29 aprile 1998
A4-0167/98
RELAZIONE
sull'Islam e la giornata europea di Averroè
commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione e i mezzi di informazione
Relatore: on. Abdelkader Mohamed Ali
DOC_IT\RR\352\352418
PE 221.802/def.
INDICE
Pagina
Pagina regolamentare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
A.
PROPOSTA DI RISOLUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
B.
MOTIVAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Parere della commissione per i diritti della donna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
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Su richiesta della Conferenza dei presidenti di commissione, il Presidente del Parlamento ha
comunicato, nella seduta del 20 settembre 1996, che la commissione per la cultura, la gioventù,
l'istruzione e i mezzi di informazione era autorizzata a presentare una relazione sull'Islam e la
giornata europea di Averroè. La commissione per i diritti della donna è stata consultata per parere
il 15 maggio 1997.
Nella riunione del 4 giugno 1996, la commissione aveva nominato relatore l'on. Mohamed Ali.
Nelle riunioni del 14 aprile 1997, 25 settembre 1997, 25 febbraio 1998, 21 e 22 aprile 1998 ha
esaminato il progetto di relazione.
Nell'ultima riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione con 22 voti favorevoli e 3
astensioni.
Erano presenti al momento della votazione gli onn. Pex, presidente; Hawlicek e Ahlqvist,
vicepresidenti; Mohamed Ali, relatore; Añoveros Trias de Bes, Augias, Banotti, Colombo Svevo (in
sostituzione dell'on. Escudero), Daskalaki (in sostituzione dell'on. Boniperti), De Esteban Martin (in
sostituzione dell'on. Fontana), Fontaine, Guinebertière, Günther (in sostituzione dell'on. Vaz da
Silva), Heinisch, Kerr, Kuhne, Leperre-Verrier, Mouskouri, Pack, Perry, Ryynänen, Sanz Fernandez,
Seillier, Taubira-Delanon e Todini (in sostituzione dell'on. Poisson).
Il parere della commissione per i diritti della donna è allegato alla presente relazione.
La relazione è stata depositata il 29 aprile 1998.
Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno della
tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.
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A.
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
Risoluzione sull'Islam e la giornata europea di Averroè
Il Parlamento europeo,
-
visto l’articolo 148 del suo regolamento,
-
viste la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e la Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo,
-
vista la sua risoluzione del 23 luglio 1982 sulla fondazione di un'università euro-araba (1),
-
viste le dichiarazioni conclusive delle Conferenze euro-mediterranee di Barcellona, del 28
novembre 1995, e di Malta, del 16 aprile 1997,
-
vista la sua risoluzione del 3 ottobre 1995 sulla politica mediterranea dell'Unione europea
in vista della Conferenza di Barcellona (2),
-
visti i risultati dell'audizione su "l'Islam e l'Europa: punti di convergenza", organizzata il 28
gennaio 1997 dalla commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione e i mezzi di
informazione,
-
vista la sua risoluzione del 6 maggio 1994 sulle violazioni delle libertà e dei diritti
fondamentali delle donne (3),
-
vista la Convenzione delle Nazioni Unite, del 1979, sull'eliminazione di tutte le forme di
discriminazione nei confronti della donna,
-
vista la Piattaforma d'azione della quarta Conferenza mondiale delle donne organizzata dalle
Nazioni Unite a Pechino nel 1995,
-
vista la sua risoluzione del 9 maggio 1996 sul 1997: Anno europeo contro il razzismo(4),
-
vista la raccomandazione 1162 (1991) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa
e la direttiva n. 465/1991 del Consiglio d'Europa sul contributo della civiltà islamica alla
cultura europea,
-
visti la relazione della commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione e i mezzi di
informazione e il parere della commissione per i diritti della donna (A4-0167/98),
(1)
(2)
(3)
(4)
GU C 117 del 30.4.84, pag. 165.
GU C 287 del 30.10.95, pag. 77.
GU C 205 del 25.7.94, pag. 489.
GU C 152 del 27.5.1996, pag. 57.
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A.
considerando che la società europea poggia su basi pluriculturali, plurietniche e plurireligiose
che sono parte essenziale del suo patrimonio e della sua identità pluralistica e considerando
altresì il suo profondo attaccamento ai valori della libertà, del pluralismo, della democrazia
e dei diritti umani nonché della tolleranza, del riconoscimento e del rispetto dell'altro, come
sancito nella Convenzione europea e nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti
dell'uomo,
B.
considerando che le culture islamica e occidentale si sono vicendevolmente arricchite con
influenze reciproche nei settori delle scienze e delle arti,
C.
valutando l'importanza e la necessità che un inserimento armonioso ed un'integrazione
riuscita di questa popolazione in seno alla società europea rappresentano sia per i musulmani
che per l'Unione e i suoi Stati membri,
D.
considerando che i riferimenti all'identità e le espressioni associative di buona parte degli
appartenenti alla prima generazione di immigrati di cultura islamica si situavano per lo più
in un contesto etnico-nazionale legato al paese d'origine, ma che le generazioni successive
rivendicano sempre più il riconoscimento pieno e integrale della loro appartenenza alla
società europea e, nel contempo, della loro origine nazionale nonché della loro identità
culturale pluralistica,
E.
considerando che la conoscenza reciproca della società europea e della cultura islamica è un
elemento importante della cooperazione con i paesi di cultura islamica, in particolare quelli
della sponda meridionale del Mediterraneo,
F.
considerando che i valori filosofici, religiosi, culturali, etici e civici sono elementi di
identificazione di tutti i gruppi sociali,
G.
considerando l'importanza di approfondire la reciproca conoscenza delle culture e delle
civiltà della società mediterranea nell'ambito del partenariato euro-mediterraneo, stabilito a
Barcellona nel novembre 1995 e a Malta nell'aprile 1997, tramite la promozione di scambi
culturali e lo studio delle lingue, nonché mediante incontri fra i rappresentanti delle varie
religioni, allo scopo di agevolare il mutuo rispetto e la cooperazione,
H.
considerando in tale contesto che l'attuazione di una politica e di azioni comunitarie a favore
della parità fra uomini e donne rafforzerebbe il ruolo essenziale svolto dalla donna quale
fattore d'integrazione e ciò soprattutto in quei settori della vita privata e pubblica in cui i
principi democratici sono calpestati e il degrado economico e sociale è causa di fenomeni di
povertà e di esclusione sociale,
I.
