Capitolo V – Applicazioni V.1 Calcolo di spinte Per calcolare le spinte esercitate da fluidi incomprimibili in movimento sulle superfici con cui vengono a contatto, si fa uso della equazione di bilancio della quantità di moto in forma globale: I+M+Π+G = 0 (1) Tale equazione deve essere applicata ad un corpo fluido che occupa un volume materiale, coincidente istantaneamente con il volume di controllo su cui vengono calcolati i termini della (1). Tale volume è delimitato da una superficie, la superficie di controllo, costituita in parte dalla superficie su cui si deve calcolare la spinta e in parte da superfici ausiliarie di forma semplice. La parte di superficie di controllo su cui si deve calcolare la spinta è impermeabile: u ⋅ n = 0 , mentre la parte di superficie di controllo ausiliaria è costituita da superfici di ingresso e uscita del fluido, su cui u ⋅ n ≠ 0 . Le ipotesi semplificative che si adottano usualmente nel calcolo delle spinte sono le seguenti: 1. Il moto è permanente; 2. Il fluido è ideale; In virtù della prima ipotesi il primo termine a primo membro della (1) è identicamente nullo: I=0, mentre in virtù della seconda ipotesi gli sforzi tangenziali possono essere trascurati: dunque la risultante delle forze di contatto è dovuta al solo sforzo di pressione: Π = ∫ pndσ . σ Per quanto riguarda il calcolo della forza M, si deve osservare che il volume di controllo è delimitato in parte da superfici impermeabili, su cui M=0, in parte da superfici ausiliarie di flusso piane, su cui M ≠ 0 . Su queste ultime si assume una distribuzione di velocità in cui tutte le linee di flusso sono tra loro parallele, con curvatura nulla o trascurabile, caratterizzata dall’avere direzione parallela alla normale alla superficie (entrante nel volume di controllo) e verso rispettivamente concorde od opposto a tale normale a seconda che si tratti di superficie di ingresso o di uscita. In altre parole siano u=u1n1 e u=-u2n2 le distribuzioni di velocità su σ1,σ2, essendo n1,n2 le normali alle superfici di ingresso σ1 e uscita σ2, aventi verso entrante nel volume di controllo. Il termine M assume l’espressione: ⎛ ⎞ ⎛ ⎞ M = ∫ ρu(u ⋅ n )dσ + ∫ ρu(u ⋅ n )dσ = ⎜ ∫ ρu12 dσ ⎟n1 + ⎜ ∫ ρu 22 dσ ⎟n 2 = ρβ c1U 12σ 1n1 + ρβ c 2U 22σ 2 n 2 (1b ) ⎜σ ⎟ ⎜σ ⎟ σ1 σ2 ⎝ 1 ⎠ ⎝ 2 ⎠ in cui β c1 , β c 2 sono i coefficienti di ragguaglio delle portate di quantità di moto definiti tramite la: ∫σ u dσ = β σU 2 c 2 (1c ) e permettono di esprimere gli integrali nella (1b) tramite le velocità medie sulla sezione. I coefficienti di ragguaglio vengono determinati sperimentalmente e il loro valore dipende dalle condizioni di moto della corrente. Normalmente le correnti prese in considerazione nei calcoli tecnici si trovano in condizioni di moto tali da far assumere al coefficiente di ragguaglio un valore 1 pressoché unitario: β c ≈ 1 . D’ora in avanti pertanto, salvo diversamente ed espressamente specificato, si assumerà tale valore per il coefficiente unitario. Dunque, nelle ipotesi poste, il flusso della quantità di moto è una forza il cui verso è sempre concorde al versore normale alla superficie piana su cui agisce, avente verso entrante nel volume di controllo. Il punto di applicazione del flusso della quantità di moto coincide con il centro di figura della sezione1. Si deve inoltre sottolineare che sulle sezioni di ingresso e uscita, avendo assunto la linearità della corrente, stante la costanza della piezometrica, la distribuzione della pressione è di tipo idrostatico. Tale fatto semplifica notevolmente il calcolo della risultante delle forze di contatto, come si vedrà nelle applicazioni illustrate di seguito. V.1.1 Spinta su pala curva. Pala Pelton Sia data una superficie cilindrica, aperta, la cui direttrice sia la curva C, tracciata sul piano orizzontale (figura V.1). y U2i α x n U1i C i Vpi Figura V.1 Elementi geometrici della pala curva Tale superficie sia investita da un getto libero, ossia da una corrente lineare la cui superficie laterale si trovi a pressione atmosferica, caratterizzato da una velocità assoluta u= U1i, di modulo uniforme sulla sezione, diretta come l’asse x e da una sezione σ. Il getto, dopo aver investito la pala, viene deviato da essa in modo tale che l’angolo formato dall’asse del getto in uscita con la direzione originaria sia α. La pala sia inoltre animata da velocità assoluta Vpi. Per calcolare la spinta S esercitata dal getto sulla pala, uguale in modulo e direzione, opposta nel verso alla spinta Π g che la pala esercita sulla parte di getto a contatto con essa, si prenda un volume di controllo delimitato dalle superfici piane di ingresso e uscita e dalla superficie laterale del getto. Quest’ultima, in parte è a contatto con l’atmosfera e in parte è a contatto con la pala. Di conseguenza l’equazione globale fornisce: 1 Questa affermazione può essere giustificata dal fatto che le correnti prese in considerazione normalmente hanno un profilo di velocità simmetrico rispetto all’asse o addirittura uniforme sulla sezione. 