenta le percentuali di sorgenti che ricadono in
corrispondenza di particolari substrati rocciosi. Si può osservare che più del 43%
affiorano su rocce di tipo sedimentario, circa il 23,5% circa su formazioni sciolte, il
14,5% su rocce metamorfiche, ancora il 14,5% su rocce magmatiche effusive e infine
una minima parte (4%) su rocce magmatiche intrusive.
2500
93.58
96.48
98.09
99.13
99.71
99.88 100.00
86.61
79.49
2000
67.80
frequency
1500
52.51
1000
35.89
19.10
500
0
A3
fNOCE
E1
SARCA
A0
A1
ADIGE
A2
FERSINA
B0
BRENTA
C0
CORDEVOLE
B2
E2
AVISIO
B1
VANOI
CHIESE
D0
CISMON
B3
SENAIGA
A4
ASTICO
ISARCO
Figura I.3.2: Chimismo delle acque sotterranee: genesi.
Bacino idrografico
Dalla Figura I.3.3 è possibile risalire ai bacini idrografici in cui la risorsa
sotterranea affiora con maggiore frequenza.
2500
93.58
96.48
98.09
99.13
99.71
99.88 100.00
86.61
79.49
2000
67.80
frequency
1500
52.51
1000
35.89
19.10
500
0
A3
fNOCE
E1
SARCA
A0
ADIGE
A2
FERSINA
B0
BRENTA
A1
AVISIO
B1
VANOI
E2
B2
CHIESE
CISMON
C0
CORDEVOLE
D0
ASTICO
B3
SENAIGA
A4
ISARCO
Figura I.3.3: Chimismo delle acque sotterranee: bacino idrografico di appartenenza.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
37
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Il 68% di tutte le sorgenti censite nel Trentino si trova nei bacini del Noce,
dell’Adige, del Sarca, dell’Avisio, del Chiese e del Fersina.
I bacini minori come quelli del Vanoi, del Cismon, dell'Astico, in quanto bacini
di piccola estensione, che interessano solo parte del territorio provinciale, o in quanto
bacini che si sviluppano su litologie poco conducibili, sono meno caratterizzati dalla
presenza di emergenze d’acqua.
Quota
La variabile “quota” consente di individuare delle fasce altimetriche entro cui
hanno origine le sorgenti. Il 50% delle sorgenti trentine risulta affiorare ad
un’altitudine compresa fra 780 m s.l.m. e 1420 m s.l.m. Il 75% delle sorgenti si trova
ad una quota inferiore ai 1420 m s.l.m., ma dati significativi sono riscontrabili sino ad
una quota di 2375 m s.l.m.
Temperatura dell’acqua e dell’aria
L’istogramma combinato della Figura I.3.4 a) mette a confronto le distribuzioni
delle temperature, relative all’acqua e all’aria. Si può osservare che le due curve si
sviluppano in maniera abbastanza difforme, sia dal punto di vista della variabilità, sia
dal punto di vista della tendenza centrale.
Quello che sembra non coincidere con le aspettative, è proprio la media delle
distribuzioni. Se si pensa che la temperatura media dell’acqua dovrebbe coincidere, a
meno di qualche grado, con quella dell’aria (eterotermia annuale), le rappresentazioni
fanno avanzare qualche riserva.
800
0.08
Variables
500
Temp. acqua
0.06
Temp. aria
200
density
Temp. acqua
0.04
100
Temp. aria
0.02
400
0
700
-12
a)
-2
8
18
Temperatura in °C
28
-10
38
0
b)
10
Temperatura in ° C
20
30
Figura I.3.4: Chimismo delle acque sotterranee: temperatura dell’aria e dell’acqua.
Essendo l’aria più sensibile dell’acqua agli sbalzi di temperatura, si potrebbe
pensare che i prelievi d’acqua vengano fatti preferibilmente nelle stagioni più calde,
causando un innalzamento medio della temperatura dell’aria, rispetto alla stessa
temperatura se riferita ad indagini distribuite più uniformemente nell’arco dell’anno
solare. La “temperatura dell’acqua”, è compreso fra 5,6°C e 8,8 °C; al di sotto di 1°C
e al di sopra di 13,6°C, quella dell'aria riguarda l’intervallo 6,6°C – 17,5°C.