considerando che i partecipanti alla Conferenza di Barcellona hanno richiamato l'attenzione
sul ruolo chiave della donna nello sviluppo della regione mediterranea e si sono impegnati
a promuoverne la partecipazione attiva e paritaria alla vita economica e sociale e alla
creazione di posti di lavoro,
J.
considerando l'opportunità di cogliere l'occasione offerta dalla celebrazione dell'ottavo
centenario della morte di Averroè per evidenziare quanto precede e gettare le basi di un
nuovo approccio del problema,
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1.
propone che la Commissione europea organizzi un colloquio per celebrare l’ottavo centenario
della morte di Ibn Rushd (Averroè) e l'attualità della sua riflessione;
2.
reputa essenziale rafforzare la cooperazione fra l'Unione europea e il Consiglio d'Europa nel
quadro del dialogo interculturale europeo con i paesi islamici e rappresentanti democratici
non governativi della cultura islamica;
3.
sottolinea la necessità che l'Unione definisca gli elementi essenziali di un dialogo intenso e
continuo con i paesi e i gruppi socialmente rilevanti all'interno del mondo islamico, con
l'obiettivo di rafforzare e sviluppare tutte le tendenze democratiche e pluraliste ove esse
ancora non esistono;
4.
ribadisce la propria convinzione che il partenariato euro-mediterraneo, lungi dal limitarsi agli
aspetti economici, sociali o di sicurezza, deve altresì riservare un'attenzione particolare agli
aspetti culturali;
5.
ritiene che la finalità di tale dialogo sia di pervenire al riconoscimento dello Stato di diritto
e del rispetto dei diritti umani, ciò che implica una separazione netta fra la legge dello Stato
e i precetti religiosi, condizione indispensabile per il rispetto dei diritti e delle libertà in una
società multiculturale ed etnicamente composita;
6.
attribuisce un'importanza fondamentale al fatto che i paesi di cultura islamica diano avvio
ad un processo di autentica secolarizzazione e democratizzazione, basato sulla
partecipazione, che tenga conto delle aspirazioni e delle richieste della società civile e dei
suoi rappresentanti, del rispetto dei diritti fondamentali della persona, della parità giuridica
ed effettiva fra uomini e donne, e assicuri che i diritti delle minoranze linguistiche, religiose
ed etniche negli Stati islamici siano rispettati allo stesso modo dei diritti dei musulmani ove
questi sono la maggioranza della popolazione;
7.
rammenta che la Conferenza mondiale del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo e la
Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne tenutasi a Pechino hanno riconosciuto
e rivendicato il ruolo cruciale della donna nello sviluppo socio-economico della società, la
necessità della sua autodeterminazione in tutti i settori della vita pubblica e privata, il suo
accesso alla formazione e al perfezionamento professionali, all'occupazione e alla carriera
nonché ai servizi sanitari, come pure il suo diritto ad un ambiente fisicamente sano, al fine
di garantirne l'autonomia economica e sociale, la libertà personale e l'integrità;
8.
condanna ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e gli attentati alla loro
libertà individuale e alla loro integrità fisica nelle varie società, allorché esse subiscono
costrizioni in materia di abbigliamento, punizioni corporali e mutilazioni sessuali, sono
ripudiate e considerate esseri inferiori, vedono limitata la loro autonomia all'interno della vita
di coppia, familiare e sociale, sono ostacolate nel loro impegno e nella loro volontà
d'integrazione, e sono discriminate per quanto riguarda il lavoro e gli alloggi, nonché
nell'esercizio dei diritti civili in genere;
9.
chiede un sistematico inserimento delle pari opportunità fra uomini e donne, nel senso del
cosiddetto mainstreaming, in tutte le politiche dell'UE concernenti i rapporti con i paesi
islamici;
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10.
condanna l’autoesclusione di talune comunità islamiche rispetto a determinate discipline di
insegnamento e sottolinea che i sistemi scolastici pubblici obbligatori degli Stati membri che sono oltretutto strumenti insostituibili d'integrazione e di accoglienza - devono essere
rispettati e che occorre quindi applicare il principio della laicità nei sistemi d'istruzione;
11.
invita la Commissione europea a
12.
a)
presentare programmi concernenti la mobilità di artisti e responsabili culturali, così
come programmi comuni di formazione per professori, giornalisti e addetti culturali,
nonché a promuovere lo svolgimento di seminari universitari e a favorire la
coproduzione di materiale audiovisivo;
b)
intensificare le attività relative ai settori dell'istruzione e dell'insegnamento nel
quadro del programma MEDA;
c)
proporre l'attuazione di programmi di scambio di studenti e docenti nel quadro di una
cooperazione universitaria fra l'Europa e il Mediterraneo;
d)
agevolare i contatti fra la stampa dei paesi del bacino Mediterraneo e i servizi stampa
dell'Unione europea e promuovere i mezzi di informazione comuni diffusi su
entrambe le sponde del Mediterraneo;
e)
studiare il modo per rafforzare e tutelare durevolmente il ruolo della donna nelle
società islamiche, in considerazione della sua grande importanza ai fini dello
sviluppo socio-economico, nonché le sue possibilità di partecipazione a livello
politico, economico e sociale, in un'ottica di parità dei sessi, e di avviare e sostenere,
sulla base dei risultati di tale studio, le necessarie azioni di cooperazione con i paesi
islamici;
f)
promuovere attivamente l'istituzione di un'università euro-islamica in un luogo
adeguato sul territorio dell'Unione europea, la quale oltre a dedicarsi
all'insegnamento e alla ricerca nei campi delle discipline attinenti contribuisca
soprattutto, attraverso i valori e i metodi ("igtihad") dell'Islam, a configurare e
strutturare un Islam europeo moderno, consapevole di sè e liberale per i musulmani
in Europa;
invita gli Stati membri dell'Unione europea a
a)
rafforzare e valorizzare la conoscenza della civiltà e della cultura del bacino
Mediterraneo;
b)
agevolare le possibilità di espressione delle comunità islamiche nei mezzi di
comunicazione pubblici alle stesse condizioni delle altre confessioni religiose e nel
medesimo rispetto dei principi democratici e di tolleranza reciproca a condizione che
anch'esse rispettino la separazione tra potere temporale e spirituale;
c)
promuovere la formazione professionale e scientifica degli imam e degli altri leader
religiosi in Europa;
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13.
d)
esaminare la possibilità di mettere a disposizione della popolazione musulmana
luoghi e strutture adeguate per la celebrazione dei suoi riti religiosi e funebri;
g)
agevolare l'apprendimento dell'arabo come lingua viva e promuovere attivamente
nelle università europee la ricerca e l'educazione nel campo della cultura, della storia,
della politica e delle società islamiche;
incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio dell'Unione, alla
Commissione europea, ai governi e ai parlamenti nazionali, ai governi dei paesi terzi che
partecipano al partenariato euro-mediterraneo, al Consiglio d'Europa nonché all'UNESCO.