2 ⎧I + M + G + Π = 0 ⎪I = 0 ⎪ ⎪⎪M = ρU12Rσ 1i + ρU 22Rσ 2n ⎨ ⎪Π = Π g = −S ⎪G = − ρgVk ⎪ ⎪⎩S = ρU12Rσ 1i + ρU 22Rσ 2n − ρgVk (2) Come si vede, la risultante delle forze di contatto Π esercitate sul getto, coincide con la spinta che la pala esercita sulla parte di getto a contatto con essa: Π g . Tutti gli altri contributi alla risultante delle forze di contatto sono nulli, derivando da superfici immerse in ambiente a pressione atmosferica: la superficie laterale del getto non a contatto con la pala e le superfici di ingresso e uscita, il cui contorno è a pressione atmosferica. I flussi della quantità di moto sono stati calcolati facendo riferimento alle velocità relative del getto rispetto alla pala: U1R = U1 − V p ,U 2 R = U 2 − V p . Applicando il teorema di Bernoulli nel sistema di riferimento solidale alla pala, su una linea di flusso posta sul piano orizzontale z=0, tra le sezioni di ingresso e di uscita si trova che: U12R U 22R = 2g 2g (3) ossia il modulo della velocità relativa resta costante. Di conseguenza, per la costanza della portata relativa, anche la sezione del getto resta costante. La proiezione della spinta sulla direzione dell’asse x è data dalla: S ⋅ i = ρ (U1 − V p ) σ [1 − cos(α )] (4) 2 Si osservi che, per α=π ossia per una pala fatta in modo tale che il getto abbia velocità relativa di uscita diretta in senso opposto a quella di entrata (pala Pelton), si ha il massimo della spinta: S ⋅ i = S x = 2 ρ (U 1 − V p ) σ 2 La potenza ceduta alla pala Pelton è fornita dalla: Pp = S ⋅V p i = 2 ρ (U1 − V p ) V pσ (5) 2 Invece la potenza originaria del getto è pari a: Pg = ρgQ U12 U3 = ρσ 1 2g 2 (6) Di conseguenza il rendimento della pala Pelton, definito come il rapporto tra la potenza ad essa ceduta dal getto e la potenza originaria di quest’ultimo, vale: 4(U1 − V p ) V p 2 ηp = U13 3 (7 ) La condizione di ottimo rendimento al variare della velocità della pala, viene ottenuta annullando la derivata del rendimento (7) rispetto alla velocità della pala. Si ottengono le due condizioni: Vp = U1 ,V p = U1 3 (8) La prima corrisponde effettivamente ad un massimo, mentre la seconda al minimo rendimento (η p = 0 ). In corrispondenza del primo valore, la potenza del getto, la potenza ceduta alla pala ed il rendimento valgono rispettivamente: 27 3 ⎧ ⎪ Pg = ρσ 2 V p ⎪ 16 3 ⎪ ⎨ Pp = ρσ V p 2 ⎪ 16 ⎪ ⎪η p = 27 ≈ 0.6 ⎩ (9) Il valore del rendimento ottimo è minore dell’unità, pur essendo stato ricavato in assenza di dissipazioni e perdite energetiche, ciò si giustifica sia con il fatto che allontanandosi la pala dall’origine del getto parte della potenza originaria di questo deve essere spesa per raggiungere la pala, sia con il fatto che il getto possiede all’uscita dalla pala una energia cinetica assoluta diversa da zero. La potenza spesa dal getto per raggiungere la pala si può calcolare considerando che durante un intervallo di tempo unitario quest’ultima percorre una distanza pari a V p . Di conseguenza la massa di liquido che deve raggiungere la pala con velocità U 1 , è pari a: ρσV p e ad essa compete una potenza pari a: Pa = ρσV p 9 U12 = ρσ V p3 2 2 (10) Si consideri ora che la velocità relativa di uscita vale U 2 R = −(U 1 − V p )i poiché inverte il verso, ma mantiene costante il modulo. La velocità assoluta di uscita vale dunque, per U 1 = 3V p : [ ] U 2 A i = (V p + U 2 R )i = V p − (U 1 − V p ) i = (2V p − U 1 )i = −V p i (11) In conseguenza di tale valore non nullo della velocità assoluta di uscita, al getto è associato il seguente valore della potenza, palesemente non utilizzata: Pu = ρσ (U1 − V p ) U 22A 2 = ρσ V p3 2 2 (12) che deve essere calcolato con l’energia cinetica per unità di volume data dalla velocità assoluta di uscita e la portata relativa del getto rispetto alla pala. In definitiva si vede come la somma della potenza ceduta alla pala, della potenza di allungamento (10) e di uscita (12) sia esattamente pari alla potenza originaria del getto. La ripartizione tra le potenze è tale da massimizzare, nelle ipotesi poste, la potenza utile, cioè quella ceduta alla pala. Tuttavia è interessante osservare, dalla 4 espressione (11) della velocità assoluta di uscita del getto: U 2 A = 2V p − U 1 , che quest’ultima si annulla per V