Portata
Come si può osservare dai grafici della Figura I.3.5, la portata delle sorgenti
trentine varia da un minimo di qualche litro ad un massimo di 600 litri al secondo con
una media di 6,3 litri al secondo. Va rilevato che le sorgenti con una portata maggiore
38
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
di 10 litri al secondo (poco più del 3% del totale), evidenziano portate variabili da 100
a circa 600 l/s; esse bordano, di regola, le principali strutture carbonatiche (Spino di
Vallarsa, l’Acquasanta di Spormaggiore, Centonia a Dimaro, Rio Bianco di Scenico).Il
48% delle portate è compreso tra 0,5 e 4,5 l/s (Figura I.3.5 b), mentre il 25% fra
0,01 e 0,5 l/s ed il restante 24% fra 4,5 e 10 l/s. L’istogramma di frequenza (Figura
I.3.5 c) riassume la distribuzione asimmetrica delle sorgenti con portate inferiori a 10
l/s, testimoniando, ancora una volta, dello stretto legame esistente tra litologia
(generalmente litotipi poco conducibili) e deflusso sotterraneo.
0
a)
200
400
PORTATA (l/s)
600
800
0
2
4
6
8
10
b)
12
14
PORTATA (l/s)
16
18
20
22
24
600
500
400
300
200
100
0
0
5
10
c)
15
PORTATA (l/s)
20
25
30
Figura I.3.5: Chimismo delle acque sotterranee: portata.
Aspetto della sorgente
Con il carattere idrogeologico “aspetto della sorgente”, si definisce il tipo di
emergenza della sorgente in funzione della sua disposizione spaziale riferita alle
sorgenti ed alle discontinuità geologiche poste nelle loro immediate vicinanze.
Il 79% delle sorgenti (Figura I.3.6) si presenta isolato, il 17% in gruppo
intorno a discontinuità stratigrafiche o morfologiche, mentre solo il 4% delle sorgenti
appare allineato lungo faglie od altre discontinuità tettoniche.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
39
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
100.00
1600
96.05
78.66
frequency
1200
800
400
0
1
i
2
l t
3
i
i
lli
t
Figura I.3.6: Chimismo delle acque sotterranee: aspetto della sorgente.
Causa dell’emergenza
Il fattore causa descrive in forma sintetica, classificandola, la condizione
idrogeologica che determina il manifestarsi dell’emergenza d’acqua
La Figura I.3.7 evidenzia come l’86,34% delle sorgenti si formino per contatto
(stratigrafico o tettonico) e per emergenza della falda acquifera (Celico, 1990). A
questo gruppo appartengono generalmente le sorgenti caratterizzate da portate
prossime alla media. I restanti gruppi, che rappresentano insieme appena il 13, 7%
della totalità delle sorgenti, si riferiscono a sorgenti con portate molto basse (sorgenti
di fessura) o molto elevata (sorgenti carsiche e sorgenti di trabocco).
1500
95.63
98.86
100.00
86.34
frequency
1200
900
44.75
600
300
0
2
1
5
per contatto
per emergenza
della falda
di fessura
4
carsica
3
per trabocco o
sbarramento
Figura I.3.7: Chimismo delle acque sotterranee: causa dell’emergenza.
Ubicazione morfologica
L’ubicazione morfologica consente di caratterizzare una sorgente sulla base
della sua ubicazione morfologica.
40
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Con il diagramma in Figura I.3.8 si possono individuare le collocazioni più
frequentemente interessate da punti di emergenza di acque sotterranee.
Il 50% delle sorgenti trentine sono sorgenti di pendio e insieme alle sorgenti di
falda detritica costituiscono l’83% del campione. La classe meno rappresentata è
quella delle sorgenti emergenti lungo zone d’impluvio (1,4%) seguita da quella delle
sorgenti che hanno origine in corrispondenza di terrazzamenti (2,5%).