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B.
MOTIVAZIONE
1.
Averroè e la celebrazione della sua "Giornata europea"
"E vidi ...
Averrois, che il gran comento feo"
Dante, Inferno IV 139-144
E’ ben angusto il cammino del relatore che deve affrontare l’ostica questione dell'Islam e di Averroè
rischiando a ogni passo di incontrare impedimenti o di uscire dalla retta via! L'errore è senz'altro
quello di prendere le cose alla lettera, giacché ISLAM si scrive in un modo solo; senonché con la "I"
maiuscola indica la civiltà e con la "i" minuscola si riferisce alla "religione della sottomissione".
Deriva da qui la difficoltà provata da tutti nell'alludere alla religione parlando dell'ISLAM ma anche
il rischio, per un altro verso, che nel patrocinare una giornata di Averroè si ometta di parlare
dell'islam e dei musulmani europei.
Per cercare di scongiurare questi rischi, il relatore seguirà una strada diversa e in primo luogo
cercherà di familiarizzare i lettori con Averroè portandoli con la fantasia al ... cinematografo, per
vedere il film "Le Destin" di Youssef Chabine. Le belle immagini, accompagnate da musica e danza,
consentiranno di seguire la storia di Al Mansur, visir di Cordova, dello sceicco Riad e di Averroè.
E’ che prima di vedere il film, pochi di noi conoscevano la vita del cadí di Cordova, medico degli
emiri Yusuf e Al Mansur, e filosofo: attaccato dai partigiani dell'ortodossia religiosa più stretta,
caduto in disgrazia, esiliato, successivamente riabilitato, si spegne il 10 dicembre 1198 ed è ricordato
come il primo medico della Corte di Marrakech e lo spagnolo che ha lasciato nella storia l'impronta
più profonda sul pensiero umano(1).
Mi si consenta comunque di aggiungere alcuni dati storici per completare la figura di quest'uomo
che l'Occidente ha conosciuto attraverso la traduzione latina dei suoi commenti a praticamente tutti
i trattati del corpus aristotelico, chiamandolo semplicemente "il commentatore".
Va detto che il nostro personaggio nacque nel 1126 (il 520 del calendario musulmano) con il nome
di Abu-l Walid Muhammad ibn Ahmad ibn Rushd, da cui si capisce perché sin dal Medioevo
preferiamo il nome, tra l'altro molto più breve, di Averroè, così come preferiamo chiamare
Avicenna l'altro grande filosofo islamico Ibn Sina.
Cadí, medico di Corte e filosofo, Averroè si colloca alla confluenza di tre prospettive dottrinali: la
teologia musulmana, che rifiuta ma conosce e critica dall'interno, la rivelazione coranica e la
filosofia di Aristotele, che accetta, sia l'una che l'altra, nella loro interezza come espressioni diverse
della verità. Scrisse altresì opere di esegesi coranica e commenti sulla teologia, l'astronomia, la
fisica, la matematica, la grammatica, ecc. ... Razionalista, Averroè postulava l'unità filosofica
soggiacente in ogni cosa umana e opinò che, se il Corano è infallibile, la filosofia deve lottare per
(1)
Dizionario della civiltà musulmana, LAROUSSE PLANETA, Barcellona, 1996.
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perseguire l'unità della verità(1). Tirando le somme ciò significa, così come ci segnala il Larousse,
che occorreva interpretare tanto ciò che è ragione quanto ciò che è rivelazione, anche se entrambi
i concetti sono equiparabili in quanto fonti della verità.
Destino singolare quello di Averroè, che fu ben conosciuto e rispettato nell'Occidente cristiano e
tradotto in ebraico e in latino(2) da ebrei e cristiani quantomai interessati a preservarne il pensiero.
San Tommaso d'Aquino ne fu influenzato, anche se nella sua "Summa contra Gentiles" lo confuta,
giacché Averroè concedeva alla filosofia uno spazio di totale autonomia nei confronti della teologia:
siccome le due scienze possiedono sfere autonome di speculazione, vanno entrambe considerate
veritiere, mentre per San Tommaso la filosofia è subordinata ("ancilla") alla teologia.
Attualmente, tra l'altro anche grazie a questo film, siamo al corrente delle sue vicissitudini, delle
reazioni che suscitò il suo violento attacco ai teologi di bassa lega - che egli accusava di imporre il
proprio pensiero mediante tendenziose manipolazioni della fede e di aver annientato l'esegesi
letteraria senza averla sostituita con la certezza scientifica - della sua reputazione di sulfureo
irreligioso, talvolta caricaturizzata come ateismo, e della seriore incomprensione del suo pensiero,
come già segnalava Renan.
Tuttavia si può affermare che Averroè ebbe un'influenza non indifferente sulla scolastica medievale
e che in particolare Ruggero Bacone è "averroista". Senonché, a differenza degli scolastici "i cui
pensieri, come diceva Hegel, ’poggiano su una premessa e non sul pensiero stesso’, il filosofo
cordovano costruisce il pensiero sulla base del pensiero stesso"(3 ). Osservando che Averroè critica
i sufi per aver disatteso la via speculativa e colloca la beatitudine nella perfezione del sapere, ci si
sente portati a rammentare Spinoza.
Il fatto che le sue opere siano state messe al rogo ci fa pensare a tutti gli altri roghi che costellano
la nostra storia ogni qualvolta il libero pensiero si erge contro l'oscurantismo, la religione prende il
sopravvento sulla scienza e la creazione artistica viene castigata per la sua autonomia rispetto alla
realtà. Averroè, Giordano Bruno, Galileo, Rushdie ... nell’avvicinarci a loro comprendiamo meglio
l’esortazione di Salman Rushdie: "Non è forse giunta l'ora di raccoglierci sotto la bandiera di Ibn
Rushd e marciare in avanti sotto di essa? Non è forse giunta l'ora di sancire che al giorno d'oggi
queste idee sono universalmente adeguate, per il mendicante come per il principe?"(4).