p = U1 . In tali condizioni si hanno i seguenti valori delle potenze e del rendimento: 2 ⎧ Pg = ρσ 4V p3 ⎪ 3 ⎪ Pp = ρσ 2V p ⎪ 3 ⎨ Pa = ρσ 2V p ⎪ ⎪ Pu = 0 ⎪η p = 0.5 ⎩ (13) In tali condizioni il rendimento è inferiore rispetto al caso precedente, ma la potenza del getto in uscita si annulla, la qual cosa è favorevole agli effetti delle applicazioni pratiche, poiché si elimina una delle cause che generano la potenza non utilizzata. Nella realtà infatti la spinta prodotta da un getto su una pala ricurva del tipo esaminato viene impiegata nella produzione di energia. Per limitare l’altra causa di potenza non utilizzata, l’allungamento del getto, si fa in modo che il getto intercetti una successione di pale. Si può valutare l’aumento di rendimento dovuto alla successione U di pale ipotizzando che, per V p = 1 , nell’unità di tempo il getto si allunghi di una quantità pari a 2 φV p , essendo φ un coefficiente positivo e minore di 1 che tiene conto della presenza della molteplicità di pale. Di conseguenza la potenza necessaria all’allungamento del getto è pari a: Pa = ρσφV p U 12 = 2 ρσφV p3 2 (14) U1 . Sicchè la potenza 2 ceduta alla pala è data dalla differenza tra la (6) e la (14), non avendosi potenza non utilizzata per energia cinetica allo scarico: mentre la potenza originaria del getto è sempre data dalla (6), con V p = ⎛ φ⎞ Pp = ⎜1 − ⎟4 ρσV p3 ⎝ 2⎠ (15) Di conseguenza il rendimento, risulta pari a: η p = 1− φ (16) 2 Il rendimento (16) aumenta al diminuire di φ, ossia al diminuire dell’allungamento del getto. Tale condizione è soddisfatta se si immagina che non appena una pala sia stata investita dal getto e si cominci ad allontanare, una nuova pala si trovi sotto l’azione del getto. Ciò è quanto si verifica nelle turbine Pelton, costituite da ruote sulle quali sono montate le pale in successione, come in figura V.2. Per bilanciare le forze agenti sulla ruota, la turbina è sottoposta all’azione di più getti (anche 4 o 5) e le pale sono a doppio cucchiaio. 5 Getto Getto Vista dall’alto Vista di fianco Figura V.2. La ruota Pelton e la pala a doppio cucchiaio V.1.2 Spinta su un corpo investito da una corrente Si consideri un corpo di forma nota, immerso in una corrente, in quiete rispetto ad essa (figura V.3). y x 1 2 n n Scia n Figura V.3. Il corpo investito da una corrente Si supponga che la corrente sia limitata da pareti rigide ed impermeabili. In figura V.3, il disegno è riferito al piano orizzontale. La corrente, di fluido ideale in moto permanente, dopo aver investito il corpo ed essere stata deviata da esso, genera la scia, zona di fluido a valle del corpo sede di moti vorticosi, che, nella realtà, si estingue ad una certa distanza dal corpo. Il moto della scia è estremamente complicato. Ai fini di una schematizzazione di prima approssimazione, il fluido nella scia può essere considerato attaccato al corpo e dunque fermo. In altre parole, si ipotizza che la corrente che circonda la scia scorra su quest’ultima senza scambiare azioni tangenziali e che la scia si estenda indefinitamente a valle del corpo. Si tenga presente che nella realtà le mutue azioni tangenziali scambiate tra la corrente e la scia fanno sì che quest’ultima si estingua ad una certa distanza a valle del corpo, essendosi completamente mescolata alla corrente. 6 Allo scopo di calcolare la spinta esercitata dalla corrente sul corpo, si consideri il volume di controllo delimitato dalle pareti impermeabili, dalle superfici ausiliarie piane passanti per le sezioni 1, 2 e dalla superficie del corpo. La superficie ausiliaria piana passante per la sezione 2 è pari alla superficie ausiliaria piana passante per 1, diminuita della superficie posteriore del corpo σ c . L’equazione di bilancio della quantità di moto in forma globale, applicata al volume di controllo definito in figura V.3 con le consuete ipotesi sulle distribuzioni di velocità sulle sezioni e sulla linearità della corrente nelle sezioni 1,2, fornisce: ⎧I = 0 ⎪M = ρQ(U − U )i ⎪ 1 2 ⎨ ⎪Π = ( p1σ 1 − p 2σ 2 )i + Π c ⎪⎩G = − ρgVk ⇒ − Π c = S = [ ρQ(U 1 − U 2 ) + p1σ 1 − p 2σ 2 ]i − ρgVk (17 ) In cui Π c è la spinta che il corpo esercita sulla corrente, uguale in modulo e direzione, opposta nel verso, alla spinta S che la corrente esercita sul corpo. I valori delle pressioni, essendo considerati su un piano orizzontale, sono costanti su tutta la sezione. Il peso contribuisce alla spinta sul corpo con una forza avente componente nulla rispetto alla direzione del moto; proiettando la spinta su tale direzione si ha: S x = ρQ (U1 − U 2 ) + ( p1 − p2 )σ 1 + p2σ c Avendo espresso: σ 2 = σ 1 − σ c , ossia la superficie