96.08
1600
100.00
98.61
89.70
83.13
frequency
1200
49.72
800
400
0
1
5
6
pendio
2
3
conoide
falda detritica
4
terrazzo
impluvio
fondovalle
Figura I.3.8: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione morfologica.
Tipo di emergenza
Il carattere relativo al tipo di emergenza, permette di classificare una sorgente
in funzione delle caratteristiche areali e dimensionali della zona di emergenza. Questo
ci consente di definire se l’acqua scaturisce da un singolo punto o se possiede più
punti di emungimento, che a seconda della dislocazione, seguono un andamento
lineare o diffuso (senza una regola prevalente).
Il digramma in Figura I.3.9 mostra una chiara dominanza delle sorgenti con
emergenza puntuale (75%), mentre le sorgenti ad emergenza lineare risultano
contenute.
1600
frequency
1200
97.00
100.00
74.79
800
400
0
1
2
3
puntiforme
diffusa
lineare
Figura I.3.9: Chimismo delle acque sotterranee: tipo di emergenza.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
41
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Regime della sorgente
Il “regime” stabilisce la possibilità che una sorgente nel corso di un anno
idrogeologico, possa presentare periodi in cui non vi è apporto idrico. La maggioranza
delle sorgenti (89%) forniscono acqua nell’arco dell’intero anno idrogeologico.
100.00
1600
88.95
frequency
1200
800
400
0
1
perenne
2
non perenne
Figura I.3.10: Chimismo delle acque sotterranee: regime della sorgente.
Struttura idrogeologica
Il tipo di struttura geologica definisce l’assetto strutturale degli strati che
costituiscono l’acquifero della sorgente.
Osservando la figura si può vedere che l’assetto strutturale monoclinale è
prevalente (96%).
400
95.89
99.12
100.00
frequency
300
200
100
0
1
monoclinale
2
sinclinale
3
anticlinale
Figura I.3.11: Chimismo delle acque sotterranee: struttura idrogeologica.
42
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Tipo di trappola
Il tipo di trappola, indica se la struttura idrogeologica che origina l’emergenza,
è di tipo tettonico, generata cioè da movimenti e deformazioni delle formazioni, o
stratigrafico, generata cioè dalla disposizione originale delle unità idrogeologiche.
Dalla figura è possibile stabilire che la trappola stratigrafica, con il 66,35%, è
la causa principale che determina il manifestarsi di una sorgente.
120
100.00
100
frequency
80
66.35
60
40
20
0
1
trappola stratigrafica
2
trappola tettonica
Figura I.3.12: Chimismo delle acque sotterranee: tipo di trappola.
La distribuzione dei principali elementi chimici presenti nelle acque sotterranee
trentine può essere così rappresentata:
Calcio (Ca++)
L'istogramma delle frequenze del calcio (Figura I.3.13) realizzato sulle sorgenti
trentine assume un andamento asimmetrico con una maggiore concentrazione per
quantità non inferiori a 50 mg/l. tale distribuzione è strettamente controllata dalla
cinetica delle interazioni acqua-roccia come si può osservare nei seguenti grafici, nei
quali sono riportate le ubicazioni delle sorgenti suddivise in funzione delle relative
concentrazioni in calcio.
500
400
300
200
100
0
0
100
200
300
CALCIO mg/l
400
500
600
Figura I.3.13: Chimismo delle acque sotterranee: Calcio.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
43
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
(X 10000)
516
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
16
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con Ca < 12 mg/l
16.3
16.6
X
16.9
17.2
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con 12 mg/l < Ca < 30 mg/l
(X 10000)
516
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
in rosso le sorgenti con 30 mg > Ca < 50 mg/l
17.5
(X 100000)
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con Ca > 50 mg/l
Figura I.3.14: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di calcio.