Nel considerare i dottori della legge responsabili di tutti i mali dell’epoca, a maggior ragione poiché
si pronunciavano in merito a problemi di cui non erano a conoscenza, Averroè ci dà una lezione di
intelligenza, mostrandoci dove nasce l'intolleranza. Esso può essere comparato alle tante altre
persone di tutti i tempi che han pagato un alto prezzo per la conoscenza della scienza, la sincerità
del linguaggio, la coerenza degli argomenti, diventando vittime del principe quando questi,
sentendosi minacciato, è sceso a patti col partito dell'oscurantismo. Come fece l'emiro Al Mansur
che, ossessionato dalla "Reconquista", cedette ai giuristi che in nome di un rigido legalismo e di una
teologia "letteralista" esercitavano una potente influenza sul popolo. Non mancano esempi di ieri e
anche di oggi nelle varie parti del mondo in cui questo rigido legalismo e la certezza "teologica"
(1)
(2)
(3)
(4)
Dizionario della civiltà musulmana, LAROUSSE PLANETA, Barcellona, 1996.
Il commento sul trattato dell'anima ci è pervenuto in latino e non in arabo.
"Al encuentro de Averroes", Edizione di Andrés Martínez Lorca, Casa editrice Trotta,
Madrid, 1993.
Dichiarazioni riportate da "Le Monde" del 16 ottobre 1997.
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hanno a che vedere con l'ideologia e con i testi fondamentali. Lo "scandalo" della modernità di
Averroè è anche un monito permanente affinché superiamo i nostri condizionamenti mentali, i nostri
pregiudizi e i nostri stereotipi che falsano la nostra percezione dei fatti attuali e passati.
Dobbiamo essere coscienti che in periodi turbolenti, come quello in cui visse Averroè, caratterizzato
dalle guerre civili e dai capi clan ("re di Taifas"), il potere s'irrigidisce, diventa intollerante, cede alle
pressioni del legalismo, "alla legge e all'ordine". E' quanto avviene fino alla metà del XII secolo
nell'Andalusia islamica ("Al Andalus"), luogo, tuttavia, di profondissima cultura, di tolleranza e di
convivenza senza pari in Europa tra musulmani, cristiani ed ebrei. Ciò spiega come mai nel 1148
il grande saggio ebreo Maimonide lasciò Cordova alla volta del Cairo, dove nonostante tutto diventò
il medico di Saladino.
Celebrare una "Giornata europea di Averroè" in occasione dell’ottocentesimo anniversario della
morte, ha valore culturale e simbolico. Dal punto di vita culturale, si ricorda il contributo della civiltà
islamica alla cultura europea(1) - soprattutto attraverso Al Andalus, la collocazione di Avicenna in
questa civiltà e l'influenza esercitata da Averroè sulla cultura del Medioevo cristiano - e si offre la
possibilità di rileggerlo e di riscoprine il pensiero autentico.
Dal punto di vista simbolico, questa celebrazione può rappresentare l'occasione giusta per mettere
in rilievo, all'interno di colloqui e in altri atti, la modernità del pensiero di Averroè e la sfida che
rappresenta alla vigilia del terzo millennio la lotta contro l'esclusione e la xenofobia, che nascono
dall'oscurantismo, dall'ignoranza e dai pregiudizi, anche in seno alla nostra stessa Comunità, per
quanto imbevuta di democrazia, pluralismo e rispetto dei diritti umani.
Le derive totalitarie delle società autocratiche, non democratiche e non pluraliste, le violazioni dei
diritti umani perpetrate in esse, la negazione dei diritti delle minoranze etniche, culturali o religiose
fino all'estremo della "pulizia etnica", si producono sotto gli occhi di tutti, più o meno in ogni parte
del mondo.
***
2.
L’Islam e i musulmani in Europa
La celebrazione di una giornata di Averroè ci sembra debba essere l'occasione perché la Comunità,
le sue autorità nazionali, regionali e locali, oltre che gli ambienti culturali, promuovano una
riflessione sulla comprensione dell'identità culturale di milioni di musulmani residenti oltre che
sull'avvenire dell'Islam in Europa e che considerazioni legate alle situazioni politiche dei paesi
islamici non dovrebbero perturbare.
Il vostro relatore - che ha il temibile privilegio di poter posare lo sguardo sull'Islam sia dall'interno
che dall'esterno - invita dal canto suo ad evitare di esprimere un giudizio sull'Islam in quanto
religione, componente essenziale di questa stessa identità: per prudenza, ma anche per rispetto, si
eviteranno sia le critiche che le apologie.
(1)
Vedansi la relazione della commissione per la cultura dell’Assemblea parlamentare del
Consiglio d’Europa dallo stesso titolo (doc. 6497), la raccomandazione 1162 (1961)
approvata dall’Assemblea, e la direttiva n. 465, anch'essa sul contributo della civiltà islamica
alla cultura europea.
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Altre sedi sono più consone, tanto più che l'approccio più positivo è ancora una volta quello che
privilegia il libero dialogo come ad esempio quello che ha luogo nel quadro del partenariato
euromediterraneo.
Limitiamoci quindi a constatare che un numero assai elevato e crescente di persone che risiedono
nella Comunità sono musulmani e affermano tale appartenenza all'Islam come fondamentale per
definire e comprendere pienamente la loro identità culturale molteplice, dove lo spirituale e il
religioso non potrebbero mancare. Giacché bisogna tenere a mente che l'Islam, nella sua essenza,
esula dall'ambito circoscritto dal termine "religioso". In effetti, esso permea anche tutto l'ambito
sociale aggiungendo a quanto rientra più specificamente nell'ambito religioso gli elementi del modo
di vita, della buona creanza, della civiltà e della cultura.
Queste persone, provenienti per lo più dall'immigrazione africana, asiatica, ma anche europea, sono
destinate a restare da noi, a condividere la nostra storia, il nostro avvenire e il nostro destino. Che
essi abbiano acquisito la cittadinanza dello Stato di accoglienza o si trattengano come "lavoratori
ospiti", che essi siano integrati nella società o siano incoraggiati a vivere di più in comunità (secondo
le politiche seguite dai vari Stati), questi uomini e donne, "i nostri musulmani", ci sono e
costituiscono una realtà da cui non si può ormai prescindere. Essi sono i "testimoni" di un Islam in
Europa e d'Europa del quale formano anche parte integrante i numerosi convertiti. Bisogna quindi
avviare con lucidità e responsabilità un dibattito spassionato che consenta di trovare soluzioni
concrete ai nuovi quesiti che pone la presenza di una minoranza musulmana in Europa.