ausiliaria in 2 come differenza tra quella in 1 e la superficie posteriore del corpo σ c . Per avere la spinta totale che subisce il corpo in direzione parallela all’asse x, si deve però aggiungere alla precedente espressione la forza esercitata dal fluido sulla superficie posteriore del corpo: tale forza è proprio pari a − p 2σ c . Di conseguenza si ha: S x = ρQ(U 1 − U 2 ) + ( p1 − p 2 )σ 1 (18) Applicando ora il teorema di Bernoulli su una delle due linee di flusso, simmetriche rispetto al corpo, che partono dalla sezione 1 e arrivano nella 2, si ottiene la differenza delle pressioni nelle sezioni estreme in funzione delle velocità: p1 U 12 p U2 ρ + = 2 + 2 ⇒ p1 − p 2 = (U 22 − U 12 ) 2 ρg 2 g ρg 2 g (19) Sostituendo infine la differenza delle pressioni (19) nella (18) si ha: S x = ρQ(U1 − U 2 ) + ρ 2 σ 1 (U 22 − U12 ) (20) Quest’ultima espressione, può essere posta in funzione della velocità di ingresso, sfruttando la costanza della portata: 7 2 ⎧ ⎧⎡ σ ⎤ σ 1 ⎫⎪ ρU 12 ρU12 c ⎪S x = ⎪⎨⎢ C σ σc = ⎬ c D ⎥ 2 ⎪⎪ ⎪⎩⎣σ 1 − σ c ⎦ σ c ⎪⎭ 2 ⎨ 2 ⎪ ⎛ σ c ⎞ σ1 ⎟⎟ ⎪C D = ⎜⎜ ⎝ σ1 − σ c ⎠ σ c ⎩⎪ (21) La (21) è la formula della spinta subita da un corpo immerso in una corrente, valida nell’ambito delle ipotesi poste. La formula (21) fa riferimento, per il calcolo della spinta, alla velocità di ingresso, alla sezione di ingresso della corrente σ 1 e alla sezione maestra del corpo σ c , ossia alla proiezione della superficie del corpo su un piano perpendicolare alla direzione del moto. Il coefficiente di spinta C D o drag coefficient nelle ipotesi poste è funzione esclusivamente della geometria. Nella realtà dipende anche dal moto della corrente e dalle caratteristiche fisiche del fluido e tale dipendenza viene solitamente caratterizzata sperimentalmente. Nel caso di un corpo immerso in una corrente non limitata o lontana da pareti, la formula (21) perde validità e il coefficiente di drag viene determinato esclusivamente per via sperimentale. V.1.3 Elica Si consideri un elica, costituita da un certo numero di pale che ruotano con velocità angolare costante e descriventi un’area circolare σe, detta disco dell’elica, in moto di traslazione con velocità costante U1 in un fluido in quiete. Si vuole calcolare la spinta che l’elica e il fluido si scambiano. A tale scopo è opportuno considerare piuttosto il fluido in moto di traslazione uniforme con velocità di modulo pari a U1 e verso opposto a quella dell’elica e l’elica ferma, con le pale rotanti. La direzione di U1 sia perpendicolare al disco dell’elica. Gli elementi fluidi che transitano per il disco dell’elica, formano un tubo di flusso (figura V.4), di sezione trasversale iniziale σ1, velocità e pressione rispettivamente pari a U1, p1, che converge verso il disco dell’elica, la supera e continua a convergere fino ad assumere il valore σ4. σ1 σ2 σ3 U1, p1 σ4 s U4, p4 σe Figura V.4. Rappresentazione schematica del flusso attraverso l’elica. In corrispondenza della sezione σ4 la velocità e la pressione del flusso assumono rispettivamente i valori U4, p4. Gli andamenti della pressione e della velocità, riportati in figura V.5 in funzione della ascissa s, mostrano come la pressione della corrente subisca un brusco incremento Δp nel passaggio 8 attraverso il disco dell’elica, di seguito recuperato, mentre la velocità aumenta il suo valore da U1 a U4 con continuità. U4 se Ue U1 s Δp p1 s Figura V.5. Andamento della pressione e della velocità. La spinta esercitata dall’elica sulla corrente fluida si calcola pertanto applicando l’equazione di bilancio della quantità di moto in forma integrale al volume di controllo (figura V.4) compreso tra le sezioni 2 e 3, immediatamente prima e dopo il disco dell’elica, la superficie laterale e la superficie complessiva delle pale dell’elica. Si considererà direttamente la componente scalare dell’equazione di bilancio della quantità di moto nella direzione del flusso (direzione concorde con s). Dunque: Π e + ( p 2 − p3 )σ e = 0 ⇒ Π e = ( p3 − p 2 )σ e = Δpσ e (22) Il termine di inerzia locale I è nullo per la stazionarietà del moto. Il flusso della quantità di moto M è nullo, poiché dal diagramma delle velocità riportato in figura V.5 si osserva che nelle sezioni di ingresso e uscita i valori della velocità si assumono praticamente identici e coincidenti con il valore della velocità in corrispondenza del disco dell’elica: Ue. La Π e è la componente della spinta secondo la direzione del flusso ricevuta dal fluido da parte dell’elica e ha verso concorde con la velocità U1. Il fluido cioè viene spinto e allontanato dal disco dell’elica. La spinta S agente sull’elica