In particolare le emergenze con basso contenuto in calcio si concentrano in
prossimità dei complessi rocciosi vulcanici ed eruttivi della zona del Cevedale in Val di
Sole, del massiccio di Cima d'Asta in Valsugana, della piattaforma porfirica atesina ed
del gruppo dell'Adamello. La messa in soluzione del calcio da parte delle acque
all’interno di queste rocce è molto difficile e richiede tempi di interazione nettamente
più elevati dei tempi di transito sotterraneo delle acque. le sorgenti con contenuti
medio-alti in calcio si riferiscono a terreni prevalentemente carbonatici come pure
quelle con tenore superiore a 50 mg/l. La maggiore solubilità dei litotipi cartonatici
porta ad un più facile arricchimento del calcio da parte delle acque, nonostante che i
tempi medi di residenza sotterranea siano relativamente brevi. I contenuti in calcio
molto elevati corrispondono ad acque con tempo di residenza all’interno degli acquiferi
molto lungo.
Magnesio (Mg++)
La curva relativa al magnesio nelle sorgenti trentine si sviluppa con forte
asimmetria, mostrando una certa frequenza di valori relativamente piccoli e rare
situazioni con valori apprezzabili in relazione alla minore solubilità delle rocce,
specialmente dolomitiche, che sono più ricche in Mg.
44
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
600
180
500
150
400
120
300
90
200
60
100
30
0
0
0
30
60
90
120
150
180
0
10
MAGNESIO (mg/l)
20
30
40
MAGNESIO (mg/l)
Figura I.3.15: Chimismo delle acque sotterranee: Magnesio.
Dai grafici che mostrano la distribuzione del tenore in Mg nelle sorgenti è
possibile confermare il comportamento già visto per il calcio poiché i due elementi
sono costituenti fondamentali delle rocce carbonatiche che come visto rappresentano
la maggioranza degli affioramenti trentini. Di seguito vengono rappresentate le
ubicazioni delle sorgenti con i relativi tenori in Magnesio.
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
(X 10000)
516
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
17.5
(X 100000)
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
in rosso le sorgenti con Mg < 3 mg/l
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con 3 mg/l < Mg < 12 mg/l
(X 10000)
516
(X 10000)
516
514
514
512
Y
Y
512
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
X
17.2
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con 12 mg/l < Mg < 28 mg/l
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con Mg > 28 mg/l
Figura I.3.16: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di magnesio.
Le sorgenti con più alte concentrazioni in Mg si trovano in corrispondenza di
formazioni prevalentemente evaporitiche (formazione di Werfen, formazione a
Bellerophon) localizzate in alta val di Non, fra Lavis e Mezzolombardo, a Trento sud e
nel Primiero.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
45
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Sodio (Na+)
Anche il contenuto di sodio è correlato con il tempo di permanenza dell'acqua
nell'acquifero, e pertanto dipende molto dalla velocità di filtrazione e dal gradiente
idraulico.Le sorgenti a basso contenuto di sodio interessano l'intero territorio poiché,
questo elemento, contenuto in quasi tutti i minerali silicatici uniformemente presenti
nei diversi litotipi, mostra una scarsa propensione alla mobilità. Situazioni con una
certa concentrazione di sodio sono localizzabili all'ingresso della valle di Cembra, in val
di Sole, nella zona di Vetriolo-Panarotta, fra Rovereto e Brentonico ed in alta val di
Fassa, in coincidenza con la venuta a giorno di acque che avendo circolato a grandi
profondità, presentano tempi di residenza sufficientemente elevati.
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
(X 10000)
516
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
16
17.5
(X 100000)
16.3
16.6
16.9
17.2
X
in rosso le sorgenti con Na < 1 mg/l
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con Na > 3 mg/l
Figura I.3.17: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di sodio.
Potassio (K+)
La distribuzione del potassio nelle sorgenti trentine, evidenzia come per il
sodio, bassi valori in percentuale in funzione delle caratteristiche litologiche dei terreni
che lo contengono (feldspati, graniti, porfidi) prevalentemente compatti e poco
solubili. Valori più elevati si notano solo nelle sorgenti minerali (Rabbi, Peio).