Ciò è tanto più necessario con i giovani, ragazzi e ragazze, della seconda o terza generazione, dal
momento che la presa di coscienza della loro identità accresce spesso, contrariamente ai luoghi
comuni, le possibilità di integrazione sociale(1). Il loro modo di agire nella nostra società, il loro
concreto contributo allo sviluppo civile, sociale, economico e di civiltà, che occorre invocare con
la massima forza, dipende tanto da uno sforzo da parte della società di accoglienza che da parte dei
musulmani stessi. Constatiamo innanzitutto, come fa nel suo libro Tariq Ramadan(2) che "i
musulmani che vivono in Occidente vi trovano il diritto di praticare l'essenziale di ciò che la loro
religione comanda loro", che essi godono sul piano sociale e politico di libertà che non si trovano
nel loro paese d'origine, ciò che rimette i musulmani alla loro propria responsabilità.
Rammentiamo ancora - come fa Olivier Roy nel suo contributo all’inchiesta sull’Islam della rivista
ESPRIT del gennaio 1998(3) - "ciò che è nuovo sotto il sole europeo di oggi, non è l'Islam
minoritario, ma sono le nuove risposte a questa situazione in un contesto in cui le relazioni tra
Occidente e Islam sono asimmetriche, non soltanto perché la globalizzazione si è compiuta
all'insegna del primo, ma anche perché l'Occidente ha cessato di caratterizzarsi come religioso e
nella migliore delle ipotesi vede nel cristianesimo una semplice eredità culturale, mentre una parte
della popolazione musulmana tenta di definirsi nei confronti dell'Occidente come gruppo
essenzialmente religioso".
(1)
(2)
(3)
Vedasi il libro di Farak Khosrokhavar "L’Islam des jeunes", 1997, in cui si riporta
un’inchiesta condotta in Francia.
"Les Musulmans dans la Laïcité. Responsabilité et droit des musulmans dans les sociétés
occidentales", 1994.
Cfr. "Nascita di un Islam europeo".
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Condividiamo il parere di questo autore anche quando questi afferma che: "La rivendicazione di
un'identità musulmana, lungi dall'essere una protesta identaria, s'iscrive anche in un processo di
acculturazione che essa accompagna più che esserne il prodotto. L'Islam in Europa si spaccia di
primo acchito come "neutrale" sul piano culturale e sociale, vale a dire rifiuta di essere una
religione "etnica" e l'espressione di una cultura di importazione, la qual cosa sarebbe peraltro in
contraddizione con il suo messaggio di universalità" valido per ogni popolo e per ogni epoca. Questa
affermazione universalista potrà essa condurre un giorno a rinunciare definitivamente alla facile
identificazione tra immigrati e musulmani per lanciarsi finalmente nell'impresa più rischiosa cioè
quella di capire che cos'è un musulmano in Europa? Noi riteniamo che questo quesito resti per il
momento ancora aperto. Tuttavia, tutto fa pensare che il processo è ben avviato e che la stragrande
maggioranza dei musulmani auspica integrarsi positivamente in una società nella quale desidera
vivere in armonia.
La brevità della motivazione non ci consente di affrontare il problema sollevato spesso in Europa
della collocazione dell'Islam "europeo" e non europeo nei confronti del laicismo. Rinviando alle
considerazioni esposte dai due autori dianzi segnalati(1), ci limitiamo a invitare a formulare
riflessioni non aprioristiche e prive di pregiudizi. Evitando ogni riflesso etnocentrico oltre che ogni
irrigidimento identitario, soprattutto quando le esperienze storiche di riferimento sono diverse,
auspichiamo che il dibattito sia consapevole che l'incontro tra due memorie, tra due universi di
riferimento forgi in modo diverso l'immagine che ciascuno ha della propria identità e di quella
dell'altro; da qui la necessità che il dialogo venga avviato e condotto "nel migliore dei modi".
***
Nella proposta di risoluzione sono indicate alcune azioni che, a nostro avviso, consentirebbero di
consolidare meglio i ponti e le passerelle gettate tra società di accoglienza e musulmani in Europa.
Il vostro relatore tiene a sottolineare in particolare due problematiche: 1) la formazione in Europa
degli imam, 2) l'accantonamento nei cimiteri di parcelle destinate all'inumazione dei musulmani.
Aggiungerà anche qualche considerazione sui luoghi di culto.
L'invio di imam presso le collettività di emigrati in Europa è, da parte degli Stati islamici, una pratica
corrente. Essa non ha che vantaggi tanto sul piano della lingua quanto su quello di una migliore
conoscenza dell'ambiente etnico di origine dei fedeli.
In effetti però, essa si presta anche a una "lotta di influenza" tra paesi islamici e a una "messa sotto
tutela" dei propri cittadini da parte di taluni paesi. Questa pratica lega l'Islam all'etnicità e talvolta
a un nazionalismo esacerbato e veicola un Islam ripiegato su se stesso che ignora il pluralismo e i
diritti dell'uomo. Gli imam "importati" hanno spesso soltanto una scarsa conoscenza dell'ambiente
culturale delle nostre società e di quelle che Keppel chiama le "periferie dell'Islam" dove vivono le
nuove generazioni. Una formazione degli imam in Europa risulta utile e talvolta anche necessaria,
motivo per cui torniamo a segnalarla, benché il Parlamento l'abbia già raccomandata.
(1)
Vedasi anche l’articolo pubblicato su "Le Monde" del 3 settembre 1997 "L’Islam e il laicismo
possono convivere serenamente" a proposito del programma Saga-cité tramesso da France
3 il 3, il 10 e il 17 settembre 1997 su "L’Islam di Francia". Segno di un interesse crescente
dei media per l'Islam, soprattutto in Francia, è anche lo "Speciale Islam" del Nouvel
Observateur del gennaio 1998.
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I musulmani desiderano poter disporre di parcelle nei cimiteri per procedere all’inumazione secondo
le prescrizioni del loro culto. Essi incontrano spesso difficoltà a seconda del paese in questione. In
Spagna, la legge del 10 novembre 1992 che sancisce l'accordo di cooperazione tra lo Stato spagnolo
e la Commissione islamica riconosce, tra l'altro, il diritto alle parcelle; in Belgio, una circolare del
ministero dell'Interno del gennaio 1998, che codifica una nota del governo, apre la via a una
soluzione soddisfacente. In altri paesi, come il Lussemburgo - per altri versi così aperto - siamo
ancora alle chiacchiere, senza che si manifesti chiaramente una volontà politica di concludere.