pertanto ha verso opposto e, immaginando l’elica montata su un mezzo navale o aereo, tenderebbe a spingere il mezzo nella direzione opposta a quella del flusso. Per esprimere la Π e in funzione delle quantità note, si deve applicare il teorema di Bernoulli tra le sezioni 1-2 e 3-4: ⎧ p1 U 12 p 2 U e2 + = + ⎪ ⎪ ρg 2 g ρg 2 g ⎨ 2 2 ⎪ p 4 + U 4 = p3 + U e ⎪⎩ ρg 2 g ρg 2 g Sottraendo la prima dalla seconda e ricordando che p4=p1 si ha: 9 (23) Δp = ρ 2 (U 2 4 − U 12 ) (24) Da cui: Πe = ρ 2 (U 2 4 ) (25) − U 12 σ e Si applichi ora l’equazione di bilancio della quantità di moto in forma integrale al volume di controllo compreso tra le sezioni 1 e 4, coincidente con il tubo di flusso illustrato in figura V.4. Si ha: Π e + ( p1 − p 4 )σ 1 + ρσ 1U 12 − ρσ 4U 42 = 0 ⇒ Π e = ρQ(U 4 − U 1 ) (26) In cui si è fatta comparire la portata in volume, costante attraverso tutte le sezioni considerate. Il contributo della pressione, considerando che nelle sezioni 1 e 4 assume lo stesso valore, è nullo. Uguagliando la (25) e la (26), si può esprimere la velocità di uscita del fluido U 4 in funzione della velocità del fluido in ingresso ( U1 ) e in corrispondenza del disco dell’elica ( U e ): (U 4 + U 1 ) ( ρ 2 ⎧ 2 U 4 − U1 ) ⎪⎪ ρQ(U 4 − U 1 ) = ρU eσ e (U 4 − U 1 ) = 2 U 4 − U 1 σ e = ρσ e 2 ⎨ ⎪U = (U 4 + U 1 ) ⎪⎩ e 2 ( ) (27 ) Sia U e ,U 1 sono note: U e è data in funzione delle caratteristiche geometriche delle pale dell’elica e della velocità di rotazione di queste, U1 è la velocità della corrente indisturbata, ossia la velocità con cui avanza il disco dell’elica e dunque il mezzo ad essa solidale. Dalla seconda delle (27) si ha dunque: U 4 = 2U e − U 1 (28) Di conseguenza, la spinta Π e ricevuta dal fluido (uguale e opposta a quella che il fluido imprime sull’elica), viene espressa dalla: Π e = 2 ρU e σ e (U e − U 1 ) (29) La potenza utile associata alla spinta Π e ricevuta dal fluido viene calcolata effettuando il prodotto della (29) per la velocità U1: Pf = 2 ρU eU 1σ e (U e − U 1 ) (30) La potenza sorgente associata alla spinta Π e ricevuta dal fluido viene calcolata effettuando il prodotto della (29) per la velocità Ue: Pe = 2 ρU e2 σ e (U e − U 1 ) Il rapporto tra la (30) e la (31), fornisce il rendimento dell’elica: 10 (31) ηe = U1 Ue inteso come il rapporto tra l’effetto utile (la potenza associata alla spinta) e la potenza sorgente (la potenza legata al salto di pressione generato dalla rotazione dell’elica). Tanto più il rendimento è prossimo all’unità tanto più l’elica è disegnata in modo efficiente. Si osservi pertanto quanto segue: • • • per aumentare il rendimento si dovrebbe fare in modo che i valori delle velocità U1 , U e siano il più possibile prossimi; in tal modo però tanto la spinta, quanto la potenza motrice tendono a zero (formule (29) e (30)); si può pensare perciò di compensare la diminuzione della potenza motrice e della spinta aumentando la sezione del disco dell’elica: si hanno però limiti strutturali a causa delle forze centrifughe agenti sulle pale, soprattutto nelle applicazioni aeronautiche. Nelle applicazioni navali, al crescere delle dimensioni dell’elica, si aggrava il fenomeno della cavitazione, legato alla eccessiva diminuzione di pressione subita dalla corrente immediatamente prima di attraversare il disco dell’elica e consistente nella generazione e successivo riassorbimento di bolle di aeriforme (gas e vapore). La cavitazione è un fenomeno altamente corrosivo e dannoso per i materiali. V.2 L’equazione di bilancio della quantità di moto in sistemi non inerziali. Propulsione a reazione. Quando si affrontano problemi di dinamica dei fluidi in sistemi di riferimento in movimento, è necessario formulare l’equazione di bilancio della quantità di moto in sistemi non inerziali. Si consideri pertanto un corpo fluido in moto relativo rispetto ad un sistema di riferimento in moto rigido, con velocità e accelerazione di trascinamento rispettivamente date da vT, aT e con velocità di rotazione angolare data da Ω. E’ noto che la velocità e l’accelerazione di un elemento fluido v,a appartenente al corpo fluido e rilevate in un sistema di riferimento inerziale sono legate a quelle du , dalle formule: rilevate nel sistema di riferimento in moto u, dt ⎧v = v T +Ω × r + u ⎪ ⎨ dΩ du ⎪⎩a =a T +2Ω × u + Ω × Ω × r + dt × r + dt (32) in cui r è il vettore distanza del punto occupato dall’elemento fluido dall’origine del sistema di riferimento in moto rigido. Si consideri l’equazione di bilancio della quantità di moto in forma globale: ⎞ d ⎛ ⎜ ∫ ρvdV ⎟ = ∫ f c dV + ∫ pndσ − ∫ 2μ (D n )dσ ⎟ dt ⎜⎝ V σ σ ⎠ V (33) Si può applicare una