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
(X 10000)
516
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
in rosso le sorgenti con K < 0,6 mg/l
17.5
(X 100000)
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con K > 3 mg/l
Figura I.3.18: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di potassio.
Ferro (Fe+)
Questo elemento è scarsamente presente nelle sorgenti trentine (Figura
I.3.19). Esistono solo alcune eccezioni identificabili in quelle sorgenti già conosciute
46
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
perché minerali (Vetriolo, Peio, Rabbi, S.Orsola). Verificando la posizione delle
sorgenti in funzione del contenuto in ferro, è possibile ammettere l'esistenza di un
legame con la struttura geologica che sottende alla sorgente. I maggiori contenuti in
Fe si hanno in corrispondenza del basamento cristallino delle Alpi Meridionali costituito
da filladi, porfiroidi e paragneiss e dell'Austroalpino nella zona del Cevedale.
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
(X 10000)
516
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
16
17.5
(X 100000)
X
16.3
16.6
16.9
17.2
X
in rosso le sorgenti con ferro
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con Fe > 5 mg/l
Figura I.3.19: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di ferro.
Ione idrocarbonico (HCO3-)
Lo ione idrocarbonico divide le acque sotterranee trentine in due grandi
famiglie indicative di acquiferi costituiti da litologie geologicamente e geneticamente
differenti. Le sorgenti con ione idrocarbonico inferiore a 50 mg/l vanno a collocarsi in
settori dove prevalgono litotipi metamorfici, magmatici e vulcanici, mentre le sorgenti
ad alto contenuto caratterizzano le aree dove prevalgono le rocce sedimentarie
carbonatiche ed evaporitiche (es. Val di Non e Val d'Adige).
(X 10000)
516
514
514
512
512
Y
Y
(X 10000)
516
510
510
508
508
506
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
16
17.5
(X 100000)
16.3
16.6
16.9
17.2
X
in rosso le sorgenti con bicarbonati < 50 mg/l
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con bicarbonati tra 50 e 100 mg/l
(X 10000)
516
514
Y
512
510
508
506
16
16.3
16.6
16.9
X
17.2
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con bicarbonati compresi tra 100 e 280 mg/l
Figura I.3.20: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di bicarbonati.
PARTE I: Quadro conoscitivo di base
47
Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
Solfati (SO4-)
Sorgenti con concentrazione di solfato >25 mg/l sono localizzate in
corrispondenza dei margini della piattaforma porfirica atesina (Valsugana-Panarotta) e
della valle dell'Adige (Lavis, Trento). Altri raggruppamenti sono sparsi lungo la valle di
Cembra , la Val di Fiemme e Fassa e nel Primiero (unità evaporitiche) ed in piccole
zone della val di Non, presso Rovereto e lungo la val Daone (unità clastiche
carbonatiche ed evaporitiche).
Tenendo conto che il valore limite per acque destinate ad uso potabile è fissato
a 25 mg/l, le acque sotterranee in provincia di Trento, con una media di circa 10,5
mg/l, sono considerate povere in solfati.
(X 10000)
516
514
Y
512
510
508
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con solfati >25 mg/l
Figura I.3.21: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di solfati.
Tenendo conto che il valore limite per acque destinate ad uso potabile è fissato
a 25 mg/l, le acque sotterranee in provincia di Trento, con una media di circa 10,5
mg/l, sono considerate povere in solfati.
Nitrati (NO3-)
Osservando la distribuzione delle sorgenti a livello provinciale si può
riscontrare che i valori più alti di nitrati si trovano lungo le vallate principali e sono
riferibili più che a specifici aspetti di ordine geologico a fattori antropici locali. Dai dati
noti risulta che mediamente le acque sotterranee trentine non sono soggette ad
inquinamento da nitrati.
(X 10000)
516
514
Y
512
510
508
506
16
16.3
16.6
16.9
17.2
X
17.5
(X 100000)
in rosso le sorgenti con nitrati >6 mg/l
Figura I.3.22: Chimismo delle acque sotterranee: ubicazione delle sorgenti in base al tenore di nitrati.
48
PARTE I: Quadro conoscitivo di base