La difficoltà, o talvolta l'incapacità dei musulmani ad organizzarsi e a designarsi dei rappresentanti
non basterebbe da sola a giustificare l'inerzia delle autorità pubbliche, come hanno sottolineato, in
occasione di un colloquio organizzato nel dicembre 1997 dal gruppo di amicizia islamo-cristiano
(G.A.I.C.), taluni esperti come A. Doyer, M. Morineau e Fr. Frégosi a proposito dei ritardi, sia nella
costruzione delle moschee sia di luoghi di formazione teologica per imam, "che alimentano, a loro
avviso, l’integralismo delle periferie".
Il vostro relatore, in vena di citazioni, segnala che il ministro francese dell'Interno ha affermato, il
23 novembre 1997 alla Prefettura di Strasburgo dopo la consacrazione di un nuovo vescovo, che "è
indecente che per pregare i musulmani siano costretti a riunirsi in luoghi incompatibili con la loro
devozione". Il sig. Chevènement aveva sicuramente in mente lo stato della "moschea" della capitale
alsaziana e capitale parlamentare d'Europa: visto che non è troppo lontana dal centro della città,
chiunque si trovi ancora là il venerdì potrà constatare che il ministro ha detto il vero.
Ma, a parte i begli esempi delle moschee - cattedrale di Madrid, Roma, Lisbona, Londra, Glasgow,
Parigi o ... Marbella - alberi che nascondono il bosco - chi ha un'idea anche solo approssimativa delle
condizioni dei luoghi di culto nei quartieri "turco" o "arabo" di Bruxelles?
I pregiudizi, gli stereotipi, la diffidenza alimentano i comportamenti dei cittadini, e talvolta dei loro
eletti sul piano locale, che in alcuni paesi si oppongono ostinatamente all'allestimento di luoghi di
culto o alla costruzione di moschee, spesso a causa della "visibilità" del minareto che "rappresenta
un problema". Non è questo però il caso della moschea di Bruxelles, che è riuscita a "riciclare" in
minareto la torretta dell'osservatorio su cui è installata, motivo per cui questo luogo, a due passi dalle
Istituzioni europee all'angolo del Parc du Cinquantenaire, passa spesso inavvertito.
In conclusione, restiamo convinti che i musulmani e l'Europa, l'Europa e l'Islam avranno una "buona
convivenza", che l'Europa multirazziale, multiculturale e pluralista da un lato e i musulmani
dall'altro si impegneranno per aprirsi di più reciprocamente alle riflessioni dell'altro per
comprendersi e accettarsi integralmente.
Se questa relazione riuscisse a contribuirvi, almeno in parte, saremmo i primi a rallegrarci del ruolo
che la nostra Istituzione avrà svolto ai fini della comprensione, della pace e dell'armonia tra gli
uomini.
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16 aprile 1998
PARERE
(articolo 147 del regolamento)
destinato alla commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione e i mezzi di informazione
sull'Islam e la giornata europea di Averroé (relazione Abdelkader Mohamed Ali)
Commissione per i diritti della donna
Relatrice per parere: on. Heidi Hautala
PROCEDURA
Nella riunione del 22 maggio 1997 la commissione per i diritti della donna ha nominato relatrice per
parere l'on. Hautala.
Nelle riunioni del 25 novembre 1997, 30 ottobre 1997, 30 ottobre 1997 e 16 aprile 1998 ha
esaminato il progetto di parere.
In quest'ultima riunione ha approvato le conclusioni in appresso con 11 voti favorevoli, 6 contrari
e 0 astensioni.
Hanno partecipato alla votazione gli onn. van Dijk, presidente; Bennasar Tous, secondo
vicepresidente; Hautala, relatrice per parere; Ahlqvist; Blak (in sostituzione dell'on. Crawley), Cars
(in sostituzione dell'on. Kestelijn-Sierens), Daskalaki; Eriksson, Féret, García Arias (in sostituzione
dell'on. Frutos Gama), Ghilardotti; Heinisch (in sostituzione dell'on. Menrad), Larive, Lulling, T.
Mann, McNally, Mohamed Ali (in sostituzione dell'on. Ribeiro), Mouskouri (in sostituzione dell'on.
Banotti) e Zimmermann (in sostituzione dell'on. Gröner).
1.
L’Islam in Europa
L'Islam è entrato nelle società europee a partire dal Medioevo attraverso l'antica presenza
mussulmana nell'Europa meridionale e ha rappresentato un importante fattore storico e culturale nei
paesi dell'Europa centrale e orientale. Più recentemente, a causa dell'immigrazione, originaria in
particolare dei paesi del Medio oriente e del Maghreb e dovuta alla disoccupazione e alla
riunificazione dei nuclei familiari, il numero di persone con presupposti culturali islamici è
aumentato sensibilmente.
Anche l'ampliamento dell'Unione europea apporterà inevitabilmente diverse tradizioni culturali e
religiose con l'ingresso dei paesi dell'Europa centrale e orientale: in particolare, rafforzeranno la loro
presenza sulla scena culturale europea le culture ortodosse e mussulmane.
In Europa, il timore dell'insediamento di gruppi di integralisti islamici è all'origine di malintesi, di
razzismo e di xenofobia nei confronti dei mussulmani, delle loro culture e delle loro tradizioni
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religiose. L’espansione dei movimenti integralisti e della loro intolleranza religiosa, le violazioni dei
diritti dell’uomo, le politiche antidemocratiche e gli atti di violenza ostacolano l’evoluzione del
dialogo e della comprensione reciproca.
Ciò tende a fornire un'immagine distorta delle culture islamiche in Europa, anche se la pluralità delle
culture viene enfatizzata politicamente; pertanto, la proposta di migliorare le conoscenze sull'Islam
ha rilievo generale. Tuttavia, il presente parere ha l'obiettivo di presentare proposte concrete per
migliorare la situazione delle donne mussulmane migranti e non di assumere una posizione quanto
alla proposta di istituire una giornata speciale in onore del giudice e filosofo spagnolo Averroé,
morto nel 1198.
2.
Gli atti dell’Unione europea
Una delle dichiarazioni inserite nell'Atto finale del trattato di Amsterdam recita: "L'Unione europea
rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni
o comunità religiose degli Stati membri. L'Unione europea rispetta ugualmente lo status delle
organizzazioni filosofiche e non confessionali".