particolare forma del teorema del trasporto, sfruttando l’equazione di bilancio della massa in forma indefinita, al primo membro della equazione (33): 11 d dv dv ⎛ dρv ⎞ ⎛ dρ ⎞ ρvdV = ∫ ⎜ + ρvdiv(v )⎟dV = ∫ v⎜ + ρdiv(v )⎟ dV + ∫ ρ dV = ∫ ρ dV ∫ dt V dt dt42443⎠ dt dt ⎠ ⎝4 V⎝ V 1 V V (34) I membro della equazione di continuità in forma indefinita Successivamente è possibile esprimere l’accelerazione assoluta a = dv tramite la seconda delle dt (32); ⎛ dv ∫ ρ dt dV = ∫ ρ ⎜⎝ a V T +2Ω × u + Ω × Ω × r + V dΩ du ⎞ ×r + ⎟dV dt dt ⎠ (35) in modo da esprimere la derivata temporale della quantità di moto in funzione della velocità e accelerazione relativa, oltrechè della accelerazione di trascinamento e della velocità di rotazione angolare. La (33) si modifica infine nella: ⎛ du ∫ ρ dt dV = − ∫ ρ ⎜⎝ a V V T +2Ω × u + Ω × Ω × r + dΩ ⎞ × r ⎟dV + ∫ f c dV + ∫ pndσ - ∫ 2μDndσ dt ⎠ V σ σ (36) Al primo membro dell’equazione (36) può ora essere applicato il teorema del trasporto secondo la formula (36) del I capitolo. Portando tutti i termini a secondo membro si ottiene: − dΩ ⎞ ∂ ⎛ ρudV + ∫ ρu(u ⋅ n )dσ − ∫ ρ ⎜ a T +2Ω × u + Ω × Ω × r + × r ⎟dV + ∫ f c dV + ∫ pndσ - ∫ 2μDndσ = 0 ∫ dt ∂t V ⎝ ⎠ σ V V σ σ (37 ) La (37) è la forma dell’equazione di bilancio della quantità di moto cercata. In pratica coincide con la equazione (26) del IV capitolo. Si noti però che: • • i termini di inerzia locale e di flusso della quantità di moto sono calcolati con la velocità del fluido relativa al sistema di riferimento non inerziale; compare l’integrale di volume delle forze apparenti dovute al moto del sistema di riferimento. L’equazione (37) può essere applicata al calcolo della spinta dovuta alla reazione di efflusso dei propulsori a reazione. Si consideri a tal proposito (figura V.6) un razzo, sottoposto all’azione della forza di gravità, che si sollevi dal suolo con velocità V. Dall’ugello posto sul fondo del razzo fuoriesce fluido, risultante dalla combustione del propellente, con velocità relativa rispetto al razzo pari a va, costante. Di conseguenza la massa di propellente all’interno del razzo varia secondo una legge lineare: m f = m0 − m& t , essendo chiaramente m& la portata in massa uscente dall’ugello. Posto che l’efflusso del fluido avvenga a pressione pe, si vuole calcolare la spinta esercitata sul razzo a causa dell’efflusso dall’ugello. Dalla figura V.6 si può vedere come convenga direttamente considerare la proiezione dell’equazione globale (37) nella direzione della velocità di avanzamento del razzo V, individuata dal versore eV, comune anche alla direzione della velocità relativa di efflusso del fluido va. In tale ambito inoltre la velocità V è da considerarsi come velocità di trascinamento e la sua derivata rispetto al tempo l’accelerazione di trascinamento, di modulo aT. Volendo ora applicare l’equazione 12 (37) al volume di controllo coincidente con il volume di fluido contenuto all’interno del razzo, si deve considerare quanto segue: V eV θ pe -k va Figura V.6 Schema della propulsione a reazione su un razzo • • • il primo membro della equazione (37) è nullo, in quanto si può ritenere che la velocità relativa di efflusso del fluido assuma, all’interno del razzo, valori ovunque trascurabili rispetto a quello assunto in corrispondenza della sezione di efflusso σe; il secondo membro, vale: ρv a2σ e = m& v a , essendo σe l’unica superficie di flusso; il terzo membro, considerando nulle le componenti di moto rotatorio, vale: dV − ∫ ρa T dV ⋅ eV = −m f ; dt V • il quarto membro, considerando ∫ f c dV = −m f g cos(θ ) ; come forza di corpo la forza peso, vale: V • infine, trascurando l’ultimo membro, ossia considerando solo gli sforzi di pressione, si ha: ∫ pndσ = peσ e − S , essendo pe la pressione di efflusso e S la spinta ricevuta dal razzo da σ parte del fluido. In definitiva si ha: S = peσ e − m f g cos(θ ) − m f dV + m& v a dt (38) Come si vede dalla (38), a parte il trascurabile contributo dato dalla pressione di efflusso peσ e , la parte utile della spinta propulsiva è affidata all’ultimo termine a secondo membro della (38), ossia alla espulsione della portata di massa fluida m& . La spinta (38) può essere inserita nella equazione di equilibrio dinamico del razzo, proiettata nella direzione eV: 13 mR dV dV = − mR g cos(θ ) − R + peσ e − m f g cos(θ ) − m f + m& va dt 14444442444dt444 3 (39) S in cui mR è la massa del razzo e R la forza resistente al moto. L’equazione (39) può essere impiegata, assegnata la forza resistente al moto, per determinare l’andamento temporale della velocità di avanzamento del razzo. Un’ulteriore applicazione