Salve ragazze e ragazzi!
Abbiamo finora visto, nella nostra descrizione del
Sistema Solare, le proprietà dei corpi più interni del
sistema solare: i pianeti ed i loro satelliti. Prendendo
come misura la Unità Astronomica (UA, la distanza
media della Terra dal Sole), siamo arrivati a descrivere i
pianeti fino al più esterno, Plutone, che orbita, in
media, a sole 40 UA dal Sole.
Oltre il limite dell’orbita di Plutone entriamo nella fascia di Kuiper, una sorta di
disco spesso, una ciambella se vogliamo visualizzarlo, composta da migliaia di
asteroidi, che si estende per centinaia di UA, fino a congiungersi con la nube di
Oort, il grande “involucro” sferico, profondo migliaia e migliaia di UA, composto
da miliardi di nuclei cometari, che racchiude Sole pianeti ed asteroidi e che si
estende per circa centomila UA.
Anche gli asteroidi della fascia di Kuiper e i nuclei cometari della nube di Oort
risentono della azione gravitazionale del Sole, così come del suo campo di
radiazione, del vento solare e del campo magnetico. Ovviamente, dato che
queste azioni dipendono molto fortemente dalla distanza, oltre Plutone la
attrazione gravitazionale del Sole e la temperatura dovuta alla radiazione ricevuta
dal Sole e il vento solare, sono assai deboli e vanno via via scemando inoltrandosi
nella fascia di Kuiper prima ed ancora di più nella nube di Oort.
Veniamo ora agli asteroidi. Questi sono corpi rocciosi, di forma anche molto
irregolare, non necessariamente sferica, con dimensioni che possono andare dal
chilometro alle diecine di chilometri per alcuni di essi, o più come vedremo fra
poche righe. Ne troviamo due “fasce” compatte, fra Marte e Giove. Questi
asteroidi, conosciuti da molti anni, facevano ritenere che il tipico oggetto celeste
appartenente a questa categoria fosse della dimensione di qualche chilometro.
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Con il miglioramento dei telescopi da Terra e, soprattutto, con l’invio di satelliti
artificiali ospitati a bordo veri e proprio osservatori astronomici automatici, ci si rese
conto che anche molti dei satelliti dei pianeti, potevano probabilmente essere
asteroidi “catturati” per azione gravitazionale dai pianeti stessi
e costretti ad
orbitarci intorno. Così sono, ad esempio, i due satelliti di Marte, Phobos e Deimos,
una sorta di giganteschi sassi di forma a “sigaro”(ad esempio Phobos ha
dimensioni 19x22 x 27 chilometri), ma anche molti dei satelliti più esterni ad
esempio di Giove e Saturno, scoperti negli ultimi 25 anni, hanno aspetto e
dimensioni simili.
Questo fatto, assieme ai grandi crateri che si
osservano non solo sulla Luna ma anche sugli
altri pianeti solidi, ci fa pensare ad un’epoca,
assai
remota
se
comparata
alla
storia
dell’Umanità, in cui anche la parte più interna
del Sistema Solare, quella dei pianeti, era molto
più “affollata” di asteroidi di quanto non lo sia
oggi. Nel corso di milioni e milioni di anni questi
corpi sono andati diradandosi per gli inevitabili
urti o perchè, attratti dalla forza gravitazionale
del Sole e dei pianeti, vi si sono schiantati
sopra, o dentro nel caso del Sole e dei pianeti gassosi.
I “sopravvissuti” sono quelli che, per le particolari condizioni del loro moto, sono
entrati in orbita attorno al Sole, come nel caso dei vari gruppi che si trovano fra
Marte e Giove, o quelli che sono diventati satelliti di qualche pianeta.
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Negli ultimi anni però si è scoperta l’esistenza di un nuovo tipo di oggetti, sempre
appartenenti alla categoria degli asteroidi, ma con caratteristiche diverse,
soprattutto per le dimensioni. Chirone, ad esempio, ha dimensioni di circa 200
chilometri e la sua orbita sta addirittura fra quella di Nettuno e quella di Plutone.
Fino a qualche anno fa, il maggiore di questi asteroidi di grandi dimensioni era
Varuna, con un diametro di circa 1000 chilometri ed una forma piuttosto regolare e
sferica.
Come abbiamo visto, a partire dall'autunno 2002, si sono trovati vari corpi di
dimensioni ragguardevoli, confrontabili se non superiori a quelle di Plutone: Quaoar,
Sedna e gli altri planetoidi scoperti hanno diametri che vanno dai 1200 agli
oltre 3000 chilometri.
L’esistenza oramai comprovata di questi corpi, chiamati transplutoniani o Plutini, ci
fa sospettare sempre più che Plutone non sia un vero e proprio pianeta, formatosi
come e assieme agli altri 8, ma piuttosto un sistema doppio di grossi asteroidi,
come Quaoar e Sedna, appartenenti a questa nuova classe che stiamo
scoprendo proprio in questi anni. Gli studi sono appena iniziati e aspettiamo nuove
conferme, per il momento si tratta di un’ipotesi, supportata da alcune evidenze.
L’estensione esatta della fascia di Kuiper, che comincia come abbiamo appena
visto dalla orbita di Plutone, non è ancora conosciuta e definita con precisione.