L'Unione pone l'accento sui diritti delle minoranze e sulle loro tradizioni culturali. Il nuovo trattato
modifica l'articolo 128, paragrafo 4 prevedendo che: "La Comunità tiene conto degli aspetti culturali
nell'azione che svolge a norma di altre disposizioni del presente trattato, in particolare ai fini di
rispettare e promuovere la diversità delle sue culture."
Le donne migranti potrebbero inoltre beneficiare della nuova clausola sull'eliminazione delle
discriminazioni ai danni delle persone o dei gruppi di persone, che si tratti o meno di cittadini
dell'Unione europea, fondate sulla razza, il colore, la religione ovvero l'origine nazionale, sociale o
etnica.
Uniti, questi orientamenti lasciano spazio per un dibattito e un dialogo multireligioso e
multiculturale che, in seno all'Unione europea, possono utilmente rafforzare i valori della pace e dei
diritti dell'uomo, in particolare se si considera che i diritti della donna non sono dissociabili dai diritti
umani. Ciononostante, ogni ricorso alla religione per coprire o celare obiettivi politici volti alla
violazione dei diritti delle donne deve essere condannato.
L'Unione europea ha lanciato un bando di gara relativo a progetti che sostengano l'istituzione di reti
di donne imprenditrici e di imprenditori appartenenti alle minoranze etniche. L'Unione dispone
inoltre del programma INTEGRA, destinato ad attribuire priorità specifica all'integrazione delle
donne appartenenti alle minoranze etniche. La designazione del 1997 quale anno europeo contro il
razzismo è una delle iniziative volte a promuovere una migliore comprensione del contributo
positivo apportato alla società dalle minoranze etniche. L'Osservatorio europeo sul razzismo e la
xenofobia, con sede a Vienna, può inoltre tenere conto prioritariamente delle tematiche femminili
quando raccoglie dati e mette a punto politiche e progetti.
3.
Tradizioni
Non è assolutamente necessario far rientrare in uno stereotipo la donna mussulmana in Europa. Le
differenze si collegano a dei fattori culturali piuttosto che all'Islam; inoltre, svolgono un ruolo
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fondamentale anche il grado e la durata dell’integrazione dei mussulmani nelle società europee. Gli
immigrati di seconda e di terza generazione hanno un atteggiamento molto più simile a quello dei
loro compagni di scuola e coetanei per quanto concerne le tradizioni, la religione e le diverse culture.
Tuttavia, tra i giovani immigrati di terza generazione, si registra una tendenza al ritorno a tradizioni
rigorose, visti l'impossibilità di migliorare la propria condizione economico sociale e il razzismo di
cui sono vittime.
Ciononostante, molte donne sono influenzate dalla Sharia, la legge islamica che regola tutti gli
aspetti della vita e della società mussulmana. Nella prospettiva giuridica europea, la maggior parte
dei paesi mussulmani ha codificato leggi che differiscono dai precetti della Sharia, ma in alcuni paesi
sono state proposte modifiche al diritto di famiglia che minacciano in particolare i diritti delle donne.
Alcune donne mussulmane che vivono nell'Europa occidentale temono che ciò possa ripercuotersi
sulle loro vite, in quanto talune ONG integraliste islamiche, e anche taluni governi, cercano di
applicare il diritto di famiglia mussulmano agli emigrati.
4.
Salute e procreazione
Per le donne, vivere in una cultura e in una società diverse può risultare difficile, in particolare se
queste donne non parlano o non hanno la possibilità di apprendere altre lingue. In molti casi, già nel
loro paese di origine, le donne non hanno ricevuto un adeguato grado di istruzione. Le donne
migranti possono essere escluse dai regimi sanitari e di protezione sociale nazionali.
La mutilazione genitale di donne e ragazze e le altre pratiche dannose per le donne dovrebbero essere
vietate e considerate come una violazione dei diritti umani della donna. La mutilazione è una
tradizione di tipo culturale e non un uso introdotto dall'Islam. Le legislazioni nazionali degli Stati
membri dell'Unione europea devono essere rispettate anche quando si tratta di mutilazioni e gli Stati
membri che non dispongono ancora di una normativa di questo tipo dovrebbero adottare iniziative
per rendere illegale la mutilazione genitale femminile. Alcuni studi hanno dimostrato che le donne
più giovani, con un livello più elevato di istruzione, non seguono questa prassi quando si tratta delle
loro figlie. Nessun tipo di violenza contro la donna dovrebbe essere considerata o spiegata come
fenomeno culturale.
5.
Istruzione e mercato del lavoro
Le scuole islamiche non fanno ancora parte dei sistemi scolastici nazionali degli Stati membri. A tali
scuole dovrebbe essere garantito lo stesso status riconosciuto agli istituti d'istruzione privati, pur nel
rispetto del programma didattico nazionale. In materia di posti disponibili nelle scuole, dovrebbe
prevalere il principio della pari opportunità per le ragazze.
E' fondamentale assicurare l'accesso all'istruzione, alla formazione professionale e al mercato del
lavoro. L'istruzione rappresenta il fattore chiave per facilitare l'integrazione e il miglioramento della
situazione delle lavoratrici migranti nel mercato del lavoro. Gli immigrati di prima generazione
tendono ad avere un livello di istruzione più basso, mentre quelli di seconda generazione fanno
registrare progressi molto marcati.
Le lavoratrici migranti sono maggiormente colpite dalla disoccupazione, in quanto tendono a
concentrarsi soprattutto nelle zone urbane, nei centri delle città e nelle occupazioni non qualificate
o semiqualificate nelle fasce più basse del mercato del lavoro. Le donne migranti sono spesso
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occupate nel settore informale o lavorano come collaboratrici domestiche o nel settore dei tessili e
delle industrie manifatturiere, di frequente senza disporre di adeguati diritti o della sicurezza sociale.
6.
Soggiorno e cittadinanza
Per migliorare la situazione delle donne migranti è necessario che nel paese ospitante vengano loro
assicurati diritti di soggiorno e di cittadinanza indipendenti; un'iniziativa importante nel processo
di integrazione. Molte donne migranti che raggiungono il coniuge nel paese ospitante non hanno
status giuridico autonomo, in quanto il loro diritto di soggiorno dipende dal coniuge; una circostanza
che può essere all'origine di difficoltà nel caso di decesso del coniuge o di scioglimento del vincolo
matrimoniale.