della (37) può essere effettuata nel caso in cui vi sia nel propulsore una sezione di ingresso σi, di fluido ambiente a densità ρa, necessario alla combustione del propellente, avente densità ρc. Tale caso si riferisce ai motori a reazione comunemente impiegati negli aerei e lo schema di essi è rappresentato nella figura V.7. V pa eV -V θ -k pe va Figura V.7 Schema della propulsione a reazione su un aeromobile Come si vede dalla figura V.7, il propulsore si muove con velocità V in direzione eV, in un fluido ambiente in quiete. La velocità di ingresso del fluido ambiente, relativa al propulsore, è dunque pari a –V. Assumendo un volume di controllo coincidente con quello del propulsore V p , l’applicazione della (37), proiettata nella direzione eV, fornisce: − ∂ ρudV = 0 ∂t V∫ ∫ ρu(u ⋅ n )dσ ⋅ e σ V = ρ a v a2σ a + ρ c v a2σ a − ρ aV 2σ i dΩ dV ⎛ ⎞ − ∫ ρ ⎜ a T +2Ω × u + Ω × Ω × r + × r ⎟dV ⋅ e V = −(ρ a + ρ c )V p dt dt ⎝ ⎠ V ∫ f dV = −(ρ c a + ρ c )gV p cos(θ ) V ∫ pndσ = -S σ S = ρ a v a2σ a + ρ c v a2σ a − ρ aV 2σ i − (ρ a + ρ c )V p (40) 14 dV − (ρ a + ρ c )gV p cos(θ ) dt L’espressione della spinta mostra come la componente utile sia fornita dall’efflusso della portata in massa di gas combusti (rappresentati dalla somma delle portate in massa di propellente e fluido dV = 0, cos(θ ) = 0 ), il terzo e quarto ambiente). Quando l’aeromobile è in fase di volo di regime ( dt termine della spinta si annullano e quest’ultima è data dalla: S = ρ a va2σ a + ρ c va2σ a − ρ aV 2σ i V.3 L’equazione di bilancio del momento della quantità di moto In alcuni casi, nel calcolo delle azioni scambiate tra i corpi fluidi e l’ambiente esterno, è necessario far ricorso alla equazione di bilancio del momento della quantità di moto in forma integrale. Quest’ultima, si ottiene imponendo che la variazione temporale del momento della quantità di moto di un corpo fluido deve eguagliare il momento risultante delle forze di corpo e delle forze di contatto esercitate sul corpo attraverso la superficie di frontiera. Il momento della quantità di moto di un corpo fluido, che occupa il volume materiale V, si calcola integrando sul volume materiale la densità di momento di quantità di moto ρ (r × u ) : K = ∫ ρ (r × u ) dV (41) V Intendendo di qui in avanti con r, nel calcolo del momento di un vettore rispetto ad un polo, il vettore posizione del punto di applicazione del vettore rispetto al polo prescelto. La derivata totale del momento della quantità di moto si calcola applicando il teorema del trasporto (formula (25), Cap. I): dK ∂ = ∫ ρ (r × u ) dV - ∫ ρ (r × u )(u ⋅ n ) dσ dt ∂t V σ (42) in cui V è il volume di controllo coincidente istantaneamente con il volume materiale e σ è la superficie di frontiera di tale volume. I momenti risultanti delle forze di corpo e di contatto applicate al fluido sono dati dalle: ∫r×f V c dV + ∫ r × ( pn − 2μDn ) dσ (43) σ Eguagliando la (42) alla (43) si perviene alla: ∂ ρ (r × u ) dV - ∫ ρ (r × u )(u ⋅ n ) dσ = ∫ r × f c dV + ∫ r × ( pn − 2 μDn ) dσ ∂t V∫ σ V σ (44) La (44) è l’equazione di bilancio del momento della quantità di moto in forma integrale. Essa si applica al corpo fluido nello stesso modo in cui si applica l’equazione di bilancio della quantità di moto. A tale scopo si può anche esprimere in forma compatta come equilibrio dei momenti risultanti delle forze di inerzia locali, del flusso della quantità di moto, delle forze di corpo e delle forze di contatto: 15 ⎧ ⎪M I + M M + M G + M Π = 0 ⎪ ⎪M = − ∂ ρ (r × u ) dV ⎪ I ∂t V∫ ⎪ ⎪ ⎨M M = ∫ ρ (r × u )(u ⋅ n )dσ σ ⎪ ⎪ ⎪M G = ∫ r × f c dV V ⎪ ⎪M Π = r × ( pn − 2μDn )dσ ∫ ⎪⎩ σ (45) Si può inoltre formulare una equazione di bilancio del momento della quantità di moto in forma globale nel riferimento non inerziale, seguendo un ragionamento analogo a quello svolto per ottenere l’equazione (37). Senza ripercorrere il ragionamento svolto, si ottiene un’equazione in forma globale in cui il momento della forza di inerzia locale e del flusso della quantità di moto sono calcolati con la velocità del fluido relativa al riferimento e in cui compare il momento delle forze di corpo apparenti. Ovviamente tutti i momenti sono calcolati rispetto ad un polo fisso rispetto al riferimento relativo. E’ utile mostrare l’utilità della (44), applicandola al calcolo del momento risultante esercitato dalla azione del fluido sulle palettature di una macchina idraulica rotante. Quest’ultima è rappresentata schematicamente in figura V.6, in cui si presenta una sezione della macchina con un piano orizzontale. Tale sezione mostra una serie di tracce di profili palari, rotanti con velocità angolare