Probabilmente si estende per qualche migliaio di unità astronomiche, fino a
confondersi con la nube di Oort. In questa ultima zona sferica, che a sua volta si
estende per centinaia di migliaia di UA, troviamo miliardi di nuclei cometari. Sono i
nuclei, solidi, delle comete, che circondano in una gigantesca sfera tutti gli altri
sotto-sistemi che abbiamo finora visto.
A queste distanze la seppur importante azione gravitazionale del Sole, assieme
alla radiazione, perde praticamente tutta la sua efficacia e questi nuclei
cometari, una sorta di “sassi” ricoperti di ghiacci di una diecina di chilometri di
dimensione (quello della famosa cometa di Halley, osservato da vicino dal
satellite Giotto, ha dimensioni di 16x8x8 chilometri), restano nelle loro orbite assai
lontane dal centro del Sistema Solare. Alcuni di questi nuclei possono avere orbite
che li portano vicini ai limiti della fascia di Kuiper, o che comunque puntano verso
il centro del Sistema Solare.
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(a) Il nucleo della cometa di Halley fotografato dalla sonda Giotto nel 1986.
(b) Una rappresentazione schematica del nucleo della cometa.
In queste condizioni, man mano che si avvicinano, risentono sempre più
fortemente della attrazione gravitazionale del Sole e ne vengono attratti. Quando
oltrepassano il limite dell’orbita di Plutone verso l’interno la pressione della
radiazione ed il vento solare iniziano a farsi sentire e lo strato più superficiale dei
ghiacci di cui è ricoperto il nucleo cometario inizia a vaporizzare formando,
attorno al nucleo stesso, una sorta di involucro gassoso, denso e luminoso, detto
“chioma”. Si tratta di particelle di piccolissime dimensioni, come quelle di un
granello di polvere, che via via che la cometa si avvicina al Sole, vengono
sospinte lontano dal nucleo dal vento solare, tanto più forte, come abbiamo visto,
quanto più ci avviciniamo al Sole. La coda delle comete può essere un
fenomeno, visto dalla Terra, estremamente suggestivo, dato che queste particelle
riflettono anch’esse la luce solare. In realtà si tratta di una sorta di “nebbia” che la
cometa lascia dietro di sé, anche per centinaia di milioni di chilometri, e che ci
può dare importanti informazioni, ad esempio dal colore della coda, sulla
composizione di questi ghiacci.
L’orbita delle comete nelle vicinanze del Sole varia molto a seconda della
velocità e direzione con cui entrano nella zona dei pianeti. Alcune vanno a
sfracellarsi sul Sole o su Giove, che le attraggono in ragione della loro massa molto
maggiore, altre vengono “catturate” dal Sole e costrette in un orbita periodica,
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come la cometa di Halley che gira attorno al Sole in un’ orbita molto ellittica e
con un periodo di 76 anni circa, altre ancora vengono respinte fuori dal Sistema
Solare.
Anche le particelle che formano la coda restano in orbita attorno al Sole. Quando
la Terra passa attraverso zone di questo genere abbiamo il fenomeno delle
cosiddette “stelle cadenti”, o meteoriti. Niente stelle dunque, anche se il nome è
suggestivo, ma bensì granelli di polvere che, entrando nell’atmosfera a forte
velocità, si surriscaldano per attrito e vaporizzano in pochi attimi, dando luogo a
strisce luminose che possono durare qualche secondo.
Con questo abbiamo visto tutti i corpi del Sistema Solare, abbiamo capito quale
sia la sua forma complessiva, quali le dimensioni. Ma oltre il Sistema Solare?
Soffermiamoci ancora un momento sulle dimensioni del nostro Sistema Solare e
facciamo un esempio per renderci conto di cosa ci aspetta quando ne usciremo.
Supponiamo di partire dal Sole con un satellite
costruito
oggi,
con
le
tecnologie
che
abbiamo. Possiamo pensare che esso viaggi
ad una velocità media di crociera di 30.000
chilometri all’ora. Bene, per arrivare alla nostra
Terra impiegheremmo ben 208 giorni. Per
arrivare
alla
distanza
di
Plutone
impiegheremmo 23 anni. Questi tempi sono,
tutto sommato, ancora confrontabili con quelli
umani. Se però prendiamo in considerazione i
limiti della nube di Oort , e quindi del Sistema
Solare, ci impiegheremmo più di 20.000 anni!
Usciti dal Sistema Solare, dopo tutto questo tempo, ci aspetterebbero almeno altri
20.000 anni per arrivare alla stella più vicina, Alpha del Centauro. Ritroviamo
quindi la situazione che abbiamo incontrato all’inizio del nostro studio: il nostro
grandissimo Sistema Solare e’, come vedremo, solo un puntolino sperso nello
spazio se lo guardiamo anche dalle stelle più vicine.
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Ma perché il sistema solare ha una forma sferica? Esistono altri “sistemi solari”
attorno ad altre stelle? Come possiamo pensare siano fatti?
Per rispondere a queste domande dobbiamo capire come sono fatte le stelle,
come il nostro Sole, come si formano e quale è la loro “vita”. Nella tappa
dedicata alle Stelle, affrontiamo proprio questi argomenti e vediamo
come i campi, le forze (gravitazionale e magnetica), e la radiazione, siano
fondamentali anche per comprendere il mondo delle stelle.
Ricorda che se vuoi avere altre
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