Se sprovviste di diritto di soggiorno, le donne non possono rispondere ad offerte di lavoro, il che
comporta il rischio di abusi, sfruttamenti, cattive condizioni di lavoro, basse retribuzioni e
l'impossibilità di adire le vie legali. Inoltre, alcune donne migranti lavorano nelle PMI famigliari,
senza beneficiare appieno dei diritti sociali.
La possibilità della doppia cittadinanza, che potrebbe sviluppare un senso di appartenenza e
incoraggiare la partecipazione attiva nella società, potrebbe rivelarsi utile. La convenzione sulla
cittadinanza, conclusa dal Consiglio d'Europa, lascia attualmente alla discrezionalità dei singoli stati
firmatari di decidere a tale proposito.
La questione relativa alla partecipazione delle migranti mussulmane alle strutture decisionali è stata
spesso trascurata. Le donne appartenenti a minoranze etniche mancano di visibilità politica e
amministrativa, sebbene manifestino una tendenza a lavorare in organizzazioni di base che tutelano
i loro interessi. L'applicazione della normativa sui diritti di elettorato passivo e attivo, almeno per
le elezioni locali e regionali, dovrebbe essere estesa anche ai residenti non europei.
CONCLUSIONI
La commissione per i diritti della donna invita la commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione
e i mezzi di informazione, competente nel merito, a inserire nella sua relazione i seguenti paragrafi:
1.
condanna gli atti di violazione dei diritti della donna perpetrati da movimenti islamici
estremisti;
2.
è dell'avviso che i diritti delle donne contemplati nei trattati e nelle convenzioni
internazionali non possano essere limitati o violati e che non ci sia alcuna giustificazione per
gli atti politici che violano i diritti delle donne sulla base dell'interpretazione di una religione;
3.
riconosce che le donne e le ragazze mussulmane residenti nel territorio dell'Unione sono in
una situazione vulnerabile sia sotto il profilo sociale che sotto quello economico, per quanto
riguarda la loro integrazione nelle nostre società e afferma, pertanto, che alle donne e alle
ragazze mussulmane dovrebbe essere riservata un'attenzione particolare, che permetta loro
di partecipare pienamente alle strutture sociali, politiche ed economiche dell'Unione;
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4.
ritiene che sia importante informare le donne immigrate dei loro diritti e soprattutto della
politica dell'Unione in materia di parità di diritti tra uomini e donne, nel contesto previsto
dalla legislazione, e invita la Commissione a prendere iniziative in tal senso;
5.
chiede alle competenti Direzioni Generali della Commissione di coordinare, avviare e
promuovere l'informazione sulle diverse culture in Europa, anche dopo la conclusione
dell'anno europeo contro il razzismo, e di attribuire priorità ai progetti che promuovono, a
livello di organizzazioni di base, il dialogo e la comprensione tra le donne appartenenti a
diversi ambienti etnici, religiosi o culturali;
6.
chiede agli Stati membri di sviluppare, a livello di funzionari pubblici, delle prassi volte ad
aiutare e a consigliare le donne migranti in merito ai loro diritti giuridici, particolarmente in
caso di divorzio, e di attuare gli accordi internazionali sulla custodia dei minori;
7.
invita gli Stati membri ad assicurare che le scuole, gli imprenditori e il settore pubblico
rispettino le diverse culture minoritarie e il diritto delle donne di scegliere liberamente
l'abbigliamento e se coprirsi il capo;
8.
invita gli Stati membri a potenziare i servizi sanitari, per assicurare a tutte le donne e a tutte
le ragazze un miglior accesso a servizi sanitari di qualità, a fornire informazioni ad ogni
livello dei sistemi sanitari e di sicurezza sociale e a rendere disponibile l'assistenza sanitaria
nel settore della procreazione, come pure ad eliminare, nel loro territorio, pratiche quali la
mutilazione genitale femminile;
9.
sottolinea che la politica di immigrazione è considerata dagli Stati membri una questione di
interesse comune; ricorda l'importanza che rivestono l'istruzione e la formazione ai fini di
un miglioramento della situazione delle donne immigrate e della loro integrazione sul piano
economico e sociale;
10.
invita gli Stati membri, nell'ambito del quadro giuridico dei rispettivi sistemi scolastici, a
garantire alle organizzazioni mussulmane di genitori la possibilità, alle stesse condizioni
previste per le scuole private, di istituire le proprie scuole, nel rispetto dei programmi
didattici nazionali;
11.
ritiene deplorevole il fatto che le donne migranti, quando risiedono nell'Unione da lungo
tempo o addirittura in caso di seconda o terza generazione, svolgano tuttora principalmente
attività scarsamente qualificate e retribuite, a causa dell'insufficiente utilizzazione delle
possibilità esistenti di istruzione e di esercizio di una professione; invita pertanto la
Commissione a riservare un'attenzione particolare alle donne migranti nel quadro del
programma per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita;
12.
chiede agli Stati membri di mettere a punto programmi speciali volti a promuovere la
presenza delle lavoratrici migranti in tutti i settori lavorativi della società, con particolare
attenzione ai settori dei servizi sociali e sanitari, dell'alloggio, di polizia e dell'istruzione al
fine di facilitare l'accesso delle donne migranti; invita la Commissione europea a coordinare
e a varare tale politica;
13.
è dell'avviso che le parti sociali debbano svolgere un ruolo fondamentale nella soluzione dei
gravi problemi affrontati da ampi gruppi di lavoratori migranti, in particolare donne; chiede
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pertanto alle parti sociali di dedicare in modo speciale la loro attenzione alla soluzione di tali
problemi;
14.
invita l’Unione europea ad adottare, nell’ambito della sua politica in materia di PMI, misure
specifiche volte a sostenere le donne migranti e le loro iniziative di creazione di imprese;
15.
invita le organizzazioni sindacali ad incoraggiare la partecipazione femminile a tutti i livelli
delle strutture decisionali e a dotarsi di gruppi e centri specializzati quanto ai problemi dei
migranti sul mercato del lavoro;
16.
invita il Consiglio e gli Stati membri a rispettare i seguenti requisiti minimi al fine di
facilitare l’integrazione: diritto di soggiorno e permessi di lavoro indipendenti per le donne;
possibilità di avere la doppia cittadinanza; diritti di elettorato attivo e passivo a livello locale
e regionale; sollecita inoltre la Commissione europea a svolgere un ruolo più attivo in tale
processo.
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