costante ω rispetto al punto o. La portata fluida in entrata possiede una velocità assoluta, v1 orientata in modo tale da formare un angolo pari a θ1 con la tangente alla circonferenza, di raggio R1, circoscritta alle pale. Tale velocità risulta dalla composizione della velocità relativa uR1 del fluido rispetto alla pala e della velocità di trascinamento uT1 dovuta alla rotazione delle pale con velocità angolare costante. Il modulo della velocità assoluta deve essere regolato in modo tale che la velocità relativa del fluido rispetto alla pala sia tangente alla pala. La regolazione della velocità di ingresso avviene tramite appositi organi fissi e mobili (valvole di regolazione, palettature fisse di invio etc.). In uscita, la velocità assoluta è orientata in modo tale da formare un angolo pari a θ2 con la tangente alla circonferenza di raggio R2. La velocità relativa sarà analogamente tangente alla pala. ω uR1 θ2 v2 o R2 uT2 v1 uR2 uT1 θ1 R1 Figura V.6. Rappresentazione schematica di una macchina idraulica rotante. 16 Gli angoli θ1,θ2, la portata di fluido in transito, le velocità uT1, uT2 (legate alla velocità angolare di rotazione costante della macchina) dipendono dalla geometria e dalla dinamica della macchina. Con tali dati si possono caratterizzare completamente i triangoli di velocità di ingresso e uscita. Allo scopo di calcolare il momento risultante delle azioni del fluido sulle pale, si consideri il volume di controllo delimitato dalle superfici cilindriche circolari tratteggiate, di raggio R1,R2 e dalle superfici delle pale. L’applicazione della equazione di bilancio della quantità di moto in forma globale risulta assai complicata, mentre si rivela particolarmente conveniente l’applicazione della equazione di bilancio del momento della quantità di moto. Si assumerà come polo il centro di rotazione e si supporranno verificate le seguenti ipotesi: 1. il moto è permanente; 2. il fluido è ideale; 3. le distribuzioni delle velocità sulle circonferenze di ingresso e uscita sono uniformi; Di conseguenza si ha, considerando il modulo della velocità assoluta v e le proiezioni dei vari termini della (45) sull’asse di rotazione, considerato verticale, rivolto verso l’alto: ⎧M I ⋅ k = 0 ⎪M ⋅ k = ρ (v R cos(θ )v sin(θ )2πR − v R cos(θ )v sin(θ )2πR ) ⎪ M 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 ⎨ ⎪M G ⋅ k = 0 ⎪⎩M Π ⋅ k = −MS ⋅ k (46) Il primo termine è nullo per la permanenza del moto. Il secondo termine viene calcolato facilmente per le ipotesi poste sui campi di velocità in ingresso e in uscita. Il terzo termine è nullo perché la forza di corpo (la forza peso) è ovunque parallela all’asse di rotazione e perché la sua risultante ha retta d’azione coincidente con l’asse della macchina. Infine il quarto termine coincide direttamente, a meno del segno, con l’incognita cercata. Infatti le forze dovute alla distribuzione di pressione sulle superfici di ingresso e uscita hanno direzione radiale: ne consegue che il loro momento risultante, calcolato considerando come polo il centro di rotazione, è nullo. Infine, tenendo conto che la portata è data da: Q = v1 sin(θ1 )2πR1 = v 2 sin(θ 2 )2πR2 (47 ) si ha, per il modulo del momento: M S = ρQ(v1 R1 cos(θ1 ) − v 2 R2 cos(θ 2 )) (48) direzione e verso coincidono con quelle dell’asse verticale, rivolto verso l’alto. La (48) fornisce dunque il modulo della coppia esercitata dal fluido sulle palettature della macchina e che pertanto può essere misurata sull’asse di rotazione. La relativa potenza si ottiene moltiplicando la (48) per la velocità angolare di rotazione dell’asse: PS = ρQω (v1 R1 cos(θ1 ) − v2 R2 cos(θ 2 )) (49) La (49) è una potenza motrice se positiva: in tal caso la macchina è una turbina e assorbe la potenza (49) dalla corrente che vi transita. La (49) è una potenza resistente se negativa: in tal caso la macchina è una pompa e cede la potenza (49), fornitale da un motore esterno, alla corrente che vi transita. Si deve fare attenzione al fatto che la potenza (49) è quella ceduta dalla corrente fluida 17 alla macchina, uguale in modulo e di segno opposto a quella ceduta dalla macchina alla corrente fluida. Nelle comuni applicazioni si fa in modo che la componente MM rispetto all’asse di rotazione sia nulla sulla sezione di entrata o di uscita, rendendo assiale la direzione del flusso in tale sezione. (figura V.7): v1 v2 R1 R2 Pompa Turbina v2 v1 R2 R1 Figura V.7. Sezione di macchina con un piano verticale. Perciò: • • nelle pompe l’ingresso della corrente è assiale nella sezione di raggio R1; nelle turbine l’uscita della corrente è assiale nella sezione di raggio R2; 18